Cultura & Società

Grottammare. All’alba, un palpito di mare. Regia di Piergiorgio Cinì

 

 

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All’alba, un palpito di mare. 4 Agosto 2015

Regia di Piergiorgio Cinì

 

Testi di Rimbaud, Roversi, Carboni, Kavafis, Loggi, Pascarella, Sciascia, De Luca, Pavese

con Chiara Bellabarba, Sandro Carincola, Maria Vittoria Chessa, Giuliana Cianci, Deana D’Agostino, Francescomaria Di Bonaventura, Rosanna Listrani, Riccardo Massacci, Patrizia Gabriella Mazza, Andrea Mondozzi, Claudio Morando, Adriana Paoletti, Olga Piergallini, Alice Pontini, Sibilla Spaccasassi, Roberta Sperantini, Valentina Vagnoni, Moira Vespasiani

e con Maria Chiara Addarii, Stefania Bellavia, Maurizio Emidi, Vanessa Paoletti, Paolo Talamonti, Viviana Trento

fisarmonica: Sergio Capoferri

 

 

La libertà, la bellezza, è un sogno fuggente. Confina col mare che all’alba compie miracoli colorati. Rintracciare un terracqueo punto di partenza e cucirlo in crescendo ad altri punti è stato il compito felice di questo spettacolo, che inizia con un canto sul mare, per il mare, mite e fortemente evocativo. Gli attori mescolano la loro fluttuante presenza al vento mattutino che scandisce i corpi. E’ un teatro dell’anima, della luce, dell’imprevisto.

Dietro il drappello itinerante che procede sulla spiaggia siamo silenziosamente chiamati ad unirci nel cammino, e così sentirci dentro lo spettacolo, affrancati da ogni giudizio, ma amorosamente partecipi, mentre la sabbia cerca i nostri passi. E c’è, come l’alba che va superbamente disegnandosi nel cielo, quasi una veglia, un dolce torpore in questi corpi vestiti di bianco, e che l’energia di questa rappresentazione rapisce con sé.

Il mare piatto accoglie le sagome umane che vi si immergono in una lunga scena, palpitando e gareggiando con un’immaginaria forza di gravità che continua ad animare il tutto e a conferirgli un interno movimento che si trasmette, come un giro di boa che finisce sulle labbra assorte degli attori. 

Gli spazi in cui la performance si muove sono immensi, eppure il racconto è semplice, umanamente perfetto in un contrasto con il sublime.

Geniale è l’idea di lanciare gli attori in corsa sulla battigia, un momento in cui il mare che li ospitava diventa materno, carico di vita.

Ci si abbandona alle presenze evocate e cangianti immagini, come ad esempio la figura del fisarmonicista, che da uno scoglio manda il vibrare di un suono che è quasi un richiamo, la voce impercettibile di una sirena.

Questo racconto, questa favola terracquea è lo sforzo di rompere la nostra pigra quotidianità per fare appello alle forze terrestri e celesti che si prestano magnificamente a colmare la bellezza davvero grande della narrazione. Per un’ora si rifiorisce col mare, si disputa col cielo, si respira un’aria di cristallo.

Si immette nel percorso degli uomini una giustizia celeste, una coscienza, un respiro, un batticuore che non scorderemo.

Enrica Loggi

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