Cultura & Società, Teramo e Provincia

Teramo. appuntamenti col Maggio Italiano – Cinema d’Autore

Gentilissimi,  in allegato troverete schede,foto e note relative agli appuntamenti col Maggio Italiano – Cinema d’Autore e con la Fotografia della XX edizione di Maggio Fest. Quest’anno il Maggio Fest ospiterà il regista Andrea Molaioli per la proiezione serale del suo ultimo film, “Il Gioiellino” Venerdì 6 Maggio nella Multisala Smeraldo, alle 21,15 (presenta il critico Leonardo Persia). Da Sabato 7 a Domenica 22 Maggio il pubblico del Maggio Fest potrà visitare nei locali di Torre Bruciata (per giorni e orari vedi scheda allegata) le mostre fotografiche di Maurizio Anselmi (Le vite degli altri) e di Giampiero Marcocci (Ritratti di Palestina). Opening Sabato 7, ore 18, con Kurtz dj-set. IL PROSSIMO APPUNTAMENTO COL MAGGIO FEST SARA’ QUELLO DI DOMENICA 8, ALLE 18,30 A SPAZIO TRE TEATRO, CON LO SPETTACOLO TEATRALE W>>INTERN, DA JON FOSSE, PER LA REGIA DI PLB, CON PIERGIUSEPPE DI TANNO E VIJAYA BECHIS BOLL.

ANDREA MOLAIOLI

Scheda bio-filmografica

Andrea Molaioli (Roma, 1967) ha iniziato a lavorare nel cinema nel 1988, prima come assistente alla regia e poi come aiuto regista, lavorando con alcuni tra i più importanti registi italiani. Tra essi, Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti, Pasquale Pozzessere, Mimmo Calopresti, Leone Pompucci, Giovanna Gagliardo, Marco Risi. Proficua  la collaborazione con Nanni Moretti, per il quale è stato aiuto regista in Palombella rossa (1989), Caro diario (1993), Aprile (1998).

In relazione a quest’ultimo film, dove interpreta se stesso, realizzerà pure  lo speciale televisivo Diario d’aprile e, nell’ambito del progetto collettivo morettiano I diari della Sacher (2001), firma Bandiera rossa e borsa nera, basato sul diario di guerra della tredicenne Gloria Chilanti, figlia di genitori impegnati nella Resistenza, nella Roma del 1944, occupata e ridotta alla fame.

Tali collaborazioni lo inquadrano già come cineasta con il gusto dell’impegno, profilato però da una forma meno scontata, più sottile, ironica quanto caustica, aperta persino a  contaminazioni di genere, che si ritrova completamente nel lungometraggio d’esordio, La ragazza del lago.

Il film, scritto dal regista insieme a Sandro Petraglia, sulla base del romanzo della norvegese Karin Fossum Lo sguardo di uno sconosciuto, si rifà a codici narrativi di genere ben precisi, con lo scopo però di uscire dai cliché abituali del filone per indagare sugli aspetti emotivi dei personaggi, sullo sfondo decisamente notevole di un’ambientazione friulana..

Come dichiara lo stesso autore, «C’è un poliziotto che indaga e vive problemi personali che sono lo specchio delle vicende sulle quali indagherà nel dipanarsi della storia verso la soluzione dell’enigma, che è il ritrovamento del corpo senza vita di una ragazza».

Il film risulta quindi, più che un giallo (ai cui codici narrativi comunque appartiene), uno sconsolato reperto sull’Italia di oggi, sulla provincia omologata tanto a nord quanto a sud. Nel Friuli rinato dalle macerie dei terremoti, tipici dei terreni carsici, restano sepolti i tanti personaggi, ugualmente colpevoli e ugualmente innocenti, personaggi che hanno una qualche mancanza, a cui è accaduto qualcosa che impedisce loro di essere pienamente.

Il regista lavora di sottrazione, eliminando i dati di cronaca e tutto quello che avrebbe reso scabrosa la vicenda. Alla fine rimane la storia di un dolore insopportabile, formalizzato nelle convenzioni narrative e stilistiche del genere. Più il film si avvicina alle dinamiche profonde ed eterne dei rapporti umani, più riesce a fissare lo sfondo, la copertura, il dato quotidiano.

L’opera, presentata alla XX Settimana Internazionale della Critica a Venezia, ha ricevuto dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici il premio ISVEMA 2007 mentre il protagonista Toni Servillo è stato invece insignito del premio Francesco Pasinetti. Il film, con i suoi autori e interpreti, è stato anche protagonista dell’edizione 2008 del premio David di Donatello vincendo 10 statuette tra cui quella per il miglior regista e il miglior regista esordiente per lo stesso Andrea Molaioli.

Con il secondo film, Il gioiellino (2011), ispirato al caso Parmalat, Molaioli si è trasferito in Piemonte, da dove ha continuato a guardare la provincia italiana come singola metafora di una società italiana viziata e sofferente. Se La ragazza del lago avviava un’indagine introspettiva a partire da un corpo senza vita annegato e poi abbandonato sulla riva, il nuovo lavoro si concentra su una corporation affogata dai debiti e poi costretta alla bancarotta.

In entrambe le pellicole, al centro della vicenda c’è un Toni Servillo gelidamente coinvolto. Un attore perfettamente intonato alle atmosfere “in togliere”, minimalizzate eppure collettive, dei due film che, da soli, hanno imposto sulla scena del nuovo cinema italiano il nome di Andrea Molaioli.

LA RAGAZZA DEL LAGO (Italia, 2007)

sc: Andrea Molaioli, Sandro Petraglia – fot: Ramiro Civita – mo: Giogiò Franchini – mus: Theo Teardo – prod: Indigo Film – distr: Medusa

Interpreti: Valeria Golino, Toni Servillo, Omero Antonutti, Sara D’Amato, Anna Bonaiuto, Fausto Maria Sciarappa, Fabrizio Gifuni, Nello Mascia, Marco Baiani, Giulia Michelini, Denis Fasolo – Durata: 95 minuti

Sinossi: Un tranquillo paese del nord Italia, sperduto tra le montagne, è scosso dal ritrovamento del cadavere di una ragazza, abbandonata nuda sulle rive del lago, assassinata forse dalla mano gentile di un conoscente più che dall’atto brutale di un estraneo. Scoprire il male che si nasconde all’interno della comunità stessa è il compito del commissario Sanzio (Toni Servillo), nuovo della zona, che nel corso dell’indagine porterà a galla altre tristi verità.

Sulla misteriosa morte di Anna, studentessa e giocatrice di hockey, indaga quindi, il commissario Giovanni Sanzio, padre ruvido e introverso di Francesca (Giulia Michelini). Procedendo in un’indagine investigativa ed esistenziale scoverà l’assassino e attribuirà il giusto senso alla sua vita, finora in perenne disordine esistenziale.

Rassegna Stampa

“Un film e Toni Servillo. L’impressione è che la presenza e il lavoro del migliore attore italiano del momento assomiglino a quelle del sole in una giornata d’estate. Dall’amniotico buio della sala dapprima sorgono i chiarori dell’alba, sfumati, ma già tersi in cui appaiono i caratteri del personaggio assieme al profilo degli sfondi. Poi si fa strada una luce più vivida, abbagliante che riempie lo schermo, nutre la suspense e rassicura il viaggio dello spettatore. Infine arriva il crepuscolo, che protegge i soprassalti della mente e del cuore, mantiene vivo il calore della messinscena e riporta nell’ombra il tormento e l’estasi dell’incarnazione.” (Valerio Caprara, Il Mattino)

“Là dove giace il corpo nudo di una bella ragazza senza vita, sulla tranquilla riva del lago carnico del titolo, non ci sono riflettori tv e flash dei fotografi ad illuminare la scena del delitto. Il rischio, addirittura, è che non si faccia nemmeno caso alle impronte da rilevare lasciate per terra. Pare un altro mondo, quest’Italia di provincia descritta da Sandro Petraglia e finita sotto la lente d’ingrandimento dalla macchina da presa di Andrea Molaioli. Il ritmo dell’agire di abitanti, presunti assassini, funzionari di polizia è qualcosa di metafisico che si spalma e scioglie sulle pareti del quadro come in un dipinto di Dalì.” (Davide Turrini, Liberazione)

“Bella ragazza nuda trovata cadavere di fronte al lago. Sospiro di sollievo: «che fortuna che è morta lei». Ma non sarà facile trovare assassino e movente, nonostante l’eccentrica professionalità degli inquirenti. Tutti possono essere colpevoli: il fidanzato pelandrone, il padre inquietante, il fidanzato segreto, da buon borghese troppo sospetto (Fabrizio Gifuni), l’ex moglie gelosa del fidanzato segreto, che è Valeria Golino e sa verniciare sguardi e gesti di tali ambiguissimi strati…, lo scemo del villaggio che «non ha mai fatto male neanche a un coniglio», anzi «spancerebbe chiunque lo toccasse, quel coniglio», e soprattutto il suo rude padre padrone, Omero Antonutti, più selvatico che mai.” (Roberto Silvestri, Il Manifesto)

IL GIOIELLINO (Italia/Francia, 2011)

Sc: Andrea Molaioli, Ludovica Rampoldi, Gabriele Romagnoli – fot: Luca Bigazzi –  mo: Giogiò Franchini – mus: Theo Teardo – prod: Indigo Film – distr: Bim

Interpreti: Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felbermaum, Fausto Maria Sciarappa, Lino Guanciale, Vanessa Compagnucci, Lisa Galantini, Renato Carpentieri, Gianna Paola Scaffidi – Dur: 110 minuti

Sinossi: La Leda è una delle maggiori aziende agro-alimentari del Paese: ramificata nei cinque continenti, quotata in Borsa, in continua espansione verso nuovi mercati e nuovi settori. Quello che si dice un gioiellino. Il suo fondatore, Amanzio Rastelli, padre padrone dell’azienda, ha messo ai posti di comando i suoi parenti più stretti: il figlio, la nipote, più alcuni manager di provata fiducia – malgrado i loro studi si fermino al diploma in ragioneria. Un management inadeguato ad affrontare le sfide che il mercato richiede a Leda. E infatti il gruppo s’indebita. Sempre di più. Non basta falsificare i bilanci, gonfiare le vendite, chiedere appoggio ai politici, accollare il rischio sui risparmiatori attraverso operazioni di finanza creativa sempre più ardite. La voragine è diventata troppo grande e si prepara a inghiottire tutto.

Rassegna Stampa

“Anche se nel film di Andrea Molaioli (per ragioni piuttosto ovvie, non ultima la libertà narrativa degli ideatori: con il regista, Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli) i nomi sono inventati e inventato è un marchio di latte e di prodotti alimentari inclusi loghi e campagne pubblicitarie, risulta evidente il riferimento a Parmalat, al suo patron Calisto Tanzi, a tanti altri personaggi reali – del suo entourage aziendale e familiare, della finanza, della politica – di una storia a tutti nota a partire dal 2003-2004, quando fu scoperto il baratro.” (Paolo D’Agostini, La Repubblica)

“«Possiate morire di morte lenta e dolorosa, voi e i vostri cari». Lo dice con cattiveria impassibile il ragioniere Botta, portato via dalla finanza mentre si consuma il crac annunciato dell’azienda «familiare» che però non ha rinunciato a entrare nei giochi (sporchi) della finanza globale. E mentre l’oscuro ragioniere fissa qualcosa dalle sbarre del cellulare, gli altri si affannano inutilmente a cancellare le prove delle truffe spaccando i computer e gettando le carte nel fiume … Siamo in una non precisata provincia italiana, ma in quelle strade ordinate, e nei sorrisi borghesi di riverenza, messa e paste della domenica, riconosciamo la Parma di Calisto Tanzi, come nel crollo della Leda, società di latte e prodotti alimentari, quello che nel 2003 ha travolto la Parmalat, e soprattutto i risparmiatori che avevano investito in borsa sui titoli della società.” (Cristina Piccino, Il Manifesto)

“«I soldi non ci sono? Inventiamoceli». Lo dice Toni Servillo quando il suo personaggio, direttore finanziario di un’azienda alimentare in sofferenza, l’incammina alla bancarotta fraudolenta. Accade nel Gioiellino, film di Andrea Molaioli, da oggi nella sale italiane. Riferimenti a persone in carne e ossa e a fatti realmente accaduti – il caso Parmalat – non sono casuali. Non è una novità, il cinema – come la narrativa -riproduce la realtà specie quando nega di farlo. La novità è che Molaioli resta ad alti livelli anche dopo La ragazza del lago, che l’aveva rivelato, e si sa che l’opera seconda è sempre più difficile dell’opera prima.” (Enrico Marletti, Il Secolo d’Italia)

“Un film italiano di seria qualità. Come quelli che realizzavano Francesco Rosi e Elio Petri negli anni d’oro del nostro cinema civile. L’ha diretto, anche scrivendolo, Andrea Molaioli che ha trionfalmente esordito qualche anno fa con “La ragazza del lago”, lodato dalla critica, festeggiato dal pubblico, fatto segno a premi di sicuro prestigio. Oggi si fa ispirare, neanche molto in filigrana, da quel crac Parmalat che ha lasciato dietro di sé veri e propri disastri ai danni di una moltitudine di risparmiatori.” (Gian Luigi Rondi, Il Tempo)

MOSTRE/FOTOGRAFIA

Sabato 7 ∙ Domenica 22 maggio Torre Bruciata, via Antica Cattedrale

Maurizio Anselmi ∙ Le storie degli altri

Giampiero Marcocci ∙ Ritratti di Palestina

Opening Sabato 7 maggio ore 18,00 Kurtz dj-set

Orari mostra 18,00-20,30 sab e dom 11,00-13,00/18,00-20,30

Maurizio Anselmi, nato a Teramo nel 1957, si laurea al D.A.M.S. di Bologna. Negli anni  ‘80 inizia l’attività di fotografo pubblicitario e collabora con importanti agenzie pubblicitarie, dedicandosi alla fotografia di moda. Le sue immagini compaiono sulle maggiori riviste nazionali. Negli anni ‘90 riceve i primi riconoscimenti su riviste nazionali (Fotopro, Il Fotografo Professionista…). La sua ricerca è incentrata in gran parte sul patrimonio artistico abruzzese. Tra le collaborazioni di rilievo: i volumi della collana Documenti dell’Abruzzo Teramano edito dalla Tercas, La Cappella Sistina della Maiolica – Il Soffitto della Chiesa di San Donato di Castelli(Andromeda)…. Numerose immagini di quest’ ultima opera sono pubblicate su FMR di Franco Maria Ricci Editore. Dal 2003 al 2007 è  fotografo dell’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga e della rivista ABC Abruzzo Beni Culturali. Nel 2004 cura il calendario In Volo sul Parco ed in seguito i volumi Sapori della Natura, Sapori della Cultura e Santo Stefano di Sessanio, il borgo della rinascita. Suggestivi ed emozionanti, infine, la mostra ed il libro Colpiti nel cuore, conoscere per ricostruire del 2009, che raccolgono le drammatiche immagini realizzate dopo il tragico sisma che ha sconvolto L’Aquila ed il territorio abruzzese. Nel 2009 pubblica Ager Praetutianus, Omaggio al paesaggio teramano –Artemia Ed.-, una raccolta di immagini dal Gran Sasso alla costa adriatica, dalle colline ai borghi dell’entroterra.

Le Storie degli altri

Le immagini realizzate per questo progetto si ispirano a problematiche di carattere sociale e vengono realizzate non in forma di reportage, ma appositamente create e costruite attraverso le tecniche della fotografia  tradizionale e cinematografica.

Caratterizzate da un tono surreale e quasi fiabesco, le immagini rimandano comunque a temi forti ed estremamente toccanti, senza essere al tempo stesso cruda rappresentazione della realtà.

Atteggiamenti sospesi a metà fra un prima e un dopo, personaggi che dipingono attraverso il corpo, turbamento orrore a volte preoccupazione, come se qualcosa di straordinario o sconvolgente stia accadendo o sia già accaduto.

L’inquietudine sprigionata da ogni scatto cerca di catturare l’attenzione per ricostruire un accaduto, ciò che si è appena compiuto sulla scena, mentre l’uso scenografico della luce taglia lo spazio e l’aria aumentando l’intensità del momento in una drammaticità teatrale.

Le immagini proposte non vogliono essere spontanee ma sono al contrario, studiate e create nel dettaglio simili a fotogrammi tratti da film di David Lynch e Spielberg: di fronte ad esse ci si ferma a pensare…

Una mise en scène davvero articolata, realizzata partendo dall’individuazione delle location per poi passare al progetto di allestimento dei rispettivi set.

L’abbinamento tra luoghi e temi affrontati dà alle immagini una caratteristica simbolica, resa possibile anche dal posizionamento del punto di ripresa, dalla scelta degli accessori e dei colori.

Tutte le storie fotografate ci appartengono, ci sono quotidianamente vicine, fanno parte della vita di tutti noi, potrebbero toccare i nostri affetti, la nostra stessa esistenza…. possono non essere le Storie degli altri

Maurizio Anselmi

Giampiero Marcocci, nato nel 1971, si occupa di fotografia dal 1994. Dopo aver conseguito la maturità all’Istututo Tecnico Industriale frequenta a Roma l’Istituto Superiore di Fotografia. Frequenta vari workshop con professionisti tra i quali Maurizio Buscarino e Paolo Pellegri. E’ titolare di uno studio fotografico a Teramo dove si occupa di fotografia commerciale e di reportage sociale e di viaggio. Tra le esposizioni e i riconoscimenti più importanti segnaliamo il Premio Arte Mondadori alla Permanente di Milano, la Triennale di Arte Sacra Contemporanea di Lecce, Immagini del Gusto al Centro Nazionale Della Fotografia D’Autore di Bibbiena, il Premio Termoli alla Galleria Civica di Arte Contemporanea. Tra i vari premi il Concorso 626 Comunicazione & Sicurezza del Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia, si è aggiudicato nel 2005 il Premio Speciale Ventaglio D’Oro all’interno del Premio Arte Mondadori di cui è finalista, nel 2006 finalista del Premio Pagine Bianche D’Autore; nel 2008 il Premio Bronze Award per la categoria Ritratto e nel 2010 i Premi Gold, Silver e Bronze Award nella categoria reportage a Orvieto Fotografia Professional Photography Awards.

Ritratti di Palestina

Giampiero Marcocci è fotografo e, in occasione di un recente viaggio in Terra Santa, tra dicembre e gennaio scorsi, è entrato in contatto con la drammatica realtà palestinese. Ha visitato Gerusalemme e i territori occupati, Betlemme, Gerico, Hebron, Nablus, restando profondamente colpito dalla precarietà e dalla povertà estrema che improntano l’esistenza di quelle popolazioni… egli è stato impressionato dalla loro dignità, da una forte identità… che li trattiene tenacemente alla  vita. Una situazione pesantissima, più grave e comunque diversa da quanto lasciano filtrare in Europa i grandi mezzi di comunicazione.

A richiamare l’attenzione di Marcocci sono stati in particolare i bambini; e ai bambini palestinesi egli ha dedicato un intero reportage fotografico, da cui ha adesso tratto i trentacinque ritratti che costituiscono questa installazione dal forte accento corale: Ritratti di Palestina. Volti e occhi incuriositi e imbronciati, divertiti e disorientati, comunque innocenti, ma condannati a pagare il prezzo più elevato di una tragedia che appare, quanto meno ad un giudizio umano, senza soluzione, priva di una credibile via di uscita. Bambini costretti a confrontarsi quotidianamente con situazioni crude e violente, assolutamente inadatte ad una infanzia a cui, oltretutto, sono stati negati svago e serenità; spesso gli affetti più cari. Marcocci ha visitato un orfanotrofio, dove sono accolti bambini che i lutti e le miserie di una guerra senza fine hanno privato della famiglia. E’ entrato nei campi profughi che inalberano come insegna una chiave, quella delle case che essi hanno dovuto abbandonare e in cui sperano, nonostante tutto, di poter tornare. Le Beatitudini, vuol dirci l’artista, non appartengono a contesti lontani nello spazio e nel tempo; parlano nella muta (ma assordante) richiesta di giustizia che si alza da questi volti infantili e che supera, naturalmente, il contesto geografico, politico, culturale che essi testimoniano. Carlo Fabrizio Carli

Kurtz aka Bernardo Di Sabatino, musicista, dj, producer, suona musica elettronica downtempo muovendosi con agilità tra chill-out, lo-fi, trip-hop e deep-house.

Un dj-set che non si esaurisce nella selezione del sound adatto alle circostanze, piuttosto una performance live dove loops, textures e campionamenti si fondono con l’esecuzione di tracce di artisti come Groove Armada, Bonobo, Flying Lotus, Dzihan & Kamien.

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