Cultura & Società, In rilievo

Giulianova. Marialuisa De Santis: 7 su 7, un artista al giorno, la giuliese Serena Vallese

Nuova tappa di questo breve percorso tra le opere di artisti nati dagli anni settanta agli ottanta.

Un percorso in cui mi piace proporre opere molto diverse tra di loro: oggi dalle icone di Emiliano Alfonsi passiamo alle opere concettuali di Serena Vallese (Giulianova 1981).

Alda Merini ha scritto che la bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori. Su questo concetto di disvelamento della bellezza sembra lavorare costantemente Serena Vallese che traccia e riscrive in ogni lavoro, la bellezza del rapporto armonico tra uomo e natura, avvalendosi dell’ esaltazione delle dimensioni spaziali e temporali e di un uso avvolgente, quasi esclusivo del colore bianco, con evidente funzione di sublimazione della materia. Ma il bianco, colore che smaterializza è insieme tinta gravida, scrigno di nuove vite e nuovi pensieri, non per niente è letto di volta in volta come “non colore” o come somma di tutti i colori dello spettro solare.

Se base del suo lavoro è lo studio del rapporto uomo-natura, la bellezza che “disvela” finisce per caricarsi di una dolorosa e colpevole nostalgia.

Così Serena Vallese spiega i suoi raffinatissimi lavori:

Il cuore della mia poetica artistica è il rapporto tra l’uomo e la natura: carta, gesso, polvere e cellulosa sono materiali fragili ed effimeri che mi permettono di esprimere al meglio il tema dello scorrere del tempo, della sua ciclicità e del suo passaggio; un passaggio che lascia sempre dietro di sé delle tracce spesso così labili da diventare impercettibili.

Solo uno sguardo attento e una giusta predisposizione ci permettono di vedere quelle piccole differenze, quei piccoli cambiamenti che possono sembrare inutili, ma che in realtà sono il centro del lavoro.

Tracce che appartengono al mio vissuto, ricordi incompleti e così labili che man mano svaniscono, come usurati dal tempo, come una pianta privata della sua corteccia. Ed è proprio la mancanza di questa parte esterna e protettiva che ci mette in una condizione di instabilità dove tutto può accadere.

La mancanza diventa così presenza e il bianco, che domina spesso nei miei lavori, ci dà quello stato di apparente calma e tranquillità, come in un giardino dove, nella quiete assoluta e nell’apparente immobilità, prendono vita i cambiamenti e le variazioni.

Nel “Giardino” la radice è origine, principio, fonte e causa e le dimensioni di spazio e tempo diventano parte essenziale, momenti fondamentali del processo di scoperta e conoscenza della natura dove tutte le forme sono affini, ma nessuna somiglia all’altra.

 

 

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