In rilievo, Storie giuliesi

Giulianova. Maria Roasio, una diva del cinema muto.

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 4.

di Sandro Galantini*

Bella, brava e affascinante. Ma soprattutto una diva del cinema muto. Era Maria Roasio, moglie di Vincenzo Trifoni (1901-1985), uno dei sei figli di Giustino e ricco possidente terriero di Colleranesco che a partire dal 1927 avrebbe dato vita col socio Domenico Catitti ad una florida azienda agricola in Libia.
Maria Roasio, di famiglia piemontese ma nata a Nizza (secondo i repertori a Milano), era stata attratta giovanissima dalla cinematografia mettendosi in luce nella parte di Onoria nel film Attila, uscito nel 1918 per la casa produttrice torinese Ambrosio e diretto da Febo Mauri. Da quel momento la Roasio sarebbe stata la diva di punta del produttore Arturo Ambrosio, interpretando numerosissimi film. Ben cinque le pellicole l’anno seguente, terminata ormai la guerra: da Champagne Caprice, per la regia di Achille Consalvi, a La Gibigianna. Da La Cantoniera n. 13 a Zavorra umana a Cuor di ferro e d’oro, diretto da Luigi Maggi. Intenso per lei anche l’anno 1920 con ben quattro film: La farfalla della morte, Terra, Gens nova e Sillabe ardenti per la regia di Eugenio Testa. Con Angeli e demoni del 1921 Roasio torna alla regia di Luigi Maggi mentre con Mara West, film uscito nello stesso anno e distribuito dall’olandese J.S. Croeze, viene diretta da Alexsandr Rosenfeld. Con il drammatico La Rondine, del 1922 (stroncato dalla rivista “La vita cinematografica”), la Roasio sperimenta la regia di Gabriellino D’Annunzio, figlio del Vate e della duchessa Maria Hardouin di Gallese, proprio lui che molti anni prima, il 25 luglio 1912, era venuto a Giulianova come relatore alla festa intellettuale organizzata allo stabilimento balneare Venere. Pure al 1922, anno in cui Maria Roasio tenta ma senza fortuna la via della produzione creando la società Star Film, risalgono Manolita e Il castello dei gufi per la regia di Max Sullian. Il trittico di Bonnard, Il palazzo dei sogni, con il ritorno di Alexsandr Rosenfeld alla regia, e Notte di tempesta sono i film che la impegnano nel 1923. I tempi sono ormai maturi per rispolverare l’ambizioso progetto di una casa cinematografica. E così Maria Roasio nel 1924 produce, con lei interprete e Luigi Maggi alla regia, Bambola vivente. Ambientato a Roma tra Castel S. Angelo e Trinità dei Monti, Bambola vivente (restaurato non a caso dalla Cineteca Nazionale) precorre il cinema di fantascienza in Italia e ispirerà nel 1949 quello inglese. Il film, con la partecipazione degli attori Augusto Poggioli, Umberto Scalpellini e Dillo Lombardi, doveva peraltro inaugurare una serie “Maria Roasio” ma l’impresa non ebbe seguito. Tramontato il suo sogno di produttrice, Maria Roasio parteciperà da protagonista al suo ultimo film, tuttavia ritirato dalla distribuzione. Si tratta de I rifiuti del Tevere del 1927, il cui titolo era tratto da una rubrica del giornale Il Tevere riservato alla criminalità romana. Con il declino del cinema muto, Maria Roasio scomparirà dalle scene. Morirà nel 1982. Da quell’anno riposa in pace nella cappella gentilizia dei Trifoni, nel cimitero di Giulianova.

*Storico e Giornalista

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