Giulianova. 1945/2020: un ricordo speciale per i ragazzi della Grande Polonia

Un ricordo speciale per i ragazzi della Grande Polonia.
In occasione del 75° anniversario della liberazione di Bologna, 21 aprile 1945, da parte del II Corpo d’Armata polacco, insieme alle unità alleate dell’8° Armata Britannica, della Divisione USA 91a e 34a, i gruppi di combattimento della Legnano, Friuli e Folgore e della brigata partigiana “Maiella”, vorrei ricordare i 26 ragazzi polacchi che si unirono in matrimonio a Giulianova.
Proprio in questi giorni doveva uscire il il film “L’Odissea polacca” realizzato dall’Istituto Pilecki di Varsavia e dedicato agli uomini del 2°Corpo polacco. Infatti, nella settimana dedicata alla festa della “Madonna dello Splendore” dovevamo ricordare il 2° Corpo d’Armato polacco nel 75° anniversario della fine della 2° Guerra Mondiale, ma per note vicende del virus Covid-19, abbiamo annullato tutto.
Era prevista una targa ricordo. Questi i nomi dei soldati sposati a Giulianova di cui racconteremo le loro storie prossimamente in collaborazione con il Comune di Giulianova:
1. Wawrynezak-Ostronwchi, 22anni, studente di Stabucko; 2. Biblis Emiliano, 25anni, studente di Lida (oggi città della Bielorussia; 3. Morycz Teodor, 44anni, elettricista di Svuvuf; 4. Jakubezyk Boleslau, 27anni, insegnante di Czyzowicy; 5. Jaszewski Alfonso, 31enne, pasticcere di Brusy; 6. Kaplanski Wladislaw, 38anni, dentista di Varsavia; 7. Strupczewski Janusz, 28anni, studente di Jekaterynoslao; 8. Kuchanny Edwino, 25anni, impiegato di Jazwiska e nativo di Opalenie; 9. Zadurowicz Vincenzo, 26anni, falegname di Kulaczkowce e nativo di Gwozdziec Maly; 10. Ereminowicz Policarpo, 31anni, possidente di Woroukowszczyzna; 11. Wegner Giovanni, 27anni, militare di Olszowa Plaski; 12. Werner Stanislao, 26anni, meccanico di Cuman e nativo di Bilka; 13. Wieczor Antonio, 28anni, agricoltore di Dubica; 14. Pastuszka Antonio, 23anni, studente di Rzeczniowie; 15. Zimzoz Giuseppe, 30anni, agricoltore di Bobolince; 16. Jarmel Valentino, 29anni, autista-meccanico di Szut; 17. Kocinuski Giovanni; 20anni, meccanico di Iwronie; 18. Koltowski Michele, 40anni, impiegato ferroviario di Reniow; 19. Lewandowski Zygmunt; 28anni, studente di Torun; 20. Retko Biagio Blazey, 31anni, studente di Chandznine; 21. Czermiak Waclaw, 41anni, meccanico di Maicow; 22. Prokopinth Michele, 31anni, macellaio di Kaluga (oggi Russia); 23. Kawinski Bruno; 40anni, falegname di Lammesten; 24. Lelow Giuseppe, 29anni, fornaio di Boryszaw e residente a Tetbury (Inghilterra); 25. Byh Simone (Szymon), 35anni, operaio di Gorniaki e 26. Morozek Eliszczynski Giuseppe, 40anni, decoratore – stuccatore, di Golcewo. Questi militari qui elencati si sposarono a Giulianova nelle parrocchie di San Flaviano e alla Natività di Maria SS. (alcuni con rito civile anche a Porto Recanati); i matrimoni furono celebrati da don Alberto Di Pietro, don Raffaele Baldassari, Don Celestino Colli e dal cappellano militare Ks. Leon Frankowski che aveva ricevuto l’autorizzazione dai vertici militari del 2° Corpo D’Armata Polacco in Italia o/e dal Procuratore della Repubblica di Teramo.
Nel 1939, nella “spartizione” della Polonia tra la Germania e la Russia, questi ragazzi finirono prigionieri nei campi di prigionia (gulag e campi di lavoro) sovietici. Nel 1941, dopo l’accordo di Stalin con gli alleati e il governo polacco in esilio, gli ex deportati in Unione Sovietica furono liberati per organizzare un esercito al comando del Generale Władysław Anders. Dalla Russia, attraversarono la Persia (Iran-Iraq), Palestina e Egitto, fino ad arrivare nel dicembre del 1943 in Italia. Insieme agli alleati si distinsero nella conquista di Montecassino, liberazione di Loreto e Ancona e lo sfondamento della Linea Gotica fino ad entrare vittoriosi a Bologna. Alla fine della guerra 1945/1946, furono smilitarizzati in Inghilterra, ma per loro non c’era posto nella nuova Polonia occupata dai sovietici: 4 coppie rimasero a Giulianova, alcune tornarono in Inghilterra e il resto emigrò in Brasile, Argentina e USA. Come accordi con il Comitato della festa della Madonna dello Splendore, speriamo nel 2021 di scoprire una targa in loro onore. Si ringrazia le 4 famiglie giuliesi per avermi concesso di visionare i loro album di famiglia.



Giulianova. 75 anni fa il passaggio dei polacchi in città.

Questa foto dovevamo mostrarla in occasione di un convegno sul 2° Corpo d’Armata Polacco a Giulianova (1944/1945). Ringrazio la bibliotecaria e documentarista

Maria Lamberti

per l’omaggio librario e la storica, Anna Szukalska-Kus’ del Museo Narodowe w Poznaniu per la preziosa dedica. La foto di Giulianova, in formato gigante, è stata esposta nel 2019 in occasione del 100° centenario del corpo degli Ulani Poznanscy e della nascita della Grande Polonia. Stasera in tutti i balconi verrà accesa una candela in ricordo dell’entrata dei polacchi a Bologna.




Teramo. Questura: ricordato l’agente Settimio Passamonti ucciso il 21 aprile 1977

21 Aprile 2020: ricordato il sacrificio di Settimio PASSAMONTI

Settimio Passamonti

Roma, 21 aprile 1977: nel primo pomeriggio l’Università era stata appena sgombrata e la Polizia stava ai margini del quartiere San Lorenzo limitandosi a brevi cariche di alleggerimento, giusto per disperdere un esiguo gruppo di autonomi.

All’improvviso, le Forze dell’Ordine vennero fatte oggetto di una scarica di colpi d’arma da fuoco.

A terra restò l’Allievo Sottufficiale Settimio PASSAMONTI, aveva 23 anni.

Ricordo di Settimio Passamonti nel 2020

Altri tre agenti ed un carabiniere furono feriti, ma si salvarono.

Una mano vigliacca scrisse sull’asfalto dove era appena caduto il giovane :” Qui c’era un carruba, LORUSSO è vendicato”. Il rito sacrificale di una logica aberrante era stato tristemente celebrato.

 

Questa è la fredda cronaca di uno dei tanti assassini che hanno costellato i c.d. “anni di piombo”, anni in cui sembrò a troppi che la violenza di piazza prima e, successivamente, la lotta armata ed il terrorismo fosse una scelta di vita praticabile ed uno strumento utilizzabile per modificare gli equilibri politici e la forma costituzionale dello Stato.

Ricordo di Settimio Passamonti nel 2020

Il giudizio di questo fatto di sangue resta, ormai a distanza di quarant’anni, quel che era: il morto fu cercato a freddo per vendicare la morte di un altro giovane, senz’ altra motivazione politico-militare immediata.

Sono stati anni bui esaltati da una virulenza bieca in cui il conflitto di piazza assunse le sembianze di un tragico rito collettivo irrinunciabile e da un giornalismo settario che creò il mito della “P 38”, che fece della controinformazione uno stile e che artatamente determinò l’isolamento sociale di seri servitori dello Stato, in ciò creando i presupposti perché loschi assassini potessero continuare ad uccidere in nome di falsi ideali.

Gli eccidi , le stragi aumentarono la tensione in un ambito già infuocato. Il livello dello scontro si alzò:  si parlò di opposti estremismi, di stragi di Stato e negli ambienti più estremi, si passò alla clandestinità.

Nacquero varie organizzazioni eversive sia di sinistra che di destra e nelle manifestazioni di piazza molti manifestanti iniziarono a presentarsi mascherati, spesso armati di spranghe, bombe molotov e talora anche della tristemente famosa P38.

i colleghi del XXVII corso allievi sottufficiali della Polizia di Stato di Nettuno. Foto Archivio 2017

Le forze migliori del Paese, prime fra tutte le Forze dell’Ordine, hanno avuto la forza di piangere i propri morti senza accettare provocazioni, ma traendo da questi lutti un rinnovato vigore per disarticolare sistematicamente, utilizzando esclusivamente le norme poste a tutela dello Stato democratico, le varie organizzazioni estremistiche.

Oggi, alle 9.30, è stato ricordato in Questura, ove è presente una lapide in ricordo, il quarantatreesimo anniversario dell’uccisione dell’Allievo Sottufficiale Settimio Passamonti a cui è dedicata la Caserma, con una cerimonia ristretta a causa della nota emergenza sanitaria in atto, alla presenza del Questore e con la benedizione del Cappellano della Polizia di Stato per la Provincia di Teramo, Don Carmelo Le Rose.




Giulianova. Martedì 21 aprile, alle ore 21,00, una candela accesa per ricordare il II Corpo d’Armata Polacco che liberò l’Italia

Martedì 21 aprile alle ore 21.00 una candela accesa nelle finestre per ricordare coloro che liberarono Bologna e l’Italia

 

Furono i soldati polacchi del II Corpo d’armata del generale Władysław Anders, gli eroi di Montecassino, i primi ad entrare a Bologna da porta Maggiore quel 21 aprile 1945, dopo aver piegato le ultime resistenze dell’esercito tedesco. Quest’anno, nel 75” anniversario della liberazione della città, non potremo incontrarci al cimitero militare polacco di San Lazzaro di Savena per rendere omaggio ed esprimere gratitudine ai soldati polacchi per il loro coraggio e la fedeltà agli ideali di libertà e fraternità. Ma ricorderemo quegli uomini valorosi martedì 21 aprile alle ore 21.00, esponendo sui balconi o sui davanzali delle finestre d’Italia una candela accesa.

 

Il 21 aprile festeggiamo il 75° anniversario della liberazione di Bologna, un momento importante che ricorda la resistenza della popolazione, la lotta delle forze degli Alleati e dei partigiani. Oggi un’altra battaglia importante ci impedisce a radunarci a Bologna fisicamente, ma siamo chiamati a rimanere uniti nel ricordare il sacrificio di tanti e la gioia della libertà e pace ripristinata, nonché nel trasmettere la memoria alle future generazioni.

Nella liberazione di Bologna fu coinvolto il 20 Corpo d’Armata Polacco, parte del VIII Armata Britannica, il cui nucleo fu formato nel 1941 dagli ex deportati in Unione Sovietica sotto il comando del generale Władysław Anders. Dall’Unione Sovietica attraverso Persia, Palestina e Egitto il 20 Corpo d’Armata Polacco fu trasferito a cavallo tra il 1943 e il 1944 in Italia per affiancare gli Alleati sul fronte italiano. Guidato dal motto “Per la nostra e la vostra libertà” nella profonda convinzione che il nemico era comune e l’impegno militare nella Penisola Appenninica avrebbe contribuito a ripristinare l’indipendenza della Polonia. Si distinse nella conquista di Montecassino, liberazione di Loreto e Ancona e lo sfondamento della Linea Gotica.

(C) archivio privato

Dall’ottobre del 1944 il 2° Corpo Polacco fu impegnato nella campagna sull’Appenino emiliano-romagnolo. Avanzò verso Bologna attraversando la zona montuosa nella valle del Bidente, Predappio, lungo la valle del fiume Montone, Forlì e Faenza. Nella primavera del 1945 l’offesiva riprese sul fiume Senio, lungo la via Emilia, con la liberazione di Castel Bolognese, Imola, Castel San Pietro per entrare finalmente alle ore 6:00 di mattina a Bologna.

Quell’ingresso a Bologna è commemorato dalla lapide appesa alla Porta di Strada Maggiore, una tra le tante testimonianze della storia che unisce l’Italia e la Polonia. Nel cimitero militare polacco di San Lazzaro di Savena a Bologna riposano 1432 militari polacchi caduti durante le battaglie sulla Linea Gotica, sull’Appenino emiliano-romagnolo e durante la lotta per la liberazione di Bologna.

L’Odissea di coloro che sono sopravvissuti proseguì dopo la Seconda guerra mondiale. Alla maggior parte di loro non fu dato ritornare nella loro patria. La memoria dell’esercito “scomodo” per l’ordine istituito dopo la Seconda guerra mondiale fu cancellata nella Polonia comunista e da vari tentativi di riscrivere la storia in chiave ideologica.

L’Ambasciata della Repubblica di Polonia insieme al Consolato Generale della Repubblica di Polonia a Milano invitano tutti a rendere omaggio ai soldati del 20 Corpo Polacco esponendo sui balconi o sui davanzali delle finestre una candela  martedì 21 aprile alle ore 21.00 nell’attesa delle celebrazioni solenni di questa importante ricorrenza posticipate per l’anno prossimo.

La redazione de giulianovanews.it invita anche i cittadini giuliesi a rendere omaggio al II corpo d’armata polacco che arrivò a Giulianova nel giugno 1944

 




Giulianova. “L’Odissea Polacca” il film dell’Istituto Pilecki di Varsavia in onore del 2° Corpo d’Armato Polacco in Italia

Trailer del film “L’Odissea polacca” realizzato dall’Istituto Pilecki di Varsavia e dedicato agli uomini del 2°Corpo polacco.
Nella settimana dedicata alla festa della “Madonna dello Splendore” dovevamo ricordare il 2° Corpo d’Armato polacco nel 75° anniversario della fine della 2° Guerra Mondiale. Speriamo di riproporre quest’estate l’evento.
Questi i nomi dei soldati sposati a Giulianova di cui racconteremo le loro storie.

1. Wawrynezak-Ostronwchi Enrico;
2. Biblis Emiliano;
3. Morycz Teodor;
4. Jakubezyk Boleslau;
5. Jaszewski Alfonso;
6. Kaplanski Wladislaw;
7. Strupczewski Janusz;
8. Kuchanny Edwino;
9. Zadurowicz Vincenzo;
10. Ereminowicz Policarpo;
11. Wegner Giovanni;
12. Werner Stanislao;
13. Wieczor Antonio;
14. Pastuszka Antonio;
15. Zimzoz Giuseppe;
16. Jarmel Valentino;
17. Kocinuski Giovanni;
18. Koltowski Michele;
19. Lewandowski Zygmunt;
20. Retko Biagio Blazey;
21. Czermiak Waclaw;
22. Prokopinth Michele;
23. Kawinski Bruno;
24. Lelow Giuseppe;
25. Byh Simone (Szymon);
26. Morozek Eliszczynski Giuseppe;
Questi militari qui elencati si sposarono a Giulianova nelle parrocchie di San Flaviano e Natività di Maria SS. (alcuni con rito civile anche a Porto Recanati); i matrimoni furono celebrati da don Alberto Di Pietro, don Raffaele Baldassari, Don Celestino Colli e dal cappellano militare Ks. Leon Frankowski che aveva ricevuto l’autorizzazione dai vertici militari del 2° Corpo D’Armata Polacco in Italia o/e dal Procuratore della Repubblica di Teramo.



Giulianova. Vincenzo Di Crescenzo, l’unico giuliese morto per i gas asfissianti.

di Walter De Berardinis*
Vincenzo Di Crescenzo, l’unico giuliese morto per i gas asfissianti. Nasce a Giulianova il 19 settembre 1885, alle ore 6:30, nella casa posta in Via per Mosciano, dal 45enne Giuseppe e Serafina De Matteis.
Il giorno successivo sarà registrato all’anagrafe comunale da Giuseppe De Martiis, Assessore e dal 37enne Achille Nanni e dal 62enne Camillo Falini. Il 18 maggio 1905 viene giudicato idoneo al servizio di leva nel distretto militare di Teramo e il 21 novembre viene chiamato alle armi. L’8 dicembre giunge al deposito del 16° Reggimento – Brigata “Savona” e il 12 settembre 1908 viene congedato nel deposito di Teramo del Reggimento Genova. Il 15 gennaio 1909 ottiene il passaporto per espatriare all’estero con destinazione New York. Il 12 agosto 1910 viene dispensato dal richiamo per istruzione perché all’estero. Rientra in patria nel 1913. Il 27 febbraio ottiene di nuovo il passaporto per New York, ma viene chiamato per istruzione dal 5 agosto al 3 settembre. L’11 dicembre si sposa con la coetanea giuliese Maria Di Donato, figlia di Antonio e Luisa Sacchini (i testimoni della coppia saranno: Saulle Montebello, meccanico e Giuseppe Sabatini, agricoltore). All’indomani dello scoppio della 1° Guerra Mondiale viene chiamato alle armi il 31 agosto 1915 e viene inviato nel deposito del Reggimento Fanteria ad Ancona – Battaglione presidiario il 30 dicembre. Il 2 marzo 1916 giunge nella prima linea con il 30° Reggimento Fanteria – Brigata Pisa – 6° compagnia. Dall’inizio dell’anno e fino a maggio, il reggimento si attestano in località “Bosco Cappuccio”, partecipando alla 5° battaglia dell’Isonzo (dal 9 al il 15 marzo), ma con scarsi successi da entrambe le parti. Il 28 giugno parte una piccola offensiva da parte degli italiani sul San Michele e i tratti di Groviglio, Rondò e Ridottino, aumentando di poco il controllo del territorio.
Il 29 giugno avviene la strage, gli austriaci impiegano per la prima volta i gas asfissianti sul versante italiano contenente cloro e fosgene. Le prime linee vengono annientate subito, seguite dalle seconde linee colte di sorpresa o addirittura nel sonno, nonostante i tentativi di scappare. Gli austro-ungarici, protetti dalle maschere antigas, escono dalle trincee armati di baionette e mazze ferrate per finire i moribondi. Nella carneficina, tra i 2.700 morti circa e i 4.000 intossicati, perde la vita all’età di 30anni Vincenzo Di Crescenzo, poi sepolto a Sagrado (Gorizia). Sarà Pasquale Pagano, responsabile della tenuta dello stato civile del 30° reggimento, a trascrivere l’atto di morte e controfirmato dal dott. Bruno Barzellotti, Domenico Damiano, Sottotenente Alessandro D’Amore, Tenente Pasquale Pagano e il Colonello Comandante Filippo Ingami (morirà il 7 gennaio 1945 con il grado di Generale). A Giulianova l’ufficialità della morte arriverà solo il 6 luglio 1917, esattamente un anno dopo. #unitiperlapatria
Tre le medaglie alla memoria: guerra italo-austriaca 1915-1918 o “coniata nel bronzo nemico” e relative barrette con gli anni di guerra 1915 e 1916; A ricordo della Guerra Europea o Interalleata della Vittoria; Commemorativa a ricordo dell’unità d’Italia 1848-1918.
Il suo nominativo compare nell’Albo d’Oro dei militari italiani caduti della Grande Guerra, sulla lapide del Duomo di San Flaviano e nel libro di Francesco Manocchia “I Salmi della Patria”
* ricercatore storico sui caduti di Giulianova



Lana (Bolzano). Muore l’ex Maresciallo degli Alpini, Sergio Paolo Sciullo della Rocca, nativo di Sulmona

Giulianova. Martedì, 31 marzo 2020, a Lana (Bolzano), è scomparso Sergio Paolo Sciullo della Rocca, già Maresciallo Alpino, giornalista, poeta, scrittore, Presidente della Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige e animatore culturale. La sua famiglia, originaria di Pescocostanzo, ma residente a Roccaraso, lo aveva fatto nascere a Sulmona il 18 settembre 1957. Dopo una brillante carriera militare, nel corpo degli Alpini, aveva scelto come residenza Bolzano. Lascia la moglie Maria, la figlia Petra con Michele, Ettore e Francesca e il figlio Franz Josef con Ulrike e Carmen Sofia, l’amata pronipote Francesca e il fratello Renato. “Buono, onesto ed operoso, amato e stimato da tutti, lascia sulla terra le tracce luminose delle sue elette virtù”, questo è il necrologio dei suoi familiari.

presidente Sergio Paolo Sciullo della Rocca , foto Archivio

2 aprile 2020. Oggi, tra i tanti messaggi WhatsApp che affollano quotidianamente il mio telefonino, non volevo credere alla notizia che sei volato via sulla vetta più alta. Hai scelto il 31 marzo per andartene via, il giorno di San Beniamino, proprio un Santo che come te predicava la Via Maestra, rappresentata dal sentimento di amor patrio, del vivere la comunità e soprattutto, l’amore per la montagna. Mi piace ricordare l’amicizia intercorsa in tanti anni di condivisione nel ricordo della nostra gente, della Patria e dei comuni valori come l’essere abruzzesi sempre, anche se si vive fuori dalla propria terra. Ero lì, a Civitella del Tronto, quel 5 agosto 2015, quando ti conferirono l’onorificenza di “Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo”, come fondatore e Presidente dal 1993 della Libera Associazione Abruzzesi Trentino Alto Adige, cultore di storia patria, della montagna e dell’emigrazione, nonché per il merito di avere realizzato numerose opere alpine dando lustro alla Regione Abruzzo.

DI PANCRAZIO E SERGIO PAOLO, Foto Archivio

Ricordo ancora il nostro incontro a Pescocostanzo, con il comune amico e storico, Giuseppe Del Zoppo, in occasione della consegna del Premio Culturale Internazionale San Giovanni Crisostomo, nell’estate del 2013. Sei stato una personalità poliedrica e attenta al mondo culturale abruzzese, dove andavi fiero della tua vera opera d’arte: fondatore e ideatore progettuale del Sacrario Nazionale Mauriziano d’Italia a Pescocostanzo, dove troneggiano le insegne Gloriose delle unità Alpine, come la Julia, Tridentina, Cadore, Orobica, Taurinense e la Scuola Militare Alpina, sovrastata dall’immagine di San Maurizio martire. Come non accettare il tuo invito a L’Aquila per conto dell’Associazione Nazionale Alpina – sezione estera, all’88° raduno nazionale a L’Aquila il 17 maggio 2015, 100 anni dalla fine della 1° Guerra Mondiale. Una giornata indimenticabile, culminata con la presentazione del libro “Quando c’era la Guerra” di Francesco Manocchia, ristampa anastatica con la nota introduttiva di Sandro Galantini e le mie ricerche storiche sui caduti della 1° G.M. di Giulianova.

Sergio Paolo Sciullo della Rocca con il Sindaco

Mi avevi spronato. Ma la giornata più pregante e ricca di significato è stata il 2 giugno 2015, con il ricordo del primo marito di mia nonna, dove avevi sollecitato e indicato l’epigrafe della targa posta all’interno dell’aula consigliare del Comune, guidata dal dott. Mario Di Pietro, in collaborazione con l’ANA Abruzzi del Presidente Giovanni Natale, in memoria del Caporale Alpino, Carlo De Berardinis (Bellante, 1888 / Caoria di Canal San Bovo (TN), 1917). Questa fu la tua epigrafe: “Caporale degli Alpini Carlo De Berardinis: 1° Rgt. Alp. “Btg. Pieve di Teco”; 6° Rgt. Alp. “Btg. Verona”; 7° Rgt. Alp. “Btg. Feltre”, nato a Bellante il 3 maggio 1888, deceduto a Caoria di Canal San Bovo il 15 settembre 1917. Una morte bianca del Monte Cauriol”. L’anno dopo, in occasione del centenario della conquista del Monte Cauriol (tra il 22 e il 27 agosto 1916), la copia della stessa targa veniva consegnata agli amici Alpini dell’A.N.A., Luigi Caser e Renato Loss, il 27 agosto 2016 a Caoria, con la firma del nuovo Sindaco di Bellante, l’Avvocato Giovanni Melchiorre. Poi i tuoi messaggi di rallegramenti per l’iniziativa di riproporre l’evento a Roseto degli Abruzzi con il libro realizzato da Emidio D’Ilario e Luciano Di Giulio “Roseto degli Abruzzi – Caduti e Decorati – 1° Guerra Mondiale”, con l’intenso discorso del Sindaco, l’Avvocato Sabatino Di Girolamo. Abbiamo realizzato tante cose insieme, ma il regalo più bello è arrivato dal tuo amico di sempre, Giuseppe Del Zoppo, con la pubblicazione del libro “Un Soldato di Montagna – Sergio Paolo Sciullo della Rocca, Decorato Medaglia d’Oro Mauriziana della Repubblica Italiana”, dove ho scoperto l’Alpino Paolo, come amabilmente ti chiamavo, con una carriera militare di tutto rispetto: a Viterbo, nella scuola allievi Marescialli, 28° corso allievi destinati a incarichi di comando; ad Aosta, scuola militare alpina, qualifica di assaltatore e comando reparti di montagna; a Cesano di Roma, scuola di Fanteria, qualifica Pioniere esperto in maneggio di esplosivi; a Orvieto, scuola militare di educazione fisica, qualifica di educatore di attività fisica; a Pinerolo, scuola militare di veterinaria, idoneità a condurre reparti di salmeria in montagna – muli; a Monguelfo, Battaglione Alpini Trento, comandante di squadra assaltatori, di plotone mortai pesanti e fucilieri; per il lungo servizio svolto, il distintivo d’oro del battaglione. All’attività militare avevi legato anche il giornalismo e l’attività di saggista con opere come: “La palestra di roccia”, Tormento ed estasi”, “un volto barocco”, “Val Pusteria un paradiso nelle Dolomiti”, “la vita dell’uomo tra i monti”, “Alto Adige-storia dei cavalieri crociati”, “gli alpinisti del M. Rudlhorn”, “La Real Casa Normanna d’Altavilla”, “Il Sacrario Nazionale Mauriziano”, “Storia del Sacrario Nazionale Mauriziano d’Italia” e “Gli Alpini Abruzzesi a Bolzano”. Caro Paolo, dopo questa cavalcata di ricordi, non ti voglio salutare con i classici saluti Alpini, ma con una bellissima frase dello scrittore Mario Rigoni Stern, il quale avevi più volte incontrato ad Asiago: “Ho riscoperto la poesia, ho riscoperto il bosco, l’aria, il sole, le stelle di notte, e sembrava che i compagni fossero ancora con me.” Ciao Paolo.

Con infinita stima perenne

Walter De Berardinis




Giulianova. Domenico Giorgini, il finanziere dimenticato da tutti.

di Walter De Berardinis*

Su sollecitazione dell’ex consigliere comunale di Giulianova, Alessandro Giorgini e della sua famiglia, oggi voglio ricordare il caduto della 1° Guerra Mondiale, Domenico Giorgini.

Nasce a Cologna paese di Montepagano (oggi Roseto degli Abruzzi) il 18 febbraio 1889, alle ore 03:20, da Flaviano Giorgini e Susanna Quaranta. Solo il 29 il padre lo registra al Comune di Montepagano alla presenza del Segretario delegato dal Sindaco, Achille Speranza Guerrieri e dei due testimoni: il 30enne Eumene Braccili e il 42enne Donato Ferrilli. Agli inizi del 1900 si trasferisce con la famiglia a Giulianova perché impiegato nel settore della pesca. Flaviano, prima di essere definitivamente arruolato in Marina, chiede di essere ammesso alla Regia Guardia di Finanza per 3 anni. Infatti, il 15 gennaio 1909, viene arruolato con fine ferma di 3 anni. Domenico Giorgini Nell’arruolamento, i medici militari segnalarono una caratteristica del soldato, aveva una cicatrice vistosa sull’angolo esterno dell’occhio destro.

Domenico Giorgini

Intanto, Il 22 novembre, viene giudicato abile al servizio di leva e iscritto al Compartimento marittimo di Ancona per la ferma di anni 4 come marinaio, ma esonerato dal servizio per altro arruolamento. Il 15 gennaio 1912, sempre la Guardia di Finanza, gli rinnova la ferma di 3 anni.

Monumento ai caduti di Giulianova nella 1° Guerra Mondiale

Il 15 gennaio, dopo 6 anni di servizio della GdF viene definitivamente congedato. All’indomani dello scoppio della 1° Guerra Mondiale, il 27 maggio, viene chiamato alle armi in base al Regio Decreto del 22 maggio, n. 690 (Art. 1. E’ indetta la mobilitazione generale del R. esercito e della R. marina e la requisizione quadrupedi e veicoli).

Monumento ai caduti di Cologna paese nella Prima Guerra Mondiale

Il 30 agosto passa in forza all’Esercito e il 14 settembre rientra nella Legione Territoriale di Bari e destinato ad un battaglione composto ad Ascoli Piceno. Il 1 dicembre, forse le temperature rigide, si ammala e viene curato nelle retrovie. Il 1 agosto 1917 rientra al corpo con la Legione Territoriale di Catanzaro e il 1 luglio 1918 con quella di Roma (per l’Albo d’Oro risulta della Legione di Milano). Per il riacutizzarsi della malattia, il 27 aprile 1919, alle ore 22:00, muore all’età di 30 anni, nell’ospedale Civile di Orbetello (Grosseto). La notizia ufficiale della sua morte giunge a Giulianova solo il 6 luglio, quando sarà lo stesso Sindaco, Giuseppe De Bartolomei a registrare l’atto di morte giunto dal Comune di Orbetello. Alla sua memoria gli furono concesse tre medaglie: la Commemorativa della Guerra Italo-Austriaca 1915-1918 o “coniata nel Bronzo nemico”, La medaglia a ricordo della Guerra Europea e la commemorativa a ricordo dell’Unità d’Italia. Il suo nome figura nell’Albo d’Oro (Militari Caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918) pubblicato dal Ministero della Guerra nel 1927, volume II – Abruzzo e Molise.

Purtroppo tutti si dimenticarono presto del povero Domenico Giorgini, non i familiari che chiesero di ricordarlo con la targhetta presente oggi sul Viale delle Rimembranze all’ingresso del Cimitero Comunale (Via Gramsci). Il Comune di Montepagano e Giulianova, per una svista, non fecero scolpire il nome del caduto. Solo recentemente è stato degnamente ricordato in due pubblicazioni: nella ristampa anastatica “Quando c’era la guerra “di Francesco Manocchia, con nota introduttiva di Sandro Galantini e le ricerche di Walter De Berardinis, edito nel 2015 per “Artemia Nova Editrice di Mosciano Sant’Angelo e “Roseto degli Abruzzi – caduti e decorati nella prima e seconda Guerra Mondiale” di Emidio D’Ilario e Luciano Di Giulio, edito nel 2018. Il presente ricordo vuole essere il giusto riconoscimento al caduto Giorgini per aver dato la propria vita alla Patria. Per le informazioni ricevute si ringrazia il personale e la direzione dell’Archivio di Stato di Teramo. #unitiperlapatria

*ricercatore storico sui caduti della 1° e 2° Guerra Mondiale




Nicolò Ledwinka e la Regia Scuola Tecnica Industriale di Giulianova

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 19
di Sandro Galantini*
Nicolò Ledwinka, direttore della Scuola tecnica industriale di Giulianova nel 1940, continuava ad esserlo anche nel 1941, anno in cui alla sezione falegnami ed ebanisti veniva aggiunta quella per maestri d’ascia affidata a Gino Menetto, docente di meccanica e macchine marine, fisica, chimica, tecnologia e disegno delle costruzioni navali. Si trattava di una disciplina opportuna per una città a vocazione marinara come Giulianova, e a cui Ledwinka teneva particolarmente. Nato a Zara il 5 dicembre 1899, con il mare Ledwinka aveva infatti avuto sempre un rapporto intenso. Conseguita nella città istriana la maturità tecnica, dopo la guerra si era iscritto ai corsi di ingegneria navale presso l’università di Genova. Nel 1919, allorché la Dalmazia settentrionale veniva assegnata, contro la volontà dell’Italia, al nuovo regno serbo-croato-sloveno, come dirigente zaratino del Gruppo studenti dalmati aveva sottoscritto il manifesto relativo alla grande manifestazione indetta per il 6 maggio di quell’anno a Roma per Spalato italiana, per poi arruolarsi tra i legionari fiumani dove gli era stato assegnato il grado di caporale. Dopo la laurea si era impiegato nel Registro Navale Italiano di cui, rimanendo ispettore, il 5 novembre 1928 veniva nominato agente. E qualche giorno dopo, il 20 novembre, giungeva la nomina a insegnante titolare stabile di tecnologia, meccanica e macchine nella Scuola industriale “P. Bakmaz” della sua Zara, dove sarebbe rimasto per sette anni. Appassionato di costruzioni navali (partecipa nel marzo 1930 al concorso per battelli per pesca meccanica con il progetto di una imbarcazione di 23 metri con motore diesel da 180 cavalli), disegnatore dotato di un certo talento (espone per la prima volta in una manifestazione artistica del ’32), ed iscritto alla società canottieri “Diaspora” di Zara, Ledwinka nel 1933 pubblica il suo primo libro, Remi sull’Adriatico, con prefazione del celebre Filippo Camperio, ammiraglio e fondatore della sezione milanese della Lega Navale di cui sarà presidente.
Nel 1936 lascia Zara per trasferirsi a L’Aquila dove insegna meccanica, macchine e disegno nella Scuola tecnica industriale “T. Patini”, rappresentandola oltretutto al congresso internazionale dell’insegnamento tecnico tenutosi a Roma.
Nel 1937 c’è il salto di qualità con la nomina di direttore a Corridonia, dove rimane sino al 1939. Ed è proprio durante il suo periodo marchigiano che Ledwinka, nel frattempo iscrittosi al Regio Yacht Club Italiano in quanto proprietario di un panfilo di 2 tonnellate armato a Lussingrado, incontra, innamorandosene, una giovane civitanovese, Alda Pagnanini, laureanda all’università di Urbino e supplente di italiano, storia, geografia e cultura fascista alla Scuola secondaria di avviamento professionale della sua città. I due, dopo un breve fidanzamento, si sposano divenendo genitori proprio nel 1940, l’anno in cui entrambi vengono a Giulianova.
E dopo? Al termine della 2^ guerra mondiale Ledwinka (che aggiungerà al cognome il termine Liburnico) è uno dei tanti istriani senza più patria, rimasto fedele alle sue radici. Sicché non sorprende la sua presenza, il 22 maggio 1949 a La Spezia, alla commovente cerimonia della benedizione della bandiera dell’Istria. Tornato all’insegnamento, coltivando la saggistica e l’arte (nel 1955 pubblica il volume Le ali dell’Egeo e cinque anni dopo allestisce a Napoli una sua mostra), è tra i relatori a Roma, dove ha fissato intanto la sua residenza, al 2° Convegno nazionale sui problemi della scuola italiana. Terminata la sua attività di impegnato docente, per la quale viene insignito del titolo di Cavaliere ed Ufficiale al merito della Repubblica, Nicolò Ledwinka si trasferisce a Torre Annunziata operando come libero professionista. Consigliere, dal 1963, del Libero Comune di Zara in esilio, membro della Società Dalmata di Storia Patria, oltre ad alcuni saggi d’indole storica sulla “Rivista Dalmatica” Ledwinka nel 1967 firma il suo terzo libro: Dav il saracino. Un brano di storia dimenticata di Napoli. Sarà, quella, la sua ultima pubblicazione. Di qui a pochi anni Nicolò Ledwinka chiuderà le sue palpebre definitivamente.



Giulianova. Gaetano Stacchiotti, l’Alpino resuscitato.

di Walter De Berardinis
Nasce a Giulianova il 27 marzo 1897, alle ore 08:12, nella casa posta in Via Provinciale, dal 27enne Luigi e Rosaria Marcone. Il nascituro sarà registrato all’anagrafe il giorno successivo dall’Assessore Apollo Caravelli, alla presenza di due testimoni: Emidio Paolone e Raffaele Del Nunzio, entrambi benestanti. Con la famiglia si trasferisce a Mosciano Sant’Angelo. Il 6 maggio 1916 viene convocato a visita di leva nel distretto militare di Teramo e il 21 settembre viene chiamato alle armi. L’11 ottobre giunge nel deposito del 5° Reggimento Alpini – Battaglione “Vestone” e il 14 ottobre raggiunge la prima linea. Il Battaglione, reduce dalla conquista del Monte Rombon, si trasferisce sull’Altipiano dei Sette Comuni (Prealpi Vicentine). Il 10 giugno 1917, durante la battaglia del Monte Ortigara (dal 10 al 29 giugno), attraversando la Valle dell’Agnella, intorno a quota 2.000, il povero Stacchiotti scompare. Il comando, il 14 settembre, non avendo avuto notizie del giovane giuliese, viene dichiarato disperso nella battaglia. La notizia giunse a Giulianova dove la famiglia già stava piangendo un altro figlio, Giovanni (Giulianova, 25 maggio 1893), morto a Ronchi il 20 ottobre 1916. Al termine della guerra, forse perché prigioniero degli austroungarici, ricompare al deposito del 5° Reggimento Alpini e il 2 settembre 1919 il distretto militare di Teramo cancella sul suo ruolo matricolare la morte presunta. Il 16 aprile 1920 viene congedato. Il 26 novembre gli viene rilasciato il passaporto valido per l’espatrio a New York, ma poi cambierà idea perché si trasferirà in Argentina. I nomi dei due fratelli morti verranno trascritti: sul libro “I Salmi della Patria” edito nel 1921 dal giornalista Francesco Manocchia; sulla lapide del Duomo e nella foto-ricordo di tutti i caduti. Per svelare l’arcano bisogna attendere il 24 giugno 1977, quando a Béccar, comune dell’area metropolitana di Buenos Aires in Argentina, muore all’età di 80 anni il redivivo Gaetano.
Il suo nominativo, tramite delle schede da compilare da parte dei comuni, fu comunicato al censimento nazionale per l’Albo d’Oro “Militari Caduti nella Guerra Nazionale 1915-1918, ma la commissione nazionale in collaborazione con l’ufficio statistico del Ministero (retto dal Tenente Colonello Medico, Luigi De Berardinis) ritenne di scartare la richiesta perché il militare era ancora in vita.
Gaetano prese comunque tre encomi: Medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia, la Medaglia Interalleata della Vittoria e delle campagne di guerra 1916, 1917 e 1918. #unitiperlapatria