In rilievo, Storie giuliesi

Giulianova. La famiglia Acquaviva, i cavalli e la “corsa dei barbari”

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 40.
di Sandro Galantini*
Come nel 1770 riconosceva Giamberardino Delfico, amministratore per conto del re dei beni dell’ormai estinto ceppo primigenio dei duchi d’Atri, la «razza di giumenta è stata antica della casa dei d’Atri Acquaviva» tanto che l’ultimo duca Rodolfo, nutrito della stessa passione degli avi, continuava ad allevare cavalli utilizzando gli spazi del giardino posto a valle del palazzo ducale di Giulianova, sin dal primo ‘500 ornato di piante di arance amare e in seguito di rare essenze floreali.
Motivo di prestigio in quanto univa status aristocratico e carattere guerriero, l’allevamento equino era stato praticato da Giulio Antonio, fondatore di Giulianova, ma più ancora da suo figlio Andrea Matteo III che dopo il 1481 aveva dato inizio ad una sistematica opera di miglioramento delle razze equine presenti nei domini pugliesi (dove si sarebbero affermati gli splendidi Murgese e Lipizzano) ma anche in quelli abruzzesi e a Caserta, feudo tenuto col titolo di conte.
Mecenate e letterato di vaglia, peritissimo nelle armi, straordinariamente versatile, Andrea Matteo III aveva persino scritto un’operetta, De equo, in cui dissertava sulla natura dei cavalli e sulle razze più adatte alla battaglia.
Il matrimonio celebrato nel 1498, per favorire il riallineamento con la corona spagnola, tra il figlio Giovanni Francesco e Dorotea Gonzaga dei conti di Sabbioneta, nipote della regina Isabella del Balzo, aveva messo in rapporto Andrea Matteo III con il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, considerato tra i migliori allevatori d’Europa di cavalli da tiro, da trasporto ma soprattutto da corsa e per tornei.
Non sorprende allora che, giocando astutamente le sue carte per assodare ancor di più i legami tra le due famiglie, il duca d’Atri e signore di Giulianova facesse dono al Gonzaga di alcuni suoi esemplari avvalendosi peraltro dei buoni uffici dell’atriano Giacomo Probi, dal 1496 segretario e stimatissimo consigliere del marchese di Mantova.
Era proprio il Probi a comunicare a Francesco II Gonzaga il 23 giugno 1518, seguendo di un mese o poco più un nuovo palio a Mantova in aggiunta alle tradizionali “corse dei barbari”, l’invio da parte di Andrea Matteo III, in dono, di quattro puledri. Si trattava, nello specifico, di un baio castano col marchio regale, di uno di cinque anni e di un altro chiaro. Il quarto era destinato a Federico, il giovane figlio del marchese di Mantova. Tuttavia i cavalli, avvertiva Giacomo Probi, stavano al momento a Giulianova e sarebbero giunti via terra essendo state avvistate lungo la costa adriatica «certe fuste di Turchi».
Il mondo equestre caro al duca d’Atri non può, a questo punto, che rimandare alla tradizionale “corsa dei barbari” che, al pari di Mantova e di altre realtà, si teneva a Giulianova in occasione dei festeggiamenti tributati alla Madonna dello Splendore. Culto, si sa, caro agli Acquaviva ed allo stesso Andrea Matteo III, tanto da disporre nel suo testamento del 4 novembre 1525 una somma di denaro a «benefitio de santa Maria delo Sbendore de Julia nova».
* Storico e Giornalista
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