Cultura & Società

Chieti. libro di Enrico Di Carlo, “Gabriele d’Annunzio e la gastronomia abruzzese” (ed. Verdone) che sarà presentato venerdì 30 aprile, nel ridotto del Teatro Marrucino di Chieti, alle ore 18.30.

Gabriele d’Annunzio non tenne mai in considerazione la proposta di
sponsorizzare gli spaghetti della ditta abruzzese De Cecco, nonostante che lo
stesso fondatore, Filippo De Cecco, si fosse rivolto a lui tramite il deputato
Pasquale Masciantonio.
In una lettera dell’11 gennaio 1912, il politico scrisse a d’Annunzio esiliato
in Francia: «Hai ricevuto i maccheroni? Sono proprio quelli di Fara S. Martino,
impastati con l’acqua di sorgente del Verde e asciugati all’ombra della
Maiella. Filippo De Cecco – cavaliere del lavoro – in cambio di un tuo verso
abruzzese – te li manderebbe per tutta la vita». Dalla Francia, però, non
arrivò nessuna risposta, molto probabilmente perché in quello stesso periodo i
rapporti di amicizia tra Masciantonio e d’Annunzio si erano guastati per
divergenze politiche.
È una delle tante curiosità che emergono dal libro di Enrico Di Carlo,
“Gabriele d’Annunzio e la gastronomia abruzzese” (ed. Verdone) che sarà
presentato venerdì 30 aprile, nel ridotto del Teatro Marrucino di Chieti, alle
ore 18.30. L’incontro è organizzato dai Rotary club di Chieti, Pescara,
Lanciano e Ortona e dalla delegazione chietina dell’Accademia Italiana della
Cucina.
Differenti furono, invece, i rapporti che il poeta ebbe con altri prodotti
abruzzesi. Si pensi al liquore teatino Corfinio di Giulio Barattucci, che
definì “odoroso” in una cronaca giornalistica degli anni Ottanta dell’
Ottocento; e si pensi particolarmente al liquore Aurum, creato da Amedeo
Pomilio e al dolce Parrozzo di Luigi D’Amico.
Per tornare agli spaghetti, il mancato accordo con De Cecco non rovinò certo
al Comandante il piacere di una buona forchettata. Il primo dicembre 1932
scrisse al ministro Giacomo Acerbo per invitarlo a Gardone: «Inoltre non
dispero che tu salga al Vittoriale “pe’ magnà ’nghe me nu belle piatte de
maccarune e pe’ beve nu bicchierucce de montepulciane”».

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