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USA. «Cosa succede nella IndyCar?»

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Ap – I lettori domandano


«Cosa succede nella IndyCar?»

di   Lino  Manocchia

NEW YORK, 19 Ottobre ’10 – Ci giungono domande di  lettori che chiedono:”Perché le gare  Indy car non attraggono più folla, in molte piste americane? Come mai le  tribune sono vuote o semivuote? Ci sia concesso, di esporre  rapidamente, grazie alla  nostra  esperienza di vita vissuta tra piste e otori, le ragioni della “carenza” di prestigio della… una volta, “prestigiosa” serie monoposto  USA.

1) New York. Correvano gli anni d’oro delle corse automobilistiche Usa che si fregiava col nome CART, la serie nata nel 1979 che raccoglieva il meglio delle quattro ruote con A. J. Foyt, gli Unser, Rich MearsJohnny  Rutherford, Bobby RahalDanny Sullivan, (tutti plurivincitori della 500 miglia Indy) ed offriva spettacoli elettrizzanti in città nazionali lasciandoci un retaggio che  tutt’ora fa invidia.

Il palmares di questa competizione offre pagine zeppe di successi ottenuti in 25 anni di vita, perdurando nel 2004, quando nasceva la CHAMPCAR,  “creatura” del magnate di Wheeling, Gerald Jerry Forsythe (foto), che in coppia  con l’industriale Kevin Kalkhoven decise di continua-re sulle orme della Cart creando la serie più seguita – Nascar compresa – e dirigendo altresì due suoi team Indeck.

Fu un successo inaudito. Rapidamente dalle piste americane la serie apparve in Messico, Australia, Canada, e… sì, anche in Europa. Con le  piste sopraggiunsero piloti di fama mondiale come Mario Andretti, Emerson Fittipaldi, Nigel Mansel, Jacques Villeneuve e tanti altri ancora. Anche gli sponsor americani, canadesi e messicani lottavano per avere il miglior posto sulla macchina e sul podio.

Come noto la Honda vinse tutte le corse e lo fa tutt’ora nella Indy car, mentre tanti costruttori di motori sono disperatamente alla ricerca di un “mercato” per i loro motori. Tuttora esistono troppe corse di diversa serie, con la Nascar solida sul trono con i suoi milioni, intesa a decimare le monoposto.

2) Anche la Nascar si trova in acque procellose con la riduzione di fans i quali incappano in prezzi esosl, e suda a collegarsi con la nuova generazione. Soltanto la F.1. è in auge. Perche? La For-mula di Ecclerstone presenta il piatto con la crema e piloti di fama, oltre all’ingegnosità tecnica. Le monoposto Usa hanno perso quel glamour di attrazione, fratturata, povera, e i piloti divenuti “sterili”, incapaci di accattivarsi uno sponsor. Macchina e pilota hanno perso, insomma, il “carattere” degli anni  d’oro.

3) Le corse hanno perso anche tanti giornalisti che conoscevano la  materia e la trattavano con i guanti bianchi, sapendo quello che  scrivevano. Oggi, basta un Internet che prontamente  appaiono dozzine di neo giornalisti i quali si preoccupano di possedere la “hard card” (pass) da  rapportare  se “c’era gente o no in  tribuna, oppure telecronisti che svengono al solo pronunciare il nome di Danica  Patrick (foto).

4) Oggi abbiamo Danica  Patrick e Milka Duno che si presentano alle corse ad ali spiegate, e seminude dinanzi alla macchina fotografica di pubblicazioni. Certo che sono carine e sexy al punto da diventare un “simbol” per centinaia di fans  che vanno alla corsa per “vedere” se Danica o riescono a  piazzarsi rispettivamente nella  pole position, onde far piacere, ovviamente, al solido Milka sponsor.

5) La Indy car decretò il suo atto di morte allorché firmo con la Versus TV che offre qualche spettacolo “passabile”, ma il canale è oscuro, freddo, e nessuno lo segue, prima di tutto gli sponsors.

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ABRUZZOpress – N. 400 del 19 ottobre ’10                                                                                                                                Pag 2

6) La Irl, che Tony George acquistò da Gerry Forsythe (nella foto, la sua auto) nel 2008 ha fratturato in più parti lo sport motorizzato. Esisteva, abbiamo  detto, sin dal 2004 la serie CHAMPCAR, in prima linea con i suoi piloti nazionali e mondiali.

Lo stesso Forsythe si era slanciato ad acquistare circuiti in Messico e in Inghilterra si parlava di gare in Russia, Corea e nella stessa Inghilterra, ma tutto svanì allorché il “boss” di  Indianapolis iniziava una guerra fratricida col proposito di far sua la serie. Ma Jerry Forsythe ovviamente, vista la burrasca in porto, decidette di abbandonare. Fu una perdita penosa, che ingalluzzì George. Ma, ahimé, il diavolo fa le frittelle col buco, debiti, perdita di sponsors, piloti che venivano

cercati con la candela specie per la 500 miglia di Indy, pessimo giudizio del combattente dell’Indiana costrinsero la signora Mary Hulman, consorte del defunto Tony, il quale aveva lasciato in eredità il Colosseo d’acciaio, che versava in debiti, defenestrava l’incauto Tony George che oggi è ridotto a dirigere in sordina un team col suo figliastro, Ed Carpenter

7) Tutto questo i “teen age” l’hanno inparato e si astengono dal supportare una serie che di automobilismo ha soltanto il nome, salvato a volte  con una o due vittorie  di piloti  affiliati nel clan di Chip GanassiRoger Penske (foto), mentre il team Newman/  Carl Haas (il pilota attore patron del team, Paul Newman, ci lasciò due anni or sono) è tenuto in vita dall’industriale motoristico Carl Haas, a sue  spese.

E la gioventù?

Date loro un casco, due guanti ed un Go-Kart e li vedrete nei Kartdromi sognanti di diventare un giorno “Grandi” come quelli degli anni d’oro. E’ abbastanza tutto questo?

LINO MANOCCHIA

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