“L’altra Italia”: storie d’emigrazione degli Italiani all’estero L’ultimo libro di Goffredo Palmerini presentato nel Nord-Est di Lia Di Menco *

“L’altra Italia”: storie d’emigrazione degli Italiani all’estero

L’ultimo libro di Goffredo Palmerini presentato nel Nord-Est

di Lia Di Menco *

BELLUNO – Di solito sono gli amici cari quelli che spostandosi da un’estremità all’altra di un Paese, si vedono circondati dall’affetto di amici, parenti e conoscenti dalla partenza al ritorno, attraverso tutte le tappe del viaggio. Così è stato per il tour di Goffredo Palmerini nel Nord-Est d’Italia, presso le varie Associazioni di Abruzzesi e Molisani sparse in quelle lontane città di confine. Nessuno in attesa dell’arrivo di Goffredo ha pensato al giornalista, scrittore ed ex amministratore dell’Aquila, perché tutti aspettavano l’amico caro, il conterraneo che veniva a fare visita ai suoi lontani fratelli d’Italia e d’Abruzzo. Lo spirito di partecipazione alle vicende dei popoli di tante nazioni e regioni diverse, rende universale la missione di Goffredo Palmerini, che si è avvicinato a realtà diverse con discrezione, sensibilità, attenzione e rispetto per quelle differenze che rendono uniche le nostre comunità fuori regione e fuori nazione.

L’altra Italia” è una selezione di scritti e articoli sulla straordinaria realtà costituita dagli emigranti italiani d’ogni regione che nei cinque continenti rendono onore e prestigio al nostro Paese. Il volume illustra anche singolarità, fatti, eventi e personaggi d’Abruzzo, come pure di altre regioni e città italiane. Nel mettere in luce le grandi risorse morali e intellettuali dell’emigrazione italiana, l’evento ha consentito anche di rafforzare, a tre anni dal tragico terremoto del 6 aprile 2009, i vincoli di amicizia tra L’Aquila – città della quale l’Autore è stato per quasi trent’anni amministratore e vice sindaco – ed il Nord-Est, cresciuti grazie ai tanti gesti di sensibile solidarietà espressi dalla e comunità del Veneto e Friuli Venezia Giulia verso le popolazioni colpite dal sisma.

Così è risultata solenne la cerimonia di presentazione del libro “L’altra Italia”, unica e irripetibile in ciascuna delle tappe effettuate nel Nord-Est. La elegante Padova ha visto Palmerini trionfare il 17 Aprile al Palazzo Zacco in Prato della Valle, in presenza di numerosi ospiti. Qui lo stimato Armando Traini, presidente del Sodalizio Abruzzese e Molisano locale, ha introdotto l’intervento di Palmerini, sviluppato sulle origini e sulla storia secolare della città capoluogo d’Abruzzo, sulla vita e l’opera del monaco Pietro Angelerio, fondatore dell’ordine dei Celestini, la sua elezione al soglio pontificio, la sua incoronazione all’Aquila, nella basilica di Collemaggio, con il nome di Celestino V, il suo breve pontificato – cinque mesi – con segni profetici, come l’istituzione della Perdonanza, il primo giubileo della Cristianità, l’opera di pacificazione e infine la rinuncia alla tiara papale. Palmerini ha fortemente interessato il pubblico sull’annuale giubileo aquilano, della durata di un giorno, tra i vespri del 28 e quelli del 29 agosto di ogni anno, con l’indulgenza plenaria a chiunque sinceramente pentito si rechi nella basilica di Collemaggio passando per la Porta Santa, l’unica fuori Roma. Lo scrittore ha richiamato la singolarità della Perdonanza, ogni anno indetta dal Sindaco dell’Aquila in virtù del possesso ininterrotto, da 718 anni nei forzieri del Comune, della Bolla di Celestino V che la istituì.  Attenta e competente la conduzione del prof. Adriano Ciccotosto e le sue annotazioni sugli scritti contenuti nel volume di Palmerini.

Grandioso il successo ottenuto a Belluno, dove il libro di Goffredo Palmerini è stato presentato il 18 Aprile presso la Sala Bianchi del Comune di Belluno, ad un pubblico eccezionale:  quello di ragazzi adolescenti, studenti dei “Licei Renier”, con l’introduzione del Dirigente, prof. Paolo Fratte e la conduzione della Presidente del Circolo Abruzzese e Molisano di Belluno, Lia Di Menco, docente presso i Licei Renier. Sensazionale la relazione del prof. Francesco Piero Franchi, Vice Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, che ha abbracciato tre millenni di storia, alla quale ha fatto seguito un’organica illustrazione di Palmerini dell’emigrazione italiana nel mondo, dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, e la sua distribuzione nei cinque continenti.

Della nostra emigrazione lo scrittore ha messo in rilievo la storia di sofferenza e di dolore per affrancarsi dai pregiudizi e conquistare rispetto e stima nelle società d’accoglienza, con il lavoro, il talento e la creatività oggi motivo di affermazione e di successo. Ha quindi invitato i giovani ad approfondire la conoscenza della nostra emigrazione, intessendo contatti con i concittadini residenti all’estero e raccoglierne le storie. Con l’invito a sentirsi cittadini del mondo. Ha portato il saluto della città il Sindaco, avv. Antonio Prade e per l’Associazione Bellunesi nel Mondo, Patrizio De Martin, che ha ringraziato gli organizzatori per aver scelto Belluno, zona dove l’emigrazione è ancora molto presente e sentita in ogni famiglia, per questo la collaborazione con il Circolo Abruzzese sarà sempre gradita e rafforza i vincoli di solidarietà già esistenti.

Il Friuli Venezia Giulia ha accolto Palmerini in pompa magna, grazie all’opera di Roberto Fatigati a Gorizia e Gianfranco Bellante a Trieste, i due eccezionali padroni di casa delle storiche associazioni dei due capoluoghi. Sono state effettuate visite a Redipuglia e Ronchi dei Legionari, nelle trincee del Carso e alla Risiera di San Sabba.  Il Comune di Palmanova ha messo a disposizione il  salone d’onore e  il Sindaco, dr. Francesco Martines, ha dato il benvenuto mentre il prof. Luciano Andrian, presidente dell’Università per la terza età di Palmanova, ha relazionato sul libro di Goffredo Palmerini. Molti gli spunti che egli ha tratto dalla lettura del volume.

E molto interessanti le conclusioni del prof. Andrian: “Infine, quello che più mi ha colpito, in questo diario/memoriale dell’Autore, è la sua profonda umanità e spiritualità; le espressioni che ricorrono più spesso nell’opera sono, infatti: dignità, fierezza, amicizia, solidarietà, vicinanza, religiosità, che sono sentimenti tipici delle genti segnate dalla fatica del vivere, dalle tragedie, dalla durezza della natura, ma che sono, nel contempo, determinate a reagire. Il terremoto è stato occasione di relazioni, di legami con altre parti d’Italia e del mondo, quelle migliori, se le confrontiamo con lo spettacolo indecoroso che offre, di questi tempi, la classe politica, nei confronti della quale emerge, nell’Autore, più di qualche riserva, anche se espressa con garbo, soprattutto se comparata con i comportamenti ricchi di generosità di tante organizzazioni (ANA, Protezione Civile, Parrocchie, Comuni, Associazioni di Emigrati). La politica con la P maiuscola, intesa come governo saggio e corretto della cosa pubblica, dovrebbe sempre avere in cima ai suoi pensieri l’interesse generale, il bene comune, anteponendolo a quello particolare o di parte.       Ci si augura che ciò avvenga, in futuro, per avviare quella ricostruzione, materiale e del tessuto sociale, che l’Abruzzo e L’Aquila si meritano”.

Ampio e sentito l’intervento di Palmerini, grato per tutti i gesti di solidarietà che le genti del Veneto e del Friuli Venezia Giulia hanno espresso alle popolazioni colpite dal sisma. Quindi il richiamo ai valori presenti nel mondo dell’emigrazione, alle potenzialità da mettere a frutto, spesso trascurate, alla cultura come cemento tra le comunità italiane dentro e fuori i confini. A conclusione dell’evento il Presidente Roberto Fatigati ha donato allo scrittore una riproduzione del Guerriero Sannita che, come il Guerriero di Capestrano per l’Abruzzo, è il simbolo distintivo del Molise.

Gianfranco Bellante, a Trieste, ha spalancato a Palmerini le porte del Circolo Ufficiali e dei Saloni della Capitaneria di Porto di Trieste per la presentazione del volume del giornalista. Molto puntuale è stata relazione di Palmerini sulla situazione dell’Aquila a tre anni dal tragico terremoto del 6 aprile 2009, utile a dare un’informazione corretta dello stato della ricostruzione, ancora al palo nei centri storici, rettificando le impressioni non sempre fedeli alla realtà formatesi attraverso i media, specie televisivi. All’accoglienza affettuosa dei presenti ha fatto eco il netto richiamo dello scrittore al valore delle comunità di emigrati che hanno reso onore all’Italia, con un appello alle Istituzioni a rafforzare il sostegno e la considerazione che esse meritano.

Hanno tra gli altri presenziato all’incontro il prof. Filippo Giorgi, abruzzese, premio Nobel per la Pace nel 2007 con Al Gore, e il Direttore Marittimo del Friuli Venezia Giulia e Comandante del Porto di Trieste, C. Ammiraglio Antonio Basile, che ha donato allo scrittore aquilano una pubblicazione sui Fari d’Italia, ricordando con commozione d’aver partecipato alle fasi dell’emergenza post terremoto, allora egli al comando della Capitaneria di Porto di Pescara. Gianfranco Bellante, sottolineando che la visita di Palmerini è la prima visita istituzionale dell’Abruzzo a Trieste, ha offerto allo scrittore una targa ricordo dell’Associazione. Goffredo Palmerini ha concluso la sua missione culturale in Veneto e Friuli Venezia Giulia con la disponibilità e l’impegno di tornare a ritrovarci.

*Presidente del Circolo Abruzzese e Molisano di Belluno – liadimenco@libero.it




Argentina. “Solo Ombre”

“Solo Ombre”

di Alejandra Daguerre *

BUENOS AIRES – Le ombre hanno sempre avuto un ruolo di primo piano in vari campi. Di loro si parla nella fisica, nelle tecniche di disegno, nella fotografia, nei racconti per bambini e nelle credenze popolari, ma oggi mi voglio riferire a un altro tipo di ombra: quella che ci accompagna ovunque andiamo.

Fin da bambina ho sentito il fascino di giocare con la mia ombra. Mi piaceva uscire in cortile a casa mia e guardare l’ombra del mio corpo riflessa sul pavimento. Giocavo a sfidarla segretamente con movimenti veloci, sperando che un giorno sarei arrivata prima io.

Ricordo in particolare una sera d’estate, ero uscita dalla piscina e con l’asciugamano addosso, aprendo le braccia, giocavo con l’ombra immaginando di avere le ali, poi mi giravo e voltandomi verso il sole tentavo di aprire gli occhi … guardavo di nascosto e … felicemente, potevo confermare che la mia ombra se n’era andata.

L’ingenuità infantile mi aveva fatto credere che con un semplice giro ero riuscita a ingannarla. Ovviamente non sapevo nulla di fisica, né della velocità della luce, e tanto meno che l’ombra non era scomparsa, ma era dietro di me. Col passare degli anni ho poi capito che quel gioco di luce ed ombra si sarebbe ripetuto molte volte nella mia vita, e che forse era bene esprimere di nuovo il significato di quella scena.

Molte volte ci troviamo lì, in piedi a metà strada, a guardare la proiezione della nostra ombra. Molte volte siamo così affascinati da lei che non riusciamo a vedere altrove. Altre volte cerchiamo disperatamente di evitarla, ma raramente ci rendiamo conto che con un semplice cambiamento di prospettiva è possibile integrarla senza sentirla pesante e irritante … dopo tutto è parte di noi. Questo movimento, però, è intimo e personale: nessuno può farlo al posto nostro.

L’ombra è parte della nostra natura, non possiamo lasciarla indietro o eliminarla, ed è per questo che cercare di accettarla è il miglior esercizio non solo per riconoscerla, ma anche per trasformarla in un elemento positivo. Modificare le abitudini, abbandonare i pregiudizi, aprire la mente, lasciarci scorrere … ci sono così tante possibilità da scoprire cambiando il nostro punto di vista …

Proviamo a girare sul nostro asse, espandiamo lo sguardo e vediamo cosa succede. La foto panoramica è cambiata … Provateci!

“Solo ombre
fra la mia vita e la tua

Solo ombre
fra il mio amore ed il tuo …”

alejandradaguerre@gmail.com

*Psicologa e psicoterapeuta in Buenos Aires




Pineto. Ospedale Atri, la giunta pinetese approva il ricorso al Tar dell’Aquila

Ospedale Atri,

la giunta pinetese approva il ricorso al Tar dell’Aquila

contro l’atto aziendale della Asl di Teramo

Con delibera di giunta comunale n.84 del 24 aprile scorso, il Comune di Pineto ha autorizzato il sindaco Luciano Monticelli a procedere, insieme ai consiglieri di opposizione di Atri e di Silvi, con un nuovo ricorso al Tar dell’Aquila per opporsi all’atto aziendale della Asl di Teramo del 6 marzo 2012.

Nella loro opinione, infatti, l’atto aziendale penalizza il presidio ospedaliero di Atri, oltre al fatto che non è stato portato all’attenzione del Consiglio dei Sanitari come richiesto dal decreto legislativo 502/1992 e che, in quanto applicativo del Programma Operativo del 2010, può essere travolto dal profilo di illegittimità.

Nominato come legale l’avvocato Simone Dal Pozzo del Foro di Chieti, che pertanto promuoverà ogni azione giudiziaria utile per scongiurare il ridimensionamento del nosocomio atriano.




New York: Requiem per la Rai Corporation All’asta il “cimelio” in USA della TV italiana

Ap – Commenti

New York:

Requiem per la Rai Corporation

All’asta il “cimelio” in USA

della TV italiana

di Lino Manocchia

Non è una di quelle notizie che ti tolgono il sonno. Si tratta di riferire ai nostri lettori che la Rai Corporation, fondata nel 1960, alle ore

16,00 di venerdì della scorsa settimana, ha ufficialmente chiuso i battenti del suo ufficio, allestito – dopo una lunga permanenza nel maestoso grattacielo lungo la Avenue of America, il non plus ultra della modernità – nella TreBeca, laggiù sulla 32ma avenue, ove si era trasferita. (Nella foto l’ingresso della sede di N.Y.)

Una brava accurata segretaria sta compilando la lista dei ”cimeli”, di quella che fu un’organizzazione invidiataci in America, per poter dare il via all’asta che tantissimi interessati seguiranno tra qualche giorno. Intanto la Rai ha deciso che, riducendo il lavoro di produzione, si potranno chiudere alcune branche dell’organizzazione. Un passo senza dubbio drammatico che consentirebbe alla Rai di salvare 115 milioni di dollari, mettendo all’asta tutta la disponibilità nel 2012, unitamente ai 95 milioni annunciati lo scorso maggio. A Roma si pensa, insomma, che se tutto va secondo i piani il “board“ della Rai potrebbe chiudere alla pari agli inizi del 2013.

Scuotendo la testa la brava signora segretaria sussurra: «Sono sicura che il compianto Direttore Pachetti si rigirerà nella tomba ed imprecherà.»

Personalmente ricordo di aver lavora-to fianco a fianco con Ruggero Orlando (nella foto con il nostro Lino – ndr), giornalista sobrio ed attento alle spese; mi sovviene un episodio: allorché le presentai Ruggero Orlando, mia madre, che da buona Toscana non seppe tener chiusa la bocca, disse ad alta voce: «Signor Orlando, lei viene a lavorare alla Rai con la “stozza”, vero?» Infatti Ruggero aveva l’abitudine di prepararsi a casa il panino per mezzo-giorno.

Va detto che il periodo direttivo di Renato Pachetti e Umberto Bonetti fu uno dei più interessanti e prolifici periodi dell Corporation, la quale, ora, ha conse-

gnato il bigliettino rosa di licenziamento a

66 impiegati di varie categorie, salvando i tre corrispondenti ufficiali Rai, grazie all’affitto di tre cubicoli, della Associated Press .

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ABRUZZOpress – N. 133 di Martedì 17 Aprile ’12                                                                                                                  Pag 2

Alle risentite proteste degli impiegati, che la Rai di Roma combatté contro l’ammissione di un sindacato – meno potente di quello italiano –  il direttore Guido Corso spiega: «Noi intendiamo creare una differente situazione allo stato; forse Roma procederà ad assumere una compagnia esterna, capace di condurre avanti un’altra Rai corp.»

Ed  i 66 defenestrati?

«Una dozzina di tecnici riceveranno soltanto il compenso di un anno di paga, il 50% del quale verrà assorbito dalle tasse. Abbiamo molti dipendenti tuttora con la cittadinanza italiana. Volendo, potrebbero essere trasferiti alle Sedi Rai in Italia.»

Dichiarazione che ha trovato per risposta aggettivi come: “astrusi, divaganti, faciloni”. Purtroppo, anche il Consolato di New York, che da poco ha a capo la signora dottoressa Natalia Quintavalle, si trova con le spalle al muro.

Lo fa presente la Vice Console signora Pasqualini: «Mentre il Governo italiano lotta per liberarsi dalla crisi economica, il budget ha imposto tagli alla maggioranza del personale del consolato, e suggeriscono anche la chiusura del minuscolo consolato del New Jersey, causa la riduzione di un terzo del budget.»

Saggio il commento di un addetto al montaggio di servizi televisivi della Rai: «Prima hanno fatto in gara tra chi in Rai spendeva di più, ora, come un topolino nella trappola, inventano storie, gettano alle ortiche un interessante patrimonio.»

Un particolare del quale il cronista fu testimone: un’arrogante giornalista, amante dei viaggi d’oltr’Alpe, mandata per premio in America, assunse l’incarico di “inviata”, e, presentatasi al direttore Renato Pachetti, l’audace signora, pretese l’assunzione di un truccatore, il quale, durante la settimana, rendeva attraente la giornalista, al “modesto prezzo” di 600 dollari la settimana.

Sulle avventure e disavventure della Rai corporation si potrebbe redigere un volume di prim’ordine, ma a tagliare le corna al toro, come dicono in Toscana, è giunto, gradito o meno, l’attuale Presidente italiano Mario Monti – da qualcuno  definito “il Mister salva spese” – che strozza i poveretti, mentre il direttore Lorenza Lei tende a ripianare le esposizioni: «La chiusura non costituisce un depotenziamento dell’attività dell’agenzia, ma una variazione del modello di produzione.»

I licenziati ridacchiano e commentano: «Belle parole, facili a pronunciarsi, che però renderanno difficile ogni tentativo di ripresa.»

Intanto la docile segretaria trascorre le sue otto ore al giorno per allineare il prodotto da vendere all’asta, che frutterà alcuni milioni di dollari alla Rai di Roma, la quale è già pronta a cedere il ricavato a qualche cantante intronato, dal tempo e dai fischi, in barba al buon senso, alla logica e alla comprensione.

L.M.

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Abruzzo. RAFFAELLA CASCELLA IN ARGENTINA: MISSIONE COMPIUTA

16 aprile 2012

RAFFAELLA CASCELLA IN ARGENTINA: MISSIONE COMPIUTA

L’eclettica artista abruzzese a La Plata, con il progetto Lectura Dantis Figuralis

di Goffredo Palmerini

PESCARA – E’ rientrata da qualche giorno dall’Argentina, stanca ma soddisfatta d’aver realizzato, in collaborazione con l’Università Nazionale di La Plata, un singolare progetto culturale, patrocinato dalla presidenza centrale della Società Dante Alighieri. Mesi di contatti, di preparazione artistica. Mesi anche d’attesa, per un sostegno economico dalla Regione Abruzzo, modesto, che non è venuto. Ma alla fine si parte lo stesso, agli inizi di marzo, per un mese denso d’incontri, ricco di ponti d’amicizia, fecondo d’opportunità di collaborazione artistica in un paese che con l’Italia ha qualcosa in più d’una ragguardevole comunanza di radici culturali, essendo la sua popolazione per oltre la metà d’origine italiana. E’ lontano dall’Italia il grande paese sudamericano. Eppure l’Argentina, su questa comunanza di fondo, continua ad alimentare verso il Belpaese una forte ed attrattiva passione non solo culturale, emotiva si direbbe, come quegli innamoramenti non effimeri che le distanze fisiche esaltano piuttosto che attenuarli, nel tempo e nello spazio. E in questo humus di forte affezione s’è innervato il progetto di Raffaella Cascella, eclettica artista abruzzese che al talento associa una buona dose di curiosità intellettuale e sperimentazione, portandola a ricercare partner per edificare ponti d’amicizia e di contaminazione culturale. Tutto nella consapevolezza profonda che il nostro futuro può contare su una prospettiva di nuovo umanesimo solo se si demoliscono barriere e steccati tra genti e paesi anche lontani, costruendo un mondo dove assonanze e diversità diventino patrimonio comune di valori, di popoli e persone che si conoscano sempre più da vicino e si rispettino. Giacché il destino dell’umanità può conoscere un futuro di serenità e di pace solo se si opera per condividere, più che per coesistere.

Ecco dunque come, per la seconda volta, Raffaella Cascella è tornata in Argentina, nell’area della grande capitale federale, Buenos Aires. In questa occasione con una missione culturale preparata ad hoc per quel paese latinoamericano. La presentazione del progetto, per promuoverne la realizzazione in ulteriori fasi d’avanzamento, era motivo e ragione stessa della missione. La Libera cattedra di Cultura Italiana dell’Universidad Nacional de La Plata (UNLP), non appena venne interessata sulla proposta, ne rimase intrigata e ne richiese la realizzazione, come pure la Dante di Buenos Aires. Per l’artista si prospettavano giorni intensi di relazioni e incontri. Diversamente dal precedente viaggio in Argentina, ora al lavoro realizzato in Italia si sommava quello che si sarebbe fatto in Argentina. Terra splendida, immensa, fertile, ricca di risorse e insieme ancora con sacche di povertà. L’artista abruzzese ha così vissuto un intero mese a La Plata, ospite d’una straordinaria e bella persona d’origine italiana, gentile ed accogliente: Gabriela Romairone, titolare della cattedra di Cultura Italiana nell’ateneo platense.

Raffaella Cascella ha potuto dunque assaporare il trantran quotidiano d’una famiglia argentina, con tutte le similitudini e le differenze con la nostra quotidianità. “Ho fatto la spesa nei supermercati del quartiere La Loma – racconta l’artista – e al fruttivendolo gestito da peruviani, ho passeggiato da sola nei parchi e lungo le calles e le diagonali della bella città sull’immenso estuario del Rio de la Plata. E ho potuto conoscere tante persone straordinarie: i nostri emigrati, in Argentina da alcuni decenni, i rappresentanti delle associazioni italiane, la simpaticissima coppia che presiede la comunità abruzzese di Ensenada. Tantissime persone, docenti, professionisti, giornalisti”. Durante il mio soggiorno argentino ho viaggiato un po’ nella pampa: piccole cittadine, tutte particolari, in uno scenario paesaggistico di forte suggestione”. L’hanno incuriosita, lungo le strade, gli “omaggi” dedicati a Gauchito Gil e a Difunta Correa, quasi come ex voto dei nostri santuari. Ha conosciuto antiche tradizioni popolari locali ed ha respirato l’Argentina più vera ed autentica, tra i gauchos. Per Raffaella Cascella, e non solo per lei, l’Argentina è una terra intrigante e stupenda, come poche. Affamata di cultura. Bisognerebbe solo che, anche lì, si avessero più risorse e più possibilità di fare. Ma questo è un periodo particolare per il Paese che con determinazione – e tanta speranza di farcela – cerca di superare le terribili situazioni della propria economia nelle quali gli sciagurati governi Menem e precedenti l’avevano ridotta. Ora il tasso di crescita dell’Argentina, con il governo del compianto presidente Nestor Kirchner e poi di sua moglie Cristina Fernandez, l’attuale “Presidenta”, da alcuni anni è significativo e promettente. Se ne gioverà il grande paese sudamericano per un meritato sviluppo che soddisfi le aspettative di lavoro della sua gente che, specie negli ultimi trent’anni, di avversità e disagi sociali ne ha dovuti subire a dismisura. Queste, in sintesi, le impressioni che l’artista pescarese riporta dalla sua seconda missione culturale in Argentina, con fondate possibilità di farne presto una terza.

Ma veniamo ora al progetto che Raffaella Cascella ha portato in Argentina, con l’alto patrocinio della Società Dante Alighieri, la prestigiosa associazione culturale italiana fondata nel 1889 da da Giosuè Carducci insieme a un gruppo d’intellettuali. L’artista abruzzese ebbe dall’Università di La Plata l’entusiastica adesione al suo progetto, quando glielo propose nel suo primo viaggio in Argentina. E così è nato il progetto “Lectura Dantis Figuralis – Arte, Azioni, Reazioni e Conversazione”, singolare esperienza che mette insieme letteratura, arti figurative, musica ed altre discipline creative.  D’acchito, il tema sembrerebbe persino un po’ ostico anche per gli addetti ai lavori! Eppure, quando la nave della “performance” della Cascella lascia il porto per prendere il largo, tutto s’apre ad una forte suggestione. Il 26 marzo scorso, all’Università di La Plata, la sala del Rectorato era piena. Presenti il Console d’Italia, Spartaco Calderaro e il responsabile dell’area formativa del Consolato, Otello Migliorelli, i funzionari dell’ateneo, Marcelo Belinche e Ricardo Cohen, esponenti di associazioni culturali di La Plata, Berisso ed Ensenada, giornalisti, docenti dell’università platense ma anche di altre scuole di La Plata, città con quasi 700 mila abitanti, capitale della Provincia di Buenos Aires. Presenti anche alcuni tangheros, giacché nel progetto è contemplata, e studiata, la contaminazione artistica tra danza classica e tango argentino.

Tra il pubblico tanti cittadini comuni che l’artista ha conosciuto attraverso la quotidianità del suo soggiorno a La Plata, iniziato con l’arrivo dall’Italia nei primi giorni di marzo. Tornando all’evento, la conferenza di Raffaella Cascella si è dispiegata in tutto il suo interesse, con grande apprezzamento del pubblico che le ha tributato una lunga ovazione. Al termine, molti gli scambi d’opinione sulle differenze tra scuola italiana ed argentina. E’ andata molto bene, per l’artista un successo che ha posto le fondamenta per successive esperienze. Peraltro, il progetto artistico-didattico della Cascella mostra una notevole duttilità nell’adeguarsi alle realtà locali, per la capacità d’assorbire la valenza espressiva d’ogni cultura. Ogni diversità vi può trovare un’armonica composizione. In caso d’un auspicabile successivo step del progetto, l’Asociacion Dante ha proposto di tenere la conferenza in aprile, mese in cui iniziano le sue attività culturali. Ma l’artista ed autrice del progetto prevede invece di posticipare l’evento, per renderlo fruibile anche alla scuola italiana “Cristoforo Colombo” e all’Istituto italiano di Cultura di Olivos. Molto interessata al progetto anche una delle esponenti del Centro marchigiano di La Plata, Francesca Rastelli, che ne ha proposto l’esecuzione nel loro circolo culturale cittadino.

L’artista, durante la conferenza tenuta a braccio con il solo sussidio di un dvd autoprodotto, ha avuto netta l’ impressione che portare il suo progetto in una scuola e lavorare con insegnanti italiani e argentini sarebbe stato tanto agevole quanto stimolante. Chi vive di sperimentazioni, come da anni Raffaella Cascella fa nella sua attività artistica, avverte e comprende all’istante  emozioni e reazioni che si producono nel pubblico, tra chi ascolta. E’ quanto ha confermato all’artista il dr. Migliorelli, direttore dell’Ufficio scolastico del Consolato italiano a La Plata e Buenos Aires, a consuntivo dell’evento. C’è infine da segnalare il calore dell’accoglienza che  hanno riservato all’artista le associazioni abruzzesi e l’intera comunità italiana. Persone davvero straordinarie. “Volevano che tenessi una serie di lezioni sull’arte, in italiano – racconta Raffaella Cascella ma non c’è stato tempo, e me ne sono dispiaciuta. Ho lasciato però una promessa, di farlo nella prossima missione, per la quale già molte basi sono state poste. Sono rientrata da qualche giorno in Abruzzo – aggiunge l’artista – ma il mio cuore, il mio entusiasmo e la voglia di fare sono rimasti lì, in Argentina, tra la Capital Federal e La Plata, lungo l’autopista che più volte ho percorso con amici o da sola. Oppure con il taxista, con il quale ho lungamente parlato della situazione politico-economica e culturale dell’Argentina e dell’Italia. Lì ci chiamano “tani”, noi italiani, ed io tra loro ero “tanita”. In alcuni momenti – annota ancora Raffaella Cascella – ho trovato situazioni simili, molto simili a quelle di casa nostra. Per motivi talvolta anche ovvi, ma che confermano comunque un’affinità di fondo. E poi non poteva mancare l’incontro con il tango argentino, che vivo come arte della danza e che fa parte del mio progetto. Lì, con il tango – conclude l’artista – si scopre davvero l’anima profonda dell’Argentina, l’indole della sua gente. Ho conosciuto diversi tanghéri ed un bravo maestro di tango, Mauricio Raùl Moreno, che ho invitato alla Conferenza. E’ anche intervenuto, durante i lavori. Il tango è una contaminazione talvolta non semplice da capire, eppure molto importante. Lo hanno però ben compreso i giovani presenti, con l’attenzione prestata alla conferenza. La mia collaborazione con l’Argentina continua. Spero di poter sviluppare ulteriormente questo progetto, che mi permette di esprimere, di avere e di dare tanto”.

Raffaella Cascella è nata e vive a Pescara. Inizia la formazione di pittrice nella bottega paterna. Ottiene incarichi di restauro di opere d’arte dalla Curia. Studia da ritrattista, apprendendo le varie tecniche pittoriche. Collabora attivamente con diverse cooperative di animazione teatrale, realizzando scenografie e canovacci per pièces teatrali. Nel 2001 l’Università di Glasgow le commissiona una scenografia. Crea le scene per la commedia “Il Maestro”, del drammaturgo abruzzese Luigi Antonelli. Prosegue nel percorso d’ideazione e realizzazione di laboratori d’arte nelle scuole d’ogni ordine e grado. Realizza 15 video, come sceneggiatrice, per l’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti, tre dei quali vengono premiate dall’Università “La Sapienza” di Roma. Dal 2001 è responsabile della didattica museale presso il Museo d’arte moderna “Vittoria Colonna“ di Pescara. In questo contesto, nel 2006, nasce l’idea d’un laboratorio sulla “Lectura Dantis Figuralis” per le scuole primarie, realizzato e pubblicato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Gli studi e le ricerche sulla decodificazione dell’immaginario dantesco ha portato alla realizzazione di vari laboratori. Questo in Argentina si è realizzato come  incontro-conversazione per un pubblico universitario, ma anche eterogeneo, toccando l’aspetto ludico fondamentale della somma opera dantesca, poiché non esiste alcun limite alla fruizione dell’arte e della cultura, da sempre porta della civiltà. Il risultato dei vari laboratori di Raffaella Cascella saranno oggetto di studio per il suo saggio “La dissolvenza dell’opera d’arte nell’era del post-umano”, in corso di stesura. Intanto, dopo il successo della sua missione, s’attende con interesse la prossima avventura artistica di Raffaella Cascella nel paese sudamericano, a consolidamento di quell’ideale ponte con l’Italia per il quale l’artista pescarese può vantare d’aver reso un contributo culturale di sicuro rilievo.




Argentina. LA FEDAMO ORGANIZZA A BUENOS AIRES IL III CONGRESSO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI ABRUZZESI NEL MONDO

LA FEDAMO ORGANIZZA A BUENOS AIRES IL III CONGRESSO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI ABRUZZESI NEL MONDO

BUENOS AIRES – Il 31 marzo scorso, nella città di Berazategui, grande centro dell’area metropolitana di Buenos Aires gemellato con la città di Lanciano, ha avuto luogo l’assemblea ordinaria della FEDAMO (Federazione di Istituzioni Abruzzesi in Argentina), i cui lavori si sono svolti sotto la guida dell’avv. Alicia Carosella, presidente della Federazione. L’argomento principale affrontato durante la riunione, che ha visto riunite tutte le associazioni abruzzesi in Argentina, è stata l’assunzione dell’impegno ad organizzazione il III Congresso Internazionale di Giovani Abruzzesi, che si svolgerà nei giorni 21, 22, 23 e 24 giugno nella città di Buenos Aires.

Per questo evento arriveranno in Argentina giovani provenienti da tutto il mondo, che saranno accolti dai loro coetanei della Fedamo e dal componente del CRAM (Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo) Joaquin Negri, rappresentante dell’Argentina in seno all’organismo della Regiona Abruzzo unitamente a Giovanni Scenna e alla stessa Alicia Carosella. Bisogna infine evidenziare che la famiglia della Fedamo continua a crescere giorno dopo giorno: grazie all’entrata delle istituzioni abruzzesi di Balcarce e Tandil, oggi la Federazione conta 16 associazioni sparse in tutta l’Argentina. È importante segnalare che tutte le associazioni possono vantare nei propri direttivi un gran numero giovani, così come accade per la stessa Fedamo.

Federico Mandl

Segretario FEDAMO




Macerata. DALLE MARCHE, NUOVE INIZIATIVE PER AFFRONTARE LA COMPETITIVITA’ GLOBALE

DALLE MARCHE, NUOVE INIZIATIVE PER AFFRONTARE LA COMPETITIVITA’ GLOBALE

MACERATA – Un gruppo di professionisti marchigiani, capitanati dal CAD (Centri di Ascolto del Disagio) Sociale della Marche, di cui fa parte il commercialista Giuseppe Tosoni di Civitanova Marche – nel cui staff spicca un’autentica eccellenza dell’economia, Elvio Ciccardini di Treia, presidente del Cad Sociale di Macerata e collaboratore dell’Università di Camerino – è stato ospite, nei giorni scorsi, in Kuwait, su invito personale del Rappresentante permanente del Kuwait in Italia presso la FAO, allo scopo di intessere importanti relazioni commerciali tra il Kuwait e le aziende delle Marche.

Il “Sistema Marche”, modello di sviluppo economico territoriale di successo riconosciuto un po’ ovunque nel mondo, frutto di un’economia reale e non viziosa, regolata da una relazione “umano centrica” dove è ancora l’Uomo al centro del sociale attraverso il lavoro, è del resto la filosofia che ispira, muove e reinterpreta la politica sociale del CAD. Lo Studio Tosoni, a cui il Cad Sociale si associa nelle Marche per le politiche economiche, non è nuovo a esperienze di progetti internazionali qualificati (importante la realizzazione di una piattaforma governativa nel 2006 con l’allora Ministro delle Attività Produttive,  Piero Fassino, in Cambogia) ed ancora ad attività e servizi avanzati di management finanziario in grado di supportare il cliente-imprenditore nel parossistico rapporto con il sistema bancario.

La scelta di annoverare nella delegazione una figura di spicco, come il giovane economista Elvio Ciccardini, nell’ultimo viaggio in Kuwait, risponde quindi alla necessità sempre più impellente di trovare un’ulteriore ricerca di idee e contenuti nella difficile sostenibilità del fare impresa, in relazione alla fortissima competitività globale. Il dr. Ciccardini, neo-presidente del Cad Sociale Macerata, è uno degli ideatori d’un Gruppo di Ricerca Economica CEFF’S, i cui componenti sono strutturati e collaborano con l’Università di Camerino.

Inoltre, attraverso l’associazione “CAD Sociale” concept metodologico, cura e promuove una politica economica assolutamente nuova, affiancando il sostegno alle imprese a progetti condivisi di “economia umana”. Pensiero filosofico mondiale innovativo, che nasce da  autentici luminari del terzo millennio, come l’illustre prof. Stefano Zamagni, curatore dell’enciclica Caritas in Veritate di Papa Benedetto XVI, docente dell’Università di Bologna, fino all’inglese Stuart Holland; pensiero, che vive nell’occupazione di Wall Street la sua vera rivoluzione concettuale ed in essa tenta di trovare risposte e soluzioni di economia sociale.

L’iniziativa promossa dal CAD Sociale nel Kuwait, a tutti gli effetti, può ritenersi un successo, replicabile ad altri Paesi, soprattutto al di fuori di quelli già “invasi” dal mercato globale come l’area BRIC. L’interesse, pertanto,  è rivolto ad altre realtà in cui proporre una forte crescita del fattore umano e in cui l’apporto del know how italiano possa essere fattore di crescita economica e, al contempo, sociale, come il laboratorio artigianale marchigiano, che è la “ Città Ideale” in cui ogni Uomo dovrebbe aver diritto a vivere, e di cui le Marche, unica regione plurale femminile, custodisce tutti gli “elementi”, come sottolinea Giuliana Poli, neoeletta Presidente del CAD Sociale di Ascoli Piceno.

Antonella Ventura

Nella foto, da sinistra:

Giuseppe Tosoni, l’Ambasciatore del Kuwait presso la FAO e un suo collaboratore.




USA. Steve McQueen pilota “pistolero” surreale di Lino Manocchia

Ap – Effemeridi

Steve McQueen

pilota “pistolero” surreale

di Lino Manocchia

Correva il marzo 1970, un altra 12 0re di endurance vedeva la luce sulla mitica pista di Sebring (Florida). Un folto gruppo di validi si alternava macinando chilometri su chilometri per conquistare il glorioso trofeo.


Tra i grandi il memorabile Peter Revson (foto) su Porsche 908 e l’amico-pilota-attore Steve McQueen (con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico) arrivando primo nella sua categoria e secondo assoluto a soli 23” dal vincitore, il mitico Mario Andretti su Ferrari, che mi presentò all’idolatrato attore MacQueen, col quale, il cronista, presente alla corsa, stese una interessante, talvolta strana e confusa intervista.

Fu durante le pause per i cambi di piloti, che il nativo di Beach Grove (Indiana) svuotò la mente dai momenti agro dolci della sua esistenza intervallando la conversazione con un «mi senti, mi credi?» che rendevano sempre più avvincenti i capitoli della sua problematica vita.

Senza ambage ma Terence, Steve McQueen è stato uno dei più celebri attori degli anni sessanta-settanta, famoso per il suo atteggiamento speri-colato di anti-eroe, nonostante sia sempre stato un attore problematico per registi e produttori dai quali ottenne sempre ruoli di  grande rilievo e ingenti compensi. Steve fu il prototipo esempio di una nuova star in grado di dominare la scena con il suo stile di “lover solitario”, distaccato, ma capace di usare i pugni seguendo una  sua  regola di condotta.

Nato  da  uno  “Stuntman” che abbandonò

la moglie, il piccolo Steve, appena infante, fu mandato a vivere a Slater, nel Missouri, presso uno zio. A 14 anni era già membro di una gang di strada e la madre si vide costretta a mandare il ragazzo presso una buona scuola di correzione.

Abbandonato l’istituto, Steve entrò nel corpo dei Marines dove prestò servizio dal 1947 al ‘50. Nel 1952, grazie ad un prestito fornito dal Governo  agli ex soldati, iniziò a frequentare i corsi di recitazione. Nel 1955 Steve McQueen esordiva a Brodaway, ma il grande esordio Steve lo fece, nel mondo del cinema, nel film ”Lassù qualcuno mi ama”, tuttavia la sua grande interpretazione può essere considerata quella del cowboy “Vin” nel western “I magnifici sette” di John Sturges che lo aveva precedentemente diretto in un altro film (“Sacro e profano”).

La definitiva consacrazione per Mc Queen giunse nel 1953 grazie a “La grande fuga”, in cui interpretò il ruolo dell’audace e spericolato capitano Virgil Hills, uno dei personaggi che lo resero maggiormente celebre nel mondo del cinema. A questo punto, Steve cambia il tono della sua narrativa.

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ABRUZZOpress – N. 120 di  Giovedì 5 Aprile ’12                                                                                                                    Pag 2

«Nel 1956 sposai,» dice, «l’attrice Nelle Adam (foto) dalla quale ebbi una figlia, che mi morì per acromatosi, ed un figlio, Chad, ma nel 1972  divorziammo.»

Steve accusa un sospiro pesante nel narrare l’odissea matrimoniale, specie quando cita il matrimonio con la magnifica attrice Ali MacGraw. «La nostra relazione fu piuttosto tumultuosa dato che lei mi abbandonò per un produttore (Robert Evans) che la sposò…»

Il 16 Gennaio 1980, dieci mesi prima di morire, sposò la modella Barbara Minty.

McQueen è ricordato per il talento recitativo, e per la sua passione per le corse, motociclistiche e automobilistiche.

Come noto, le più famose scene su due ruote, sono state girate per il film “Bullitt”, e nel finale del film “La grande fuga”, quando cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una motocicletta come  fosse una BMW bellica.

Alla sua morte, la sua collezione di moto comprendeva oltre 100 modelli per un valore di vari milioni di dollari, oltre alla fortuna di possedere alcune tra le più famose auto sportive.

Nel corso di un intervista, d’un tratto il volto dell’attore pilota s’illumina, mentre da stura ad una varia serie di commenti concernenti la sua vita, il suo modo di vivere, e la sua esperienza.

«Vedi,» mi dice, «Non sarò mai un buon attore, come vorrei essere; ma credo di essere buono, e poi, scusami, ma io vivo per me stesso e non devo rispondere a nessuno.»

Ma tu sei grande come attore ed i fans  ti adorano.

«No, io non credo in tutta quella roba da “eroe”. Vedi, quanto alle corse, se sconfiggi un avversario sei il migliore, quel tizio ti batte ed è lui il migliore. Tutto appartiene alla bilancia della fortuna.»

Ti consideri  più bravo attore o miglior pilota?

«Non sono sicuro se sono un attore che corre o un pilota che recita, so soltanto che correre è roba della vita,Tutto il resto prima o poi è solo questione di attesa. Ricordo bene, però, che agli inizi (1951) non mi piaceva recitare e dovevo sforzarmi per restare in campo. Mi sentivo scomodo.»

Come vorresti essere ricordato?

«Ho l’impressione che andandomene in un altro mondo, lascio la celebrità, poiché mi sento più un filmmaker, che conquista sempre più dignità. Sono stato una persona che quando crede in qualcosa e lotta come un dannato per  il successo.»

Disperatamente insicuro, McQueen ha sempre lottato come una furia scatenata per battere l’avversario. Fu l’attore pilota James Garner a suggerirgli di passare dalle corse al cinema e di non dare spazio libero agli avversari della celluloide. L’attore ci narra l’episodio con Paul Newman, quando si girò il colossal film “The towering inferno”, nel 1974. «Io chiesi ed ottenni,» precisa Steve, «che il testo doveva contenere la stessa quantità di parole di ambedue e che le ultime sentenze dovevano essere recitate da me insieme agli ultimi giri di manovella.»

Per tutta la durata della nostra chiacchierata McQueen appariva indifferente specie  allorché illustrava la sua “aspra educazione” ma senza dare massima importanza; definiva il tutto “un brutto sogno di una notte di mezza estate”. Difficile crederci, ma il giovane dell’Indiana fu il più attraente uomo del suo tempo e neppure Daniel Craig – eroe del ”James Bond” ha prodotto più vasta eco per la sua grazia felina e aura genuina del pericolo.

Nel 1979 gli venne diagnosticato un tumore alla pleura. McQueen morì in una clinica messicana in seguito a due attacchi cardiaci, venne cremato e le sue ceneri furono sparse nell’Oceano Pacifico.

Lino Manocchia




Teramo. UNITE: UNA RICERCA SUGLI EMIGRATI ITALIANI RIENTRATI IN PATRIA

UNA RICERCA SUGLI EMIGRATI ITALIANI RIENTRATI IN PATRIA

Teramo, 5 aprile 2012 – I flussi migratori nell’Euro-regione adriatica è il tema di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Teramo diretti da Emilio Cocco, della Facoltà di Scienze politiche. Il gruppo sta svolgendo un’indagine sui flussi migratori in entrata e in uscita dalle zone costiere, concentrandosi su due categorie in particolare: gli italiani di ritorno dal Sud America e i migranti dall’Est Europa.

La ricerca rientra nel progetto interdisciplinare Cavalcando i flussi: immigrati, mercato del lavoro ed integrazione sociale e culturale nella provincia di Teramo, coordinato da Everardo Minardi, del Dipartimento di Teorie e Politiche dello Sviluppo Sociale.

«Nella prima fase della ricerca – ha spiegato Emilio Cocco – il gruppo di lavoro sta concentrando l’attenzione sul fenomeno dell’immigrazione di ritorno dal Sud America, in particolare da Venezuela, Argentina e Brasile, intervistando e raccogliendo materiale e testimonianze degli abruzzesi sudamericani di seconda o terza generazione. Lo scopo è quello di capire i problemi, le aspettative e il contributo che questa comunità di “italiani stranieri” dà alla nostra provincia, ma anche di comprendere come questo importante capitale umano e sociale possa contribuire al processo di sviluppo locale e di innovazione sociale del nostro territorio».

«L’interesse della ricerca – ha proseguito Cocco – riguarda sia i casi eccellenti di successo economico di molti nostri “ritornati” che quelli forse meno noti nei quali il possesso di un passaporto italiano non basta a ricucire distanze sociali e culturali che portano verso la marginalità e la mancata inclusione».

Si invitano pertanto gli italiani emigrati e rientrati a contattare il gruppo di ricerca (tel. 0861 266029 – e-mail: ecocco@unite.it) o a visitare la pagina facebook “italiani di ritorno”.




Canada. Dietro il filo spinato / Oltre il filo spinato. Due nuove pubblicazioni sull’internamento degli italo-canadesi durante la II Guerra mondiale di Roberto Ciuffini

Dietro il filo spinato / Oltre il filo spinato

Due nuove pubblicazioni sull’internamento degli italo-canadesi durante la II Guerra mondiale

di Roberto Ciuffini

Licia Canton
Licia Canton

MONTREAL – Lo scorso 16 marzo, presso la Casa d’Italia, edificio simbolo della comunità italiana in Canada, sono stati presentati due libri appena pubblicati dall’editore Guernica, in collaborazione con l’Associazione degli Scrittori Italo-Canadesi (AICW) e la rivista Accenti Magazine. Si tratta di Beyond Barbed Wire: essays on the internment of italian canadians e Behind Barbed Wire: creative works on te internment of italian canadians. Pur essendo incentrati sullo stesso tema e pur avendo titoli assonanti, i due libri sono abbastanza diversi per contenuti, impianto, impostazione e stile narrativo. Entrambi, comunque, hanno come obiettivo quello di proseguire l’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nazionale su uno degli episodi più dolorosi e controversi della recente storia canadese.

Behind the barbed wire (Dietro il filo spinato) è un libro di fiction, un compendio di storie, racconti brevi, poesie e mini drammi teatrali ispirati all’episodio dell’internamento. Beyond the barbed wire (Oltre il filo spinato), invece, è una raccolta di saggi accademici dal taglio storico-analitico che affrontano il tema dell’internamento da diverse prospettive: storica, letteraria, culturale. Questo secondo volume è stato pubblicato in cooperazione con il Columbus Centre di Toronto e alcuni dei saggi che vi compaiono erano già apparsi, in forma ridotta, sulla rivista Accenti Magazine, diretta da Licia Canton e Domenic Cusmano. L’intero progetto è stato finanziato dal Ministero dell’Immigrazione canadese, in particolare dal Community Historical Recognition Program (CHRP).
La vicenda storica dell’internamento va contestualizzata dentro un quadro politico e storico che è quello immediatamente successivo all’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. Il 10 Giugno 1940, sull’onda delle vittorie riportate dall’esercito tedesco sul fronte orientale (Polonia) e occidentale (Francia), l’Italia fascista di Benito Mussolini, fino a quel momento mantenutasi fuori dal conflitto, decise di schierarsi a fianco dell’alleato nazista dichiarando guerra alla Gran Bretagna e alla Francia e, di riflesso, anche ai loro alleati, Canada compreso.
L’entrata in guerra a fianco alla Germania cambiò radicalmente i rapporti diplomatici fra l’Italia e le altre democrazie occidentali. Come scrive Filippo Salvatore in uno dei saggi di Beyond the barbed wire, fino a quel momento Mussolini e il fascismo erano stati tollerati piuttosto benevolmente dalle cancellerie e dai governi degli stati democratici, Stati Uniti e Gran Bretagna compresi. “Fra il 1922 e il 1936” – scrive Salvatore – “Mussolini fu considerato uno statista di livello mondiale, mandato dalla divina provvidenza per difendere il mondo occidentale dalla minaccia comunista. Sia il primo ministro canadese McKenzie-King che Winston Churchill, nei primi anni ’30, affermarono pubblicamente che Mussolini era il più grande leader politico mondiale”.

Un giudizio tanto lusinghiero iniziò a incrinarsi già nel 1936, in seguito alla conquista italiana dell’Etiopia. Ma fu solo con la dichiarazione di guerra del 1940 che Mussolini, e con lui tutti gli italiani, vennero degradati al rango di nemici. Il 10 Giugno, pertanto, fu un giorno nefasto anche per gli italo-canadesi. Esso segnò l’inizio del periodo più buio e triste della loro storia. Invocando il War Measures Act, una legge che permetteva di usare misure straordinarie e procedure d’emergenza in caso di guerra, il governo canadese sospese i diritti e le libertà fondamentali di circa 7000 persone di origine italiana, senza che a loro carico ci fosse alcun indizio di colpevolezza o prova di reato. Gli arresti e i rastrellamenti vennero effettuati in base a pure congetture o, peggio, sulla scorta di dicerie e informazioni false artatamente costruite da spie prezzolate.
Gli italiani arrestati e condotti nei campi di lavoro di Kananaskis (Alberta), Petawawa (Ontario) e Gagetown (New Brunswick) furono circa 700. Per molti la prigionia durò solo pochi mesi, ma vi furono casi in cui essa si protrasse anche per quattro anni. E coloro che scamparono all’arresto vennero comunque sottoposti a controlli e ad altre forme di restrizione della libertà, come ad esempio l’obbligo di presentarsi mensilmente “a rapporto” presso le sedi della polizia canadese. Le conseguenze degli arresti e degli internamenti si riverberarono, come è facile immaginare, anche sulle famiglie degli internati e, più in generale, su tutta la comunità italo-canadese. Oltre alla vergogna, le famiglie dei prigionieri dovettero subire privazioni, pignoramenti, sequestri  e congelamenti di beni e patrimoni, che le gettarono in grandi difficoltà economiche.
La pubblicazione dei volumi Beyond e Behind the barbed wire getta una nuova luce su un episodio in fin dei conti ancora poco conosciuto non solo dai canadesi ma anche dagli stessi italiani. L’internamento viene analizzato in un’ottica nuova, che consiste sostanzialmente in un approccio e uno sguardo multi e interdisciplinare. “I due volumi rappresentano un ulteriore, importante contributo alla storia degli italiani in Canada” – ha detto nel suo discorso d’apertura Pasquale Iacobacci, direttore della Casa d’Italia – “dopo le opere di molti intellettuali, come la Città senza donne di Mario Duliani, il film Barbed wire mandolins di Nicola Zavaglia, l’Histoire des italiens de Montreal di Bruno Ramirez”.

I due libri” – ha spiegato Licia Canton, una delle animatrici del progetto – “sono il risultato di un progetto nazionale pensato per sensibilizzare l’opinione pubblica su un periodo storico dai contorni ancora molto oscuri. Ci piacerebbe molto che su questi avvenimenti nascesse una nuova consapevolezza, e non solo all’interno della comunità italo-canadese. Sarebbe bello se riuscissimo a far conoscere questi fatti anche al di fuori dei confini canadesi, a cominciare magari dall’Italia”. Proprio per questo, i due libri sono disponibili gratis e il loro lancio è stato accompagnato da una serie di presentazioni e incontri itineranti svoltisi  nelle più importanti città del Paese: Montreal, Ottawa, Toronto, Halifax e Vancouver.

roberto.ciuffini@gmail.com