In rilievo, Storie giuliesi

Giulianova. L’ospitalità di Carlo Acquaviva d’Aragona nella sua villa detta “La Montagnola”.

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI -17.
di Sandro Galantini*
Il cesenate Gaspare Finali, fervente mazziniano e dal 1859 deputato all’Assemblea delle Romagne, era stato segretario del Governatore di Bologna Leonetto Cipriani e poi di quello straordinario delle Marche, l’intransigente, autoritario e anticlericale Lorenzo Valerio. Ed era proprio con il torinese Valerio che il 13 novembre 1860 lasciava Ancona per il non facile viaggio alla volta di Napoli con lo scopo di consegnare a Vittorio Emanuele II i risultati del plebiscito delle Marche, svoltosi il 5 novembre precedente.
Con loro, nelle tre carrozze avviatesi verso l’Abruzzo sulla strada litoranea, sei deputati, uno per ciascuna provincia marchigiana: Michele Fazioli (Ancona), Andrea Cattabeni (Pesaro e Urbino), Giacomo Ricci (Macerata), Giuseppe Parisani (Camerino), Domenico Conti (Fermo) e Mariano Alvitreti (Ascoli).
La prima sosta, come narra Finali, si ebbe a Giulianova. E mentre gli altri vennero ospitati «da cortesi cittadini» previamente avvertiti del loro arrivo, Valerio e Finali, cui dobbiamo queste preziose notazioni, furono accolti dal conte di Castellana Carlo Acquaviva d’Aragona nella sua villa detta “La Montagnola”, la stessa in cui il 15 ottobre era stato ricevuto il sovrano sabaudo.
Annota Finali che subito dopo l’arrivo nella magione dell’Acquaviva, «allora di grande autorità in tutto l’Abruzzo», i più ragguardevoli giuliesi vennero a porgere il loro ossequio. Quanto ai padroni di casa, il loro atteggiamento fu, durante la serata, signorile e cortese sebbene la madre di Carlo, la duchessa Giulia Colonna di Stigliano, mantenesse un atteggiamento «severo e contegnoso» giacché, rileva Finali, avendo avuto «dignità nella corte borbonica», la duchessa madre serbava ancora «devozione ed affetto a quella famiglia».
Il cesenate rimane colpito dagli ambienti interni della villa acquaviviana. Nella sala dei ricevimenti egli nota infatti i ritratti degli avi dell’antica famiglia. A spiccare particolarmente è quello «d’un Acquaviva, stato uno dei primi generali dei gesuiti», cioè Claudio, dal 1581 quinto preposito generale della Compagnia di Gesù.
Trascorsa la notte, molto piovosa, Valerio, Finali e gli altri di buon mattino riprendevano il loro viaggio. Ma, scrive il Finali, giunti in prossimità del primo fiume da attraversare, cioè il Tordino, «avemmo la prova di quanto nelle opere civili e di pubblica utilità il borbonico fosse stato inferiore allo stesso governo pontificio». Nella Marche infatti, sottolinea impietosamente il cesenate, «come in ogni altra parte de’ suoi stati, belli e comodi ponti, la più parte in pietra». E se alcuni in legno, nondimeno essi erano «saldamente costrutti coll’architettura insegnata da Cesare nei Commentari».
* Storico e Giornalista
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