GIORNO DEL RICORDO: RINNOVARE LA MEMORIA DELLE FOIBE È UN DOVERE E UNA RESPONSABILITÀ SOCIALE

 

MARSILIO, BIONDI E QUARESIMALE D’INTESA CON L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE. (REGFLASH) – L’AQUILA, 10 feb. “Ricordare è importante, ma soprattutto necessario per conservare e rinnovare la memoria di quei fatti tragici. È fondamentale per le giovani generazioni ripercorrere quelle tappe, anche se dolorose, perché per loro è questo il momento in cui si forma una coscienza e una consapevolezza”. Lo ha detto il presidente della giunta regionale, Marco Marsilio, intervenendo oggi, a L’Aquila, per celebrare la giornata del ricordo, in memoria delle vittime delle Foibe. Un evento organizzato dalla Regione Abruzzo e dal Comune dell’Aquila, d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale, all’Auditorium del Parco. Sono intervenuti anche il sindaco Pierluigi Biondi, l’assessore regionale all’istruzione, Pietro Quaresimale e il dirigente tecnico dell’ufficio scolastico regionale Giuliano Bocchia. Tra il pubblico presenti le massime autorità civili e militari nonché il Rettore dell’università dell’Aquila, Edoardo Alesse.

“Se c’è una giornata proclamata solennità civile nazionale – ha aggiunto Marsilio – il modo migliore per celebrarlo è di coinvolgere le scuole e dare la possibilità agli studenti di conoscere questa pagina nera della storia affinché non si perda nell’oblio. Dobbiamo conoscere il nostro passato. È un dovere morale e una responsabilità sociale”. “Ricordo Storia Futuro” è stato un momento di confronto e di coinvolgimento per gli studenti abruzzesi con uno spazio dedicato alla musica e al teatro. “La memoria e il ricordo – ha aggiunto il sindaco Biondi – sono strumenti che, se opportunamente utilizzati, generano armonia nelle comunità. La rievocazione di tragedie può essere pietra da scagliare contro qualcuno o contro qualcosa, rinnovando uno scontro che non fa bene alla nazione, oppure esempio per conoscere il passato e non ripetere errori.

Quella delle foibe è ‘una pagina strappata della nostra storia’, come ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La commemorazione di oggi rende onore alle vittime e a quanti furono costretti a subire l’onta dell’esodo. Essere consapevoli del nostro percorso storico aiuta ad indicare ai giovani la rotta di una convivenza pacifica, in cui la conoscenza è elemento di confronto e non di divisione e scontro”. L’obiettivo è quello di coinvolgere le giovani generazioni al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia vissuta da migliaia di italiani e delle moltissime vittime delle Foibe. “La conoscenza della storia crea consapevolezza, la consapevolezza genera responsabilità e alimenta la maturità civile – ha aggiunto l’assessore Quaresimale – Anche se non è sempre facile costruire un ponte valido tra il passato ed il futuro, lo strumento che ci supporta nella costruzione di un Paese, sempre più liberale e democratico, di un’Europa, grande spazio comune di pace, è mantenere la memoria viva, promuovere la migliore conoscenza dei rapporti storici, geografici e culturali, è insegnare ai giovani l’importanza del rispetto dei diritti umani, della diversità e della tutela delle minoranze, educare alla cittadinanza piena ed attiva, alla cittadinanza europea; questo ci aiuta a costruire il nostro futuro e quello delle generazioni future”. Dopo i contributi del cantautore e scrittore Simone Cristicchi e di Emanuele Merlino, presidente del Comitato “10 febbraio”, l’associazione culturale “Ricordo” dell’Aquila ha introdotto letture e interpretazioni dei bravissimi attori Luca Serani, Maria Francesca Tomassetti, Roberto Ianni e Giuseppe Tomei. L’accompagnamento musicale è stato della violoncellista Flavia Massimo con la partecipazione di Edoardo Sylos Labini, attore e fondatore di Culturaidentità. (Regflash) K. SCOLTA 220210




Giorno del Ricordo, il discorso del sindaco Gianguido D’Alberto

 

Questa mattina, in occasione del “Giorno del Ricordo”, presso i “Giardini Giuseppe Micheletti” si è tenuta una breve cerimonia commemorativa organizzata dal Comune. Il sindaco Gianguido D’Alberto, alla presenza delle massime autorità del territorio, ha deposto una corona d’alloro in memoria delle vittime delle Foibe e reso omaggio agli esuli dei territori dove si verificarono i drammatici eventi post-bellici.

Questo il testo del discorso del sindaco:

  “I massacri delle Foibe rappresentano una delle pagine più buie della nostra storia, per molto, troppo, tempo dimenticata. Una barbarie figlia della guerra e che ci ricorda, ancora oggi, come la violenza, gli estremismi, i nazionalismi, i totalitarismi, vadano combattuti attraverso una costante riflessione sui nostri comportamenti e atteggiamenti. La verità, diceva Gramsci, è sempre rivoluzionaria; la verità sulle foibe e sul bestiale odio che si è espresso in quei terribili anni e in quella difficilissima terra, non può essere piegata a visioni (o finalità) di parte, proprio per rispetto di quelle vite e di quegli avvenimenti. Una democrazia compiuta non ha paura di confrontarsi col proprio passato, anche con quello più scomodo e non ha incertezze nell’assegnare alla storia e ai suoi accadimenti la giusta dimensione. Perché l’Italia libera e civile, patriottica non nazionalista, è un paese maturo, che deve leggere dentro la propria storia le ragioni e le dimensioni dei fatti. Il ricordo di quei tragici giorni deve indurci a lavorare costantemente su noi stessi e in particolare sulle nuove generazioni, educandole al rispetto dell’altro, al confronto, al riconoscimento e alla valorizzazione delle differenze come elemento di crescita. In questo assume un valore primario il ruolo dell’Unione Europea, che è casa comune nella quale popoli e nazioni possono ritrovarsi coniugando le diversità con il riconoscimento di valori comuni. Valori espressi innanzitutto nella Costituzione, nella tutela di tutte le minoranze, nella contrarietà ad ogni totalitarismo, nel ripudio di ogni guerra, che dobbiamo riaffermare con forza nel nostro agire quotidiano. La tragedia delle foibe deve aiutarci a fuggire dalla tentazione di pensare non secondo categorie politiche, ma in base a più profonde categorie umane. Non lasciamo che questa giornata resti un mero esercizio consolatorio, ma facciamo in modo che ci ricordi, ogni giorno, il valore di essere comunità. Una comunità che sappia trasformare le differenze in elementi di forza e che faccia tesoro del passato per guardare avanti con consapevolezza, per l’uguaglianza e la libertà, con al centro il valore assoluto della dignità umana”.

Dopo il discorso del primo cittadino il consigliere comunale Pasquale Tiberii ha letto la preghiera all’esule mentre il consigliere Franco Fracassa ha ricordato la figura del dottor Micheletti. A chiudere la commemorazione, con una lettura storica della vicenda,  l’intervento del presidente del consiglio comunale Alberto Melarangelo, che ha portato il saluto dell’intero consiglio.




10 febbraio – Giorno del Ricordo: Pezzopane (Pd), Regione Abruzzo e Comune dell’Aquila fanno propaganda, presentata interrogazione

Stefania Pezzopane

“Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del Giorno del Ricordo ha richiamato la Repubblica ‘al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe’. Oggi, per celebrare il giorno del Ricordo delle vittime delle Foibe, invece la Regione Abruzzo e il Comune dell’Aquila hanno organizzato un evento a cui hanno presenziato e sono state annunciate, unicamente personalità di rilievo politico afferente al mondo della destra o ospiti coinvolti in operazioni editoriali di estrema destra riferite a Casapound (Altaforte) e Forza Nuova (Ferrogallico), con l’aggravante di aver coinvolto le scuole e utilizzato i fondi pubblici ed escludendo, in modo sconcertante, la presenza di storici autorevoli, compresa la sua struttura di riferimento, l’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea, che ha esattamente lo scopo di promuovere l’approfondimento e lo studio di tali questioni”. Lo dichiara la deputata abruzzese del Pd Stefania Pezzopane, della presidenza del Gruppo dem alla Camera.

“Come dichiarato dall’Anpi – aggiunge l’esponente dem  – è giusto ricostruire tutta la storia: le origini dei conflitti, le responsabilità, gli odi, le aggressioni, le violenze, le vendette. Perché le frontiere divengano non un muro, ma il luogo del riconoscimento dell’altro, la porta aperta per l’amicizia fra i popoli. La Regione Abruzzo e il Comune dell’Aquila invece hanno dato vita ad un’iniziativa che appare più un’operazione di propaganda che non di ricostruzione storica dei gravi fatti avvenuti, condotta senza alcun rispetto per le istituzioni storiche, per le vite di chi non c’è più e per la veridicità dei fatti”.
“Per questo – conclude Pezzopane – ho presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno e al ministro dell’Istruzione per sapere quali iniziative urgenti i ministri intendano adottare per consolidare e conservare la memoria di fatti complessi e drammatici come quelli che riguardarono il confine orientale del nostro Paese, con particolare riguardo al mondo della scuola, anche al fine di disincentivare il ripetersi in futuro di operazioni meramente propagandistiche che, con l’utilizzazione di fondi pubblici, e senza nessun coinvolgimento di esperti e studiosi interessati, rischiano di fornire anche ai minori di età una ricostruzione distorta dei fatti avvenuti sul territorio italiano”.



LA CITTÀ’ DI ROSETO RICORDA LE VITTIME DELLE FOIBE E L’ESODO GIULIANO-DALMATA

Roseto, 10 febbraio 2022 – La splendida interpretazione dell’attore di teatro rosetano Vincenzo Di Bonaventura per raccontare la tragedia delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, attraverso la lettura di alcuni brani tratti dal libro “Magazzino 18”. È in questo modo che la Città di Roseto degli Abruzzi questa mattina, in occasione della “Giornata del Ricordo”, ha voluto rendere omaggio alle tante vittime di una violenza barbara. Una violenza che va raccontata perché ha segnato la storia di migliaia di italiani e perché, come recita il titolo dell’evento, “Comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

La magistrale performance di Di Bonaventura, che è riuscito a toccare nel profondo tutti i presenti, ha avuto come teatro la sala della Biblioteca Comunale di Roseto. Hanno partecipato all’evento: il sindaco Mario Nugnes, il presidente del Consiglio Gabriella Recchiuti, l’assessore alla Cultura Francesco Luciani, l’assessore Gianni Mazzocchetti e l’assessore Lorena Mastrilli. Assieme a loro anche alcuni rappresentanti degli studenti del Liceo “Saffo” e dell’Istituto “Moretti” mentre, in tanti, hanno assistito alla diretta Facebook sulla pagina del Comune.

“Ringrazio innanzitutto la mia città, perché noi oggi siamo qui a rappresentare tutta la comunità di Roseto – ha detto il sindaco Nugnes – Sono qui con una fascia tricolore che vuole essere avvolgente e simbolica per un momento che, come è stato detto, deve diventare una tematica quotidiana e non straordinaria. Serve un’amministrazione che non faccia distinzioni tra maggioranza e opposizione in queste occasioni. Sono tre le parole che riescono, a mio parere, a riassumere il valore di questa celebrazione. La prima è la parola “Memoria”: noi dobbiamo far sì che questa parola resti impressa non solo nelle orecchie ma anche nei cuori e che ci sia una continuità nel tramandare la storia: un passaggio di testimone che vada di generazione in generazione. La seconda parola è “Cultura”: oggi dobbiamo avere il coraggio, e ringrazio i giovanissimi qui presenti e quelli distanti, di amare la cultura. Ieri mi ha colpito un ragazzo che in piazza della Libertà stava prelevando un libro dentro una casetta posizionata a tale scopo, e per questo l’ho ringraziato. Grazie a voi ragazzi, che mettete al centro la Cultura. La terza parola è quella dell’Attualità: in questo momento in Myanmar si sta morendo, in questo momento il Mediterraneo continua ad essere un cimitero a cielo aperto. Negli ultimi anni abbiamo assistito a eccidi e genocidi che non hanno ancora memoria. Ma in queste ore, e lo dico soprattutto ai giovani, si sta uccidendo anche con uno strumento che usiamo quotidianamente: il Social. Si sta uccidendo con la parola, con l’odio. Quindi, non possiamo vivere questa giornata essendo proiettati solo al, seppur importante, passato. La cattiveria che ha generato queste tragedie è nata da quella paura che, oggi, ci porta a non guardarci più negli occhi. Non possiamo più correre questo rischio, dobbiamo capire che il dialogo e il confronto sono la prima arma per arginare ogni tipo di violenza, fisica o verbale che sia”.

“È doveroso ricordare questa brutta pagina che si è compiuta alla fine della Seconda Guerra mondiale e che ha comportato la morte di quasi 20mila italiani – ha affermato la Presidente Recchiuti – Gettati come se fossero spazzatura nella Foibe. E poi i tanti altri italiani della terra Istriana e Dalmata, costretti dalla sera alla mattina, a scappare, a diventare profughi nella propria terra. Quello di oggi è un riconoscimento doveroso che arriva da parte della nostra amministrazione e da parte di tutti gli italiani, un momento di verità che serve anche per vivere con maggiore consapevolezza l’attualità. Anche oggi ci sono, purtroppo, profughi ed esuli, persone che si ritrovano da un giorno all’altro senza una casa o una famiglia. E abbiamo di fronte agli occhi tanti esempi alle porte della nostra Europa e alle porte della nostra Italia. Il Giorno del ricordo, quindi, ci impone una riflessione sull’attualità e su quello che deve essere l’impegno di ciascuno di noi, soprattutto per chi si dedica al governo della cosa pubblica”.

“Oggi è un giorno importante per tutti noi – ha aggiunto l’assessore Luciani – sono orgoglioso che Roseto Cultura 2022 sia partito con questi due eventi: “La Giornata della Memoria” e “La Giornata del Ricordo”. Ancora una volta, il nostro Presidente della Repubblica è riuscito a condensare in poche parole quello che è stato lo strazio, la sofferenza, la tragedia immane che è stata vissuta da nostri concittadini: una pagina strappata dal libro della nostra storia. Cittadini traditi due volte, prima esuli e poi disprezzati nella nostra Repubblica. Sono molto contento di avere qui un artista di caratura così elevata come Vincenzo Di Bonaventura”.




ESERCITO ITALIANO: PUBBLICATO IL CONCORSO PER 6000 VFP1 PER L’ANNO 2022

 

 

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 11 del’8 febbraio 2022 il bando di concorso relativo al reclutamento di 6000 VFP1 nell’Esercito Italiano. I posti saranno ripartiti in tre blocchi di incorporamento di 2000 posti ciascuno, con il seguente calendario per la presentazione delle domande:

  • 1° blocco – domande dal 9 febbraio 2022 al 10 marzo 2022, per i nati dal

10 marzo 1997 al 10 marzo 2004, estremi compresi;

  • 2° blocco – domande dal 2 maggio 2022 al 31 maggio 2022, per i nati dal

31 maggio 1997 al 31 maggio 2004, estremi compresi;

  • 3° blocco – domande dal 1° agosto 2022 al 30 agosto 2022, per i nati dal

30 agosto 1997 al 30 agosto 2004, estremi compresi.

Per ogni incorporamento i candidati parteciperanno per i posti per incarico principale che sarà assegnato/a dalla Forza armata e, nel caso in cui fossero in possesso dei relativi requisiti, potranno esprimere il gradimento a concorrere per uno dei posti previsti per incarico di:

  • Elettricista infrastrutturale,
  • Idraulico infrastrutturale,
  • Muratore,
  • Falegname,
  • Fabbro,
  • Meccanico di mezzi e piattaforme.

Il numero di posti per ogni blocco degli incarichi sopra descritti è specificato all’interno del bando. I candidati che hanno proposto domanda esprimendo il gradimento per uno di questi incarichi, qualora idonei vincitori per il settore richiesto saranno assegnati al suddetto settore d’impiego. Se invece risulteranno idonei non vincitori per il settore di preferenza, saranno collocati nella graduatoria generale e assegnati, se vincitori, ai posti per incarico principale. Vediamo nei prossimi paragrafi quali sono i requisiti di partecipazione e quali saranno le prove del concorso.

Requisiti Generali:

  • cittadinanza italiana;
  • godimento dei diritti civili e politici;
  • aver compiuto il 18° anno di età e non aver superato il giorno del compimento del 25° anno di età;
  • non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi;
  • non essere stati destituiti, dispensati o dichiarati decaduti dall’impiego in una pubblica amministrazione, licenziati dal lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni a seguito di procedimento disciplinare, ovvero prosciolti, d’autorità o d’ufficio, da precedente arruolamento nelle forze armate o di polizia, a esclusione dei proscioglimenti a domanda, per inidoneità psico-fisica e mancato superamento dei corsi di formazione di base di cui all’art. 957, comma 1, lettera e-bis del Codice dell’ordinamento militare;
  • aver conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado (ex scuola media inferiore);
  • non essere stati sottoposti a misure di prevenzione;
  • aver tenuto condotta incensurabile;
  • non aver tenuto comportamenti nei confronti delle istituzioni democratiche che non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione repubblicana e alle ragioni di sicurezza dello Stato;
  • idoneità psico-fisica e attitudinale per l’impiego nelle forze armate in qualità di volontario in ferma prefissata di un anno, conformemente alla normativa vigente;
  • esito negativo agli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool e per l’uso, anche saltuario od occasionale, di sostanze stupefacenti nonché per l’utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico;
  • non essere in servizio quali volontari nelle forze armate.

Tutti gli altri requisiti possono essere consultati leggendo il Bando di Concorso, o contattando il Comando Militare Esercito “Abruzzo Molise” – Ufficio Reclutamento e Comunicazione Sezione PI/PR/IP  Telefono 0862/25345, 0862/412552  int. 0211 – sotrin 1452211
Ten. Col. Valeriano COSTANTINI
C.le Magg.Ca. Sc.Q.S. Fabio CARETTA
infoconcorsi@cmeaq.esercito.difesa.it




IN BIBLIOTECA IL GIORNO DEL RICORDO PER LE VITTIME DELLE FOIBE

Roseto degli Abruzzi, 08 febbraio 2022 – Giovedì 10 febbraio, alle ore 11, nella sala della Biblioteca all’interno della Villa Comunale di Roseto degli Abruzzi, è in programma la celebrazione del Giorno del Ricordo in memoria di tutte le vittime delle foibe, con diretta Facebook sulla pagina Città di Roseto.

“Comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, è il titolo dell’evento realizzato per celebrare la giornata del ricordo, solennità istituita con la legge n.9 del 30 marzo 2004 per commemorare le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, con l’attore di teatro rosetano Vincenzo Di Bonaventura che interpreterà alla sua maniera alcuni brani tratti dal libro “Magazzino 18”.

La cerimonia si terrà in maniera ridotta con presenze limitate nel rispetto dei protocolli anti Covid19, sarà introdotta dal Sindaco Mario Nugnes e dall’assessore alla Cultura Francesco Luciani, e vedrà la partecipazione da remoto degli studenti degli Istituti superiori “Moretti” e “Saffo”.

 

Note sull’autore.

Vincenzo Di Bonaventura nasce a Roseto degli Abruzzi nel 1950, per poi trasferirsi a Venezia nel 1974 per svolgere l’attività di insegnante, iniziando la sua formazione artistica frequentando seminari del maestro Franco De’Maestri (Teatro della Murata, Mestre). Successivamente nel 1982 inizia la sua formazione artistica alla Scuola di Teatro di Bologna diretta da Galante Garrone secondo i principi di Jacques Lecoq.

Frequenta la Scuola Internazionale di Mimo e Clown di Philippe Gaulier a Londra e partecipa a numerosi Stages di perfezionamento e specializzazione sul movimento, la maschera, la commedia dell’arte sia in Italia che all’estero (Fabio Bonso, Daniel Stein, Jerry Di Giacomo) e anche ad attività laboratoriali con Jerzy Grotowski.

Vincenzo Di Bonaventura ha approfondito soprattutto il teatro di prosa del Novecento: Pirandello, D’Annunzio, Pasolini ecc., oltre i classici della tragedia greca quali Euripide, Sofocle, Eschilo e le tragedie elisabettiane di Shakespeare.

Successivamente molte sono le operazioni di teatro-recital-concerto su Dante Alighieri, Inferno, Purgatorio e Paradiso, con particolare ricerca sulla voce e sugli strumenti percussivi, e spettacoli di “teatro movimento” (Cervantes, Goethe, Iacopone da Todi, Dario Fo…).

Trasferitosi a San Benedetto del Tronto ha collaborato con le scuole cittadine medie e superiori, come insegnante di teatro e storia del teatro.




Bellante. L’Associazione Culturale Nuove Sintesi ricorda le Vittime delle Foibe e l’esodo istriano e giuliano dalmata.

L’Ass.ne culturale Nuove Sintesi organizza la Cerimonia di Commemorazione in Memoria delle “VITTIME DELLE FOIBE E DEGLI ESULI ISTRIANI E GIULIANO-DALMATI”.
La cerimonia di Commemorazione si terrà Domenica 13 febbraio 2022 alle ore 10.30 presso il Monumento ai Caduti in Piazza Mazzini a Bellante paese (TE).
“Migliaia di innocenti massacrati,  molti gettati nelle cavità carsiche del confine orientale a guerra terminata. Migliaia di vittime dell’odio comunista, legate con il filo di ferro, torturate e gettate nell’oblio dai partigiani di Tito. Una pulizia etnica feroce. Migliaia di martiri, uccisi perché italiani, rimossi dalla memoria collettiva, dimenticati dalla storiografia ufficiale, derisi dall’intellighenzia di sinistra, snobbati dalle istituzioni democratiche. Centinaia di migliaia di esuli costretti alla fuga e presi a sputi in faccia dai comunisti italiani, i padri ideologici di coloro che oggi blaterano di “accoglienza”, “tolleranza” e “superamento delle frontiere”.
I martiri delle foibe e gli esuli delle terre irredente dell’Istria, della Venezia-Giulia e della Dalmazia sono un patrimonio sacrale della nostra Nazione e del nostro Popolo: ne rappresentano la carne, il sangue e l’identità. Ricordarli è un un preciso atto di memoria nazionale.”, conclude la nota dell’associazione.




Teramo. IMI: 14 teramani internati nei lager tedeschi insigniti della Medaglia d’Onore con decreto Presidenziale

Tra di loro: i tre fratelli Stacchiotti di Giulianova, il Sindaco emerito di Teramo, Carino Gambacorta e il giornalista italoamericano, Lino Manocchia

TERAMO  – In occasione della Giornata della Memoria, nel Palazzo del Governo, a Teramo, il Prefetto Massimo Zanni ha consegnato le medaglie d’onore conferite con Decreto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai cittadini deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra, quale risarcimento soprattutto morale che la Repubblica Italiana riconosce per il sacrificio patito dai propri cittadini. Questi i destinatari delle medaglie, consegnate ai familiari:

Cesare Cervellini, nato a Giulianova nel 1916, artigliere, catturato dai tedeschi il 9 settembre 1943 e liberato il 9 settembre 1945. Walter Costantini, nato a Giulianova nel 1920, Sottotenente dell’Aeronautica, catturato dopo l’8 settembre 1943 e liberato dagli alleati nell’aprile 1945; era in un lager con il futuro Sindaco di Teramo Carino Gambacorta. Aldo De Berardinis, nato a Roseto degli Abruzzi nel 1922, artiglieria, catturato in Grecia dopo l’8 settembre 1943 e liberato nel luglio 1945. Carino Gambacorta, Sottotenente di Fanteria, nato a Teramo nel 1912. Catturato dopo l’8 settembre e liberato nell’estate 1945 dopo due anni di prigionia in Polonia e in Germania. Futuro Sindaco di Teramo, futuro presidente della Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo e futuro presidente del Mediocredito Regionale Abruzzese. Dal 1973 alla morte, avvenuta nel 1993, fu Vicepresidente nazionale dell’ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra). Due volte Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1966 e 1972), Medaglia d’Argento per l’Opera svolta a favore della Scuola (1955) e Medaglia di Bronzo dei Benemeriti della Cultura e dell’Arte (1958). Pasquale Manocchia (detto Lino), aviere, nativo di Giulianova nel 1921, catturato dopo l’8 settembre a Mostar nell’ex Jugoslavia e liberato il 30 agosto 1945. Noto giornalista italo americano a New York, intervistò molti Presidenti americani e star di Hollywood; recentemente è uscito il libro postumo che racconta il suo internamento dal titolo “Frammenti di un Prigioniero” della Artemia Nova Editrice a cura del prof. Elso Simone Serpentini e Walter De Berardinis. Flaviano Stacchiotti, artigliere, nativo di Giulianova nel 1916, catturato dopo l’8 settembre e liberato il 18 marzo 1946. (in totale furono quattro i fratelli Stacchiotti catturati nei Balcani e deportati in Germania – caso raro nel panorama italiano – solo Cesare Stacchiotti ritirò la medaglia molti anni fa). Luigi Stacchiotti, artigliere, nativo di Giulianova nel 1914, catturato dopo l’8 settembre – disperso (forse fronte russo) il 15 maggio 1944; il corpo non è mai stato ritrovato. Pasquale Stacchiotti, fante, nato a Giulianova nel 1922, catturato dai tedeschi in Egeo, verrà liberato nel novembre 1944. Ernesto Zenobi, Carabiniere, nato a Canosa di Puglia nel 1908 da genitori di Giulianova, catturato in Albania dopo l’8 settembre, muore a Gorlitz il 15 novembre 1943; oggi è sepolto nel Cimitero Militare Italiano di Varsavia. Mariano Antonetti, nato a Monterotondo (Roma) nel 1922 da genitori di Fano Adriano, catturato sul fronte greco dopo l’8 settembre 1943, verrà liberato nel luglio 1945. Angelo Pelizzi, artigliere, nato a Fano Adriano nel 1924, catturato a Reggio Emilia dopo l’8 settembre 1943 e liberato il 17 aprile 1945. Matteo Pelizzi, Fante, nato a Fano Adriano nel 1920, catturato in Croazia dopo l’8 settembre 1943 e liberato il 5 luglio 1945. Nello Riccioni, fante, nato a Fano Adriano nel 1921, catturato in Grecia e liberato il 20 luglio 1945. Valentino Antonetti, artigliere, nato a Fano Adriano nel 1917, catturato in Grecia e liberato il 31 agosto 1945.

L’iniziativa è stata il frutto di un attento percorso di ricerca portato avanti negli anni dal giornalista e ricercatore storico sugli IMI – Internati Militari Italiani, Walter De Berardinis (tra l’altro delegato dalle famiglie Manocchia e Zenobi a rappresentarle in Prefettura a Teramo), il quale, documenti alla mano, ha saputo ricostruire con attenzione certosina le vicende dei cittadini cui è stata conferita l’alta onorificenza, dando ai familiari delle ulteriori notizie e informazioni relative ai propri cari, con ciò aprendo un dialogo di memoria tra i discendenti di chi, con il proprio sacrificio, ha dato un enorme contributo umano e ideale all’Italia. Dopo la cerimonia in Prefettura, i familiari dei quattordici cittadini cui sono state conferite le medaglie si sono trasferiti presso la sede dell’Archivio di Stato di Teramo. Qui, il ricercatore storico De Berardinis e il direttore dell’Archivio di Stato, Ottavio di Stanislao, hanno tenuto una relazione sulle vicende dei quattordici commemorati, facendo inoltre omaggio ai famigliari degli stessi delle copie di documenti (fogli matricolari ecc) relativi al loro arruolamento e alle loro vicende. “Giornata memorabile per la storia degli IMI teramani – spiega De Berardinis – erano anni che non venivano insigniti così tanti ex internati alla memoria.




ABRUZZO. NELLA RESISTENZA AL NAZIFASCISMO LE AZIONI DI LOTTA FURONO PLURIME. Il caso degli Internati Militari Italiani (IMI) nei campi di prigionia in Germania

30 gennaio 2022

 

 

di Goffredo Palmerini

 

Monumento ai caduti Seconda Guerra Mondiale (cimitero di Giulianova) – Foto Archivio

L’AQUILA –Quando si parla di Resistenza al nazifascismo il primo riferimento corresubito alla lotta armata condotta dai gruppi delle varie brigate partigiane,coordinate dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Oppure a quei reparti dell’Esercito italiano che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 – pur in mancanza di ordini dal Comando generale, in fuga con il Re verso Brindisi–scelsero di combattere invece di cedere le armi ai tedeschi, come accadde a Cefalonia e nei Balcani, a Roma e in Corsica. O come avvenne nel caso singolare della Brigata Maiella, nata a Casoli in Abruzzonel dicembre del 1943 per iniziativa dell’avvocato Ettore Troilo,già collaboratore di Giacomo Matteotti, e del sottotenente dell’Aeronautica Domenico Troilo.

 

Appena dopo l’8 settembre si erano costituite in Abruzzo bande partigiane e già il 25 settembre a Bosco Martesec’era statala prima operazione di guerra contro i tedeschi.La Banda Patrioti della Maiella, costituita dai Troilo il 5 dicembre ’43in coordinamento con l’esercito inglese tramite il maggiore Lionel Wigram, nel febbraio ’44 diventòBrigata Maiella, unvero e proprio reparto militare di combattenti inquadrato nell’VIII Armata britannica, vestendo divisa inglese e con la bandiera italiana, ma senza stemma sabaudo. Operò lungo la linea Gustav, nelle cruente battaglie del Sangroe diOrtona, insieme ai contingenti militari Alleati che,con gli sbarchi in Sicilia e Salerno,dall’estate del ’43 avevano iniziato dal sud la liberazione dell’Italia dall’occupazione tedesca. Dal dicembre ’43 e fino all’aprile del 1945 la Brigata Maiellaoperò eroicamente in Abruzzo, Marche, Romagna e Veneto, fino ad Asiago. Fu l’unico reparto italiano della Resistenza ad essere decorato di Medaglia d’oro al valor militare.

 

Accanto alle formazioni partigiane,impegnate nella lotta armata contro i nazisti e i fascisti della Repubblica Sociale, fu peraltro rilevante il contributo di chi, a costo della vita,collaborò in vario modo con i partigiani, dando loro sostegno, assistenza logistica e informativa, oppure operando come “patrioti” una resistenza bianca umanitaria, in soccorso e copertura ad ebrei, o a militari italiani che dopo l’armistizio tentavano di raggiungere gli Alleati oltre il fronte tedesco, come capitò al sottotenente Carlo Azeglio Ciampi e a molti ex prigionieri alleati fuggiti dai campi di prigionia, tutti aiutati a raggiungere Casoli da Sulmona, attraverso i monti d’Abruzzo lungo il “Sentiero della libertà”. Una resistenza umanitaria che ha scritto, al pari della lotta armata, altre pagine eroiche della nostra Resistenza.

FOTO ARCHIVIO . Copertina Libro Lucio Cancellieri Momenti di Guerra

C’è infine un’altra Resistenza, nota agli storici e agli studiosi, ma che sfugge alla conoscenza dei più nelle sue dimensioni e nelle sue tragiche particolarità, perché combattuta fuori dall’Italia nei lager nazistidai militari italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’8 settembre. E’ la storia di oltre 600mila “internati militari italiani” (IMI) nei famigerati Stalag della Germania nazista, i nostri soldati, sottufficiali e ufficialiche operarono “resistenza”opponendo il loro rifiuto alla collaborazione con i nazisti, al costo di indicibili privazioni, sofferenze e in diverse migliaia di casi andando incontro alla morte per fame, stenti e malattie.Oltre cento questi campi di prigionia (stammlager), la gran parte situati in Germaniae Polonia, ma anche in Austria, Russia, Ucraina, Bielorussia, Rep. Ceca, Franciae Slovenia. I nazisti usarono ogni mezzo di persuasione verso i prigionieri italiani perché scegliessero l’esercito tedesco o i repubblichini di Salò per continuare la guerra, offrendo ogni vantaggio rispetto alla durezza della detenzione nei lager. Scarso un 20% di essi aderì alle profferte: gli altri vennero considerati in un primo momento prigionieri di guerra, poi il loro status fu cambiato in “internati militari”che non riconosceva loro le garanzie della Convenzione di Ginevra. Infine, dall’autunno ‘44 alla fine della guerra, furono lavoratori civili per essere utilizzati come manodopera coatta senza le tutele della Croce Rossa loro spettanti. Gli internati furono di conseguenza impiegati nei campi e nelle fattorie, come pure nelle industrie belliche dove moltissimi persero la vita per ledisumane condizioni di lavoro.

 

Di questi “resistenti” l’Italia democratica e repubblicana, nata dalla Resistenza e sancita nella nostra Costituzione, non ha mostrato un grande interesse, sia dal punto di vista storico e culturale, sia sul piano politico e morale. E se è vero per un verso che la Repubblica nata dalla lotta di Liberazione ha dato giustamente il doveroso riconoscimento ai Partigiani combattenti in armi, dall’altro non è stata altrettanto magnanima con gli altri “patrioti” della Resistenza, in modo particolare verso gli internati militari italianideportati in Germaniache per quasi due anni – con dignità e senso del dovere – diedero prova di amor patrio subendone le durissime conseguenze e, moltissimi, finanche la morte. Fatto sta che tale ingente fenomeno resistenziale al nazifascismo, realizzatosi nei campi di prigionia della Germania nazistae che interessò oltre 600mila internati militari italiani, è rimasto marginale, poco indagato e chiaramente trascurato, sia dal punto di vista storiografico che istituzionale, per oltre mezzo secolo.La questione è rimasta viva solo attraverso le testimonianze dei reduci dai campi di prigionia e le iniziative delle associazioni degli ex-Internati Militari Italiani

brigata-maiella sfila a bologna il 21 aprile 1945 pochi giorni prima della fine della guerra 

Infatti, solo nel 2009 Italia e Germania hanno finalmente provveduto ad una significativa ricognizione storica degli anni di guerra tra italiani e tedeschi, tra il 1943 e il 1945, nei vari fronti di guerra, durante l’occupazione tedesca in Italia, con gli atti di violenza e le stragi perpetrate dalle truppe germaniche, infine una puntuale ricerca sugli internati militari italiani (IMI). La ricerca è stata realizzata attraverso la costituzione di una specifica Commissione storica italo-tedesca, insediata il 28 marzo 2009dai Ministeri degli Esteri dell’Italia e della Repubblica Federale di Germania. Presieduta da Mariano Gabrieleper l’Italia e da Wolfgang Schiederper la Germania, la Commissione ha lavorato tre anni, consegnando nel luglio del 2012 un importante Rapportoall’attenzione della storia.Nella pagina di presentazione del documento i due Presidenti della Commissione, M. Gabriele e W.Schieder, concludendo le loro considerazioni,hanno così dichiarato: “[…] Al termine del rapporto la Commissione formula una serie di suggerimenti, la cui realizzazione esula dalle sue competenze. Perciò essa si appella esplicitamente ai responsabili politici d’Italia e Germania affinché essi prendano in seria considerazione queste proposte e si adoperino per realizzarle nel più breve tempo possibile. Ciò vale soprattutto per la costruzione, a Berlino, di un memoriale per gli oltre 600.000 internati militari italiani deportati in Germania dopo l’8 settembre 1943, il cui triste destino collettivo è stato fino ad oggi ampiamente dimenticato.

 

Ora, le numerose fonti rinvenute dalla Commissione possono davvero aprire nuove e interessanti prospettive di ricerca sul fenomeno degli “internati militari italiani”.Si legge tra l’altro nel citato Rapporto,in apertura del capitolo dedicato agli IMI: “Sebbene gli internati militari italiani siano stati particolarmente colpiti dal regime nazionalsocialista e dal complesso passato di guerra italo-tedesco, dopo il 1945 il loro destino è stato completamente dimenticato. In Italia essi sono stati per lungo tempo messi in secondo piano dalla memoria della Resistenza. Nella Repubblica Federale Tedesca la leggenda della ‘Wehrmacht pulita’ portò a negare i crimini di cui essa si rese colpevole nei confronti della popolazione civile italiana e della minoranza ebraica, così come dei prigionieri dei campi di concentramento e degli internati militari italiani. […]”.

 

Solo gradualmente agli internati militari riuscì l’accesso alla memoria collettiva, quando l’aspetto della “Resistenza senz’armi” opposta dai prigionieri italiani deportati nei campi di detenzione nazisti iniziò a costituire uno degli elementi della narrazione allora dominante sulla Resistenzaal nazifascismo tra il 1943 e il 1945. Fu soltanto a partire dagli anni ‘80 che in Italia e in Germania la storiografia cominciò ad occuparsi di questo problema. Nonostante il ritardo con cui la ricerca è cominciata, molti aspetti centrali di questa tematica – il disarmo e l’arresto degli internati militari italiani, i tentativi di reclutamento nelle formazioni tedesche così come nell’esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana, le loro condizioni di vita e di lavoro durante la prigionia tedesca – possono considerarsi solo oggi adeguatamente indagati e studiati. L’approccio storico sulle varie esperienze resistenziali schiude finalmente una nuova prospettiva di ricerca anche sull’ampio spettro delle condizioni di vita degli internati militari italiani, indica nuovi modelli di spiegazione oltre le narrazioni irrigidite in Italia e in Germania e contribuisce all’indagine di aspetti fino a questo momento trascurati.

Lapide Caduti della 1 e 2 guerra a Mosciano – foto archivio

Dopo l’8 settembre 1943 – si riferisce inoltre nel Rapporto – deposero le armi circa 1.007.000 di militari delle forze armate italiane. Il numero di soldati italiani chefurono prigionieri dei tedeschi si aggira intorno ai 725.000, secondo lo Stato Maggiore dell’esercito tedesco, e intorno agli 810.000 secondo le più affidabili stime dello storico Gerhard Schreiber. Chi non riuscì a fuggire dovette decidere se restare fedele al giuramento fatto al Re o se continuare a combattere a fianco della RSIe della Germania. Coloro che si rifiutarono – si parla di circa 600/650.000 militari italiani – furono deportati dalla Wehrmacht nei campi di prigionia del Terzo Reich. Poiché nei campi proseguiva il reclutamento di volontari per la Wehrmacht e le SS, così come per il nuovo esercito della RSI, furono 197mila, secondo Claudio Sommaruga, gli ufficiali e i soldati chedecisero di continuare la guerra al fianco di Hitler e Mussolini. Il 1° febbraio 1944,tra coloro che operarono resistenza e rifiutarono l’adesione alla RSI e alla collaborazione con la Germania nazista, secondo le stime dellaWehrmacht,si contavano 24.400 ufficiali, 23.002 sottufficiali e 546.600 soldati. A questi erano poi da aggiungere circa 8.500 internati militari impiegati come forza lavoro sul fronte orientale.

 

Incerto è il numero dei soldati, dei sottufficiali e degli ufficiali italiani che persero la vita dopo l’8 settembre 1943, sia durante il disarmo, sia durante la prigionia tedesca. Il numero dei morti ammonta a circa 50.000, quello dei dispersi a più di 10.000. In conseguenza del brutale modo di procedere della Wehrmacht, durante le operazioni di disarmo morirono circa 26.000 soldati italiani, per lo più nell’ex Jugoslavia e in Grecia: 6.500 persero la vita in battaglia, 6.000/6.500 furono uccisi perché cercarono di opporre resistenza e più di 13.000 annegarono su navi colate a picco perché bombardate o a causa del sovraffollamento. Circa 5.200 furono i dispersi. Quasi25.000 internati militari persero la vita nei campi di prigionia a causa delle privazioni, della malnutrizione e delle dure condizioni di lavoro. Il maggior numero di vittime si ebbero nelle grandi industrie tedesche addette alla produzione di armamenti. Sconosciuto infine è il destino di altri 5.000 internati militari, le cui tracce si sono perse nei vari lager.

 

I campi di prigionia, chiamati StammlageroStalag, erano destinati ad accogliere sottufficiali e soldati, mentre gli Offizierslager erano per gli ufficiali. Nei territori del Reich vi erano oltre 60 grandi Stammlager e 15 Offizierslager, altri se ne trovavano anzitutto in Poloniacome negli altri territori occupati dai tedeschi. I soldati e i sottufficiali trascorrevano solo poche ore al giorno nei lager e anche il loro tempo libero era così rigidamente regolamentato che non riuscivano quasi mai a sfruttarlo per riposarsi. Gli ufficiali invece, dal momento che fino all’inizio del 1945 non furono assegnati al lavoro, dovevano soffrire più della truppa e dei sottufficiali la monotonia e lo snervante isolamento. Oltre ai prigionieri di guerra e agli internati militari, i comandanti dei lager impartivano ordini anche alle guardie e ai loro ausiliari. Il 20 settembre ‘43, poco prima della proclamazione del nuovo regime fascista della RSI, un’ordinanza del Führer decretò che i soldati italiani fatti prigionieri vedessero mutare la loro condizione in “internati militari”. La definizione di questo status era per Hitler particolarmente importante.

Treno di Guerra in Germania foto archivio Walter De Berardinis

L’obiettivo rimaneva infatti lo sfruttamento economico del paese occupato ed il reclutamento sia come forza lavoro che come soldati volontari italiani. Per gli internati militari italiani questa scelta ebbe in ogni caso conseguenze molto pesanti: essi non avevano più diritto né alla consegna di alimenti e medicine, né alle visite di controllo delle delegazioni della Croce Rossa internazionale, come invece era previsto per i prigionieri di guerra. Ben presto divenne chiaro che questa decisione comportava tuttavia molti problemi, in relazione all’impiego dei militari italiani come forza lavoro. A causa delle cattive condizioni alimentari, del trattamento umiliante, dei compiti spesso assegnati senza tener conto delle competenze dei lavoratori, delle istruzioni insufficienti, la produttività degli internati militari si rivelò assai inferiore alle aspettative. Inoltre la detenzione dietro il filo spinato, le pessime condizioni di lavoro nell’industria pesante o nelle miniere, faceva spaventosamentecrescere il numero degli ammalati.

 

Negli ultimi mesi di guerra le condizioni di vita degli internati italiani utilizzati come lavoratori peggiorarono in modo drammatico, soprattutto nelle zone urbanizzate. In certi luoghi il sistema di rifornimento andò in tilt completamente. Soprattutto dopo i bombardamenti i prigionieri si aggiravano impotenti nelle città distrutte, cercando di mantenersi in vita chiedendo l’elemosina, commerciando al mercato nero o rubando. Nelle zone in prossimità del fronte gli internati impiegati per la costruzione di fossati anticarro sentivano spesso di essere in pericolo di vita. A volte erano costretti a scavare fossati anche di notte, in tutta fretta, sotto la continua pressione delle guardie, soffrendo per le pessime condizioni igieniche e alimentari, per le marce estenuanti ed il vestiario inadatto. A causa dei bombardamenti e della celerità con la quale questi lavori dovevano essere eseguiti, cresceva la predisposizione alla violenza del personale di guardia. A questo s’aggiunse la durezza dell’inverno 1944-45. Il numero di morti e malati era alto. Non pochi furono uccisi perché scoperti a rubare qualcosa da mangiare. La Gestapo fu autorizzata a giustiziare sommariamente i lavoratori sorpresi a rubare o che tentavano la fuga o atti di sabotaggio. Anche la popolazione civile tedesca prese parte a questi eccessi di violenza, dei quali caddero vittime, poco prima della fine della guerra, migliaia di stranieri, tra cui centinaia di internati militari.

 

Con la sconfitta dei tedeschi da parte delle truppe alleate e la liberazione dei campi di prigionia, il ritorno a casa degli internati militari viene ricordato da ciascun reduce con grande commozione. Ancor oggi la maggior parte degli ex internati ricorda la data esatta del proprio ritorno. Tuttavia molti di loro incontrarono difficoltà non indifferenti nel reinserimento nella società italiana. Il panorama politico e sociale era completamente cambiato. Già sulla strada verso casa i più furono invasi da un senso di spaesamento. Le difficoltà maggiori le ebbero i reduci di orientamento politico conservatore o monarchico. Una volta tornati in patria si resero conto che i valori che li avevano aiutati durante la prigionia, come ad esempio la fedeltà al re, avevano perso qualsiasi significato. Mentre i partigiani che avevano combattuto la Resistenzagodevano nella società italiana del dopoguerra di una considerazione pari a quella riservata due decenni prima ai soldati della prima guerra mondiale e venivano celebrati come la forza che aveva vinto sul nazifascismo, i prigionieri che rientravano dalla Germania incarnavano invece la disfatta dell’8 settembre, non ancora del tutto superata.

 

L’agognato ritorno in patria fu talvolta percepito dagli internati militaricome l’arrivo in un paese straniero. Le privazioni sofferte durante la detenzione sembrarono agli ex IMI ancor più insensate alla luce del degradamento sociale che erano costretti a sperimentare. La colleraverso i connazionali,per l’atteggiamento che quest’ultimi avevano nei loro confronti, era frequente. Ma tali atteggiamenti erano causati solo dalla diffusa ignoranza sulle terribili condizioni patite dagli ex internati. Una scarsissima conoscenza delle vicende sofferte degli ex IMI che è giunta fin quasi ai nostri giorni. Ciò che i reduci trovavano particolarmente offensivo erano lo scetticismo e il sospetto di collaborazionismo, una situazione durata qualche decennio a stemperarsi, proprio in assenza di quella conoscenza storica su questa particolare resistenza al nazifascismo che deve finalmente avere pari dignità nella Storia della Resistenza, avendo essa stessa contribuito all’edificazione dell’Italia repubblicana, libera e democratica.

 

Finalmente, il 19 novembre 1997, con il conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’Internato Ignoto,l’Italia rese agli ex IMI il doveroso riconoscimento, con una motivazione che fa giustizia del mezzo secolo di trascuratezza nella memoria:«Militare fatto prigioniero o civile perseguitato per ragioni politiche o razziali, internato in campi di concentramento in condizioni di vita inumane, sottoposto a torture di ogni sorta, a lusinghe per convincerlo a collaborare con il nemico, non cedette mai, non ebbe incertezze, non scese a compromesso alcuno; per rimanere fedele all’onore di militare e di uomo, scelse eroicamente la terribile lenta agonia di fame, di stenti, di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali. Mai vinto e sempre coraggiosamente determinato, non venne meno ai suoi doveri nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di nazione libera. A memoria di tutti gli internati il cui nome si è dissolto, ma il cui valore ancora oggi è esempio di redenzione per l’Italia».

 

Rapporto della Commissione storica italo-tedesca (Luglio 2012)

https://italien.diplo.de/blob/1600290/91b68fe8ac6b370ee612debfee141419/rapporto-hiko-data.pdf

 

 




Teramo. 27 gennaio 2022 – Giorno della Memoria Consegna delle Medaglie d’Onore ai cittadini italiani deportati e ed internati nei lager nazisti.

 

Nella mattinata di oggi, nel contesto delle celebrazioni della ricorrenza del Giorno
della Memoria si è svolta, in via Palatucci, la cerimonia commemorativa nell’ambito della
quale il Prefetto Massimo Zanni ha deposto una corona d’alloro in onore di
Giovanni Palatucci, ultimo Questore italiano di Fiume, morto nel campo di sterminio di
Dachau, proclamato “Giusto tra le Nazioni” per aver salvato oltre 5000 ebrei dalla
deportazione.
A seguire, presso il Palazzo del Governo, si è svolta la cerimonia di consegna di
quattordici Medaglie d’Onore, concesse con decreto del Presidente della Repubblica ai
cittadini deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia
di guerra, quale risarcimento soprattutto morale che la Repubblica Italiana riconosce per il
sacrificio patito dai propri cittadini.
Il Prefetto Zanni, dopo aver ricordato l’importanza ed il valore da attribuire alla
memoria collettiva di uno dei momenti più bui della storia dell’umanità, con partecipe e
sincera commozione ha consegnato la Medaglia d’Onore “in memoria” ai famigliari dei
militari Antonietti Mariano, Antonietti Valentino, Cervellini Cesare, Costantini Walter, De
Berardinis Aldo, Gambacorta Carino, Manocchia Pasquale, Pelizzi Angelo, Pelizzi Matteo,
Riccioni Nello, Stacchiotti Flaviano, Stacchiotti Luigi, Stacchiotti Pasquale, Zenobi
Ernesto.
Alla Cerimonia sono intervenuti, presso il Salone di Rappresentanza del Palazzo di
Governo, il Sindaco di Teramo, il Presidente della Provincia, il Vescovo ed i vertici
provinciali delle Forze dell’Ordine e dei Vigili del Fuoco.