Tra Memoria e Solidarietà-2 dicembre 1943: inferno su Bari

A ricordo dell’incursione aerea del 2 dicembre del 1943 subita dalla città di Bari, il 7 dicembre si terrà presso la Sala Consigliare della Città Metropolitana di Bari un convegno rivolto al tragico bombardamento. L’evento è stato organizzato dal Dipartimento O.B.I dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Onlus in collaborazione con Comune e Città Metropolitana di Bari.

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Per l’occasione è stato invitato il documentarista e scrittore Francesco Morra e nel corso della giornata sarà presentato il suo ultimo lavoro editoriale “TOP SECRET Bari 2 Dicembre 1943”. Ad aprire il dibattito il Sindaco Antonio Decaro, a Seguire il Senatore Giovanni Procacci, quindi i saluti del Presidente ANVCG Luigi Nacci. Relazioneranno oltre al Dott. Francesco Morra, il Presidente dell’Associazione Marinai d’Italia, un delegato IPSAIC e la professoressa Santa Vetturi membro del Dipartimento O.B.I. e Presidente dell’Associazione Culturale Virtute e Canoscenza, la professoressa relazionerà sul progetto “editoriale-solidale” 100 Voci per Amatrice e… In Sala gli studenti dell’Elena di Savoia e del Gorjux-Tridente-Vivante di Bari, del Vespucci e del Liceo Einstein di Molfetta. A moderare gli interventi lo scrittore Waldemaro Morgese

ANVCG-Dipartimento Ordigni Bellici Inesplosi

Giovanni Lafirenze




NOVEMBRE 1943 – L’ECCIDIO DI PIETRANSIERI: LA SOPRAVVISSUTA RACCONTA… di Mario Setta

 

 

A Pietransieri, una frazione di Roccaraso, nel mese di novembre del 1943, alla contrada Lìmmari, si verifica un eccidio terrificante: 128 persone trucidate. Vengono uccisi complessivamente 128 abitanti: 42 uomini e 86 donne. Fra di loro, 42 bambini (di cui 34 al di sotto dei dieci anni e uno, Gianfranco Guido, di appena un mese. La “ragione” di questa assurda strage resta tuttora ignota e fuori da ogni logica. Di questo incredibile e atroce misfatto, Virginia Macerelli, nata nel 1936, unica sopravvissuta, racconta:

Sacrario di Pietransieri

“A novembre, cominciarono a venire i tedeschi. Dicevano che dovevamo scappare perché il paese doveva essere distrutto. Si sono presi tutti gli uomini per la guerra, anche mio padre ed altri due miei fratelli, quelli più grandi. Dopo, Pietransieri è stata sfollata, perché bombardavano il paese e mettevano fuoco alle case. Siamo andati alle masserie, a Limmari. Mia madre con sei figli è andata a Limmari e siamo stati per due notti sotto un albero, con una tenda. Avevamo tutti fatto delle tende. I tedeschi venivano, ci interrogavano, bombardavano il paese e prendevano tutti gli animali, i maiali e quello che trovavano. Il 16 novembre per primo hanno preso mio fratello. L’ hanno portato a Pietransieri con i maiali e l’hanno ucciso. Poi hanno preso l’altro mio fratello e l’hanno ucciso in un boschetto. Noi siamo rimasti sotto la tenda per altri cinque giorni. Poi, il 21 novembre, sono venuti di nuovo i tedeschi dicendo che dovevano ammazzare tutti quanti… Poi venne un tedesco, era bravo, e ci disse che dovevamo scappare, perché sarebbe venuta la SS e tutti kaputt. Con la mano aveva fatto cenno: tutti kaputt. Abbiamo cominciato a scappare verso Castel di Sangro… Dopo mezz’ ora è arrivata la SS e ci hanno raggruppati. C’era un tronco d’albero e hanno fatto sedere la gente intorno.  Poi hanno messo una mina, grande come un vaso di fiori e l’hanno fatta saltare. Dopo che la mina era scoppiata, i tedeschi cominciarono ad uccidere i feriti con la mitragliatrice. Io stavo sotto braccio a mamma. Ero la più piccola dei figli. Si sa che quando c’è un pericolo la madre stringe a sé tutti i figli. Io ero la più piccola e così mi ha abbracciato. Mia madre aveva uno scialle sulle spalle e come i tedeschi hanno mitragliato è caduta ed è morta              all’istante. Io sono caduta sotto a mamma e sono rimasta lì, lo scialle di mamma mi aveva coperto… Tutti strillavano. La prima volta che hanno cominciato ad uccidere che urli si sentivano! Poi è rimasto solo silenzio. Non si sentivano neanche più gli uccelli. Niente! Non si sentiva niente. Tutto il mondo era silenzio. Sono rimasta lì sotto a mamma, zitta, non parlavo. Ero piena di buchi, sono piena di buchi. Buchi che passano da parte a parte. Dopo un po’ ho cominciato a muovermi, ma ho visto che c’erano solo morti. Uno sopra l’altro, tutti morti. Avevo alzato la testa quando ero ancora sotto a mamma ed avevo visto mio fratello che mi stava vicino. Mi ha detto: Virginia, è morta mamma? Io gli risposi di sì. Era morta sull’ istante, l’avevo morta su di me. Mio fratello aveva un buco fatto con la mitragliatrice. Un buco da parte a parte che gli aveva trapassato un occhio. Poi, dopo che gli avevo risposto, abbassò la testa e morì anche lui… I tedeschi si erano allontanati un bel po’, avevano ammazzato e se n’erano andati. Dopo un po’ però sono ritornati  per vedere se i morti erano davvero morti. Andavano con la pistola in mano, e con il piede spostavano la gente. Allora io abbassai la testa sotto lo scialle di mamma e così non mi videro. Chi invece si muoveva ancora, veniva ucciso con un colpo di pistola alla testa. Sono rimasta sotto a quei cadaveri per due giorni e due notti. Poi, dopo tutto questo tempo, ho visto due donne di Pietransieri che venivano lì vicino. Allora le chiamai, perché le avevo riconosciute e chiesi loro se mi potevano portare via. Mi sollevarono dai morti e mi portarono vicino ad un ruscello d’acqua. Poi mi dissero: “Adesso vediamo se c’è qualcuno della tua famiglia, così ti mandiamo a prendere. Tu aspetta qui”.  Loro non mi poterono portare via, perché ognuno cercava di  scappare  per salvarsi. Sono rimasta vicino a quel ruscello un’altra notte, insieme ad un ragazzo che si era salvato. Questo ragazzo stava peggio di me, era ferito gravemente alle mani e poi non poteva camminare. Quella notte, quelle due donne ci misero dentro ad una mangiatoia in una masseria, dove c’erano gli animali. Era notte tardi e vennero ancora i tedeschi. Questa volta misero fuoco alla masseria. Cadevano tutte le travi di legno del soffitto. Ci cadevano addosso grossi carboni. Dissi a quel ragazzo che si chiamava Flavio: ‘Se non ci hanno uccisi i tedeschi, mica dobbiamo morire abbruciati’, e così siamo saltati giù dalla mangiatoia. Poi tutti e due ci siamo rotolati per terra e siamo usciti dalla masseria. Siamo andati vicino ad un ruscello d’acqua. Stavamo tutti e due stesi per terra. La mattina seguente, i tedeschi andavano ancora in giro con il fucile in mano. Così dissi a Flavio: “Questi abbaiano come i cani, quindi non sono italiani. Tornano un’altra volta”. Forse è stato Iddio… Stavamo stesi per terra come morti, e come i tedeschi sono venuti ci puntavano il fucile dietro le spalle, e con il piede ci muovevano per vedere se eravamo morti.  Niente. Noi non ci siamo mossi. Né io né Flavio. Quelli dissero: “ja, ja, kaputt, kaputt” e se ne andarono. Più tardi, sempre di mattina, arrivò mia nonna che era viva e che era stata in un’ altra masseria. Quelle donne che mi avevano visto le avevano detto che stavo lì. La sentivo strillare. Chiamava e chiamava i miei fratelli, mia sorella e mia mamma, ma sapeva che erano morti. Lo faceva con disperazione. Poi chiamava me: “Virginia, Virginia”. Era venuta con un’altra donna. Si avvicinarono ed avevano una pizza fatta con il pane. Quelli sono bambini ed avranno fame, pensavano. Ma io neanche dopo otto giorni ho potuto mangiare. Quel ragazzo invece ha preso la pizza e l’ha mangiata.  Mia nonna quel ragazzo non l’ha potuto portare. Era ferito peggio di me. Quando mia nonna mi prendeva sotto le gambe io strillavo, se mi prendeva sotto le braccia lo stesso. Mia nonna diceva: “Come faccio a portarti, figuriamoci Flavio”. Poi mi prese per una spalla, dove avevo meno dolore e mi caricò su di sé. Quel ragazzo è rimasto lì, non l’ hanno potuto portare. Mi hanno portato in una masseria dove c’era tanta gente di Pietransieri, che si era salvata. Quando mi videro ero un vaso di sangue. I panni mi si erano attaccati  addosso, ero senza scarpe… Non sapevano dove mettere le mani. Dicevano: “E ora come facciamo?” Non mi potevano toccare perché i panni mi si erano attaccati addosso; dopo quei giorni il sangue si era assutto (asciugato) addosso.  Così prepararono un caldaio d’acqua, lo misero in una bagnarola e mi calarono lì dentro per un bel po’. Poi una donna di Pietransieri, che ora è morta, cominciò con una forbice a tagliare piano piano i vestiti. Quando mi tolsero tutto e videro tutti quei buchi, tutte quelle ferite, strillarono loro per me. Io ho cinque buchi, al braccio, al petto e alle gambe. Alla fine mi lavarono tutta e con qualcosa di lino mi disinfettarono i buchi. Dopo mi avvolsero dentro un lenzuolo, senza mettermi niente addosso e mi sistemarono in quella masseria. Acqua e sale mi hanno guarito… Le donne che mi avevano curato andarono il giorno dopo a prendere Flavio, per salvare quell’altra anima di Dio. Così dicevano le donne di allora. Ma non era andato nessuno a prenderlo. Aveva camminato molto perché lo ritrovarono in un’altra masseria. Morto. Dopo, da Pietransieri io, mia nonna e quella vecchietta andammo a S. Demetrio, dove siamo rimasti fino alla fine della guerra…”

(cfr.  “Terra di Libertà” a cura di Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta)

 




Roseto degli Abruzzi. Sabato 18 novembre convegno “Per non dimenticare”

Torna per la sesta edizione l’iniziativa “Cefalonia 1943 – 2017 – Per non dimenticare”, allestita dal Circolo filatelico numismatico rosetano, presieduto da Emidio D’Ilario, dalla associazione culturale Terra e mare e dal periodico Roseto news, diretto da Luciano Di Giulio, con il patrocinio del Comune di Roseto degli Abruzzi.

Da mercoledì 15 a sabato 18 novembre, a Villa Paris, saranno allestite diverse mostre (con ingresso gratuito e con orario di apertura 9,30-12,30 e 15,30-18,30). Sabato mattina si terrà il convegno con la partecipazione del sindaco, Sabatino Di Girolamo, e gli interventi e le presentazioni di volumi da parte di Marco Lodi, Mario De Bonis, Vitoronzo Pastore, Francesco Fagnani. Modera il giornalista Walter De Berardinis. Durante il convegno è prevista l’apertura di un ufficio postale distaccato e un annullo speciale, con autorizzazione del ministero della Difesa.

Dopo la commemorazione dei caduti della Acqui, il ricordo dei rosetani prigionieri nei campi tedeschi, in questo appuntamento, saranno ricordati anche i 24 rosetani caduti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

La manifestazione si articola con:
�- una mostra di immagini di avvenimenti successivi all’armistizio, riprodotte su pannelli, rappresentanti contesti operativi e protagonisti italiani dopo la rottura del l’alleanza con i tedeschi;�- una esposizione di libri e riviste sul tema Cefalonia cui si aggiungono anche quelli relativi agli Internati Militari Italiani (I.m.i.);
– un convegno con approfondimento degli argomenti trattati nella mostra fotografica e presentazione dei libri di Francesco Fagnani e Vitoronzo Pastore;
– l’obliterazione di cartoline commemorative con due annulli tematici filatelici.
�Ci sarà anche un ricordo di due amici e collaboratori che non ci sono più: Giovanni Capanna e Giorgio Mattioli. Il primo, instancabile testimone della ferocia nazista nei confronti dei suoi coetanei. Giorgio Mattioli, poliedrico artista, ha rappresentato in varie forme il dramma dei tanti giovani caduti, lasciando alle opere il compito di tramandare il nostro sentimento di riconoscenza.

https://www.facebook.com/rosetodegliabruzzite/photos/a.402545899854776.1073741825.277042945738406/1329985087110848/?type=3


�“Come presidente e a nome di tutti gli associati del Circolo che rappresento”, dice Emidio D’Ilario, “voglio ricordare che l’organizzazione di una manifestazione di tale portata, a livello nazionale, sia per l’importanza del tema ma principalmente per il rispetto dovuto ai caduti dei tragici combattimenti del settembre 1943, fa onore a tutti i cittadini e alla città di Roseto degli Abruzzi”.
�Le mostre sono dedicate a
• “La Posta militare dei gruppi da combattimento”.
• “Uomini in guerra”
• “I libri raccontano Cefalonia”
• Uniformi dell’Aeronautica militare

“La memoria ci permette di continuare a vivere nel presente ciò che è accaduto nel passato”, sottolinea il sindaco di Roseto, Sabatino Di Girolamo, “ed è particolarmente importante anche per i fatti spiacevoli o drammatici.La memoria ci consente di crescere, di diventare migliori, di imparare dagli errori.La memoria è fondamentale per tramandare ai giovani, a chi verrà dopo di noi, i fatti importanti.�E’ una iniziativa benemerita, dunque, “Cefalonia 1943 / 2017 – Per non dimenticare”, portata avanti con cura e passione dal Circolo filatelico numismatico rosetano e dalla associazione culturale Terra e mare”.
(nella foto la moglie e il figlio del reduce Giovanni Capanna con lo staff di Per non dimenticare)

 — conWalter De Berardinis




Bellante. “TERAMO E IL TERAMANO NEGLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE”

L’Ass.ne culturale “NUOVE SINTESI”, in collaborazione con “ARTEMIA nova editrice”, vi invita alla presentazione del volume:

Interverranno:
– Elso Simone Serpentini (storico e saggista, autore del libro)
– Paolo Iacone (ricercatore)
– Giuseppe Roscioli (Ass.ne culturale “Nuove Sintesi”)

SABATO 18 NOVEMBRE 2017, ORE 17.30, nei LOCALI DELL’EX ASILO DELLE SUORE (vicino la Chiesa madre), PIAZZA ARENGO – BELLANTE PAESE (TE).

Dopo 20 anni di studio e di ricerca lo storico e saggista Elso Simone Serpentini propone al pubblico dei suoi lettori la sua ultima fatica editoriale “TERAMO E IL TERAMANO NEGLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE” edito da ARTEMIA nova editrice.
Un libro sulla guerra civile nel teramano dal 1943 al 1960.

“Teramo e il teramano negli anni della guerra civile, un libro di 536 pagine pubblicato da Artemia Nova Editrice.

A distanza di più di settanta anni dalla guerra civile che insanguinò l’Italia nel contesto del più ampio conflitto mondiale, è giunto il momento di provare a tracciare una cronistoria più completa e dettagliata degli eventi avvenuti nel teramano, che vengono ricostruiti nel libro quasi giorno per giorno, sulla base di elementi certi e documentati.
Si tratta di fatti maturati in un clima di odio reciproco e di rancore profondo, nel quale troppo spesso nelle due parti contrapposte venne meno il senso di ogni umana pietà. In questa ricostruzione ci si astiene volutamente da ogni giudizio storico, storiografico e perfino morale. L’unico obiettivo è quello di portare alla luce nel loro documentato svolgersi avvenimenti rimasti troppo a lungo nascosti o sono stati volutamente occultati perché in contrasto con una storiografia ufficiale troppo spesso auto-celebrativa, ritenuta da tempo largamente incompleta e carente, con non poche crepe in un edificio rimasto a lungo granitico e intoccabile.
Il libro non si prefigge alcun intento dissacratorio o sovversivo, né vuole ristabilire “una verità storica” assoluta o sostituire con una nuova vulgata quella di regime. Vuole solo togliere il velame che ha coperto troppo a lungo e largamente numerosi episodi e fatti storici sui quali esisteva la stessa certezza documentaristica attribuita ad altri che non venivano taciuti, anzi venivano esaltati, perché chiamati ad essere struttura portante di una tesi storiografica ufficiale resa unica tanto da non potersene ammettere di alternative.
Non si può non tener conto che molti documenti riguardanti il periodo in questione sono andati perduti o sono stati volutamente distrutti, per ragioni correlate all’intento di evitare l’individuazione di alcune responsabilità e di alcune compromissioni. Alcuni di essi, riportati nel libro, sono stati ritrovati in copia in siti di conservazione archivistica diversi e in qualche caso imprevedibili.
Sono state utilizzate anche diverse testimonianze orali video registrate, a protagonisti o testimoni diretti di molti dei fatti narrati (alcuni dei quali non più in vita), che, pur risentendo dei limiti di ogni testimonianza orale, sono utili per collocare nel tempo e nello spazio fatti ed episodi, soprattutto in confronto con altri tipi di documentazione e con altre fonti.”




Eccidio dei Limmari, Germania condannata. Mazzocca: “Una sentenza che rappresenta un fatto storico” 

«Apprendiamo con massima soddisfazione la fausta notizia della sentenza del Tribunale di Sulmona sull’eccidio dei Limmari nell’avvicinarsi del 74° anniversario». Interviene così Mario Mazzocca, Sottosegretario alla Presidenza della Giunta regionale nonché storico membro di ANPI Abruzzo, che ricorda come «fra il 16 ed il 21 novembre del 1943 a Pietransieri, nei pressi di Roccaraso, in località bosco di Limmari i soldati tedeschi trucidarono 128 persone inermi (fra cui molti anziani, 60 donne, 34 bambini al di sotto dei 10 anni e un bimbo di un mese), senza motivazioni documentate, ma per il semplice sospetto che la popolazione civile sostenesse i partigiani. La rappresaglia dei tedeschi si accanì dapprima contro il bestiame razziato, poi i nazisti rastrellarono gli abitanti inermi che si trovavano fra i casali dei Limmari e li trucidarono». I cadaveri restarono a lungo abbandonati nella boscaglia, nelle radure, fra le rovine dei casali, sepolti dalla neve. Scampò alla strage una sola superstite, Virginia Macerelli, una bambina di sei anni che fu occultata e protetta dalle vesti della mamma. L’eccidio, sino ad oggi, era ancora senza colpevoli.

Il Tribunale di Sulmona, con una esemplare ed eroica sentenza depositata oggi dal giudice Giovanna Bilò, ha sancito la colpevolezza della Repubblica Federale di Germania per l’eccidio dei Limmari, riconoscendo al contempo anche la titolarità ad un risarcimento di 1,6 milioni di euro da parte del Comune di Roccaraso e di circa 5 milioni di euro a beneficio di gran parte degli eredi delle vittime.

Sacrario di Pietransieri

«La sentenza – commenta Mazzocca – nell’accertare inequivocabilmente le responsabilità di un eccidio tanto efferato quanto incomprensibile, rappresenta un fatto storico; essa costituisce un primo e fondamentale passo di un percorso che va ben oltre l’aspetto del materiale risarcimento ma che sarà un formidabile strumento affinché la comunità locale, insieme all’Istituzione Comunale e Regionale, possa condividere ed individuare idonee iniziative strategiche volte ad alimentare nel tempo il valore assoluto della memoria collettiva e l’incommensurabile tributo ad esso dato dai martiri pietransieresi».




IL FUTURO DELLE ALPI: DALLA GRANDE GUERRA AL TERZO MILLENNIO

La speranza divampaLa speranza divampa

IL FUTURO DELLE ALPI:
DALLA GRANDE GUERRA AL TERZO MILLENNIO

7 OTTOBRE
FORTE COLLE DELLE BENNE – LEVICO TERME (TN) – h 16.00

 

IL PROGETTO

Le montagne in generale, le nostre Alpi in particolare hanno sempre rappresentato non tanto un “limes”, un confine, una barriera insuperabile, quanto piuttosto un luogo di passaggio di popoli, di incontri fra culture, lingue, tradizioni. Al punto che si può affermare che esiste una vera e propria “civiltà delle Alpi” sintesi, originale e possente, di diverse influenze, eppure dotata di una sua notevole originalità. Una civiltà che viene da lontano, da epoche remote, e che ha avuto la capacità di serbare, come in uno scrigno magico, elementi di tradizioni che, altrove, sono andati dispersi e perduti. Una civiltà che si declina, certo, in diversi linguaggi, sfaccettata, poliedrica… eppure dotata di una sua profonda unità.

Teatro ancora dal 1914 al 1918 di uno dei più tragici conflitti della storia – quella I Guerra Mondiale che non a caso fu definita “grande” e che taluni, giustamente, considerano la “I Guerra Civile europea” – oggi le nostre Montagne, troppo spesso ingiustamente dimenticate dal mondo politico e dai mass media, rappresentano una grande speranza per il futuro dell’Europa.

Un’Europa, però, non delle caste e delle burocrazie, ma dei Popoli, con le loro diversità, le loro peculiarità che non negano, tuttavia, la persistenza di un idem sentire, di una comune civiltà… che è poi, a ben vedere, il cuore profondo di tutta questa nostra Europa. Un luogo dell’anima, dunque, una fonte cui dovremo tornare ad attingere per meglio comprendere chi siamo e da dove veniamo. Se questo avverrà, allora davvero la Speranza tornerà a divampare.

Questo, dunque, l’obiettivo di un Convegno che vuole essere, in primo luogo, una riflessione a più voci, con il contributo di storici, letterati, economisti di diverse provenienze e formazione. Un incontro tra uomini che parlano talora anche lingue diverse, ma che condividono l’emozione spirituale profonda davanti alla immutabile bellezza delle nostre Montagne.

 

TUTTO IL PROGRAMMA

SALUTI ISTITUZIONALI

Franco Panizza
Membro della Delegazione italiana all’Assemblea Parlamentare NATO

Sergio Divina
Vicepresidente della Commissione Difesa del Senato della Repubblica

Gianpiero Passamani
Consigliere provinciale Provincia Autonoma di Trento

Sandro Beber
Assessore alla Cultura della Comunità “Alta Valsugana e Bersntol”

Michele Sartori
Sindaco di Levico Terme

 

RELATORI

Riccardo Migliori
Presidente emerito dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE e Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”

Mariano Allocco
Associazione “Alte Terre”

Thierry Vissol
Economista e storico. Autore del volume sulla Prima Guerra Mondiale: “Toby, dalla pace alla guerra, 1913-1918”

Gustavo Corni
Docente di Storia contemporanea Università di Trento

Tadej Koren
Fondazione “Il Sentiero della pace nell’Alto Isonzo. Kobarid, Caporetto, Slovenia”

Marco Ferrazzoli
Capo Ufficio Stampa del CNR

Walter Pilo
Presidente dell’Uomo Libero Onlus – Progetto “Ta Pum”

Augusto Grandi
Giornalista, scrittore e Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”

Gianni Bonini
Delegato per l’Italia e Vicepresidente Centre International de autes Etudes Agronomiques Mèditerranéennes e Senior fellow think tank “Il Nodo di Gordio”

Andrea Marcigliano
Scrittore, saggista e Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”

 

EVENTI COLLATERALI

SABATO 7 OTTOBRE – ORE 16.00-18.30

Mostra Artisti nei locali del Forte:

  • Carlo Girardi
  • Mario Romano Ricci
  • Paolo Vivian

Concerto:

Coro “Costalta” di Baselga di Piné

 

La brochure scaricabile qui (PDF)




Un Soldato leccese e la Grande Guerra ad Asiago

IL SOLDATO DEL LEMERLE A SAN CESARIO DI LECCE

Il Soldato del Lèmerle in libreria

Le riprese per un documentario storico portano alla luce il cranio e alcune ossa di un soldato.
Al secolo di abbandono nei boschi di una località turistica montana,
si sommano mesi di dimenticanza delle istituzioni e degli enti preposti alla memoria
di tanti eroi per caso, sepolti tra le linee dell’ex fronte.
Il finanziamento di un privato cittadino, sensibile all’inutile strage di inizio secolo scorso,
restituisce i dovuti onori ai resti mortali, che ora riposano nel sacrario militare di Asiago.
Si tratta verosimilmente e con buona approssimazione storica e scientifica
dei resti di un soldato Leccese,  di San Cesario ,
che nel 1916 partecipò attivamente ai cruenti scontri sull’Altopiano di Asiago.
Tutto ciò verrà ufficialmente presentato alla cittadinanza di San Cesario (LE)
il prossimo 22 ottobre,  alle ore 17:00  negli spazi della ex Distilleria De Giorgi.
è disponibile nelle librerie italiane, edito da Polistampa Edizioni (Firenze).
Per maggiori informazioni visitare il sito ufficiale:



Bellante. Nuove Sintesi, Ordine Futuro e Forza Nuova, presentano il libro “Storia della Repubblica Sociale” sfidando la legge “Fiano”

Bellante. Dopo le polemiche sulla concessione delle sale comunali da parte dei Sindaci del PD in provincia di Teramo e dalla Proposta di legge: FIANO ed altri: “Introduzione dell’articolo 293-bis del codice penale, concernente il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista” (3343), recentemente approvata alla Camera, gli attivisti di Nuove Sintesi, Ordine Futuro e Forza Nuova, sabato scorso hanno presentato il libro di Roberto Mancini “Storia della Repubblica Sociale Italiana”.

Ecco il comunicato

“Il vostro carcere ideologico non ci detiene, nessuna verità può essere nascosta, la libertà di parola non può esserci negata. Il nostro libro “Storia della Repubblica Sociale” lo abbiamo comunque presentato ieri 23.09.2017 nonostante i numerosi ostacoli posti in essere dal sistema, ostacoli i quali non ci hanno certo impedito di raggiungere i nostri intenti, ci hanno bensì offerto nuovo spunto per un rinnovato impegno. Con l’occasione vogliamo rivolgere un saluto all’onorevole Emanuele Fiano “dinosauro” dell’ideologia e al suo collega in regione Andrea Catena, rammentandogli che siamo nel 2017 per cui certe posizioni sono anacronistiche e inutili.

Firmato
Nuove Sintesi / Ordine Futuro / Forza Nuova




L’AQUILA. RICORDANDO IL BATTAGLIONE ALPINI “L’AQUILA”

 

Il 22-23-24 settembre a L’Aquila il 2° Raduno delle Penne nere del glorioso reparto abruzzese

 

di Goffredo Palmerini

L’AQUILA – C’è grande attesa nella città capoluogo d’Abruzzo per il secondo Raduno del Battaglione Alpini “L’Aquila” (22-23-24 settembre 2017), l’eroico reparto che dalla sua costituzione ha visto passare tra le sue file decine di migliaia di alpini abruzzesi e d’ogni altra regione, in guerra come in pace. Che sia stato in Grecia o Albania, come nelle gelide steppe della Russia, oppure nel secondo dopoguerra, a Tarvisio e poi a L’Aquila. O infine all’estero, in missioni di pace. Decine di migliaia di alpini, in 82 anni di storia del Battaglione, inquadrati nel glorioso reparto, ma anche formatisi nel Battaglione di addestramento reclute della Brigata Julia che fino al 1975 ha operato all’Aquila, fintanto che il Battaglione “L’Aquila”, lasciando il Friuli, non si è insediato finalmente nella città capoluogo della quale porta il nome. Lo scorso anno il primo Raduno richiamò diverse migliaia di alpini, da tutte le contrade d’Abruzzo e d’Italia. Marciarono in cinquemila nella sfilata finale, dopo 3 giorni di rievocazioni e di memoria alpina. Ma anche di grande affetto verso L’Aquila, dove la straordinaria generosità degli alpini dell’ANA ha offerto prove tangibili di vicinanza e di solidarietà, dopo il terremoto del 2009 ed ancora in questi mesi dopo il sisma del 2016-2017 che ha colpito l’Italia centrale.

 

Quest’anno, nella seconda edizione del Raduno “Ricordando il Battaglione Alpini L’Aquila”, le penne nere che raggiungeranno la città capoluogo d’Abruzzo saranno almeno 10mila, secondo le previsioni del Comitato organizzatore, presieduto dall’avv. Maurizio Capri, che da mesi sta preparando l’evento. Una previsione confermata nella conferenza stampa di presentazione, svoltasi due settimane fa nell’Aula consiliare del Comune dell’Aquila, presenti i vertici della Sezione Abruzzi dell’ANA con un nutrito schieramento di gagliardetti dei Gruppi alpini, del comandante del 9° Reggimento Alpini, della Municipalità aquilana, rappresentata dal Presidente del Consiglio comunale Roberto Tinari e dall’Assessore alla Cultura e Turismo Sabrina Di Cosimo. Un’attesa per questo evento che si carica di emozioni e di gratitudine, di ricordi e d’attenzione per il futuro, nel segno di quell’impegno civile e solidaristico che caratterizza la tradizione degli alpini in congedo, operando al servizio di chiunque abbia bisogno, in iniziative di pubblica utilità, nella protezione civile e nel volontariato attivo in casi di calamità naturali. L’Aquila e i centri colpiti dal terremoto il 6 aprile del 2009 non potranno mai dimenticare l’eccezionale testimonianza degli alpini, giunti da tutta Italia a dare concreto aiuto alle popolazioni e a realizzare opere di significativa rilevanza per la rinascita. Anche questo 2° Raduno vuole rappresentare un’effettiva continuità d’attenzione, che mai si è interrotta da quel terribile 6 aprile di otto anni fa. E che ora si è estesa alle popolazioni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, martoriate dai terremoti del 2016 e 2017.

 

Ricco il programma degli appuntamenti civili, istituzionali e culturali: rassegne corali, presentazione del volume “La Campagna di Russia 1941/1943” di Maria Teresa Giusti (Università di Chieti), commemorazione del Battaglione “L’Aquila” e di 4 Medaglie d’oro al valor militare – Enrico Rebeggiani, Giuseppe Mazzocca, Italo D’Eramo, Aurelio Grue – delle 12 che onorano il vessillo della Sezione Abruzzi. Quattro eroi, originari ciascuno di una delle quattro province d’Abruzzo. Quindi la S. Messa in suffragio di tutti i Caduti del Battaglione “L’Aquila”, presieduta dall’Ordinario militare d’Italia, Mons. Santo Marcianò. Infine, domenica 24 settembre, la Sfilata che da viale Alcide De Gasperi attraverserà L’Aquila, nel cuore del centro storico che sta rinascendo dalle rovine del terremoto, per concludersi a Piazza Duomo, dove si terranno le allocuzioni delle Autorità. Saranno giornate intense di sentimento e di commozione. Alpini che si ritroveranno e riabbracceranno, magari dopo decenni. Ricordi di amicizia, di affetti e d’attaccamento alla bandiera e alla Patria. Daranno con semplicità l’esempio del rispetto verso lo Stato e le sue Istituzioni, dimostrando di tenere in primo piano i valori di fraternità e solidarietà, la vera cifra delle penne nere. Alpini d’Abruzzo, d’Italia e delle Sezioni estere ovunque nel mondo: L’Aquila vi aspetta a braccia aperte, per vivere tre giorni d’entusiasmo, allegria e memoria, di onoranze, ricordi e di storia, “Ricordando il Battaglione Alpini L’Aquila”. La città in questi giorni si sta bardando a festa per il vostro arrivo, in un tripudio di bandiere e festoni tricolori. Ma ora un po’ di storia del Battaglione “L’Aquila”.

 

Il 13 aprile 1935, a Gorizia, viene costituito il Battaglione Alpini “L’Aquila, ereditando la Bandiera di Guerra del disciolto Battaglione “Monte Berico”, e inquadrato nel 9° Reggimento Alpini della Divisione Julia, assieme ai Battaglioni Vicenza” Val Cismon”. Gabriele d’Annunzio conia il motto del Battaglione: “D’Aquila Penne, Ugne di Leonessa”. Nel secondo conflitto mondiale, con l’attacco alla Grecia ordinato da Mussolini il 28 ottobre 1940, anche i reparti del 9° Reggimento Alpini vengono dispiegati in quello scacchiere. “Quella che doveva essere un’esercitazione per spezzare le reni ad Atene – scrive tra l’altro Corradino Palmerini in una breve Storia degli Alpini -, dove con poche Divisioni si sarebbero portati i Greci all’armistizio, si rivelò invece una tragedia, in combattimenti con fiumi in piena e con scarsi rifornimenti, dal ponte di Perati alla Vojussa, dal Gori-i-Topit al Tomori, dal Trebescin allo Scindeli, dal Bregianit al Golico, dal Pindo al Monte Chiarista, dove cadde eroicamente il caporal maggiore Mario Rossi, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare. A lui è intitolato il Gruppo Alpini di Paganica, del quale per diversi anni sono stato Capogruppo”. Il 23 aprile 1941, dopo che i Tedeschi erano entrati in Grecia dalla Macedonia, in poche settimane l’esercito greco è sopraffatto e firma l’armistizio di Salonicco. Quanto costa all’Italia quella sciagurata Campagna di Grecia? 13.502 caduti, 38.768 feriti e 17.907 congelati di varia gravità. Ma a questo già grave bilancio si debbono aggiungere gli alpini del Battaglione “Gemona”, già tanto duramente provati in battaglia, annegati nel siluramento, davanti a Corfù, della nave Galilea, ad opera d’un sommergibile britannico, mentre stanno tornando in patria. Periscono in quella tragica notte 21 ufficiali, 18 sottufficiali e 612 alpini della Julia. Vengono ripescati e si salvano solo in 246.

 

Il Duce vuole sdebitarsi con l’alleato tedesco, intervenuto in Grecia per salvarci da una difficile situazione. Così fa mandare in Russia il Csir (Corpo di Spedizione Italiano in Russia). Ma non basta! Viene deciso di approntare l’Armir: ne fa parte anche un Corpo d’Armata alpino che Hitler intende impiegare nel Caucaso. Viene poi il contrordine e gli alpini sono dirottati nelle steppe che costeggiano il Don. Anche qui, pur con armi superate e con equipaggiamenti inadeguati, le penne nere combattono valorosamente. In particolare il Battaglione L’Aquila”. Il 14 agosto 1942, infatti, parte ancora per il fronte russo, rimesso a nuovo dopo il rimpatrio dalla Grecia. Sulle rive del Don, il Battaglione L’Aquila” è attestato in prossimità del bosco di Witeliszki, mentre davanti sono il “Vicenza” e il “Val Cismon”, sulla destra il “Tolmezzo”. Quando i Russi sfondano il fronte, vengono chiamati a tamponare le falle createsi nella zona dove sono impegnate le Divisioni Sforzesca, Ravenna e Cosseria. Dicembre del 1942 è un mese di aspri combattimenti, durante il quale il nostro Battaglione è posto a presidiare il quadrivio di Selenyj Jar, il “Quadrivio di sangue”.

 

La battaglia infuria nei giorni di Natale, terribile e sanguinosa. Il Battaglione “L’Aquila” resiste eroicamente ma viene decimato: dei 51 ufficiali, 52 sottufficiali e 1752 alpini, dopo la ritirata, rientreranno in Italia il 19 marzo 1943 solo 3 ufficiali – tra cui il tenente Giuseppe (Peppino) Prisco decorato di Medaglia d’Argento al Valor militare, e 152 alpini. Anche i superstiti del Battaglione “Monte Cervino”e i Battaglioni fratelli del 9° Reggimento, il “Vicenza” e.“Val Cismon”, partecipano alla resistenza che non permette ai Russi d’entrare a Rossoch, dove ha sede il Comando del Corpo d’Armata Alpino. Al decimato BattaglioneL’Aquila” viene dato ordine di ritirata il 17 gennaio 1943, quando i Russi hanno sfondato il fronte minacciando di rinchiudere l’intero Corpo d’Armata dentro una grande sacca. Era la sacca di Nikolajewka, dove nella battaglia del 26 gennaio 1943, all’ordine perentorio del Gen. ReverberiTridentina avanti!” viene sfondata la linea russa in prossimità del terrapieno della ferrovia Waluiki-Nikolajewka, che sembrava insormontabile. Memorabile l’impegno del Battaglione “Morbegno”. Da lì ha inizio la lunga marcia di ritirata, così ben descritta da Giulio Bedeschi in “Centomila gavette di ghiaccio”, Mario Rigoni Stern nel “Sergente nella neve” e ancora da Aldo Rasero in “Alpini della Julia”. A rendere onore all’eroismo degli alpini nella Campagna di Russia è proprio il nemico. Il bollettino militare russo dell’8 febbraio 1943 così scrive: “Gli alpini italiani devono ritenersi imbattuti nel suolo di Russia”.

 

Dopo l’8 settembre 1943 l’Esercito italiano è lasciato allo sbando, con il Re fuggito da Roma a Brindisi insieme al Capo del Governo Pietro Badoglio e al Capo di Stato maggiore della Difesa, gen. Roatta. L’Italia viene occupata dai Tedeschi. Mentre gli Alleati risalgono l’Italia, dopo lo sbarco in Sicilia del 10 luglio ‘43, nell’autunno si costituiscono reparti di “fiamme verdi” che si aggregano all’Esercito di Liberazione. Si uniranno tutti gli alpini che rientrano dai Balcani. Lo Stato Maggiore dispone che venga costituito un Battaglione di Alpini abruzzesi, giovani volontari, richiamati e “veci” che sono scesi dal Veneto, dopo l’8 settembre, per animare la Resistenza nella zona della Majella. Il Battaglione si chiama “Abruzzi”, ma il 25 novembre riprende il vecchio nome L’Aquila, con le compagnie che portano i gloriosi numeri 93^, 108^, 143^ e 119^. Lo comanda il maggiore Augusto De Cobelli. A metà marzo 1945 gli alpini tornano sul fronte, sulla “Linea Gotica”. Le posizioni dei Battaglioni sono completamente allo scoperto, a contatto ravvicinato con le linee avanzate tedesche. La posizione del BattaglioneL’Aquila” è la più delicata e in un’azione muore il maggiore De Cobelli, decorato di Medaglia d’Oro alla memoria. Ogni notte sono colpi di mano, azioni di pattuglia, cannonate e bombe a mano, finché la mattina del 19 aprile, “Piemonte” e “L’Aquila” attaccano Casa Carrara, a quota 163, e poi a quota 363 San Chierico. I Tedeschi cedono e nella pianura s’intravede Bologna. Il 21 aprile gli alpini del Battaglione “Piemonte, subito dopo i Bersaglieri del “Goito”, entrano in città. Nel pomeriggio scende con una massacrante marcia tra le colline anche il BattaglioneL’Aquila”. Rimarranno nel capoluogo emiliano in servizio d’ordine, poi il 29 aprile alpini e bersaglieri riprendono l’avanzata: arrivano a Bergamo e Brescia. Il primo maggio il BattaglioneL’Aquila” è a Como e il giorno dopo a Torino, dopo aver combattuto contro nuclei tedeschi che resistono ancora disperatamente nella zona di Pavia.

 

Sempre il 2 maggio, la 108^ Compagnia del Battaglione L’Aquila” raggiunge Edolo, occupa il Passo del Tonale e il 4 maggio un plotone di alpini entra a Bolzano. Il 5 maggio termina il ciclo operativo: il Battaglione L’Aquila” è schierato tra lo Spluga e lo Stelvio, il “Piemonte” effettua azioni di rastrellamento in Val Camonica, nel bergamasco e in Valtellina. Il 18 maggio i due Battaglioni riceveranno la Medaglia d’Argento al Valore militare. Il 1° aprile 1946 il BattaglioneL’Aquila” costituirà il nucleo attorno al quale risorgerà l’8° Alpini, il Reggimento di Cantore in Libia. Quando nel 1949 l’Italia entrerà nell’Alleanza Atlantica, poco a poco verrà ricostituita la Brigata Alpina Julia e, dopo, le Brigate Alpine Taurinense, Tridentina, Orobica e infine la Cadore. Il 22 luglio 1991 è soppressa la Brigata Orobica e nel 1997 la Brigata Cadore. Il 15 maggio 2001 è soppressa anche la Tridentina e il 5° Alpini e il 5° Artiglieria da Montagna sono passati alla Julia. In questo riordinamento delle Truppe Alpine, il Battaglione L’Aquila”, già dal 1975 di stanza nella Caserma Rossi della città capoluogo d’Abruzzo, diventa 9° Reggimento Alpini e passa alle dipendenze della Brigata Alpina Taurinense distaccandosi dalla Julia, con grande rammarico, alla quale aveva appartenuto fin dalla sua costituzione. Nel maggio 2017 viene costituito il Battaglione “Orta”, reparto operativo di pronto intervento per calamità naturali, con speciali e moderne dotazioni. E’ inquadrato nel 9° Reggimento Alpini dell’Aquila. Sul Vessillo della Sezione Abruzzi dell’ANA campeggiano 12 Medaglie d’Oro al Valor Militare, meritate nelle varie guerre:

 

1)   Aurelio Grue da Atri, Adua 1896;

2)   Giovanni Esposito da Loreto Aprutino, Derna Libia 1912;

3)   Alfredo Di Cocco da Popoli, Monfenera 1917;

4)   Antonio Ciamarra da Napoli, Monte Tomba 1917;

5)   Silvio Di Giacomo da Acciano, Kristobasileo Grecia 1940;

6)   Luigi Rendina da L’Aquila, Vendrescia Grecia 1941;

7)   Enrico Rebegiani da Chieti, Ivanowka Russia 1942;

8)   Ugo Piccinini da Barisciano, Selenyj Jar Russia 1942;

9)   Giuseppe Mazzocca da Farindola, Ivanowka Russia 1942;

10) Gino Campomizzi da Castel di Ieri, Ivanowka Russia 1942;

11)  Italo D’Eramo da Rocca di Mezzo, Sacca di Nikolajewka Russia 1943;

12)  Lorenzo Brasadola da Calvi dell’Umbria, Selenyj Jar Russia 1943.

 

“Con i nomi di questi eroi si completano queste pillole di storia alpina, con particolare riferimento agli alpini abruzzesi e ai gloriosi reparti in cui sono stati inquadrati. La Sezione Abruzzi dell’ANA vanta oggi nelle sue file circa 11mila alpini associati e un’organizzazione di Protezione Civile alpina tra le più efficienti e organizzate d’Italia”, conclude Corradino Palmerini nella sua Breve Storia degli Alpini, dalla quale sono sunteggiate queste annotazioni.

 

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PROGRAMMA

VENERDI 22 SETTEMBRE

15.00         Auditorium del Parco – Il Giornalista Giustino Parisse presenta il libro della Prof.ssa Maria Teresa Giusti “La Campagna di Russia 1941/1943”.

16.00         Rassegna corale con la partecipazione del Coro Gran Sasso, Coro Portella e del Coro del CAI.

SABATO 23 SETTEMBRE

10.00         Alzabandiera (Piazzale delle Medaglie d’Oro)

10.30         Inaugurazione del Punto di Informazione per il Reclutamento dei Volontari.

10.45         Deposizione corona alla lapide dedicata al Battaglione Alpini L’Aquila (Fontana Luminosa)

11.00         Inizio sfilata Piazza Battaglione Alpini L’Aquila – Villa Comunale. Deposizione corone al Monumento dei Caduti e alla stele dedicata al Cap. Michele Iacobucci.

14.30/18   Auditorium del Parco. Commemorazione del Battaglione Alpini L’Aquila.

14.30         Apertura dei lavori. Saluto di Maurizio Capri, Presidente del Comitato Organizzatore e di Pietro D’Alfonso, Presidente dell’ANA Abruzzi.

15.10         Esposizione dei vari interventi effettuati dal Battaglione Alpini L’Aquila in occasione delle varie calamità naturali.

15.30         Commemorazione dei decorati con Medaglia d’Oro al Valor Militare:

– Ten. Enrico REBEGGIANI di Chieti (Fronte Russo 22.12.1942)

– Alp. Giuseppe MAZZOCCA di Farindola (PE) (Fronte Russo 22.12.1942)

– Ten. Italo D’ERAMO Rocca di Mezzo (Fronte Russo 28.01.1943)

– Ten. Aurelio GRUE Atri (TE) (Adua 01.03.1896).

17.15         Esibizione Corale 99

18.30         Messa in suffragio dei Caduti del Battaglione Alpini L’Aquila celebrata da S.E. Mons. Santo Marcianò, Ordinario Militare per l’Italia.

DOMENICA 24 SETTEMBRE

8.3/10.3    Afflusso partecipanti. Colazione. Ammassamento Viale De Gasperi (nei pressi della Farmacia Comunale e della sede ANCE).

9.45           Deposizione corona al monumento del Mar. Luca Polsinelli (Caserma Rossi – Questura).

11.00         inizio sfilata: Via De Gasperi, Viale Gran Sasso, Corso Vittorio Emanuele, Piazza Duomo).

12.30         Saluti e interventi delle Autorità presenti.

18.00         Ammaina bandiera e chiusura della manifestazione in Piazza delle Medaglie d’Oro.




L’Aquila. Presentazione del libro “Prigioniero del Blu” di Francesco Fagnani. La vera storia del reduce Giovanni Capanna

L’Aquila. Presentazione del volume PRIGIONIERO DEL BLU, del nostro vice presidente Francesco Fagnani, basato sulle memorie del reduce Giovanni Capanna.

Servizio sulla prima presentazione

La manifestazione, alla presenza delle autorità civili e militari, si terrà alle 17,00 in L’Aquila presso la Caserma del 9° Rgt. Alpini “Pasquali” in L’Aquila, già sede del 33° artiglieria Acqui.

La data, non casuale, 15 settembre, coincide con l’avvio degli scontri a Cefalonia nel 1943.

Programma

17.00 Saluto delle Autorità civili e militari, in base al protocollo
17.20 Introduzione Presidente De Historia, Nicoletta Proietti
17.30 Intervento Presidente ANCFARGL, Ambasciatore Alessandro Cortese De Bosis, autore della prefazione
17.45 Giovanni ed io, la parola all’Autore, Francesco Fagnani
18,00 Dibattito, testimonianze
18.15 Riconoscimento De Historia alla vedova del Reduce, Signora Maria Capanna
18.30 Fine dei lavori

A seguire visita al Museo Storico della Acqui e aperitivo di commiato