Giulianova. Il Gruppo di Lavoro, Area Welfare, del PD di Giulianova esprime una certa preoccupazione in merito al percorso di definizione del 4° Piano sociale regionale

Il Gruppo di Lavoro, Area Welfare, del PD di Giulianova esprime una certa preoccupazione in merito al percorso di definizione del 4° Piano sociale regionale che, come dichiarato dallo stesso Assessore regionale, Paolo Gatti, è in dirittura di arrivo. La preoccupazione nasce da una constatazione, e cioè dall’aver percepito – nei comportamenti della Giunta regionale – un affievolito interesse nei confronti delle politiche socio-assistenziali. Tale pregiudizio ci sovviene in considerazione del fatto che la pianificazione sociale ha bisogno di confronto, di partecipazione, di concertazione, di coinvolgimento delle parti sociali, nelle loro diverse articolazioni. Sin qui, purtroppo, dobbiamo registrare un atteggiamento eccessivamente dirigista del pur attivo Assessore regionale, sfociato – di recente – nell’approvazione di Linee guida che disegnano una netta inversione di tendenza rispetto alle esperienze consolidate in materia di politiche sociali. In relazione ad esse, ritenendo di non ripetere la superflua critica all’analisi dei bisogni sociali, che troverà certamente sede nel Piano sociale regionale, intendiamo sollevare dubbi in merito a tre questioni strutturali e dirimenti del Piano:

A) In che modo, la Regione Abruzzo intenderà compensare il taglio delle risorse del Fondo nazionale politiche sociali, che si annunciano ridotte di circa il 50 %;

B) In che modo, la Regione Abruzzo ovvierà al superamento del modello di inclusione sociale sperimentato, seppur con modesta efficacia, con il 3° Piano sociale regionale?;

C) L’avvento di un welfare attivo e sussidiario è come dire “aiutati, che Dio ti aiuta”, oppure la Regione Abruzzo sarà capace di articolare linee multifattoriali di sviluppo a soccorso del disagio imperante e della grave crisi economica e sociale in cui versa la nostra regione?

Su questi tre quesiti, sarebbe opportuno avviare una serie di confronti e di chiarimenti al fine di consentire agli ambiti sociali, tempestivamente, di convertire le proprie strutture, le proprie competenze, i propri bilanci.

Il ridimensionamento della spesa sociale territoriale, merita una specifica riflessione da parte degli attori sociali e degli organismi di rappresentanza. La Regione Abruzzo – ogni anno – spende per la sanità circa 2 miliardi di euro, a fronte di circa 30 milioni di euro di stanziamenti per le politiche socio-assistenziali. Uno squilibrio insostenibile che, peraltro, com’è noto, non contribuisce a rendere il sistema sanitario regionale efficiente ed efficace in relazione ai bisogni della popolazione.

Negli ultimi mesi, si rincorrono le voci,  le ipotesi, i piani operativi di riordino del sistema sanitario, senza che – a nostro modesto avviso – alcuno lasci denotare la chiara volontà di riformare profondamente la sanità abruzzese. Ci sembra evidente che l’auspicata riforma del SSR possa, liberando una moltitudine di risorse finanziarie, concorrere a meglio finanziare il sistema delle politiche sociali. Ma, per riformare la sanità, occorre coraggio. E questa Giunta regionale – nonostante le dichiarazioni di intenti – sembra non averne, al pari degli illustri – e lo diciamo con onestà intellettuale – predecessori. Quali politiche di integrazione socio-sanitaria prevederà il nuovo Piano sociale regionale ? Vi sarà una proficua e funzionale integrazione tra la pianificazione sociale e quella sanitaria? E, se sì, le ASL saranno costrette ad investire maggiori risorse sul territorio, a detrimento dei cicli stanziali e residenziali? L’ultima considerazione va riservata alla questione della povertà e del disagio socio-economico. Nelle Linee guida si asserisce che la migliore forma di ammortizzatore sociale è il lavoro, inteso quale opportunità di realizzazione personale e materiale. Concordiamo, appieno. Ma sappiamo anche che certi processi richiedono tempi lunghi, strategie efficaci, congiunture positive. Nel frattempo, quali risposte il Piano prevederà in materia di povertà, inclusione della marginalità ? Quali politiche in favore della fetta crescente di cittadini stranieri ?

Su questi quesiti, fondiamo le nostre perplessità.

A rispondere ad essi, vogliamo dedicare la nostra partecipazione e il nostro impegno.

21/09/2010