Giulianova. Marialuisa De Santis: 7 su 7, un artista al giorno, Emiliano Alfonsi

Mai avrei immaginato, dati i miei interessi di contemporaneista, di rimanere tanto affascinata da un artista che, forse un po’ impropriamente, è stato definito autore di nuove icone ( nel senso ovvio che le icone sono lontane dal mio campo di studi).

Io definirei invece Emiliano Alfonsi (Roma 1980) un cercatore di bellezza che, attraverso antiche tecniche pittoriche, cerca di fare prigioniere e fermare sulle sue tavole grazia, meraviglia ed armonia.

Qui mi piace che siano gli artisti stessi a parlare della loro arte, purtroppo però Alfonsi non riesce a mandarmi a breve delle sue riflessioni e sono costretta ad adoperare una parte del testo che io ho scritto per lui qualche anno fa.

Gabriel di Emiliano Alfonsi

Al di là di tante parole la sua “tensione” verso la bellezza è comunque palpabile nelle immagini, fatevi rapire da queste. Prima del mio testo però mi piace riportare almeno una frase di Alfonsi che illumina su come la passione per l’arte sia totalizzante per chi la pratica e su come costituisca per loro un valore forte in una società che di valori forti ne ha davvero ben pochi.

mi addormento e finalmente apro gli occhi …

mi ascolto, scivolo sulla linea orizzontale della luce

ed inizia così il cammino di quella meravigliosa esperienza

chiamata pittura alla ricerca dell’Archetipo e della Bellezza Universale

Giustizia di Emiliano Alfonsi

 

Emiliano Alfonsi: l’enigma della bellezza

… I termini del suo lavoro potrebbero essere ricondotti ad una scelta di colori mai determinata dalla luce naturale, ad immagini dipinte con sapienza antica e alle lignee forme geometriche che tali immagini incorniciano. Eppure detto ciò dell’arte di Emiliano Alfonsi sembra rimanere fuori quasi tutto e certamente l’essenziale, forse perché parlare della bellezza non è mai facile.

Lo stesso Baudelaire si chiedeva: Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall’abisso, Bellezza?

Certamente si tratta di una bellezza epifanica, quella dipinta da Alfonsi, una bellezza che improvvisa si apre al nostro sguardo non più abituato alla perfezione delle forme ma che solo apparentemente trae origine dal cielo profondo; spesso un’ambiguità sottile rivela e apre indeterminatezze e contemporanee ambiguità.

Qualcuno ha accostato Alfonsi ai Preraffaelliti e lo ha dichiarato sensibile alle istanze poetiche dei Simbolisti mettendo in evidenza i raffinati accordi cromatici e l’attenzione ai segni nella narrazione mitico-religiosa delle sue opere. Ed è vero che Alfonsi accoglie queste istanze ma lo fa nella misura in cui l’accoglie tutta l’arte contemporanea aprendosi a ciò che non è strettamente o solamente “naturale”.

Le 7 gioie di Emiliano Alfonsi

Le sue figure così “vere” o meglio così verosimilmente dipinte, vivono e si fortificano di minuzie e sfumature ma è proprio il raffinato insistere sul dettaglio che le immerge in un tutto contemporaneo clima di attesa e le sposta dalla semplice apparenza sensibile ad un piano quasi metafisico.

Alfonsi dice di amare la tradizione artistica del basso medioevo e insieme, non sorprende, la pittura fiamminga. Della prima conserva il desiderio, davvero oggi assai raro,  di funzione didattica o meglio, potremmo dire più modernamente, di scelta comunicativa attraverso la riconoscibilità iconica.

Ma medievale è in un certo senso anche l’uso dei colori luminosi e intensi con una sovrabbondanza di  azzurri e dorati. L’azzurro è metafora di trascendenza, spiritualità, immaterialità e profondità infinita. L’oro, metallo incorruttibile e scintillante, è simbolo di luce eterna.

Dei fiamminghi Emiliano Alfonsi ammira la rappresentazione elegantissima e ricca, la densità di significati intellettuali e soprattutto, dal punto di vista tecnico, la capacità raffinata di stendere il colore per velature. Inutile dire che con la tecnica delle velature il pittore ottiene una quantità infinita di toni di colori avvicinandosi più agevolmente alla perfezione anelata ma questa tecnica è lunga e difficile, niente affatto basata sull’improvvisazione e la fretta.

Silentium di Emiliano Alfonsi

Alfonsi rivendica infatti non solo la capacità creativa e poetica del pittore ma anche quelle abilità  specifiche del disegno e del colore oggi troppo spesso tenute da parte. Eppure da quelle capacità, possedute intensamente, partì anche Picasso per sovvertire poi il linguaggio pittorico di tutto il Novecento.

Nordici sono sicuramente gli incarnati pallidi delle sue figure e la scelta di allungarne le forme aspirando all’idea di una bellezza ascetica che racconti di un perfetto equilibrio tra fisico e spirituale. Così ugualmente è ricercato come perfetto l’equilibrio tra la rappresentazione figurale e quella degli elementi del mondo vegetale e animale, sempre accordati sul piano delle significazioni mitologiche sentite dall’artista come costituenti del patrimonio fondante della nostra cultura.

Ma della bellezza è difficile parlare; e se Dostoevskij fa dire al principe Miskin la ormai citatissima frase “la bellezza salverà il mondo” è anche vero che a proposito di Agliaia esclama “ è difficile giudicare la bellezza; non mi ci sono ancora preparato. È un enigma.”.

Marialuisa De Santis

Direttrice del MAS-Museo d’Arte dello Splendore di Giulianova e Critica d’Arte

 

 




Giulianova. Marialuisa De Santis: 7 su 7, un artista al giorno, Elvis Spadoni

Per sette giorni, ogni giorno, proporrò tre opere di un artista che, incontrato nel corso del mio lavoro, mi ha particolarmente colpito e ovviamente convinto della sua produzione. La mia è chiaramente una scelta di parte e tradisce il mio interesse verso una strada nuova per l’espressione sacra e verso un’arte che indaghi il mistero della vita e dell’identità, soprattutto femminile. In un momento in cui i tempi della nostra esistenza si allentano e sia pure forzosamente la fretta è abbandonata, le immagini possono avere finalmente l’attenzione che meritano. L’arte può essere carezza dell’anima o colpo al cuore e alla mente ma mai può lasciarci indifferenti: l’arte è un mondo altro eppure così legato e importante per quello della quotidianità. Adesso che torneremo ad uscire frequentiamolo di più: ci farà solo del bene.

Marialuisa De Santis*

 

Comincio con un pittore che dimostra chiaramente come la pittura figurativa non sia mai finita e come anzi possa diventare in certi casi un percorso attuale e affascinante.

Ecce homo (sono in te tutte le mie sorgenti) 2017 olio su tela 215x330cm

Elvis Spadoni, nato nel 1979 ad Urbino frequenta il seminario di Rimini per poi decidere che la sua strada è un’altra. Si iscrive quindi all’Accademia di Belle Arti della sua città ed affronta il complesso e oggi quasi negletto tema del sacro attraverso una pittura figurativa che  riesce a coniugare la grande tradizione pittorica del passato con lo spaesamento dello sguardo contemporaneo che si evidenzia  nella contrapposizione di presenza-assenza nei suoi quadri: la presenza forte e autorevole dell’immagine che si staglia sulla luce bianca misteriosamente invadente dei grandi spazi della tela. Quasi inutile sottolineare la sua straordinaria capacità di adoperare il disegno e il colore, spesso in tele di grandi dimensioni e di straniante atmosfera.

lazzaro 

Elvis Spadoni della sua arte e del rapporto col sacro scrive:

 

Il sacro per me non è qualcosa che si contrappone al profano ma è piuttosto una dimensione che pervade ogni cosa e la cui rivelazione dipende dall’occhi di chi guarda. Mi ritrovo nelle parole di Pier Paolo Pasolini e nel suo sguardo religioso sul mondo per cui poteva dire: “ogni oggetto per me è miracoloso”. Sacro e profano danzano insieme e circoscrivere il sacro è spegnere la musica più profonda che anima il mondo. L’arte gioca un ruolo cruciale in questo rapporto proprio per il suo ruolo “educativo” nei confronti dello sguardo. Il pittore, l’artista, presentano una visione del mondo che ha come tema sempre il rapporto fra le cose e la loro “anima”, offre sempre un ideale sguardo sulla verità delle cose. Il mio modo di dipingere che potrei definire in un certo senso realista nasce proprio dalla mia convinzione che il sacro è “diffuso”, appartiene alla superficie delle cose ed è mischiato alla creazione. É questa la bellezza a cui l’arte può convertirci.

Il fatto che spesso utilizzi narrazioni che provengono dalla tradizione religiosa ebraica e cristiana potrei dire che da questo punto di vista è secondario. Il “tema” del racconto è un ulteriore elemento di riflessione sul sacro che deve sommarsi alla pratica artistica senza essere un alibi alla ricerca estetica dell’artista nei confronti del sacro che parla sia la lingua dei racconti ma anche, e soprattutto, quella muta delle immagini e dei segni.

Spartizione delle Vesti, 2017

Un altro elemento che trovo n me quando mi rapporto al sacro, e che bilancia questo atteggiamento “profano”, di amore per il fango, è quello di una forte ritrosia nella manifestazione esplicita del sacro o dei punti più significativi di una rappresentazione. Per farmi capire: spesso elimino dalla composizione elementi che normalmente sono i punti focali, ad esempio il corpo di Cristo nella scena di una crocifissione, oppure amo nascondere i volti e i corpi, sia con forti luci o con ombre se non con arditi tagli di inquadratura. Voglio che lo spettatore si senta libero e non aggredito dall’immagine e dal racconto che propone.

Infine, la soluzione che più amo quando affronto il sacro è quella di utilizzare ampie porzioni del dipinto completamente bianche. É per me l’indispensabile spazio del silenzio, del nulla, dell’attesa, della riflessione, del dubbio, dell’invisibile, che di fronte al sacro è necessario affiancare. É il respiro del quadro che si alterna all’immagine reale e prosaica. É questo lo spazio di Dio e del suo contrario.

*direttrice del Museo d’Arte dello Splendore e Critica d’Arte