Italiani all'Estero

USA. Steve McQueen pilota “pistolero” surreale di Lino Manocchia

Ap – Effemeridi

Steve McQueen

pilota “pistolero” surreale

di Lino Manocchia

Correva il marzo 1970, un altra 12 0re di endurance vedeva la luce sulla mitica pista di Sebring (Florida). Un folto gruppo di validi si alternava macinando chilometri su chilometri per conquistare il glorioso trofeo.


Tra i grandi il memorabile Peter Revson (foto) su Porsche 908 e l’amico-pilota-attore Steve McQueen (con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico) arrivando primo nella sua categoria e secondo assoluto a soli 23” dal vincitore, il mitico Mario Andretti su Ferrari, che mi presentò all’idolatrato attore MacQueen, col quale, il cronista, presente alla corsa, stese una interessante, talvolta strana e confusa intervista.

Fu durante le pause per i cambi di piloti, che il nativo di Beach Grove (Indiana) svuotò la mente dai momenti agro dolci della sua esistenza intervallando la conversazione con un «mi senti, mi credi?» che rendevano sempre più avvincenti i capitoli della sua problematica vita.

Senza ambage ma Terence, Steve McQueen è stato uno dei più celebri attori degli anni sessanta-settanta, famoso per il suo atteggiamento speri-colato di anti-eroe, nonostante sia sempre stato un attore problematico per registi e produttori dai quali ottenne sempre ruoli di  grande rilievo e ingenti compensi. Steve fu il prototipo esempio di una nuova star in grado di dominare la scena con il suo stile di “lover solitario”, distaccato, ma capace di usare i pugni seguendo una  sua  regola di condotta.

Nato  da  uno  “Stuntman” che abbandonò

la moglie, il piccolo Steve, appena infante, fu mandato a vivere a Slater, nel Missouri, presso uno zio. A 14 anni era già membro di una gang di strada e la madre si vide costretta a mandare il ragazzo presso una buona scuola di correzione.

Abbandonato l’istituto, Steve entrò nel corpo dei Marines dove prestò servizio dal 1947 al ‘50. Nel 1952, grazie ad un prestito fornito dal Governo  agli ex soldati, iniziò a frequentare i corsi di recitazione. Nel 1955 Steve McQueen esordiva a Brodaway, ma il grande esordio Steve lo fece, nel mondo del cinema, nel film ”Lassù qualcuno mi ama”, tuttavia la sua grande interpretazione può essere considerata quella del cowboy “Vin” nel western “I magnifici sette” di John Sturges che lo aveva precedentemente diretto in un altro film (“Sacro e profano”).

La definitiva consacrazione per Mc Queen giunse nel 1953 grazie a “La grande fuga”, in cui interpretò il ruolo dell’audace e spericolato capitano Virgil Hills, uno dei personaggi che lo resero maggiormente celebre nel mondo del cinema. A questo punto, Steve cambia il tono della sua narrativa.

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ABRUZZOpress – N. 120 di  Giovedì 5 Aprile ’12                                                                                                                    Pag 2

«Nel 1956 sposai,» dice, «l’attrice Nelle Adam (foto) dalla quale ebbi una figlia, che mi morì per acromatosi, ed un figlio, Chad, ma nel 1972  divorziammo.»

Steve accusa un sospiro pesante nel narrare l’odissea matrimoniale, specie quando cita il matrimonio con la magnifica attrice Ali MacGraw. «La nostra relazione fu piuttosto tumultuosa dato che lei mi abbandonò per un produttore (Robert Evans) che la sposò…»

Il 16 Gennaio 1980, dieci mesi prima di morire, sposò la modella Barbara Minty.

McQueen è ricordato per il talento recitativo, e per la sua passione per le corse, motociclistiche e automobilistiche.

Come noto, le più famose scene su due ruote, sono state girate per il film “Bullitt”, e nel finale del film “La grande fuga”, quando cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una motocicletta come  fosse una BMW bellica.

Alla sua morte, la sua collezione di moto comprendeva oltre 100 modelli per un valore di vari milioni di dollari, oltre alla fortuna di possedere alcune tra le più famose auto sportive.

Nel corso di un intervista, d’un tratto il volto dell’attore pilota s’illumina, mentre da stura ad una varia serie di commenti concernenti la sua vita, il suo modo di vivere, e la sua esperienza.

«Vedi,» mi dice, «Non sarò mai un buon attore, come vorrei essere; ma credo di essere buono, e poi, scusami, ma io vivo per me stesso e non devo rispondere a nessuno.»

Ma tu sei grande come attore ed i fans  ti adorano.

«No, io non credo in tutta quella roba da “eroe”. Vedi, quanto alle corse, se sconfiggi un avversario sei il migliore, quel tizio ti batte ed è lui il migliore. Tutto appartiene alla bilancia della fortuna.»

Ti consideri  più bravo attore o miglior pilota?

«Non sono sicuro se sono un attore che corre o un pilota che recita, so soltanto che correre è roba della vita,Tutto il resto prima o poi è solo questione di attesa. Ricordo bene, però, che agli inizi (1951) non mi piaceva recitare e dovevo sforzarmi per restare in campo. Mi sentivo scomodo.»

Come vorresti essere ricordato?

«Ho l’impressione che andandomene in un altro mondo, lascio la celebrità, poiché mi sento più un filmmaker, che conquista sempre più dignità. Sono stato una persona che quando crede in qualcosa e lotta come un dannato per  il successo.»

Disperatamente insicuro, McQueen ha sempre lottato come una furia scatenata per battere l’avversario. Fu l’attore pilota James Garner a suggerirgli di passare dalle corse al cinema e di non dare spazio libero agli avversari della celluloide. L’attore ci narra l’episodio con Paul Newman, quando si girò il colossal film “The towering inferno”, nel 1974. «Io chiesi ed ottenni,» precisa Steve, «che il testo doveva contenere la stessa quantità di parole di ambedue e che le ultime sentenze dovevano essere recitate da me insieme agli ultimi giri di manovella.»

Per tutta la durata della nostra chiacchierata McQueen appariva indifferente specie  allorché illustrava la sua “aspra educazione” ma senza dare massima importanza; definiva il tutto “un brutto sogno di una notte di mezza estate”. Difficile crederci, ma il giovane dell’Indiana fu il più attraente uomo del suo tempo e neppure Daniel Craig – eroe del ”James Bond” ha prodotto più vasta eco per la sua grazia felina e aura genuina del pericolo.

Nel 1979 gli venne diagnosticato un tumore alla pleura. McQueen morì in una clinica messicana in seguito a due attacchi cardiaci, venne cremato e le sue ceneri furono sparse nell’Oceano Pacifico.

Lino Manocchia

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