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New York: Requiem per la Rai Corporation All’asta il “cimelio” in USA della TV italiana

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New York:

Requiem per la Rai Corporation

All’asta il “cimelio” in USA

della TV italiana

di Lino Manocchia

Non è una di quelle notizie che ti tolgono il sonno. Si tratta di riferire ai nostri lettori che la Rai Corporation, fondata nel 1960, alle ore

16,00 di venerdì della scorsa settimana, ha ufficialmente chiuso i battenti del suo ufficio, allestito – dopo una lunga permanenza nel maestoso grattacielo lungo la Avenue of America, il non plus ultra della modernità – nella TreBeca, laggiù sulla 32ma avenue, ove si era trasferita. (Nella foto l’ingresso della sede di N.Y.)

Una brava accurata segretaria sta compilando la lista dei ”cimeli”, di quella che fu un’organizzazione invidiataci in America, per poter dare il via all’asta che tantissimi interessati seguiranno tra qualche giorno. Intanto la Rai ha deciso che, riducendo il lavoro di produzione, si potranno chiudere alcune branche dell’organizzazione. Un passo senza dubbio drammatico che consentirebbe alla Rai di salvare 115 milioni di dollari, mettendo all’asta tutta la disponibilità nel 2012, unitamente ai 95 milioni annunciati lo scorso maggio. A Roma si pensa, insomma, che se tutto va secondo i piani il “board“ della Rai potrebbe chiudere alla pari agli inizi del 2013.

Scuotendo la testa la brava signora segretaria sussurra: «Sono sicura che il compianto Direttore Pachetti si rigirerà nella tomba ed imprecherà.»

Personalmente ricordo di aver lavora-to fianco a fianco con Ruggero Orlando (nella foto con il nostro Lino – ndr), giornalista sobrio ed attento alle spese; mi sovviene un episodio: allorché le presentai Ruggero Orlando, mia madre, che da buona Toscana non seppe tener chiusa la bocca, disse ad alta voce: «Signor Orlando, lei viene a lavorare alla Rai con la “stozza”, vero?» Infatti Ruggero aveva l’abitudine di prepararsi a casa il panino per mezzo-giorno.

Va detto che il periodo direttivo di Renato Pachetti e Umberto Bonetti fu uno dei più interessanti e prolifici periodi dell Corporation, la quale, ora, ha conse-

gnato il bigliettino rosa di licenziamento a

66 impiegati di varie categorie, salvando i tre corrispondenti ufficiali Rai, grazie all’affitto di tre cubicoli, della Associated Press .

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ABRUZZOpress – N. 133 di Martedì 17 Aprile ’12                                                                                                                  Pag 2

Alle risentite proteste degli impiegati, che la Rai di Roma combatté contro l’ammissione di un sindacato – meno potente di quello italiano –  il direttore Guido Corso spiega: «Noi intendiamo creare una differente situazione allo stato; forse Roma procederà ad assumere una compagnia esterna, capace di condurre avanti un’altra Rai corp.»

Ed  i 66 defenestrati?

«Una dozzina di tecnici riceveranno soltanto il compenso di un anno di paga, il 50% del quale verrà assorbito dalle tasse. Abbiamo molti dipendenti tuttora con la cittadinanza italiana. Volendo, potrebbero essere trasferiti alle Sedi Rai in Italia.»

Dichiarazione che ha trovato per risposta aggettivi come: “astrusi, divaganti, faciloni”. Purtroppo, anche il Consolato di New York, che da poco ha a capo la signora dottoressa Natalia Quintavalle, si trova con le spalle al muro.

Lo fa presente la Vice Console signora Pasqualini: «Mentre il Governo italiano lotta per liberarsi dalla crisi economica, il budget ha imposto tagli alla maggioranza del personale del consolato, e suggeriscono anche la chiusura del minuscolo consolato del New Jersey, causa la riduzione di un terzo del budget.»

Saggio il commento di un addetto al montaggio di servizi televisivi della Rai: «Prima hanno fatto in gara tra chi in Rai spendeva di più, ora, come un topolino nella trappola, inventano storie, gettano alle ortiche un interessante patrimonio.»

Un particolare del quale il cronista fu testimone: un’arrogante giornalista, amante dei viaggi d’oltr’Alpe, mandata per premio in America, assunse l’incarico di “inviata”, e, presentatasi al direttore Renato Pachetti, l’audace signora, pretese l’assunzione di un truccatore, il quale, durante la settimana, rendeva attraente la giornalista, al “modesto prezzo” di 600 dollari la settimana.

Sulle avventure e disavventure della Rai corporation si potrebbe redigere un volume di prim’ordine, ma a tagliare le corna al toro, come dicono in Toscana, è giunto, gradito o meno, l’attuale Presidente italiano Mario Monti – da qualcuno  definito “il Mister salva spese” – che strozza i poveretti, mentre il direttore Lorenza Lei tende a ripianare le esposizioni: «La chiusura non costituisce un depotenziamento dell’attività dell’agenzia, ma una variazione del modello di produzione.»

I licenziati ridacchiano e commentano: «Belle parole, facili a pronunciarsi, che però renderanno difficile ogni tentativo di ripresa.»

Intanto la docile segretaria trascorre le sue otto ore al giorno per allineare il prodotto da vendere all’asta, che frutterà alcuni milioni di dollari alla Rai di Roma, la quale è già pronta a cedere il ricavato a qualche cantante intronato, dal tempo e dai fischi, in barba al buon senso, alla logica e alla comprensione.

L.M.

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