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Riflessioni sul romanzo “La via delle notti lucenti” di Patricia Carabellese, pp. 219, Europa Edizioni, 2023 di Gianluigi Chiaserotti

“La via delle notti lucenti” è il primo romanzo autobiografico dell’Amica di una vita,
Patricia Carabellese.
In uno stile fluido, molto curato, in una forma, molto rispettosa della lingua italiana,
pressoché perfetta, Patricia, capitolo dopo capitolo, direi che ci prende per mano e ci
accompagna per le sue avventure, quasi da Odissea (Omero ed Ulisse ci
comprendono), che hanno caratterizzato la prima parte della sua vita.
Innanzitutto la figura fondamentale dei suoi nonni materni, Filippo detto “Nonno
Pippo”, noto ingegnere bolognese, e Nella, siciliana di nascita, ma torinese di
adozione, con cui Patricia ha trascorso la prima parte della sua vita nella grande casa
al Centro di Milano e nella “Villa Nella” ubicata nella zona Abissinia di Riccione e
con loro uno stuolo di domestici.
Poi la figura della mamma Paola, bellissima donna e già hostess, un po’ assente nella
prima parte della vita di Patricia, ma sempre amica, confidente, sostegno.
Da ultimo, ma non da meno, il padre Vincenzo, ufficiale di Marina, nipote
dell’ammiraglio Carabellese e Senatore del Regno d’Italia, severo si, ma che
veramente adorava la sua unica figlia.
In questo quadro, Patricia cresce, diviene donna ed affronta la sua vita.
Nel libro praticamente ci narra tutte le sue esperienze lavorative (da danzatrice del
ventre, a “Trade Director” del Consolato d’Israele a Milano), i suoi Amori che lei
sapeva corrispondere al massimo, ma non era ugualmente dai suoi partners.
Come scritto nella quarta di copertina: «[…] Con umorismo, sensualità e quella che
Calvino chiamerebbe “smania di raccontare”, Patricia, come Ulisse e Sherazade, ci
conduce nelle aule di un collegio aristocratico, nelle vie soleggiate e polverose di
Gerusalemme, nel palazzo della Regina Raina di Giordania e nei palchi calcati dalle
danzatrici del ventre […].».
Eppoi l’avvicinarsi di Patricia all’ebraismo quasi come una naturale continuazione
discendente dalla sua bisava, mamma dell’ava Nella, facente parte di una facoltosa
famiglia ebrea piemontese, ma soprattutto per lo stimare ed l’adorare il fratello Elias
Victor, che lei chiamerà Yas, che la madre ebbe da un facoltoso imprenditore di
religione ebraica americano, dopo che finì la sua storia con Vincenzo.
Ma dopo tutte queste avventure, Patricia finalmente trova l’uomo giusto per la sua
vita,
Yakov, ingegnere aerospaziale, che sposa con rito Ebraico a Milano e quindi si
trasferisce con lui nella loro villa a Riccione, anche e soprattutto per essere vicina alla
mamma Paola che, anni fa, fece questa medesima scelta.
Da amico della Carabellese, ricordo perfettamente le sue vicissitudini lavorative e
passionali di almeno degli ultimi 30 anni.

Infatti ho avuto l’onore di conoscere il “Nonno Pippo” che indegnamente mi stimava
e visitare l’immensa “Villa Nella”, una villa di colore rosso pompeiano sul viale
Gramsci a Riccione.
Poi la sincera stima ed amicizia con la mamma Paola, nonché l’apprezzamento del
padre Vincenzo che, con Patricia, mi venne a trovare a Roma dopo che mi ero
sposato.
Nel leggere questo saggio, che veramente si divora, mi sono ritrovato in tante
situazioni delle mie lunghe vacanze in quel Riccione e la vicinanza di ombrellone con
la famiglia di Patricia Carabellese.
Ulteriore aspetto singolare e particolare sono le citazioni latine e quelle di grandi
autori della nostra Letteratura, che Patricia, grazie alla sua formazione classica, ha, e
bene, appreso negli studi.
È un libro che avrà sicuramente il successo e la popolarità che merita e quindi
ringraziamo Patricia per averci aperto il suo album di ricordi in vista di un futuro
sempre al meglio e degno di una donna intelligente, creativa e professionale.
Concludo ancora citando la quarta di copertina: «[…] La sua vicinanza all’ebraismo
e al mondo politico israeliano inseriscono la sua storia nella grande Storia,
permettendo al lettore di immergersi in un mondo velato dalle nubi nottilucenti, dove
la vita si mescola al sogno e dove ogni conflitto trova pace nel racconto.».
E per me, da storico, il rispetto per Clio è fondamentale.

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