Giulianova. Presentata l’ Antologia del XII Concorso Nazionale “Città di Cologna Spiaggia”.

Il prossimo anno, promossa dall’ Amministrazione comunale di Giulianova, anche una sezione dedicata al Romanzo storico. E’ stata presentata domenica scorsa, nel loggiato “Riccardo Cerulli” sotto piazza Belvedere, l’ Antologia del XII Concorso Nazionale “Città di Cologna Spiaggia”. Presenti il Vice Sindaco Lidia Albani, il direttore della Biblioteca “Bindi” e dei musei civici Sirio Maria Pomante, la Presidente dell’  Associazione organizzatrice “Il Faro” , Irene Gallieni, gli autori dei testi antologici sono intervenuti, moderati da Sara Palladini. Ha allietato il pomeriggio la musica eseguita da Aldo Laurenzi e Nancy Fazzini. Al termine dell’incontro, i presenti sono stati guidati da Sirio Maria Pomante in una piacevolissima visita della Casa Museo Bindi. Il Vice Sindaco Lidia Albani, salutando i presenti, ha anticipato che, a partire dalla prossima edizione, l’ Amministrazione comunale sosterrà una ulteriore sezione del concorso dedicata al Romanzo storico. Sarà dunque premiato, tra gli altri,  un testo con riferimenti alla storia dell’ arte e della letteratura. Si tratta di un riconoscimento importante attribuito al Premio, che asseconda la vocazione culturale di Giulianova, città ideale del Rinascimento.




Giulianova. Presentazione dell’ Antologia del Concorso Letterario Nazionale “Città di Cologna Spiaggia”, domenica prossima, 27 febbraio, presso il loggiato “Riccardo Cerulli”.

Domenica prossima, 27 febbraio, con inizio alle 17, l’ Associazione culturale “Il Faro” presenterà, presso il loggiato “Riccardo Cerulli” di piazza Belvedere, l’Antologia del Concorso Letterario Nazionale “Città di Cologna Spiaggia”, giunto alla sua dodicesima edizione. L’iniziativa, patrocinata dalla Città di Giulianova e dalla Città di Roseto degli Abruzzi, si svolge in collaborazione con il Polo Museale Civico e la Biblioteca Civica “Vincenzo Bindi”. Porteranno il loro saluto il Vice Sindaco di Giulianova Lidia Albani e l’assessore alla Cultura di Roseto degli Abruzzi Francesco Luciani. Il Direttore dei Musei Civici di Giulianova Sirio Maria Pomante illustrerà il grande dipinto di Gonsalvo Carelli (Napoli 1818 – 1900) dal titolo “Grotta della Sibilla”, esposto nella Pinacoteca casa museo “Vincenzo Bindi” e scelto dall’associazione come immagine di copertina del volume antologico, omaggio al museo che ha riaperto da qualche mese le sue porte al pubblico. La Presidente dell’Associazione culturale “Il Faro” Irene Gallieni presenterà quindi la raccolta che racchiude tutti i componimenti delle otto sezioni (tra le principali: Poesia, Narrativa, Racconto breve, Romanzo storico e Fiabe). Il pomeriggio sarà allietato dalla voce di Nancy Fazzini, dalla musica di Aldo Laurenzi e da interventi di autori presenti in sala. Conduce la serata Sara Palladini. Al termine sarà possibile visitare la Pinacoteca Civica “Vincenzo Bindi”, accompagnati per l’occasione dal Direttore. Per la visita è gradita la prenotazione al numero 0858021290. Per la partecipazione all’evento, infine, si richiedono Green Pass rafforzato e mascherina ffp2.




GIULIANOVA. PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU ERCOLE VINCENZO ORSINI

Venerdì 4 marzo a Giulianova (Sala Buozzi, Piazza Buozzi, ore 18) si terrà la presentazione dell’importante volume storico di Maddalena Della Loggia e Angelo Staniscia su “ERCOLE VINCENZO ORSINI, ROMOLO DI GIOVANNANTONIO E SMERALDO PRESUTTI. COMUNISTI ABRUZZESI DINANZI AL FASCISMO” recentemente pubblicato dalla casa editrice teramana Ricerche&Redazioni.
L’incontro, organizzato dall’Associazione Culturale “Il Veliero. Riccardo Cerulli”, con il patrocinio della Città di Giulianova e dell’A.N.P.I. Comitato provinciale, sarà introdotto e moderato dal prof. Leo Marchetti. Interverrà per l’A.N.P.I. il sen. Antonio Franchi. Dialogherà con gli autori lo storico Luigi Ponziani, direttore della collana “Storia” per Ricerche&Redazioni.

>>> Obbligo di Green Pass Rafforzato e Mascherina FFP2

IL LIBRO
Quinto titolo della collana “Storia” diretta da Luigi Ponziani per Ricerche&Redazioni, il volume degli storici Maddalena Della Loggia e Angelo Staniscia contiene lo studio, mai realizzato prima, sulla figura di Ercole Vincenzo Orsini, punto di riferimento nel Ventennio dell’antifascismo in provincia di Teramo.
Oltre a quello di Orsini, che risulta il più ponderoso, vengono tracciati altri due profili di comunisti antifascisti teramani: Smeraldo Presutti e Romolo Di Giovannantonio; nella trattazione trovano posto decine di altre figure dell’antifascismo teramano e abruzzese.
I comunisti teramani e abruzzesi di cui si parla nel libro – sostiene Ponziani nella sua prefazione – erano «per lo più giovani che avevano aderito alle istanze di emancipazione sociale e politica che erano andate affermandosi all’indomani della Grande Guerra, quando l’esempio della Rivoluzione Bolscevica sembrò potersi espandere e vincere anche in Europa e in Italia…
Le tre figure di militanti prese in considerazione sono delineate e studiate nel loro concreto operare, dalla nascita del Partito Comunista fino al tragico epilogo, per due di essi, nelle carceri fasciste e nella Resistenza. Ma, accanto, gli Autori ricompongono un tessuto politico e sociale e una rete di relazioni umane che si allarga a decine e decine di militanti che vanno a comporre un mosaico che arricchisce e amplia le nostre conoscenze sul quel periodo.
La difficile militanza dinanzi alla violenza fascista delle origini, la repressione istituzionalizzata durante il regime, gli arresti, le ammonizioni, il confino, l’ostracismo sociale e civile che spesso li accompagna durante tutta la loro esistenza costituiscono un titolo di merito per chi si oppose a un regime coercitivo e illiberale che nulla lasciava di intentato al fine di reprimere e annullare qualsiasi barlume di opposizione.
La ricerca ha il merito di dipanarsi senza indulgere, pur nella evidente partecipazione civile agli avvenimenti narrati, a una facile aneddotica attraverso una serrata disamina delle fonti documentarie e bibliografiche che ne costituiscono la base e la sostanziale novità. Dopo alcune e rapsodiche ricerche pionieristiche degli anni Settanta e Ottanta del Novecento, infatti, scarsi sono stati gli approfondimenti che hanno arricchito la relativa bibliografia. Cosicché l’aver oggi riproposto (ma sarebbe bene dire proposto per la prima volta) uno studio d’assieme sui comunisti teramani e abruzzesi durante il fascismo rappresenta un titolo di merito che va a colmare una evidente lacuna storica. Le fonti analizzate sono numerose e diversificate: accanto ai riferimenti bibliografici essenziali, sicuramente la stampa periodica del periodo, ma soprattutto la documentazione d’archivio.
Per la prima volta in maniera sistematica la ricerca si è svolta attraverso la consultazione di fondi conservati nell’Archivio Centrale dello Stato, nell’Archivio di Stato di Teramo, nell’Archivio storico del Partito Comunista conservato presso la Fondazione Gramsci a Roma; mentre non è stata trascurata, pur se con le opportune cautele, anche quella limitata memorialistica e “vulgata” orale che spesso ha accompagnato questo tipo di studi. Il risultato che ne è sortito è importante e costituisce un punto di svolta nelle ricerche di genere sottratte alle approssimazioni del passato per essere consegnate a una conoscenza critica di sicura affidabilità.»

GLI AUTORI
Maddalena Della Loggia è nata nel 1946 a Notaresco. Ha insegnato materie letterarie nella scuola media. Nei primi anni Settanta è attiva nel movimento femminista, aderisce al Pci e, poi, al Pds-Ds. Ha partecipato alla vita del partito con l’organizzazione e la cura di manifestazioni culturali, politiche e ricreative, prestando particolare attenzione al tema delle questioni di genere. Da anni si occupa di tematiche relative alla storia dell’antifascismo abruzzese ed è iscritta alla sezione Anpi “Pietro Benedetti” di Atessa, comune dove vive. Appassionata di tematiche ambientali, è impegnata in iniziative a difesa del territorio e per lo sviluppo sostenibile.
Angelo Staniscia è nato nel 1939 in Atessa, dove vive. Ha insegnato storia e filosofia nei licei, materie letterarie nella scuola media. Nella seconda metà degli anni Sessanta milita nei movimenti extraparlamentari di sinistra, nel 1970 aderisce al Pci; è stato dirigente di quel partito e ne ha seguito l’evoluzione in Pds e Ds. Iscritto al Pd. Eletto più volte sindaco del Comune di Atessa, nella IV legislatura è stato consigliere della Regione Abruzzo. Deputato nella XI legislatura e senatore nella XII e nella XIII, è attualmente dirigente dell’Anpi provinciale di Chieti e componente del Comitato scientifico della Fondazione Abruzzo Riforme.




Sant’Onofrio (Campli). Wine Bar Karibu organizza un salotto culturale con la presentazione del libro e annesse carte da gioco: IL MAIALE, SIMBOLOGIA E STORIA di Nicolino Farina

Wine Bar Karibu organizza un salotto
culturale con la presentazione del
libro e annesse carte da gioco:
IL MAIALE, SIMBOLOGIA E STORIA
di Nicolino Farina
IL MAIALE Carte da Gioco
disegni di Nicolino Farina
SANT’ONOFRIO (Campli – TE)
venerdì 25 febbraio 2022 – ore 20,30
WINE BAR KARIBU – Via Mirabilii
Il Wine Bar Karibu, organizza a Sant’Onofrio di Campli, nella propria sede in via Mirabilii, un salotto
culturale per venerdì 25 febbraio 2022 alle ore 20,30, con la presentazione del libro “Il maiale, simbologia
e storia” e l’allegato mazzo di carte da gioco “Il maiale” entrambi di Nicolino Farina, pubblicati da Artemia
Nova Editrice.
Libro e carte da gioco sono patrocinati da “7bello Cartagiocofilia Italiana APS”, l’Associazione di Brescia che
annovera i maggiori collezionisti ed esperti di carte da gioco in Italia.
«La storia della presenza del maiale nella cultura e nella letteratura occidentale, ci fornisce un elemento
importante per una riflessione: l’uomo da sempre, si è posto in atteggiamento interlocutorio con il maiale,
perché esso reca in sé una concentrazione simbolica estremamente complessa, che ne sottolinea, di volta in
volta, gli aspetti positivi o quelli negativi. Questa complessa e sfaccettata valenza allegorica rende spesso il
maiale un valido alter ego simbolico dell’uomo».
La particolare pubblicazione, dedicata alla simbologia del maiale attraverso un excursus storico letterario, è
anche ricca di illustrazioni che testimoniano come nell’arco della storia l’immagine del maiale abbia
accompagnato significativamente e spesso satiricamente la vita dell’uomo.
Il mazzo di carte da gioco “Il maiale” dedicato interamente al nobile animale è il solo su questo tema mai
realizzato con il porco unico protagonista presente su tutte le tessere come metafore di vizi e virtù
dell’uomo.
Dialogherà con l’autore il promoter culturale Maurizio Damario
A fine serata la Direttrice del Wine Bar Karibu proporrà un assaggio di sapori dolci e salati a sua cura .
Saranno assicurate le misure di sicurezza anticovid.
È consigliabile la prenotazione 0861.5601207
Wine Bar Karib




INTERNATI MILITARI ITALIANI IN GERMANIA. Ricordi di prigionia di Vinicio Palmerini, internato nello Stalag IV B di Zeithain, dal febbraio 1944 all’aprile ‘45

 

diGoffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – Internati Militari Italiani (IMI) furono classificati dalla Germania di Hitler i soldati italiani fatti prigionieri, catturati e rastrellati (sul territorio italiano, in Slovenia, Croazia, Albania, Grecia, Isole Egee e Ionie, Provenza e Corsica)dopo l’8 settembre 1943 e deportati nei campi di prigionia del Terzo Reich. E’ la storia di oltre 600mila militari italiani negliStalag della Germania nazista: i nostri soldati, sottufficiali e ufficiali che operarono “resistenza” opponendo il rifiuto alla collaborazione con i nazisti, al costo di indicibili privazioni e sofferenze. In diverse migliaia di casi – oltre 25 mila – andarono incontro alla morte per fame, stenti e malattie. Oltre cento questi campi di prigionia (stammlager), la gran parte situati in Germania e Polonia, ma anche in Austria, Russia, Ucraina, Bielorussia, Rep. Ceca, Francia e Slovenia. I nazisti usarono ogni mezzo di persuasione verso i prigionieri italiani perché scegliessero l’esercito tedesco o i repubblichini di Salò per continuare la guerra, offrendo ogni vantaggio rispetto alla durezza della detenzione nei lager. Agli “internati militari italiani”, a differenza dei prigionieri di guerra, non venivano riconosciute le garanzie e le tutele previste nella Convenzione di Ginevradel 1929.

Solo gradualmente, e tardivamente, le dolorose vicende degli internati militari sono entrate nella memoria collettiva del Paese, come una forma di Resistenza al nazifascismo. Fu soltanto a partire dagli anni ‘80 che in Italia e in Germania la storiografia cominciò ad occuparsi di questo problema, fino ad allora rimasto negletto, tanto che la scarsissima conoscenza delle vicende sofferte degli ex IMI che è giunta fin quasi ai nostri giorni. E’ stata finalmente illuminata nel 2012 dal Rapporto della Commissione italo-tedesca, insediata dai Ministeri degli Esteri di Italia e Germania nel 2009. Fino ad allora la questione degli IMI era stata presente solo attraverso testimonianze e ricordi dei reduci dagli Stalag nazisti.

 

Qui di seguito si riporta, con assoluta fedeltà,la trascrizione degli appunti del fante Vinicio Palmerinireduce dal lager, internato dal febbraio 1944 all’aprile 1945 nello Stalag IV B diZeithain, situato tra Lipsia e Dresda. Gli appunti sono scritti fittamente a matita in un quadernino (cm. 8×13) con copertina di cartoncino rosso, con 18 fogli senza righe, 34 facciate di ricordi e le ultime due facciate riportano indicati tre nomi di commilitoni e luoghi di origine.(Rota Giuseppe, Caprino Bergamasco Fraz. Cava; Rota Virgilio, Ponte San Pietro; Comi Giuseppe, Caluzzo d’Adda).Il reperto, dove sono appuntati i ricordi, è stato rinvenuto l’8 gennaio scorso in un piccolo baule contenente vecchie lettere, cartoline, carte e documenti di famiglia, recuperato dall’abitazione di Paganica (L’Aquila) dopo il terremoto del 6 aprile 2009 e rimasto accantonato. La testimonianza scritta di Vinicio Palmerini si va ad aggiungere a quelle già note degli ex IMI, reduci dai lager nazisti, a costituire un ulteriore tassello di memoria dell’altra Resistenza al nazifascismo, non meno eroica di quella combattuta in armi o con forme umanitarie, delle quali ho fatto cenno nell’articolo precedente.

 

Lo Stalag IVB fu uno dei più grandi campi di prigionia della Germania nazista. Si trovava nei pressi della città di Mühlberg, in Sassonia. Lo Stalag aveva un campo secondario a Zeithain, un “reservelazarett” inizialmente destinato ai prigionieri russi, poi utilizzato da prigionieri di varie nazionalità, compresi molti internati italiani. Le condizioni disumane del lager, mancanza di igiene, denutrizione, scarsa assistenza medica e lavoro coatto facilitarono la diffusione di epidemie e gravi malattie, soprattutto tubercolosi, con la morte di decine di migliaia di prigionieri, tra cui 900 italiani. Nel lazzaretto di Zeithain, tristemente conosciuto come “campo della morte”, erano trasferiti gli Internati Militari Italiani gravemente malati, ma anche medici, cappellani e crocerossine che decisero di non aderire alla Repubblica Sociale. Lo Stalag IV B di Zeithain fu liberato dall’Armata Rossa il 23 aprile 1945.Dopo la fine della guerra il territorio del lager, ricompreso oltrecortina nella Germania comunista, rimase per decenni inaccessibile. Solo l’infaticabile opera di alcuni reduci di Zeithain – in primis Padre Luca Airoldi, ex cappellano del campo che nel suo diario aveva annotato tutti i nomi degli IMI deceduti a Zeithain, e l’ex Ten. Col. Leopoldo Teglia, attuale presidente dell’Associazione Nazionale Ex Internati (ANEI) sezione di Perugia -consentì nel 1991 di localizzare il cimitero militare italiano e di riesumare e rimpatriare le spoglie di quasi tutti i caduti italiani di Zeithain.

***

RICORDI DI PRIGIONIA

Palmerini Vinicio di Giuseppe – Paganica del Moro (L’Aquila)

 

«Giorno 15 Agosto ho festeggiato con gli amici Rota Giuseppe e Comi Giuseppe tutt’e due Bergamaschi mangiando a mezzo giorno gnocchi e risotto condimento grasso di maiale e carne, giorno 18 non ho potuto festeggiare (è il giorno del compleanno di Vinicio, nota del trascrittore) mancanza di grasso e l’abbiamo rimesso a un altro giorno la sera del detto giorno. Con il giorno successivo ho avuto un continuo fischio all’orecchio destro e pensavo continuamente alla famiglia dicendo chissà forse si rammenterà del mio compleanno, ed è questo il segnale che me lo comunica.

 

Alcune notizie della mia Prigionia

Nei primi dì di settembre quando il Capo del governo generale Badoglio, cessate le ostilità con gli Anglo Americani e precisamente il giorno 8 Settembre, giorno in cui i tedeschi disarmarono l’esercito Italiano, io mi trovavo oltremare e precisamente in Grecia, quindi il nostro disarmo è avvenuto sei giorni dopo cioè il 14 Settembre. Verso le ore 13 vediamo arrivare due autoblinde accompagnate da otto autocarri. Noi non si aveva l’ordine di far fuoco contro loro, quindi sono entrati senza nessun disturbo, arrivati davanti al nostro Comando ordinano immediatamente l’adunata con tutte le armi e munizioni. Fatta l’adunata inquadrati, vengono davanti e d’intorno a noi misero le loro mitraglie spianate verso di noi pronte a far fuoco.

 

Dopo aver messo intorno al nostro accantonamento viene avanti verso di noi un Maggiore ed un tenente tedesco ed incomincia la propaganda in tedesco che a sua volta il tenente la traduceva in Italiano dicendo: Il generale Badoglio ha tradito l’Italia, compreso tutti gli Italiani, consegnandola nelle mani degli Anglo Americani, però con un solo vostro proposito potrà ancora essere liberata ed i suddetti buttati fuori dall’Italia. Il vostro proposito sarebbe quello di firmare quali combattenti a fianco dell’esercito tedesco, il quale a sua volta pensa a condurvi in Italia per liberare la vostra terra dall’invasore.

 

Secondo, tutti quelli che non si sentano più di combattere potranno loro firmare quali lavoratori civili e verranno mandati in Germania. Quindi dopo aver fatto un discorso di circa 30 minuti ha rivolto a noi queste domande: Tutti quelli che vogliono difendere la loro Patria cioè combattenti, fuori!3 sottotenenti, un capitano e 5 soldati, tra i quali uno di questi col nome di Cripioli Antonio, il quale è stato illuso da un altro suo compagno a farlo firmare e che dopo al secondo giorno divenne pazzo ed è morto all’ospedale di Larissa. Poi visto che nessuno più aderiva quali combattenti ha chiesto i lavoratori, ed a questo una buona parte andavano fuori, ma visto che la massa eravamo restati fermi al nostro posto, e quindi anche loro sono rientrati pian piano alle nostre file. Il Maggiore tedesco visto tale gesto ordina alle sue guardie che erano intorno a noi di caricare le armi.

 

Poi rivoltosi verso di noi con un grido spaventevole ci ordina di buttare a terra le armi. Noi se pur avvelenati e con la volontà di reagire con le armi contro di loro, ma a questo momento non più si poteva, e siamo stati costretti a lasciare le armi. Dopo essere disarmati ci han condotti entro un recinto e con le guardie all’intorno, da non poter più muoversi altrimenti ci sparavano addosso.  E per ben quattro giorni ci hanno lasciati lì dentro senza mangiare. Ed il più grave senza potersi nemmeno liberare dal sole scottante estivo coprendosi con un telo da tenda per fare dell’ombra, proibito severamente anche questo. Il giorno 18 Settembre la mattina alle 5 sveglia ed adunata per la partenza, ci consegnano mezza pagnotta ed un pezzetto di formaggio nostro, e questi sono i viveri della giornata per far 60 km. di marcia. Ed alle 7 siamo partiti per non molto farla lunga abbrevio il mio dire altrimenti raccontar tutto non terminerei mai.

 

Quindi al 45 km ci siamo fermati, ma io che lungo tutta la strada fatta mi sentivo un forte dolore di testa, qui mi era ancora più aggravato, fui costretto a legarmi un asciugatoio alla testa. Vedendomi il tenente mi domanda cosa avevo fatto, e racconto tutto, chiama subito l’infermiere e mi fa misurare la febbre e l’avevo a 39,5 quindi s’interessa subito per mandarmi a Larissa con l’autoambulanza tedesca, ma io volevo portare tutto con me anche il mio zaino che era sul cavallo pieno di roba, ma lui cioè il tenente mi dice: te lo porteremo noi e lo riprenderai al nostro arrivo. Ma, quando sono arrivato a Larissa mi han condotto prima alla caserma dove dovevano arrivare anche i compagni, e poi di nuovo è partita e mi porta a ricoverare al nostro ospedale ed in questo caso restai senza zaino, senza nulla da cambiarmi, e da quel giorno non ho visto più un paesano.

 

All’ospedale il giorno dopo trovo De Paulis Antonio e qui son restato fino al 28 Settembre, poi sono uscito assieme a me viene anche De Paulis, ma la sera che siamo usciti dall’ospedale le nostre cartelle cliniche le prendeva un maresciallo tedesco, e datosi che sopra la cartella veniva scritto il mestiere in cui si esercitava e vista la mia cartella con scritto sopra “fabbro” allora mi chiama e mi dice: tu specialista vai a lavorare come civile all’officia delle SS ed io gli rispondo che non sono un fabbro ma “maniscalco” ed allora mi risponde “sciaiser” (scheisse, ndr) che vuol dire merda, ed in quindici che eravamo mi manda alle caserme dove per la seconda volta ci han chiesto di firmare, ma nessuno ha voluto.

 

La mattina seguente ci fan partire con il treno e dopo un giorno e mezzo di percorso, finalmente siamo arrivati a Salonicco. Qui si smonta dal treno e sono già pronte quattro guardie con moschetto carico e baionetta innestata, per accompagnarci come i più pessimi delinquenti del mondo. Percorsa tutta la città ci portano in una caserma dove prima c’era il comando tappa Italiano, ed ora tutto al contrario era diventata il campo dei prigionieri Italiani. La mattina del 1° Ottobre ci mandano a lavoro digiuni e si tratta di scaricare vagoni di cemento, e come qualcuno si fermava un secondo, si sentiva subito la guardia gridare loss e snell, che vorrebbe dire “via e svelto”. E questa la parola d’ordine di tutta la giornata. A mezzo giorno si va a mangiare e cosa si trova? Un mescolino che poteva essere una tazza da caffè, di fagioli e patate, 200 grammi di pane che subito l’abbiamo divorato dalla fame che avevamo.

 

Dopo un’ora di riposo si parte di nuovo a lavoro e qui si torna a casa solo alle 7 di sera,ma quando s’arriva a casa qui so’ dolori, stanchi dal lavoro e con gran fame, ma non c’è nulla da mangiare solo che mezzo tazzino di caffè ma… acqua calda. Quindi si va a dormire, ma la fame vince il sonno e non dà pace e la mattina alle 6 di nuovo si va a lavoro, e la fame si fa sentire sempre più forte. Dopo 3 giorni che si era qui ci hanno incominciato a dire di firmare per andare con loro, ma noi sempre duri, magari morire dalla fame ma non andare con loro. Questa domanda di firmare era tutti i giorni, cioè mattina e sera per colazione e cena.

 

Un bel giorno ci obbligano forzatamente da dover firmare alcuni moduli, e da firmarli ad ogni costo, o come combattenti oppure come lavoratori, e se non si voleva aderire a nessuna delle due domande, si cancellavano tutte e due, ma si doveva firmare lo stesso. Ma c’era un tranello che sopra alle due domande c’era un rigo scritto così: “Riconosco il partito repubblicano fascista ed aderisco a combattere a fianco dell’esercito tedesco”. Noi, vista questa frase, nessuno abbiamo firmato detti moduli, a mezzo giorno rientrati dal lavoro ci mandano in camerata e poi fanno subito l’adunata.

 

Scesi giù in cortile ci domandano se avevamo firmato questi moduli, ma nessuno si fa avanti, quindi un disgraziato d’interprete italiano ci dice: se non firmate questi moduli vi mandano a raccogliere i morti in Russia, oppure a tagliare i reticolati in linea sotto le cannonate dei Russi. Ma noi non ci siamo affatto spaventati, pensando che ci mandano dove vogliono ma con loro non andiamo a nessun post, anche a sottoporci alla fucilazione. Vista la nostra insistenza che nessuno aderiva alle loro domande, un tenente tedesco ne conta con la mano il numero di 240 che subito ci manda in camerata a prendere i nostri zaini per partire, e per punizione non ci fa dare nemmeno quei quattro cucchiai di rancio.

 

Dopo essere pronti arrivano 25 guardie ed arrivate vicino a noi caricano i moschetti e innestano la baionetta e ci fanno uscire dalla caserma e loro si mettono a destra e sinistra di noi in distanza di quattro metri uno dall’altro. Ci conducono circa a 300 metri dalla caserma e qui si fermano. Dopo quasi dieci minuti arriva un’autocolonna e ci lasciano montar sopra e si parte. Dopo due giorni di viaggio e senza mangiare si arriva di nuovo a Larissa, cioè dove mi trovavo prima. La notte che siamo arrivati ci han lasciati dormire sulle macchine, poi al mattino ci inquadrano, ci contano come minimo dieci volte e poi si parte, così ci conducono alla piazza centrale e ci portano dentro un albergo, a pian terreno. Qui si lasciano i nostri zaini e si va subito alla stazione. Dopo due giorni senza darci da mangiare ci fanno scaricare camion carichi di paglia e caricarla di nuovo sui vagoni. A mezzo giorno ci portano a casa e ci danno da mangiare una galletta e 50 grammi di formaggio italiano, questi sono i viveri di tutta la giornata. Alle ore 13 cioè l’una di nuovo a lavoro fino alle 7 la sera.

 

Due giorni dopo ci lasciano fare la cucina per conto nostro ed i viveri sono i seguenti: 33 grammi di pasta a ciascuno per condimento a 240 persone un quartino d’agnello che come massimo pesava un chilo e mezzo, 5 grammi di zucchero per il caffè al mattino, poi 300 grammi di pane da maiali che forse nemmeno loro l’avrebbero mangiato, 15 grammi di margarina grasso di carbone, e 20 di marmellata. Con tutti questi viveri si doveva lavorare 12 ore al giorno portando casse di munizioni da 50 e fino a 70 kg sulle spalle. Ora abbrevio perché sarebbe troppo lunga e vorrei un libro per descrivere tutte le sofferenze ed i sacrifici passati sotto i malvagi tedeschi. Qui resisto sotto simile lavoro sino al 26 gennaio 1944, madatosi che lo stomaco mi tormentava forte dai grandi bruciori il giorno 27 Gennaio vado a lavoro allo stesso posto del giorno avanti, cioè al cimitero tedesco ove bisognava scoprire le tombe dei morti sino a trovare la cassa, dopo bisognava metter di nuovo dentro la terra e battere con un peso di circa 20 kg.

 

Ma questa mattina, erano circa le 11 e mezza, che in due ne avevamo completate due ed incominciavamo la terza, quando è venuto un maresciallo tedesco e ci ordina a scalzarne un’altra davanti a lui. Ma qui è il mio colpo fatale quando al terzo colpo di vanga che fo mi viene fuori un braccio con ancora la carne attaccata poi un osso della gamba, poi ancora due crani. Qui divento di tutti i colori e stavo quasi per cadere per terra quando detto maresciallo guarda l’orologio e pronuncia “mitac” (mittag, ndr), che vuol dire mezzo giorno, quindi si va a mangiare. Ma io lungo la strada non mi fidavo di camminare ma a stenti sono arrivato anch’io e con tanta fame che regnava non ho potuto mangiare, mi butto sul mio pagliericcio ed aspetto che mangiano tutti.  Dopo chiamo l’infermiere, mi fo misurare la febbre e ce l’ho a 38 e 5, quindi a lavoro non vado, verso le 5 la fo misurare di nuovo ed è arrivata a 39, quindi la mattina seguente marco visita evengo ricoverato all’ospedale per influenza e gastrite allo stomaco sino al 7 febbraio.

 

Detto giorno a mezzo giorno mi chiama l’infermiere dicendomi: tu preparati, alle due parti con la tradotta ospedaliera. Alle quattro la sera siamo partiti da Larissa e dopo ben 7 giorni di viaggio e di fame che sempre non mai mancava siamo arrivati all’ospedale italiano di Zeithain, in Germania. Qui si smonta dalla tradotta ed entriamo all’ospedale. Ma prima di entrare ci fanno la rivista alla nostra roba e ci tolgono tutto, coltelli, sigarette, sapone ed altre cose, lasciandoci solo quanto s’aveva addosso, nemmenoun cambio, e poi si va al bagno, qui troviamo italiani e russi che entravano anche loro in ospedale e venivano dalle fabbriche, ma non fo nessuna esagerazione, a vederli nudi sembravano scheletri umani mummificati e non altro, buona parte di loro tutti con tubercolosi. Dopo il bagno ci hanno mandato ai reparti ed io sono andato al reparto Chirurgia, baracca n. 37. Qui resto fino al 28 Febbraio, poi fui trasferito alla baracca n. 53. Quel che si mangiava qui era 4 giorni la settimana 250 grammi di pane e tre giorni 300 grammi, 20 grammi di margarina più un litro di succo di rape a mezzogiorno e la più grande razione erano tre patate.

 

Qui son restato fino al 25 Aprile ’44, poi sono andato in uscita e mi hanno mandato al IV B, cioè un Campo di concentramento dei prigionieri di ogni razza e nazione. Ci hanno condotti dal campo degli Italiani e ne hanno messi 300 per baracca e si dormiva lì dentro come le sarde entro il bidone, quindi dopo sei giorni mi sono fatto mettere in uscita per andare a lavoro come fabbro. Il 1° Maggio mi mandano in fabbrica, il 2 mi conducono al lavoro al posto di fare il fabbro devo fare il facchino, portando casse in spalla di ogni dimensione e con i caposquadra dietro che ti dicevano loss, snell, arbait! che significava “via, svelto, a lavorare!” E non ci reggevamo in piedi dalla fame e con tutto ciò si prendeva qualche pugno, spintoni d’ogni genere, e sempre abbreviando qui ho resistito tre mesi e mezzo. Poi sono stato colto da pleurite e di nuovo ricoverato allo stesso ospedale e precisamente il giorno del mio compleanno 18 Agosto 1944, col peso di 49 chilogrammi.

 

Qui vengo ricoverato al Campo A, cioè campo dove si ricoverano pleuritici deperiti e quelli che dal deperimento erano venuti gonfi. Io sono stato ricoverato alla baracca 40 e dopo tre giorni che ero lì il tenente D’Adamo mi mette a supplemento extra che consisteva in più della razione a 200 grammi di pane, 100 di ricotta, un cucchiaio di zucchero e 20 grammi di margarina. E con il detto supplemento in quattro mesi avevo aumentato 4 kg. Di peso, quindi pesavo 53 kg. Qui sono restato fino al 23 Marzo del 45.Poi siamo stati trasferiti all’ospedale internazionale di Imorgan. Qui il trattamento del pane la stessa razione il rancio era mezzo litro, ma si prendeva una discreta razione di patate che ne erano 10 o 12.

 

Nel mentre e trascorsa la fine del mese di marzo e siamo in aprile qui incominciano a sentirsi buone novità che gli Alleati, compresi i Russi, avanzano su tutti i fronti e si sperava che presto fossero arrivati a liberarci anche a noi dalle sofferenze d’inferno. Giunti verso il 15 di Aprile, incominciamo a sentire durante la notte i primi colpi d’artiglieria ma lontani, però la sirena era quasi in continuo allarme e nell’aria tutto il giorno questo rombo di cannoni man mano si faceva sentire più forte. Senonché il giorno 18 Aprile il Maggiore tedesco chiama i nostri ufficiali medici e dice loro che noi Italiani bisognava partire assieme a loro se nel caso dovevano sgombrare, ma la risposta dei nostri ufficiali fu quella di dire “i nostri malati son tutti pleuritici tubercolari e quindi non sono in condizione di poter camminare”. Allora gli ha detto “assumete voi la responsabilità dei vostri malati” e così ci lasciarono.

 

Il giorno 19 fu tutta la giornata in allarme. La sera verso le 6 è suonato l’allarme d’invasione ed allora tutti i tedeschi civili con le lacrime agli occhi e un pianto dirotto preparavano le loro valigie che a sua volta chi le legava sulla bicicletta chi caricava i carrettini, abbandonavano la loro casa e via. Il giorno 20 dalla mattina il cannone si faceva sentire ancor più forte e tutto il giorno è continuato così compresa anche la notte, ma veniva sempre più vicino, quando alla mattina alle ore 5 mi alzo e vado fuori le guardie si preparavano per andare via. Dopo circa tre quarti d’ora si sentono le mitraglie che cantano intorno al paese, allora noi ci siamo messi subito in posti più riparati dalla camerata che era soggetta al tiro, man mano si sentono sempre più vicino. Dopo un po’ sentiamo le prime raffiche dentro l’ospedale e dirette all’orologio, poi un forte grido, sono i Russi che sono già dentro l’ospedale. Allora si balza tutti fuori, ci salutano ci offrono le sigarette e fanno un giro all’intorno dell’ospedale e poi vanno via.

 

Più tardi arriva un Colonnello russo, ci fa uscire di nuovo tutti fuori facendoci inquadrare per nazionalità, poi ci fa uscire dal cancello di reticolato che ci aveva rinchiusi ben 19 mesi, e quando siamo fuori di qui tutti si è fatto un lungo respiro esclamando che aria di paradiso, facendo come l’uccello che per tanto tempo si trova rinchiuso dentro la gabbia, e poi quando viene il giorno che il padrone si dimentica di chiudere la gabbia e lui fugge veloce e contento verso il bel cielo sereno.

 

Quindi condottici entro il paese ci fa fermare e poi “fronte a sinistra” ed incomincia a fare un discorso per reparti, cioè per nazioni, e venuto davanti a noi dice queste parole: “In Italia ci sono ancora i tedeschi ma poco vi resteranno, sappiate che molte migliaia di Italiani sono già stati rimpatriati, quindi voi fra pochi giorni partirete per raggiungere la linea ferroviaria e per linea Varsavia-Odessa, qui sarete imbarcati e condotti in Italia”. Finito il suddetto arrivano due aerei tedeschied incominciano a mitragliare, quindi ci siamo ricoverati entro le case, che le avevano già aperte i russi, e qui ci han fatto prendere galline, conigli, agnelli ed ogni altra roba. Poi abbiamo fatto una bella passeggiata e quando siamo rientrati abbiamo trovato un ricco spezzatino di maiale e patate abbondanti, in più entro la cucina sembrava un grande mattatoio di carne di maiali, galline,tacchini, conigli, vitelli, insomma carne d’ogni sorta.»

 

***

 

Qui finisce il racconto di Vinicio Palmerini -mio padre -vergato a matita in 34 facciate del quadernino. Sulle ultime due sono riportati i nomi dei commilitoni, legatialla stessa sua sorte,con le relative località d’origine: Rota Giuseppe, Caprino Bergamasco fraz. Cava; Rota Virgilio, Ponte San Pietro; Comi Giuseppe, Caluzzo d’Adda. Mesi dopo la liberazione, sul finire dell’estate 1945, scheletrito e lacero, egliarrivò a Paganica dopo un lungo viaggio, in parte fatto a piedi o con mezzi di fortuna. Mi auguro davvero che anche questa testimonianza di Vinicio Palmerini(Paganica, 18 agosto 1914 – Paganica, 8 gennaio 1988), nella sua stringata ma illuminante essenzialità,possa contribuire a far meglio conoscere la Resistenza opposta al nazifascismo dagli internati militari italiani, il loro sacrificio e la loro dignità.E infine l’onore che resero alla Patria, a quell’Italia che il 2 giugno 1946 avrebbe scelto la Repubblica ed eletto l’Assemblea costituente, e che nel 1948, vigente la Costituzionedella Repubblicana, il 18 aprile avrebbe eletto il Parlamento dell’Italia libera e democratica, nata dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione dal nazifascismo. Finalmente, il 19 novembre 1997, l’Italia ha reso agli ex IMI il doveroso tributo di riconoscenza, conferendo all’Internato Ignotola Medaglia d’oro al valor militare, con una motivazione che l’affranca da oltre mezzo secolo di trascuratezza nell’edificazione della memoria collettiva degli Italiani.




“Evelina e le fate” dai tanti riconoscimenti al Gruppo di Lettura della Scuola Macondo

di Pescara, scuola fondata e diretta dallo scrittore abruzzese Peppe Millanta.

La narrazione si apre con una scena memorabile, l’arrivo degli sfollati: a Evelina pare che dalla neve stiano uscendo le anime dei morti. La bambina vede due fate: la Nera, dai tratti cupi, e la Scepa, la fata allegra, colorata, con una veste a fiori, che ride sempre.

Nei dintorni del casolare girano i partigiani: il loro capo, il Toscano, ottiene dal padre di Evelina, che con loro simpatizza, del cibo. Evelina e i suoi fratelli Sergio e Maria trovano il cadavere di un tedesco ammazzato dai partigiani: la Nera li fa scappare in tempo, e li spinge a nascondersi, pochi attimi prima dell’arrivo dei tedeschi. In un succedersi incalzante di colpi di scena, sulle colline attraversate dalla linea gotica alle spalle di Pesaro, in attesa dell’arrivo degli Alleati, trascorre l’ultimo anno della Seconda guerra mondiale filtrato dallo sguardo magico dell’infanzia, e travolge tutta la famiglia di Evelina, padre e madre molto malata, i fratelli, e il segreto di una bambina ebrea nascosta sotto una botola dentro la stalla.

Realtà e magia si mescolano e si intrecciano, facendo rivivere il mondo contadino e quello delle fiabe, l’intrico complesso della guerra civile e di quella mondiale. Lo stile asciutto, arricchito di elementi dialettali, rende il racconto più reale: parole magiche, parole amuleti, filastrocche, che aprono la porta al sogno o alla profezia. E alla comprensione possibile di quello che accade.

3703525381 o scrivere a scuolamacondo@gmail.com per ricevere il link.

Note biografiche

Simona Baldelli è diplomata alla Scuola di Teatro di Bologna, ha lavorato come attrice, regista e drammaturga in numerose compagnie in Italia e all’Estero.

Ha curato l’organizzazione e la direzione artistica di eventi di cultura, cinema e spettacolo.

Lavora in radio come conduttrice e autrice.

(Giunti, 2013), finalista Premio Calvino e vincitore Premio Letterario John Fante.

, finalista Premio Letterario Onor d’Agobbio.

(Giunti, 2016), vincitore del Premio Letterario Città di Cave.

, (PIEMME).

(Sellerio).

(Emons, 2019).

Da qualche anno, si occupa di editing ed è docente di narrativa e scrittura teatrale.

per Neo Edizioni.




Giulianova. Bella serata di musica, riflessioni e ricordi, quella organizzata da Forum Artis sabato scorso, al Kursaal. Con Michelangelo Iossa, per la rassegna “Parole in circolo”, in tanti hanno ripercorso la vita di Rino Gaetano e cantato le sue canzoni.

Grande successo di pubblico, sabato scorso, per il secondo appuntamento della rassegna culturale “Parole in circolo” organizzata dall’Associazione Forum Artis, in collaborazione con la Biblioteca Civica Bindi e il patrocinio del Comune. Un pubblico numeroso e molto attento ha accolto il critico musicale Michelangelo Iossa ed il suo libro “Rino Gaetano – Sotto un cielo sempre più blu” edito da Hoepli. Iossa, che è, tra le altre cose, uno dei più autorevoli biografi italiani dei Beatles, ha ripercorso con la curatrice della rassegna, la giornalista Alessandra Angelucci, la vita del cantautore Rino Gaetano, svelando al pubblico particolari inediti, come il legame con Sergio Cammariere. Proprio Cammariere, insieme a Renzo Arbore, ha firmato la prefazione del libro. La serata è stata allietata dalle musiche di Osvaldo Bianchi che ha letteralmente infiammato la sala con le più famose canzoni di un cantautore che, prematuramente scomparso il 2 giugno 1981, è ancora nel cuore e nella memoria di un pubblico di tutte le età. “Desidero esprimere – commenta l’assessore alla Cultura Paolo Giorgini – la mia soddisfazione per la riuscita del secondo appuntamento della rassegna “Parole in circolo” . Sabato c’è stata una bella risposta di pubblico. Intelligente anche l’abbinamento della presentazione del libro con il contributo musicale di Osvaldo Bianchi che ha cantato e suonato Rino Gaetano. Di piacevolissimo ascolto, naturalmente, la conversazione tra la curatrice della rassegna Alessandra Angelucci e il critico Michelangelo Iossa. La serata del 19 ha confermato il valore e la progressiva crescita di “Parole in circolo”, a dimostrazione del fatto che una proposta, se valida, ottiene il riscontro e l’accoglienza che merita ”. Il prossimo appuntamento è fissato per sabato 12 marzo con il Premio Campiello Remo Rapino. Tutte le info sulla pagina facebook: @paroleincircoloeventi




Giulianova. Editoria: Michelangelo Iossa domani al Kursaal dalle 18 per presentare “Rino Gaetano – Sotto un cielo sempre più blu”.

(Diritti della foto di Iossa di Riccardo Piccirillo)

(Diritti della foto di Iossa di Riccardo Piccirillo)

L’incontro è il secondo appuntamento di “Parole in circolo”. Quello di domani sarà , a Giulianova, il “giorno” di Rino Gaetano, della sua voce inconfondibile, delle sue canzoni dirompenti e irriverenti. E’ infatti dedicato al cantautore romano, l’incontro organizzato dall’ associazione culturale “Forum Artis”, in collaborazione con la Biblioteca Civica Bindi e con il Patrocinio dell’ Amministrazione comunale, nell’ ambito della rassegna “Parole in circolo”. Si tratta del secondo appuntamento del ricco ciclo di incontri inaugurato, lo scorso 4 Gennaio, con la presentazione del libro di Filippo Roma “Boomerang”. Domani, sempre al Kursaal, a partire dalle 18, sarà invece il critico musicale Michelangelo Iossa a presentare la sua ultima fatica letteraria, ovvero il volume, edito da Hoepli, “Rino Gaetano – Sotto un cielo sempre più blu”. Il libro, pubblicato nel 2021 in occasione del quarantesimo anniversario della scomparsa del cantautore, è un accattivante intreccio di racconti biografici e di testimonianze. Con dovizia di particolari e ricchezza di aspetti inediti, la vita di Rino Gaetano si dipana nel testo come in un accurato lungometraggio, dai giorni dell’infanzia a Crotone all’incidente fatale in via Nomentana. L’incontro di domani, presentato dalla curatrice della rassegna, la giornalista Alessandra Angelucci, si avvarrà del contributo del musicista Osvaldo Bianchi, che coinvolgerà il pubblico con brani come “Ma il cielo è sempre più blu”, “Gianna”, “Mio fratello è figlio unico”, “Nuntereggae più”. “Con “Parole in circolo” – sottolinea l’ Assessore alla Cultura Paolo Giorgini – Giulianova conferma di essere “Città che legge”, ma anche che ascolta e canta. Il filo rosso che lega infatti gli appuntamenti della Rassegna è il desiderio di proporre nomi di caratura nazionale, diversi tra loro ma tutti in grado di proporre, lungo i mesi, riflessioni, suggestioni, bellezza”.




Soul of Roma, tra arte, mercati e cucine. Carolina Vincenti racconta una Bellezza da vivere

 

Guida raffinata per scoprire segreti e contaminazioni di luoghi senza tempo. I consigli per dormire nel letto di un cardinale, comprare le calze del Papa o bere un vino che riconcilia con la vita

 

La Roma dei Cesari e dei Papi, le finestre di Trastevere e le sue osterie gonfie di vita. E poi i luoghi dell’anima, in qualche modo sempre cuciti a quelle piazze nelle quali il pensiero accompagna lo spirito ad andare oltre, come accade a Campo dei Fiori dove campeggia – inquieta e bellissima – la statua di Giordano Bruno, opera dello scultore Ettore Ferrari. Con lo spirito dei wanderer in bisaccia, ci si mette in viaggio per abitare magie e scoprire i segreti della Caput Mundi, oziando alla romana o semplicemente per vivere mentre si cammina. Ci si lascia bagnare di meraviglia, tra sampietrini e fontane che raccontano storie perdute, affiancati dalle rive del Tevere che hanno visto il passare di passioni e parole rubate alla notte, in quel glukupikron (dolceamaro) tanto caro a Saffo e ai greci. Tra una visita a musei e una carbonara che ritempra lo spirito, ci si perde nella musica per legarci un vino,si fanno esperienze di umanità e di eccellenza, meta di qualsiasi cuore alla ricerca di qualcosa, per capire che ogni punto è centro.

Carolina Vincenti, storica dell’arte che cura con infinita simpatia le braci della sua curiosità interrogante,nel suo nuovo libro Soul of Roma. Guida alle 30 migliori esperienze (foto di Sofia Bernardini e Claire De Virieu, illustrato da Clara Mari, Edizioni Jonglez, pp. 128, euro 14,95, https://jonglezpublishing.com/it/prodotto/soul-of-roma-guida-alle-30-migliori-esperienze/)ci prende per mano portandoci a visitare terrazze e botteghe identitarie, facendoci respirare l’aria di Roma e mostrando spaccati di una pietra che continua a narrare una Città senza tempo, dove le incisioni sulle colonne delle legioni con le aquile si intersecano con i piatti di osti sapienti, mixando la bontà di gelati artigianali con la gioia di affreschi o meravigliosi chiaroscuri dei vicoli dove passa storia, oggi come millenni fa. Un percorso colto ed esteticamente strutturato ma soprattutto piacevole, che nella Ruota del Tempo prende le vene di una topologia infinita e narrante, che danza con le Muse convocate per l’ospite, mescola pensieri e colori, pietre e fiori, mentre vale per ogni abitatore del tempo il motto del Siracide ‘Non impediasmusicam’ e la legge è sempre quella: Vindica te tibi, riprenditi la tua vita, mettendo il chiodo alla Fortuna e rimanendo vivi.

E allora si va per il mercato delle pulci la domenica o si può dormire nel letto di un cardinale, facendosi coccolare con la cucina contemporanea romana o comprando le calze dei Papi, per poi riprendere la strada che porta al Giardino degli Arancie visitare i Musei Vaticani da privilegiati.

Il privilegio di sentirsi dappertutto a casa propria appartiene solo ai re, alle puttane e ai ladri, scrisse Honoré de Balzac. Forse abita anche nei cuori di chi cerca sentieri di Bellezza, in compagnia di queste pagine che sonouna vera e propria ‘guida’ (questa è anche la missiondella casa editriceJonglez) in quel tempo che tutto toglie e tutto dà, secondo la lezione del Nolano. Ma parole, foto e dritte di questo breviario di bellezza rappresentano anche un invitoall’aperto e al confronto, alla contaminazione di atmosfere che danno campo al silenzio e alla gioia, al tempo lungo di un buon vino o al valore che può dare una luce su un arco, cogliendo la profondità di topoi artistici e letterari così meravigliosi e fragili, che continuano a contare avventure sotto l’Angelo di Castello. Calco che lascia segni, vento tra i venti. Andando tra resti romani o semplici viator di senso tra argille sciolte e voci di grattacheccari, il passo porta a cogliere “l’occasione” di pensare, cara a Bruno, avendo cura di Sé. Ma anche a porsi domande sul mito, che resta il racconto sognante di un popolo, in fondo ricordando la necessità – utile a tutti – di non disperdere il proprio tempo mettendo le mani nelle acquasantiere giuste (non devono mai essere troppe) per scegliere invece chi e cosa frequentare, cosa approfondire e perché farlo. Un viaggio nella Differenza che salva.

Sono anni che Carolina Vincenti passeggia e racconta Roma spiegando la sua unicità, mostrando affreschi rinascimentali, statue e storie.La sua ‘lista’ di 30 belle esperienze è nata sul campo, dalla competenza e dal sorriso che solo la grande bellezza può scrivere nei ricordi dei viaggiatori, perché i ricordi sono i film dell’anima, carne e desiderio, roba che resta dentro. Fa bene l’accoglienza di un vinaio come anche girareil sabato e la domenica per le bancarelle del mercato di San Teodoro.

 

 

 

E se è vero che il tempo è un gran bastardo – bisogna viverlo due volte e comunque appieno – allora andare a piedi per la Città che chiama pellegrini e spiriti liberi ci farà conoscere angoli e storie dove il passato è un gigante ma inizia da noi quando ci prendiamo per mano e ci diamo parole, tenendo larga la vita, cercando un’intensità che non lasci rimpianti. Così ciascuno per sé (era la lezione dell’ecàterosgreco), assapora la compagnia dell’altro e al noiarride la grazia.

Ci piace pensare che questi consigli che hanno uso di mondo possano anche essere letti come una boccata d’aria buona dopo le porte nere dell’isolamento a cui ci ha costretto la pandemia. Così, tra gli antichi appartamenti del cardinal Ferdinando de Medici affrescati da Jacopo Zucchi e una pasta degustata secondo il verbo di Roscioli, siamo invitati alla festa del futuro. Per vedere a occhi aperti che gran cosa è il mondo e quanto bene porta al cuore ogni momento vissutodi incontri e bellezza.

 

Sara e Giorgia Piccolella

 




Giulianova. Al via il secondo appuntamento della Rassegna Culturale “Parole in circolo”. Sabato 19 Febbraio, il critico Michelangelo Iossa omaggia al Kursaal Rino Gaetano.

Organizzata dall’Associazione culturale “Forum Artis” in collaborazione con la Biblioteca Civica “Vincenzo Bindi” e con il Patrocinio dell’ Assessorato alla Cultura, torna la rassegna “Parole in circolo”. Alle 18 di sabato 19 Febbraio, nella sala Kursaal, il noto critico musicale Michelangelo Iossa presenterà il suo libro, edito da Hoepli, “Rino Gaetano- Sotto un cielo sempre più blu”. Il volume, uscito nel 2021 in occasione del quarantesimo anniversario della scomparsa del cantautore, intreccia racconti biografici e testimonianze. La serata, presentata dalla giornalista Alessandra Angelucci, curatrice della rassegna, sarà arricchita dalle note del musicista Osvaldo Bianchi, che coinvolgerà il pubblico con brani come “Ma il cielo è sempre più blu”, “Gianna”, “Mio fratello è figlio unico”, “Nuntereggae più”.

(Diritti della foto di Iossa di Riccardo Piccirillo)