San Marino. GIOVANNI IOVACCHINI – MOSTRA FOTOGRAFICA “APPUNTI SPARSI DI VIAGGI”

 

Spazio Espositivo “Qui Arte”

Via Gino Giacomini, 37

SAN MARINO

31 MARZO 2022-ORE 17

 

Le fotografie di Giovanni Iovacchini docente FIAF e benemerito della fotografia italiana, oltre quaranta, esposte nello Spazio Qui Arte di San Marino, rappresentano il segno di un “viaggio” dell’animo, attraverso il quale il fotografo pescarese testimonia le culture, le differenze, le storie dei suoi viaggi intorno al mondo.

“Non è un reportage– afferma con calma- ma uno scambio con le persone, i paesaggi, le cose, gli edifici. Sono attimi con i quali interagisco. Voglio capire ciò che sto fotografando”.

Dalla Tanzania all’Armenia, dalla donna con il suo bambino che chiede l’elemosina per strada, alla frenesia del mercato a Zanzibar, ciò che traspare sono le tracce che quelle immagini lasciano nel suo racconto, ciò che la lucerestituisce in sofferenze, emozioni che Iovacchini porta con sé, nel proprio viaggio di ritorno, attratto dal confronto con la propria vita.

Insomma una sorta di viaggi al plurale, nel suo personale viaggiointimo e profondo, di chi ama la vita,in cui la fotografia si solleva dalla pura tecnica, necessaria ma mai fine a se stessa, per riempire lo spazio di domande, di segnali che provengono dalle immagini oltre l’obiettivo, e ai quali le persone che guardano le sue foto, siano in grado di rispondere e difarsi coinvolgere. Solo così la sua foto diventa testimone, messaggio e passaggio dai personaggi, dagli incontri,dalle cose, che giungono a noi che le guardiamo.Una foto interattiva, empatica, fino a diventare in alcuni casi sociale.

Dal suo Abruzzo, al Portogallo, dall’Armenia alla Sicilia, a New York, il suo sguardo sul mondo ci rende tutti uguali, con le nostre sofferenze, con la nostra felicità, perché quelle foto ci parlano e Iovacchini ci fornisce la chiave, attraverso le sue immagini, per farle diventare nostre, che ritraggano la povertà, il fango delle strade, la mancanza d’acqua, i bambini o piuttosto la città moderna con il proprio messaggio di solitudine e di violenza.

“Siamo sicuri di essere noi occidentali quelli più felici?”si chiede Giovanni Iovacchini, curioso, al termine dei sui tanti appunti sparsi, usati come pretesto del suo lungo viaggio dell’animo, questa volta al singolare.

Uno stimolo in più per visitare questa mostra, patrocinata dalla FIAF e dall’ASAF, che si inaugurerà giovedi 31 marzo alle ore 18 erimarrà aperta fino al 30 aprile 2022.

Beniamino Gigante




ROMA. 8 MARZO ALLA CAMERA, PER RICORDARE UNA DONNA STRAORDINARIA: MADRE FRANCESCA CABRINI

 

Un riflessione sulla missionaria “Angelo dei migranti”, nelle opere dell’artista Meo Carbone

ROMA – Si terrà l’8 marzo 2022 alle ore 12, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati (Montecitorio, via della Missione 4), una riflessione a più voci sulla figura e l’opera diMadre Francesca Saverio Cabrini(Sant’Angelo Lodigiano, 15 luglio 1850 – Chicago, 22 dicembre 1917), missionaria“Angelo di Migranti”, nelle opere dell’artista Meo Carbone.

 

Interverranno all’evento portando i loro contributi, in presenza o in collegamento da remoto, personalità istituzionali e studiosi:On. Fucsia Nissoli Fitzgerald(Deputata eletta in Nord e Centro America), Sister Barbara StaleyMsc(Superiora Generale Missionarie Sacro Cuore), Mons. Giancarlo Perego(Presidente Fondazione Migrantes e arcivescovo di Ferrara), Meo Carbone(Artista), Dominic Candeloro(Professore emerito Università di Chicago, storico dell’Emigrazione Italiana), Claudio Crescentini(Professore e storico dell’arte), Fabio Capocaccia(Presidente CISEI di Genova), Goffredo Palmerini(Giornalista e scrittore), moderatore Gianni Lattanzio(Presidente Confassociazioni International). In collegamento via skype anche la Casa Natale di Madre Cabrini. WebTV.

 

https://webtv.camera.it/conferenze_stampa.

 

L’arte è un medium di straordinario richiamo per avvicinare le persone al tema delle migrazioni e dell’emigrazione italiana in particolare. L’artista Meo Carbonela racconta da tre decenni attraverso la pittura e la scultura, come nel corso del 2021 con la Mostra “Madre Cabrini, l’Angelo dei migranti”, dedicata a Madre Francesca Saverio Cabrini, esposta a Codogno e poi a Sant’Angelo Lodigiano,dopo le precedenti mostre a lei dedicate nel 2016 e 2017 a Roma, Genova, Milano e Chicago. Prossimamente in progetto è anche una mostra a New York.

 

Significativa l’opera dell’artista nell’illuminare l’Emigrazione italianacon numerose esposizioni in Italia e all’estero e con eventi culturali associati. L’Emigrazione italiana, la più grande diaspora della storia dell’umanità, è un fenomeno che ha interessato quasi 30 milioni di italiani nell’arco di poco più di un secolo, tuttavia relegato ai margini della nostra storia nazionale. L’esercito di braccia che partì dall’Italia verso le terre d’emigrazionesi trovò a dover affrontare inimmaginabili e drammatiche vicende umane, a lottare ogni giorno contro sospetti e pregiudizi, a subire spesso angherie d’ogni sorta, a doversi confrontare in competizioni durissime con sistemi sociali sconosciuti e condizioni di lavoro altrettanto precarie. Oggi di questa storia si conosce – ma neanche poi tanto approfonditamente – la parte gloriosa: i successi e il prestigio che gli italiani delle generazioni successive alla prima emigrazione,80 milioni di oriundi nel mondo,hanno conquistato in tutti i campi nel corso di questa vera e propria epopea.

 

Nella storia della nostra emigrazione un ruolo rilevante lo hannoanche i religiosi, uomini e donne. Basti pensare aMons. Scalabrini,a Mons. Bonomelli e appunto aMadre Francesca Cabrini, diventata la prima Santa degli Stati Uniti. Ultima di undici figli, maestra elementare, Francesca Cabrinimaturò la vocazione religiosa e nel 1880 fondò la congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore. Avrebbe voluto andare in Cina, ma Leone XIII la mandò negli Stati Uniti per l’assistenza agli emigrati italiani. Donna ed evangelizzatrice straordinaria, dalla costa atlantica penetrò anche all’interno del continente nordamericano e poi scese anche in America Latina, fondando un’ottantina di istituti, scuole, orfanotrofi, ospedali. Grande la sua opera negli Stati Uniti (New York, Chicago, New Orleans e in altre città) dove nel 1909 diventò cittadina americana. Dovunque potesse arrivare arrivò la sua opera di assistenza agli emigrati e alle loro famiglie, ai poveri e agli ultimi.

 

Madre Francesca Cabrinilavorò tutta la vita per favorire l’inserimento degli emigrati nella società americana, facendone dei buoni cittadini e rafforzando in loro l’identità italiana e la fede cattolica. Morì il 22 dicembre 1917 a Chicago. Il 7 luglio 1946 fu dichiarata santa da Pio XII e nel 1950 proclamata “Patrona di tutti gli Emigranti”. La sua opera geniale e coraggiosa la fece stimare anche in ambienti anticlericali e non benevoli verso gli italiani e rilevante fu il suo contributo nel far cambiare idea sui nostri connazionali emigrati e sul loro valore. Una donna straordinaria, per tenacia, talento e coraggio, una figura significativa nel testimoniare con la propria vita, in tempi e ruoli non semplici. Ricordarla nella giornata dell’8 marzo, con un evento presso la Camera dei Deputati, significa celebrare assai degnamente il valore della donna e quanto il genere femminile ha dato e dà ogni giorno per la costruzione di un mondo migliore.

 

Goffredo Palmerini




Deceduto a Buenos Aires l’avvocato Matias Mandl, grande amico dell’Abruzzo

 

L’AQUILA – E’ scomparso l’8febbraio a Buenos Aires l’avvocato Matias Mandl. Era nato il 14 febbraio 1946 nella capitale, nato da padre austriaco e madre argentina. Il padre, ebreo, era un calciatore della nazionale austriaca. Durante una partita all’estero della nazionale di calcio riuscì a fuggire per sottrarsi a quanto sarebbe potuto accadergli, in quanto ebreo, nell’Austria ormai annessa alla Germania nazista. Gli fu proposto asilo in Inghilterra o in sud America. Scelse l’Argentina, dove, dopo un viaggio assai travagliato, giunse molto malato. Fu accolto da una famiglia di origine spagnola che riuscì a curarlo amorevolmente ed a salvargli la vita. In quella stessa famiglia trovò la compagna della sua vita, dalla quale ebbe due figli: una bimba e appunto il nostro Matias.

Durante gli studi universitari alla facoltà di giurisprudenza Matias conobbe Alicia Carosella. Entrambi si sarebbero laureati in Legge, sarebbero diventati avvocati, avrebbero aperto loEstudioJuridicoCarosella-Mandl, si sarebbero felicemente sposati e dal loro matrimonio sarebbero nati tre figli:Alfredo, Mayra e Federico.Figlia di emigrati abruzzesigiunti a Buenos Airesda Guardiagrele (Chieti), Aliciaè stata una figura di punta dell’emigrazione abruzzese in Argentina. Componente del CREI e poi del CRAM (Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo) per diversi mandati, è stata un’esponente di rilievo nella consulta dell’emigrazione della Regione Abruzzo, competente e combattiva, insieme agli altri due rappresentanti del paese sudamericano, segnatamente Giovanni Scenna, con il quale peraltro Alicia si alternò alla guida della FEDAMO, la federazione delle associazioni abruzzesi d’Argentina.Le redini nel mondo dell’associazionismo abruzzese da Alicia Carosella sono passate al figlio Federico Mandl, anch’egli avvocato operante nelloStudio legale di famiglia. Con la stessa passione Federico ha raccolto il testimone e continua a con tenacia mantenere i contatti con la terra di origine della madre, ancor oggi come componente del CRAM ed esponente della FEDAMO.

 

Ma anche MatiasMandlha un posto di rilievo nell’associazionismo abruzzese, egli che ha amato straordinariamente l’Italia e l’Abruzzo, venendo spesso con la famiglia a passarvi le vacanze. Egli è stato molto attivo nell’ambito dell’Associazione “Villa San Vincenzo di Guardiagrele” a San Martin, nell’area metropolitana di Buenos Aires, e nell’associazionismo abruzzese, assumendone anche varie cariche di direzione. Era innamorato della terra di origine della moglie, dell’Abruzzo e le sue montagne, di Guardiagrele e i borghi della Maiella. Oltre alleorigini genitoriali, austriaca e spagnola, che onorava con frequenti viaggi, molti altri viaggi erano destinatiproprio qui in Abruzzo.

 

Una persona di straordinaria cultura, sensibilità, gentilezza e soprattutto ironia, MatiasMandl. Chi scrive ha avuto modo di conoscerlo da vicino, insieme alla sua bella famiglia, agli inizi del Duemila, allorquando assunsi nella Regione Abruzzola responsabilità dell’Ufficio Emigrazione. Da allora è nata una profonda e sincera amicizia che ha portato a molti incontri e viaggi, sia in terra sudamericana che in Italia, al di là dei doveri d’ufficio. Questi ultimi più volte mi hanno portato in Argentina con delegazioni ufficiali della Regione. Voglio tra questi ricordare solola memorabile organizzazione nel novembre 2010 dell’Assemblea plenaria del CRAM, curata alla perfezione da Alicia e Matias, che si svolse aVicente Lopez, pochi chilometri dal centro di Buenos Aires. Un evento che è rimasto nel cuore di tutti i partecipanti per l’ospitalità eccellente e le iniziative a corredo di quel meeting.

 

La morte di Matias mi ha addolorato profondamente, riportandomi alla mente tutte le volte che insieme, solitamente nel mese di gennaio, abbiamo visitato terre nuove, oltre che l’Argentina in lungo e largo, il Cile, il Perù e il Brasile. Ricordo di Matias l’attenta presenza nelle varie riunioni del CRAM come fosse un abruzzese vero, l’allegria che portava, il suo umorismo fulminante e la profonda cultura, che non faceva mai pesare ma che esprimeva sempre con umiltà. Gli Abruzzesi d’Argentina lo piangono nel profondo del cuore per la qualità delle relazioni umane che aveva saputo stabilire con tutti. Come lo ricordano con affetto i delegati abruzzesi di tutto il mondo che hanno avuto la possibilità di conoscerlo. Un forte sentimento di vicinanza giunga dunque dall’Abruzzo alla moglie Alicia, ai figli e ai congiunti, come all’intera comunità abruzzese di Buenos Aires.

 

Giuseppe Leuzzi




ESORDIO ESPLOSIVO NEGLI STATI UNITI PER IL TOUR DI “TANGO ARGENTINA”. LE FOTO

 

 

Una première sold out per due giorni (13 e 14 Gennaio) al The Madison Center for the Art di Phoenix, Arizona. Un evento che ha attirato l’attenzione di network come FOX e Telemundo che sono intervenute prima della première, intervistando gli artisti e, in alcuni esilaranti momenti, prendendo parte alle prove. Tutto esaurito anche in California, nella splendida Renée and Henry Segerstrom Concert Hall di Costa Mesa (16 Gennaio).

 

E ancora un altro successo strepitoso a Santa Fe in New Mexico (20 Gennaio), davanti al pubblico del Lensic Performing Arts center. Senza dimenticare la meravigliosa accoglienza ricevuta a Las Vegas, dove lo scorso 21 Gennaio la passione portata sul palco da GD Tango e il Fabrizio Mocata Quartet ha acceso la platea di “sin city”.

 

Un inizio senza precedenti per una produzione Cami Music che vede sul palco un gruppo di artisti internazionali pronti a trasmettere al pubblico tutta la fantasia, passione e sensualità che solo il tango sa creare. Uno spettacolo coinvolgente, inarrestabile, affascinante che finora ha lasciato senza parole gli Stati Uniti che stanno ospitando il tour “Tango Argentina” che andrà avanti fino ad Aprile, toccando le principali città americane.

 

Lo spettacolo è pieno di sorprese, totalmente realizzato con la musica dal vivo, insieme alla danza e alla recitazione. Il direttore musicale si toglie anche lo sfizio di cantare un vals. L’opera si sviluppa per quadri successivi facendo allusione all’evoluzione del tango. Tra una scena e l’altra si susseguono momenti di comicità, ironia, sarcasmo, nostalgia, malinconia e di pura adrenalina. Ciascuna coppia di tango presenta uno stile e una personalità unici, così come i musicisti spiccano per capacità e virtuosismo.

 

Una sorpresa è anche l’esibizione di Giovanna Dan che dimostra grande talento nella “boleadoras” al ritmo della musica dal vivo, rompendo le regole ma senza mancare di rispetto alla tradizione. La complicità tra la musicalità e la personalità di Fabrizio Mocata, lo humor di Guillermo De Fazio e l’elegante sensualità di Giovanna Dan lo rendono uno spettacolo frizzante, genuino e di grande intrattenimento per tutte le età. Una combinazione tra talento, originalità e tanta energia. Imperdibile!

 

Sul palco 8 ballerini e 4 musicisti di fama internazionale. Il gruppo GD Tango, guidato da Guillermo De Fazio e Giovanna Dan, insieme alle altre tre coppie Marcos Pereira e Florencia Borgnia, Andres Bravo e Sarita Apel, Paloma Berríos e Maximiliano Alvarado.

 

La sezione musicale invece è curata dal Fabrizio Mocata Quartet, formato da alcuni dei musicisti più talentuosi al mondo. Fabrizio Mocata, pianista di fama internazionale, responsabile di tutti gli arrangiamenti; Moshe Shulman al bandoneon, Diana Seitz al violino e Dominic Martinez al contrabbasso.

 

Il tour, partito appunto da Phoenix lo scorso 13 Gennaio, farà tappa nei prossimi giorni a Modesto (California), Detroit (Michigan), Champaign (Illinois), Carmel (California), per poi proseguire a Febbraio, Marzo e Aprile in tutto il nord America, attraversando città come St. Louis, Orlando e New York.

 

Per rimanere sempre aggiornati potete seguire Tango Argentina tramite i canali social ufficiali

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Programmazione e organizzazione: Janet Marin (Cami Music), Derek Gleeson.

Management: Davide La Bollita (Music Art New Imagine Management)

Grafica, Comunicazione e Ufficio Stampa: Lorenzo Moriconi (The Spaceman Music)


 




Scompare a Buenos Aires il giornalista Walter Ciccione: era nato nel 1939 a Pescara, emigrato in Argentina nel 1950

 

 

 

 

diGoffredo Palmerini

 

 

L’AQUILA – “Siamo spiacenti di comunicare la scomparsa di Walter nel pomeriggio di lunedì 17 gennaio a seguito del coronavirus. Siamo profondamente grati per tutti i messaggi e il sostegno ricevuto in questi giorni. In mezzo al dolore è gratificante sapere che tante persone lo volevano e quanto! Speciali saluti dal cuore alla amata comunità italiana dell’Argentina, che ha tanto amato. Familia Ciccione”.

 

Con questa comunicazione sul profilo Facebookdi Walter Ciccionei familiari hanno dato notizia della sua morte per Covid-19. Da qualche giorno aveva compiuto 83 anni, essendo nato l’8 gennaio 1939 a Pescara, da dove nel 1950 era emigrato in Argentina.

 

Ho incontrato Walter due volte a Buenos Aires, nel 2007 e nel 2010, un’altra volta a Pescara in occasione di un suo ritorno nella città dove egli era nato. Una bella Persona per davvero, Walter. Colto, gentile e molto fine nel tratto. Eravamo diventati subito amici e ogni tanto ci scrivevamo messaggi via email. Diverse volte ho diffuso attraverso la rete dei miei contatti stampa, in Italia e all’estero, le sue interessanti riflessioni relative alla comunità italiana in Argentina e sui temi riguardanti l’emigrazione e la salvaguardia della lingua e cultura italiana. Amava fortemente l’Abruzzo.

 

Giornalista molto attento, profondo nelle analisi e chiaro nelle argomentazioni, scriveva per Tribuna Italiana, il settimanale argentino fondato nel 1977 da Mario Basti,d’origineabruzzese,e attualmente diretto dal figlioMarco Basti. Walter Ciccione ha collaborato per trenta lunghi anni con la Tribuna Italiana. Era orgoglioso delle sue origini. Ne dava testimonianza assidua in due programmi radiofonici che egli per alcuni anni ha condotto: Buonasera Argentina e De Origen Italiano. E’ stato un punto di riferimento per la comunità italiana in Argentina, dove nel 2003 aveva fondato il Centro Abruzzese di Buenos Aires (CABA), una delle associazioni più attive nella capitale del grande Paese sudamericano, diventando anche Segretario della Camera di Commercio Abruzzese in Argentina.

 

Aveva lavorato 25 anni come responsabile delle vendite nella filiale FIAT a Buenos Aires.Anche un’esperienza cinematografica per Walter Ciccione, nel 2009, attore nel film “L’uomo del grano” di Giancarlo Baudena, dove interpretava la parte di un giornalista. Così Walter, un lustro fa, aveva raccontato la sua storia d’emigrazione in un lungo articolo, dal quale riprendo un lacerto.

 

“[…] Sono nato nel 1939 ed a 4 anni subii il primo bombardamento a Pescara. Siamo stati quindi sfollati e dopo la guerra decidemmo di lasciare il paese. De Gasperi d’altronde diceva agli italiani: “Se potete andatevene”. Mia madre all’epoca aveva due fratelli in Argentina e uno negli USA. Scelse la maggioranza. Impiegammo 27 giorni, di cielo, mare, nostalgie e speranze, e quando arrivammo tutto ci sembrava più grande: non avevamo mai visto un grattacielo. Ma abituati alla nostra palazzina difronte al mare, la nostra prima reazione fu quella di voler tornare. La fogna non funzionava bene, pompavamo l’acqua quando si allagava la casa e alcuni miei compagni mi chiamavano “morto di fame”. I principali nemici di questa nuova ondata di immigrazione italiana erano proprio i vecchi italiani del primo dopo guerra. Erano invidiosi di noi perché da contadini guardavano ostilmente alla nostra scienza. Noi eravamo ingegneri, industriali o almeno più versatili. Ma alla fine ci abituammo.

 

Mia sorella, che aveva 18 anni, una bellissima ragazza, venne aiutata da Carlo Della Penna, grande filantropo vastese, che oltre alle scuole aveva fondato una fabbrica di produzione di carta tra le più importanti nel paese e Umberto Pomilio, originario di Chieti, sempre detentore di una fabbrica di cellulosa. Realizzò il sogno americano nell’America povera. Io invece, iniziai subito a lavorare, a 11 anni, in un pasticceria, la Paris, prima di entrare nella Fiat. Mio padre arrivò in Argentina come commerciante di legname ma un giorno venne truffato da alcuni suoi colleghi: al posto di cento tonnellate di legno gliene avevano consegnate solo dieci. Fu un duro colpo per lui ma riuscimmo di nuovo a ripartire. Come si nota quindi la nostra è una storia molto simile a quella di tanti altri immigrati. Il nostro amore per l’Abruzzo comunque si faceva sentire: andavamo a ballare in club italiani, si fondavano le prime associazioni, si incontravano molti abruzzesi.

 

Poi nel ’90 scoprii la mia vocazione e iniziai a lavorare come giornalista per Tribuna Italiana dove avevo già lavorato come fattorino a 13-14 anni. Il direttore è Mario Basti, un conterraneo di Ortona. In questi anni ho scritto su tutti, chissà bene o male ma molti miei articoli sono finiti su agenzie internazionali e ricevo numerose corrispondenze da Australia, Canada e via dicendo. Questo sicuramente accresce la mia autostima come quando venne qui Peppino Di Capri e si complimentò con me per un bellissimo articolo che avevo scritto su di lui.[…]”

 

Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia, l’onorificenza conferitagli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e consegnatagli il 1° giugno del 2019in una cerimonia ufficiale svoltasi al Teatro Coliseo di Buenos Aires, Walter Ciccione ha ricevuto diversi altri riconoscimenti. In una delle recentiedizioni era stato insignito a Pescaracon il Premio Dean Martin. Walter lascia un buon ricordo in tutti coloro che lo hanno conosciuto. Ha reso onore all’Abruzzo, sua terra d’origine, e all’Italia. Dall’Abruzzo un forte abbraccio di vicinanza e condoglianze alla sua famiglia!

 

Nella foto Walter Ciccione (a sinistra) riceve un riconoscimento presso la sede dell’Ambasciata d’Italia dal Presidente del Comites di Buenos Aires, Dario Signorini.




Premio internazionale Federico II: tra gli insigniti anche Goffredo Palmerini. A Cefalù il 10 dicembre scorso il riconoscimento a personalità italiane, poi a Bordeaux e Bratislava

 

PALERMO – Promuovere e valorizzare le bellezze artistiche, storico culturali e museali della Sicilia e della Francia e tributare riconoscimenti a quelle personalità ed eccellenze italiane, francesi e di altre nazionalità che si sono particolarmente distinte nel corso dell’anno.Questo l’intento del Costa Normanna International “Premio Federico II”,manifestazione promossa dall’istituzione culturale “Maison France-Italie” con sedi a Palermo e a Bordeaux, rappresentata in Italia dal presidente Giuseppe Di Franco e in Francia dal vice presidente Maria Luisa Macellaro La Franca. Del consiglio di Amministrazione dell’istituzione sono inoltre componenti l’imprenditrice turistica Caterina Di Chiara, il direttore dell’Opera di Bordeaux, Salvatore Caputo, e la giornalista Giovanna Cirino, che ha condotto l’evento.«Il premio è nato con l’intento di realizzare un itinerario storico, musicale e socio culturale tra l’Italia e altre nazioni Europee – ha dichiarato il presidente Giuseppe Di Franco – così come previsto dal progetto internazionale “Classique-Sacred& Federico II Award” che sarà realizzato nel mese di giugno 2022 a Bordeaux, in Francia, e in luglio a Bratislava, in Slovacchia». L’edizione 2021 si propone di realizzare un itinerario culturale tra l’Italia, la Francia e le altre nazioni europee, con lo scopo di valorizzare l’ingente patrimonio storico museale e culturale presente in Sicilia e nella Nouvelle Aquitaine, in Francia.

La prima edizione del Premio internazionale Federico II, organizzata in collaborazione con la Fondazione Culturale Mandralisca e con il patrocinio del Comune di Cefalù, ha tenuto la cerimonia di premiazione il 10 dicembre scorso nel Salone Pinacoteca del MuseoMandraliscadella splendida cittadina siciliana. Come deliberato dalla giuria, composta da Maria Luisa Macellaro La Franca (direttrice d’orchestra e vice Presidente di Maison France-Italie), Pier Luigi Matta (Ambasciatore nel mondo di Maison France-Italie e vice Presidente della Libera Università della Politica), Vittorio Lo Jacono, (storico e scrittore), Caterina Di Chiara (Presidente Zonta Club Palermo), Alessio Arena (scrittore e poeta),Giovanna Cirino, (giornalista) e Diego Cannizzaro (compositore e organista), queste seguenti sono le personalità cui è stato tributato per l’anno 2021 il Premio internazionale Federico II e che, nella suggestiva cerimonia, hanno ricevuto l’artistica statuetta raffigurante l’imperatore stupor mundi, chenel 1250 morì a Palermoe nella cui cattedrale riposa.

Josephine Maietta

Flora Mondello– imprenditrice e architetto

Mario Nanni– giornalista e scrittore

Chiara Iaria – dirigente medico Malattie Infettive Ospedale Civico di Palermo

Laura Campione– presidente Croce Rossa Italiana di Palermo

Giovanni Matta – scrittore

Antonio Barracato – artista, poeta e organizzatore di eventi culturali

Norino Buogo – musicista e compositore

Giampiero Cannella –giornalista e scrittore

Andrea Cusumano – regista, attore e direttore artistico

Nicola Navarra – ingegnere

Goffredo Palmerini – giornalista stampa italiana all’estero e scrittore

La proposta di conferimento del premio al giornalista e scrittore abruzzese Goffredo Palmerini è arrivata dagli Stati Unitidirettamente al presidente Giuseppe Di Franco, avanzata dalla prof. Cav. JosephineBuscaglia Maietta,personalità di spicco della comunità italo americana, ambasciatrice in Usa della Solunto Foundation, Presidente dell’AIAE (Association of American ItalianEducators) e componente del Board dell’ItalianHeritage&CultureCommitteedi New York.

Sono state inoltre conferite targhe oro del premio al sindaco di Cefalù Rosario Lapunzina, all’assessore alla cultura Vincenzo Garbo, del comune di Cefalù, all’attrice Aurora Padalino, alla musicista Giovanna Ferrara, al poeta Mattia Tarantino, al musicista Giorgio Di Maioe al prof. Alberto Sposito(alla memoria), già ordinario di tecnologia dell’architettura presso l’Università di Palermo.L’evento ha avuto intermezzi di musica e recitazione con brani proposti dal M° Giorgio Di Maio e dall’attrice Aurora Padalino. Analoghe manifestazioni l’istituzione terràall’estero,nell’ambito del citato progetto culturale internazionale “Classique-Sacred& Federico II Award”. In particolare, il 5 giugno 2022 presso la Basilica di Notre Dame di Bordeaux con un concertodiretto da Maria Luisa Macellaro La Franca, e nel mese di luglio, in data da stabilire, presso il Castello di Bratislava, con un concerto per Organo dell’organista e compositoreDiego Cannizzaro. Nel corso delle due manifestazioni sarà consegnato il Premio Federico II a personalità insigni, che si sono particolarmente distinte nei rispettivi campi di attività.




LUTTO. SCOMPARSO A MELBOURNE CORRADO CIMATI . Nato a Paganica nel 1935, medico veterinario, era emigrato in Australia nel 1969

3 dicembre 2021

 

 

diGoffredo Palmerini

Conviviale all’Abruzzo Club

L’AQUILA – E’ scomparso il 23 novembre scorso a Melbourne, dove dal 1969 viveva ed esercitava la professione di medico veterinario, il dr. Corrado Cimati. Era nato a Paganica (L’Aquila) nel 1935, il prossimo gennaio avrebbe compiuto 87 anni. Dai sessantenni in su tutti a Paganica lo ricordano per la sua corporatura atletica, l’altezza superiore alla media di allora, la giovialità, il sorriso pronto e quel suo fascino da attore cinematografico, invero mai tentato sul set ma che tanto piaceva alle donne della sua età e anche alle altre.

 

Dopo il liceo Corrado aveva raggiunto Parma per seguire gli studi universitari presso la facoltà di veterinaria nell’ateneo della bella città emiliana, laureandosi poi con il massimo dei voti e lode con una tesi sulla “Insufficienza polmonare cronica, relatore il prof. Italo Vaccari”, come riferiva il cronista del quotidiano il Tempo nella pagina aquilana, dando peraltro notizia che, forte del brillante esito degli studi, al dr. Cimati era stato subito offerto dalla società Pellsbury Companyun lavoro di consulenza per prodotti zootecnici nelle province abruzzesi e in quelle di Rieti e Terni. Corrado aveva lavorato con successo in quella società, ma aveva poi trovato un altro soddisfacente lavoro a Roma, sempre nel medesimo campo professionale ma nel settore della farmaceutica, con promettenti traguardi di carriera. Tuttavia quel che gli piaceva, e che gli aveva fatto scegliere gli studi in una prestigiosa università, era la veterinaria, ma non di ristretti orizzonti. Fu così che nel 1969, fresco di matrimonio con Gina, la compagna della sua vita, decise di emigrare. Un antesignano, indubbiamente, dell’attuale emigrazioneche vede partire dall’Italia per il mondo fior fiore di laureati e ricercatori.

Melbourne

S’imbarcarono Corrado e Ginaper l’Australia– per loro fu anche il viaggio di nozze –arrivando dopo quaranta giorni di navigazione a Sydney, dove nelle aree interne del New South Waleslo zio Adriano, fratello di suo padre Arnaldo, aveva una “farma” su un vasto appezzamento di terreno. Dopo un breve periodo di ambientamento presso lo zio, Corrado si spostò presto a Melbourne, dove trovò una nutrita comunità abruzzese e molti paganichesi. Non essendo valido il titolo di studio italiano iniziò a lavorare in diversi settori, prima di laurearsi di nuovo in veterinaria in una università del luogo, ricalcando il corso di studi che aveva seguito a Parma.

 

Del suo corso,all’esame di laurea,Corrado fu il più brillante. Tanto che gli venne presto assegnata una Clinica veterinaria statale dove operò per diversi, fin quando decise di realizzare la sua aspirazione: aprireun suo studio veterinario. Lo aprì in una bella casa in stile vittoriano, con ampio giardino intorno, che acquistò in una zona residenziale della città, ristrutturandola opportunamentead abitazione e al pian terrenoambulatorio veterinario. Vi ha esercitato la professione,con la collaborazione in segreteriadi sua moglie Gina, fino all’età di 81 anni, finquando non ha deciso di andare a riposo chiudendo lo studio, anche perché i figliAdrian eSamantha avevano scelto altre strade professionali.

Corrado Cimati (destra) a Paganica, con amici

Corradoha sempre mantenuto un forte rapporto con la famiglia a Paganica, con le sorelle Rina e Silvana, e con il fratello Vittorio, scomparso prematuramentenel 1989 all’età di 51 anni. Alimentava il rapporto con telefonate periodicheper avere notizie della famiglia e di Paganica, per rinfrescare nel ricordo le antiche tradizioni, anche culinarie. Anzi, frequenti erano le richieste di antiche ricette di famiglia che egli replicava intorno ai fornelli. Un legame con le radici che si estrinsecava anche in una quota delsuo giardino di casa, che egli aveva convertito ad orto, laddove coltivava ortaggi e legumi per le esigenze familiari, talvolta con sementi che in qualche modo si faceva arrivare da Paganica, come le famose e tipiche varietà di fagioli.

 

Nell’agosto del 2005 andai in Australia con una tournée culturale (Sydney, Canberra, Melbourne, Hobart) guidata dal presidente dell’Associazione Musica per la Pace dell’Aquila, Giuseppe Leuzzi, con il Coro Cappella Ars Musicalis diretto dal M° José Maria Sciutto. Quando arrivammo a Melbourne approfittai per andare a far visita aCorrado e Gina, nella loro bella casa. Mi accompagnarono in macchina due amici paganichesi, che vivono anch’essi a Melbourne, Silvio Moro edEmidio Rossi. Fu un bel pomeriggio di ricordi e di aggiornamenti sulle vicende della terra natale. Ci rivedemmo poi la sera seguente nel grande salone dell’Abruzzo Club, uno dei tre sodalizi abruzzesi nella metropoli australiana. Il Coro vi tenne un apprezzatissimo concerto, mentre in veste istituzionale io portai il saluto della Municipalità aquilana. Fu una magnifica serata culturale, una grande emozione conclusa con una conviviale, durante la quale incontrai altri paganichesi – Tonino De Paulis, Pasqualino Iovenitti, Marino Ciuffetelli– e tanti altri emigrati dell’Aquilano.

Melbourne Abruzzo Club, 2005

Corrado Cimati e la signora Gina

Stimato, apprezzato per schiettezza ed autenticità nelle amicizie, Corrado Cimati ha lasciato un segno significativo nella comunità italiana di Melbourne, abruzzese in particolare.Come un forte segno aveva lasciato a Paganica, nella sua comunità d’origine. Anche perché sin da giovane aveva dato segno del suo ingegno multiforme, non solo negli studi. Suo padre Arnaldo, ad inizio estate e fino all’autunno inoltrato, tirava fuori dal ricovero le sue macchine agricole. Si iniziava con la trebbiatura dei frumenti, orzo e grano, mettendo in tour la trebbiatrice con il trattore Landini testa calda, con il suo possente tuono scoppiettante, davvero uno spettacolo. La squadra dei lavoratori a servizio delle macchine, di cuiCorrado e Vittorio erano parte, facevano il giro delle aie dapprima aPaganica, quindinei paesi del circondario, a trebbiare le oppie (cumuli di covoni)digrano e orzo.

 

Poi s’andava nei paesi dell’alto Aterno, Montereale e dintorni, dove il raccolto maturava più tardi, fino ad agosto inoltrato. Finita la stagione della trebbiatura nel grande ricovero-garage, già scuderie del Palazzo ducale e trent’anni fa restaurate come Centro civico, rientrava la trebbiatrice ed usciva una straordinaria macchina spigolatrice di granturco: una vecchia Mercedes che Arnaldo aveva adattato, privandola dell’abitacolo e montando sul telaio la macchina spigolatrice azionata dal motore dell’auto. Tutto Arnaldo aveva realizzato con le sue creativecapacità meccaniche. Davvero bella quella macchina, con i fari a lanterna e quellungomuso verde sempre tirato a lucido. Si finiva praticamente in ottobre a sgranare il granturco, girando per le aie dov’era steso a seccare. Cominciava,nel frattempo,l’aratura dei campi per prepararli alla semina dei frumenti, in novembre, o per le nuove coltivazioniin primavera. C’era poi anche il mulino di proprietà, sempre in funzione, sulla statale verso il Santuario d’Appari e il Gran Sasso, dove s’andava a macinare il grano e il mais, per ricavarne le relative farine.

 

In tutte queste faccende meccaniche Corrado, che si manteneva libero dagli studi da giugno a settembrenei mesi di maggiore impegno, era magna pars nella conduzione del lavoro, insieme al dominus, suo padre Arnaldo. Finita la stagione dei raccolti nei campi l’impresa familiare avviava l’attività di norcineria, da novembre fino ad aprile. Si preparavano salsicce, salumi vari, prosciutti, pancette e guanciali, ed ogni altra genuina specialità propria della lavorazione del maiale. La famiglia Cimati aveva un norcino sopraffino, Settimio, che curava la preparazione delle carni, mentre tutti della famiglia erano addetti ai lavori di assistenza, che tanta ce ne vuole nella macellazione. Ogni anno un rosario di maiali macellati, uno dopo l’altro, alimentavano la catena produttiva di salumi di finissima qualità e sapori. DonnaEsilde, la moglie di Arnaldo, nell’attiguo negozio al piano terra di casa Cimati, nei pressi della Chiesa Madre e della piazza principale del paese, con la spiccata gentilezza e grazia che la connotavano, provvedevaa commerciare quelle leccornie agli affezionati clienti di tutto il circondario.

 

Un’altra attività impegnò Corrado prima di partire per l’Australia.Impiantò nei pressi del borgo di San Giacomo, a qualche chilometro da Paganica, un innovativo allevamento avicolo, polli e galline uovaiole, che avevano l’acme dell’occupazione, specie per le sorelle Rina e Silvana, quando dalle macchine incubatrici migliaia di pulcini nascevano e dovevano essere accuditi, prima di poterli avviare tutti alla vendita.Sembrerà singolare questo ricordo bucolico di Corrado Cimati, delle sue occupazioni prima dell’emigrazione. Credo che se potesse conoscerlo o leggerlo da lassù,in fondo ne sarebbe lieto. Egli ha infatti avuto per il mondo agricolo e la società contadina un’attenzione particolare, un grande amore, fonte di quella cultura autentica donde ha tratto quei valori umani portati con sé fino al continente oceanico.

 

***

Una Messa in ricordo di Corrado Cimati sarà celebrata a Paganica domenica 5 dicembre, alle 17:30, nella Chiesa degli Angeli Custodi.




DA MONTORIO AL VOMANO A TORONTO – LA SCRITTRICE MARIA DE DOMINICIS ARDIZZI COMPIE 90 ANNI

Maria J. Ardizzi – Made in Italy

Maria J. Ardizzi

Esiste, ormai da diverso tempo, una pubblicistica, una letteratura tutta incentrata attorno al triste e tragico fenomeno dell’emigrazione italiana verso il Nord America. Tanti sono gli scrittori del Bel Paese trapiantati nelle “lontane Americhe” – come si diceva una volta – anche di origine abruzzese, che hanno saputo raccontare il massiccio esodo italiano. Ci sono, per fare qualche nome, i vari Pascal D’Angelo, di Introdacqua (AQ), il vastese Pietro Di Donato, il famoso John Fante, di Torricella Peligna (CH), ed altri. Tra loro c’è anche una scrittrice teramana, che oggi festeggia novant’anni, della cui opera, nel corso degli anni, si sono interessati, almeno per quanto riguarda la nostra Regione, critici letterari quali Vittoriano Esposito, Pietro Civitareale, Giammario Sgattoni, Celestino De Iuliis (nativo di Campotosto, nell’Aquilano, e residente in Canada), Vito Moretti e via di seguito. Stiamo parlando della letterata, e poetessa, che in anagrafe corrisponde al nome di Maria Joseph Adina Francesca De Dominicis. Conterranea di Melchiorre Delfico (1744-1835), Maria De Dominicis è nata a Leognano, frazione di Montorio al Vomano, il 26 novembre 1931; romanziera di notevole talento, dopo aver trascorso la fanciullezza nelle nostre contrade, si trasferisce a Roma dove completa i suoi studi. Il 19 giugno 1954 sposa, sempre a Leognano, Antonio Ardizzi, un giovane studente universitario di Tossicia e, nello stesso anno, emigrano in Canada e si stabiliscono a Toronto. Nella metropoli dell’Ontario, Maria Ardizzi (in Canada e altrove le donne, dopo sposate, prendono il cognome del marito) scrive per vari giornali locali, tra i quali il Corriere Canadese, quotidiano in lingua italiana nato nel 1954, e Panorama, un mensile (sempre in lingua italiana) che ha cessato la pubblicazione, da non confondere col noto settimanale che esce in Italia. Per un breve periodo di tempo insegna lingua italiana in alcune scuole di Toronto. Nel 1980, con Made in Italy, vince il Premio letterario in lingua italiana bandito dall’Ontario Arts Council, un istituto che con un interessante programma multiculturale intende avvicinare le varie etnie che popolano quella sconfinata terra delle Giubbe Rosse. Il romanzo, che Maria Ardizzi dedica ai genitori Camillo e Concetta Marcone Graziani, viene pubblicato nel gennaio del 1982: l’autrice disegna anche la copertina del libro. Tema centrale dell’opera è l’emigrazione, vista dall’interno, vissuta in prima persona e sulla propria pelle; una tematica che la scrittrice, incoraggiata dal marito e dai suoi tre figli (Laura, Nino e Paolo), riprenderà e svilupperà nei suoi due successivi romanzi: Il sapore agro della mia terra (1984) e La buona America (1987) tutti editi dalla Toma Publishing Inc. di Toronto. Questi tre romanzi fanno parte del “Ciclo degli emigranti”. Nel novembre del 1983 la vita della nostra conterranea viene scossa da una gravissima perdita: appena ventenne muore Paolo, il figlio più piccolo. Da questa tragica esperienza nasce e si sviluppa una struggente opera in versi: Conversation with my son (Conversazione col figlio, pubblicata in inglese e in italiano nel 1985). «Ho scritto ‘Conversazione col figlio’ – dice l’autrice nella prefazione – guidata da una necessità alla quale non mi sarei potuta sottrarre anche se avessi voluto. Quando ho finito, ho sentito un immenso silenzio. In quel silenzio, la realtà umana mi è apparsa nel suo significato irriducibile ed essenziale». Dopo cinque anni, nel 1990, vede la luce Tra le colline e di là dal mare (Toma Publishing Inc., Toronto) e, nel 2000, è la volta di Women and lovers (Guernica Editions, Montreal).
Fra i tanti riconoscimenti tributati a Maria Ardizzi, sia in Nord America che in Italia, c’è anche quello di Montorio al Vomano: il 15 e 16 ottobre 1988, infatti, la nostra compaesana fu omaggiata nella Sala civica di Piazza Ercole V. Orsini, dove tenne un incontro con gli alunni delle scuole montoriesi. Lo stesso Vittoriano Esposito, noto critico letterario marsicano, presentò ed illustrò la sua produzione letteraria e il famoso attore teatrale Flavio Bucci ne declamò alcune pagine scelte. Ci fu, infine, un concerto dell’orchestra da camera “Benedetto Marcello” di Teramo, con un rinfresco offerto nel finale. Il suo nome è stato incluso in tante antologie di scrittori italo-americani e ci sono studiosi che prendono in esame tutta la sua opera, dedicandole tributi, saggi e tesi.
pietro.serrani@tin.it




MOSAICO DI VOCI – STORIE DI RINASCITA E DI SPERANZA. Imminente l’uscita del nuovo libro di Goffredo Palmerini: qui la Prefazione di Liliana Biondi

 

 

L’AQUILA –Ora in corso di stampa, èimminente l’uscita del volume “Mosaico di Voci – Storie di rinascita e di speranza”, il nuovolibro di Goffredo Palmerini, per i tipi delleEdizioni One Group. Come sempre preziosa la veste grafica, 376 pagine di storie di vita all’estero, racconti di viaggio, fatti significativi ed eventi culturali, testimonianze di personaggi che ovunque nel mondo rendono onore all’Italia: un libro denso di speranza, coraggio, fiducia nel futuro e nella rinascita del Paese, dopo i tempi drammatici della pandemia. Un volume coinvolgente, bello da leggere e da regalare per i suoi contenuti e per il prezioso apparato di splendide immagini in bianco e nero a corredo dei capitoli. Qui, con il consenso dell’editore, se ne anticipa la Prefazione di Liliana Biondi, saggista e critica letteraria, già docente di Letterature comparate presso l’Università dell’Aquila.

Prefazione

 

                                                            diLiliana Biondi       

 

La sensibilità è l’abito più elegante e prezioso

di cui l’intelligenza possa vestirsi.

Osho

 

Accolgo con gioia l’affettuoso invito di Goffredo Palmerini,amico carissimo sin dalla nostra giovinezza,a scrivere la prefazione al suo volume nascituro, ildecimo,che riuniscesuoi articoli, reportages, recensioni, relazioni, cronache eintervistestilate da maggio 2019 a tutto il 2020. Lo precedono altri nove volumi dello stesso genere (Oltre confine, Abruzzo Gran Riserva, L’Aquila nel Mondo, L’Altra Italia, L’Italia dei sogni, Le radici e le ali,L’Italia nel cuore, Gran Tour a volo d’Aquila, L’Italia ante Covid),il primo dei quali edito nel 2007: veri e propri annuariche assommati a quest’ultimoraccolgono oltre un quindicennio di intensa e ininterrotta attività,prima di osservatore, quindi, diambasciatore abruzzese nel mondo da parte di Goffredo; attività iniziatanel 2006 come componente del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM) della Regione Abruzzo e proseguita con la sensibilità che gli è notain tutti questi anni con continuità, puntualità, impegno, passione ed entusiasmo ininterrotti e crescenti, quale fosse una vera e propria missione personale intrapresa per vocazione.

 

A leggere questo suo bellissimo e intenso decimo volume, dove racconta ma come nei precedenti lascia anche raccontare, si direbbe che il tremendo “Covid 19”, che come è noto nel 2020 ha immobilizzato il mondo intero,abbia poco influitosui tanti eventi quasi tutti culturali che hanno toccato l’intero pianeta e trattati qui nel volume, che è corposo e sostanzioso non meno dei precedenti. Segno che anche restando nella sua amata Paganica, che, sempre, insieme all’Aquila è più volte protagonista, Goffredo ha mantenuto viva e ininterrotta la fiamma amicale e relazionale con l’Italia e col mondo.Non è facile esprimere cose nuove su Goffredo Palmerini e sui suoi scrittidopo che divolume in volume“presentazioni”e “prefazioni” (tutte stilate da diverse e illustri personalità della cultura, dell’arte e del giornalismo), nonchéle numerose recensioniai suoi libri (i cui testi accrescono di anno in anno le “appendici”dei successivi singoli volumi) ne hanno sottolineato ed esaltatogli innumerevoli pregi equalità.

 

Era il 30 gennaio 2009 quando nel salone delle conferenze dell’allora banca aquilana della Carispaq presentai ad un folto pubblico il suo secondo nato,Abruzzo Gran Riserva (Colacchi,L’Aquila 2008). In quell’occasione sottolineai la vitalità dei suoi servizi giornalistici, godibili «per ricchezza di dati, di tecniche e di competenza», e continuai: «In tutti gli articoli Goffredo mostra di essere un ottimo osservatore, un attento uditore, uno scrupoloso documentarista; mostradi sapersi porre dalla parte del lettore intuendone talvolta quei piccoli vuoti di conoscenza che impedirebbero il gusto pieno della lettura del testo, e che egli colma per dare la notizia a tutto tondo, con toni colloquiali, gentili, corretti: un giornalismo, il suo, mai frettoloso, mai di parte, garbato ed edificante: un giornalismo inteso come ministero nel suo significato etimologico e istituzionale piuttosto che come professione».

 

Bene, a undici anni di distanza non solo le qualità si sono affinate, ma si sono moltiplicati ed elevati i campi d’azione e di osservazione.Sette anni dopo, il 21 marzo 2016 (intanto L’Aquila aveva subito il disastroso terremoto del 2009),presso l’Auditorium “Elio Sericchi” della Bperbanca (che nel 2013 aveva incorporato la banca cittadina Carispaq),mi onoravo di presentare il sesto volume,Le radici e le ali (One Group, L’Aquila 2016). Riporto,ancora, alcune mie valutazioni che a cinque anni, da allora, trovo validissime anche per questo decimo nascituro: «Il libro è bellissimo e godibile sotto tutti i punti di vista: stilistico (narrativo oltre che descrittivo-relazionale), contenutistico (ha una miniera di notizie, le più disparate), iconografico (con […] immagini magistralmente inserite dal grafico della One Group Duilio Chilante, non a corredo ma parte integrante degli […] interventi che contiene).Goffredo, infatti, non utilizza il solo senso della vista nel rappresentare paesaggi, città, itinerari, persone, eventi; egli accompagna il lettore facendogli rivivere immagini e sensazioni con pacatezza, con partecipazione d’animo, con sentimento, con gradevole senso estetico, così che talvolta il respiro dello scrittore va oltre la veridicità del giornalista».

 

Ecco, come ripeto, un grande passo avanti si è comunque compiuto. Negli anni, le già buone competenze scrittorie e stilistiche di Goffredo si sono ulteriormente depurateman mano che si ampliassero orizzonti e argomenti da trattare. Nel voler ritrarre gli innumerevoli luoghi:quelli raggiunti o visti dall’aereo o dal pullman o dal taxi, o gli eventi a cui assiste (e questi ultimi sempre più rilevanti e autorevoli),la narrazione si personalizza, si fa dinamica, animata; il giornalista lascia il passo allo scrittore viaggiatore,narratore partecipe e testimone dell’emozione che il luogo e l’evento suscitanoin lui, spettatore o testimonedi un preciso momento, quello che vuole far vivere visivamente ed emotivamente al suo lettore. E siccome i quindici anni di così dinamica attività è bene ricordarli, mi piace riportare anche in questa prefazione al decimo volume le sempre attualissime parole che Errico Centofanti scrissenella “prefazione” al quinto volume di Goffredo, L’Italia dei sogni (One Group, 2014),che feci mia anche nel 2016 il giorno della presentazione del volume prima citato:

 

«Adempie a una funzione di straordinario spessore il lavoro che Goffredo Palmerini svolge da anni mediante la diffusione di notizie attraverso il circuito mondiale di contatti da lui costruito con appassionata meticolosità. Non si tratta di un’attività da agenzia di stampa. Goffredo produce reportages dettagliati, precisi, accuratamente documentati, su avvenimenti e persone di entrambi i fronti: parla delle cose italiane che possono suscitare l’interesse di chi vive altrove e a noi racconta quel che mai verremmo a sapere di quell’altra Italia fatta di decine di milioni di uomini e donne che vivono all’estero e nelle cui arterie scorre sangue d’origine italiana. Quei reportages circolano in Italia e in dozzine d’altri Paesi attraverso la rete internet, entrano nelle case e nelle sedi di associazioni, vengono ripresi da testate on line e cartacee, dando luogo a un incrocio di informazioni e riflessioni con cui si accrescono ogni giorno la consapevolezza della realtà e l’attitudine a sviluppare fattori di progresso. […] Così, lentamente ma senza tregua, giorno dopo giorno, Goffredo va irrobustendo il ponte di cui v’è necessità per scavalcare quel burrone di reciproca indifferenza che decenni di disinformazione e cattiva informazione hanno scavato tra gli italiani d’Italia e gli italiani dell’Italia fuori d’Italia» (p. 9).

 

Goffredo ha utilizzato davvero tutti i mezzi più innovativi della comunicazione per irrobustire ponti ed eliminare burroni, se nel 2018, Franco Ricci, ricercatore e docente canadese di origini italiane, in un puntuale e scrupoloso articolo,La missione di Goffredo Palmerini è centrale e maestra, pubblicato nell’Appendice dell’ottavo volume Gran Tour a volo d’Aquila (One Group, L’Aquila 2018), così scrive:

 

«Goffredo rappresenta una pietra miliare per lo sviluppo di un nuovo tipo di rapporto che non comprende solo il giornalismo come reportage, ma con i suoi scritti egli installa un utilizzo dell’informatica che abbraccia e mette in rete imprenditori e operai, studenti e professori, commercialisti e casalinghe, figli piccoli e grandi, appaltatori e pensionati, in un nuovo mondo virtuale ricco di relazioni vissute forsanche più intensamente, perché accomunati attraverso l’immediatezza del messaggio e del sentimento. Vedere e sentire i nostri co-emigranti in tempo reale, via mail, Facebook, Skype, e iPad e sapere che stiamo tutti bene, che abbiamo saputo farci strada nonostante il fardello ereditato, vuol dire avere una nuova forza integrale che ci spinge a cercare nuovi contatti e possibili orizzonti da varcare. […] Tutto merito di Goffredo Palmerini, che queste storie e genti ce le racconta e lascia che si raccontino» (p. 318).

 

Le qualità di Goffredo, «vero missionario della cultura del dialogo», come lo ha definitonella “Presentazione” al libro ora citato Hafez Haidar, celebre scrittore e poeta di origine libanese,sono state apprezzate, ammirate,decantate di volta in volta da innumerevolie autorevoli personalitàcon cui egli è venuto a contattodirettamenteo attraverso i suoi scritti,i quali, anche grazie alla detta capillarerete telematica mondiale di trasmissione da lui intessuta, si leggono in tutte le parti del globo, ovunque siano disseminati gli «ottanta milioni» di connazionali, oggi così bene integrati da essere presenti anche all’apicedi società industriali, culturali, politiche, amministrative dei paesi ospitanti, come ci rende edotti Palmerini.

 

Alcune di queste amicizie, nate dai primi incontri istituzionali, sono diventate più che fraterne, come si evince anche dalla loro assidua presenza nei volumi. Ne nomino solo tre, fra le altre tanteche spero non me ne vorranno;tre persone, che grazie a Goffredo ho avuto modo di conoscere edamare anch’io, presenti anche nel decimo volume. Il più venerando, il dinamico drammaturgo aquilano Mario Fratti, un «giovane di 93 anni», conosciuto da Goffredo di persona negli Stati Uniti, dove Mario era emigrato nel 1963 con una laurea in tasca e tante belle idee troppo innovative per l’Italia di allora; negli USA, Mario Fratti si è pienamente realizzato potendo mettere inatto la propria vocazione. Oltre ai numerosi articoli, recensioni, interviste e reportagesa lui riservati, Goffredo gli dedica, memore di una fortunatissima pièce teatrale dell’Amico,Nine, il “nono” suo volumeL’Italia ante Covid (One Group, 2020). Altrettanto cara gli èla giornalista internazionale e ricercatrice Tiziana Grassi, di Taranto,insigne studiosa di emigrazione italiana e di migrazione, prefatrice dell’ottavo volume,econ la quale Goffredo condivide da sempre numerosi eventi culturali.Infine, ma solo per approfondirne il mio dire, l’imprenditore mecenate di Castelnuovo,Mario Daniele.

 

Solo una perfetta sintonia d’animo tra Mario e Goffredo poteva permettere al primo di aprirgli senza riserve il proprio cuore e i propri ricordi, al secondo di raccogliere gemme, sofferenze, battaglie e vittorie della sua vita per trasformarle in quella rigogliosa ed esemplare biografia che è Mario Daniele. Il sogno americano (OneGroup, L’Aquila 2021), presentata durante l’estate nella sua terra d’origine, in una cornice naturale di sacra amicalità, di cui mi onoro essere stata parte. Grazie a Goffredo, infatti,ho avuto la fortuna di conoscere Mario e la sua splendida famiglia già nel 2010 e costatarne di persona l’infinita generosità durante una memorabile missione nella sua città di residenza americana a Rochester, dove ero, presente anche Goffredo, con il gruppo artistico-culturale aquilanoDeltensemble.

 

Ciò detto, mi avvio adintrodurreil nascituro n.10 di Goffredo, «numero felice», «numero triangolare», numero perfetto e costituente la «tetrattide»secondo Pitagora, come perfetto è il numero tre che corrisponde alle tre gemme preziose a cui il libro è dedicato: la «piccola Ilaria, Francesco e Chiara», i suoi «splendidi nipoti». Anche per questo ringrazio Goffredo per l’invito rivoltomi a scrivere questa prefazione. Ricordo che il primo volume da me presentato (il suo secondo) era dedicato alla moglie e ai figli: ad Anna, Alessandro e Federico. Dopo varie altre dediche, questo decimo volume torna ad essere intimamente legato agli stretti affetti familiari. Non che i suoi occhi e il suo cuore si siano mai distratti da loro, perché nei diversi tomi, che aprendosi al mondo mai hanno allontanatogli occhi dalla sua natia Paganica,sempre, compreso in quest’ultimo, si trovano diretti riferimentiai suoi figli, che la vita ed i meriti da loroottenutiin questi anni lungo le diverse strade da ciascuno percorse, hanno portato ad una degna notorietà. La dedica ai tre meravigliosi nipotini è il sigillo posto sulla stirpe che procede sana, gioiosa, rassicurante, promettente nella grazia di Dio, come gemme di grano che in una precoce primavera lascianointravedereunaannatafeconda. 

 

Un’armonica continuità lega questo decimo volume a quellipassati, non solo perché sono rimaste intatte sia la struttura compositiva del volume che quella organizzativa degli argomenti esposti, ma perché alcunidi essi si ricollegano ad altri presenti nei precedenti volumi, così che numerosi sono i fili rossi che tessono e di anno in anno ampliano vere e proprie trame tematiche: sono percorsi di vita, successioni di premi internazionali, meetings annuali, convegni, libri, festival, inaugurazioni, ricorrenze di rilevanza sociale e culturale che implicano sempre l’Italia – dove l’Abruzzo giganteggia -e gli Italiani nel mondo. Per cui non ci stupiscono, ma ci onorano,i pregevoli premi e riconoscimenti che giungono numerosi a Goffredo da ogni parte, fino all’invitoricevuto dal poeta e fotografo d’arte indiano KrishanChandSethi perché partecipasse ad un importante Forum di poesia pittorica che si sarebbe dovuto tenere a Daman in India se la pandemia non avesse bloccato il mondo.

 

Goffredo, per il quale la scrittura è un dono innato, ha doti pregevoli anche per la esemplarità delle sue storie,nelle quali narrazione, racconto, cronaca e descrizione si alimentano del calore, dell’entusiasmo, della piena partecipazione, direi dellafelicità stessa dell’autore che le rivive e le stila vigilando sull’oggetto della sua scrittura con il pensiero allettore che quelle storie leggerà.La sua è una scrittura vivace e mossa, che più che fotografare fa respirare eventi ed atmosfere, da «testimone avido di positività», come ha scritto la pianista Luisa Prayer;è quanto si evince anche dalle belle foto – equelle da lui scattate sono numerose –, molte delle quali in questo volume sono davvero splendide nel gioco delle luci e delle ombre che solo il bianco e nero sa trapuntare.

 

È impossibile riassumere le tante trame del libro, ognuna godibilenella lettura: ricorrenze importanti, tra cui la Perdonanza Celestiniana riconosciuta dall’Unesco nel 2019 patrimonio culturale immateriale dell’Umanità;recensioni di testi arricchite notevolmente dalle interviste all’autore (Stefano Carnicelli); dettagliati reportages su notevoli eventi culturali nel mondo: premi letterari, riconoscimenti,lauree ad honorem, convegni, esposizioni,inaugurazioni, rassegne;e poi interviste: fra le tante interessantied utili, mi hanno colpito quelle,encomiabili, a Luigi Placidi (un italianoa Shangai), ad Anna Campagna(tra gli eschimesi del Canada), a Roberto Rosati(che vive in Guatemala);missioni, come quella culturale e rilevante di Goffredo aBelgrado, dove ha trovato molto significativa la presenza del mondo letterario serbo. Lì, l’incontro con il genere poetico, dopo quanto finora scritto, non poteva lasciare Goffredo indifferente. Con senso della misura ma con l’innata sensibilità che gli è propria,così riflette e scrive:

 

«Non ha la pretesa d’essere un’annotazione critica, che sfuggirebbe dalle mie competenze. E tuttavia vuole esprimere l’emozione che ti prende l’anima, quando gli occhi incontrano la Poesia. È l’emozione provata immergendomi in queste liriche. Non esiste mezzo più portentoso dei versi per aprirci le porte dell’anima, perché la Poesia è distillato della voce dell’anima per antonomasia. Rompe barriere, la Poesia, frantuma confini, si libra eterea conquistando orizzonti inusitati, confida le aspirazioni più autentiche, le gioie più profonde, le ansie, i dolori, le passioni e i desideri più reconditi, ma che hanno valore universale. Ci affranca dai rumori del mondo, ci restituisce la dimensione umana, nella sua nudità e nella sua purezza».

 

Seguonoaltre personali e interessanti riflessioni sul tema e ladescrizione fotografica dei luoghi.Attentissimo alle innovazioni telematiche, non poteva sfuggire a Goffredo la ragguardevole sfida del giovane pisano Filippo Baglini,fondatoredella rete radiofonica LondonONEradioche collega la Gran Bretagna e Londra (dove vivono 350.000 italiani laureati ed ivi emigrati!!!)con l’Italia e molti altri paesi europei e mondiali, e in continua espansione. Dopo averne già scritto nel precedente volume, con intelligenza e sensibilità Goffredo ne segue i percorsi.Il fenomeno migratorio, che da anni vede un incessantee inesorabile esodo extracomunitario verso l’Europa,e che in primo luogo investe l’Italia,è anch’esso ampiamente e generosamente trattato nel testo, anche con interviste e significative testimonianze: riferimento primario è il grosso tomo di Tiziana Grassi,L’accoglienza delle persone migranti – Modelli di incontro e di socializzazione (One Group, L’Aquila 2019), che in 784 pagine raccoglie testimonianze di 128 diversi specialisti in materia cheespongono aspetti, problemi e progetti del fenomeno migratorio.

 

Ben novesono i ricordi su personalitàrecentemente dipartite, perché ne resti viva la memoria, molti di essi cari anche a me, e in vari modi legati alla città dell’Aquila; gli interventi di Goffredo,particolareggiati e precisi, sono sempre partecipati, affettuosi, solidali, ricchi di ricordi privati, sonopuntuali biografie di chi ha lasciato in eredità alla società un patrimonio artistico, culturale, spiritualepolitico, sociale, amicale.Notevoli, anche in questo volume, alcuni articoli di Palmerini che oltre ad essere ottime recensionirivelano considerevoli novità storiche, come quelle che riguardanogli studi recentidiElso Simone Serpentini e di Loris Di Giovanni, La Libera Muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo e Gli illuminati. Un filo rosso tra la Baviera e l’Abruzzo, entrambi editi da Artemia Nova Editrice di Teramo, e relativi -scrive Palmerini-a ricerche storico-scientifiche sulla «presenza in Abruzzo di uomini e associazioni che in qualche modo si richiamano ai valori libero-muratori, calandosi anche nel contesto socio-culturale e della vita politica di ogni periodo storico analizzato.

 

Un vero e proprio manuale di storia ricco di 542 pagine, nelle quali si succedono, oltre alle ricerche storiche, le immagini di illustri massoni abruzzesi, diplomi e brevetti, in un percorso che dalla seconda metà del XVIII secolo arriva fino agli anni Sessanta del secolo scorso». Intellettuali, artisti, prelati, nobili (tra i quali Costanzo Di Costanzo, figlio cadetto del Duca di Paganica, che si trasferìgiovanissimo dal popoloso paese dell’aquilano in Germania) uniscono le città abruzzesi ai diversi paesi europei sin dal Settecento. Studi che non possono non riportarmi alla memoria quelli, funestamente interrotti nel 1996, del compianto collega e amico Francesco Di Gregoriosul ‘700 aquilano, in cui metteva in luce una città non isolata, ma collegata, tramite personalitàcolte legate anche alla massoneria, all’illuminismo italiano ed europeo.

 

Un ennesimo libro bello, godibile, educativo ed istruttivo, composto con sensibilità di umanista, questo del caro Goffredo, dove protagonista è l’essere umano, artefice sapientedi sé stesso in un mondo libero senza confini, in cui l’arte, la scienza, la fede, la storia, la politica non sono mai discipline disgiunte, ma piuttosto rami chiomati chericevono un’unica linfa vitale dalla pianta-essere umano che sa e deve armonizzarle con la bellezza, ilgarbo e la solidarietà, perché si cresca tutti insieme alla ricerca del meglio che è sempre da costruire.




La parrocchia di Bellante, Santa Croce e Santa Maria della Misericordia, accoglierà la Reliquia del Beato venezuelano Dottor José Gregorio Hernández: il medico dei poveri


Giunge da Oltreoceano la prima reliquia del medico che in occasione della sua beatificazione il 30 aprile
Papa Francesco ha definito: “ modello di santità impegnato nella difesa della vita, con le sfide della storia
e, in particolare, come paradigma del servizio al prossimo, come un buon samaritano, senza escludere
nessuno. Un uomo di servizio universale”.
Il Beato José Gregorio Hernández torna in Italia. Medico vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX
secolo, accademico di fama che si era specializzato in Microbiologia e Batteriologia, Istologia
normale e patologica e Fisiologia sperimentale a New York, Parigi e Berlino tra il 1888 e il 1898. Si
caratterizzò per il suo servizio ai più poveri con grande generosità. Si distinse come scienziato,
pensatore e soprattutto come fervente credente in Dio in cui riponeva tutta la sua saggezza e la sua
prestazione professionale e umana. Formatore di diverse generazioni di medici che ne hanno seguito
il cammino.
Perché torna in Italia? Nella sua breve vita, il medico dei poveri ha coltivato la sua vocazione
religiosa qui, sul suolo italiano dove nel luglio 1908 entrò nella Certosa di Farneta, in provincia di
Lucca, diventando fra Marcello. Successivamente, suo malgrado, dovette rientrare in Venezuela per
problemi di salute: ecco motivato il ritorno. Ed infine, perché a Bellante, nel teramano? Gran parte
delle famiglie emigrate in Venezuela provenivano dall’Abruzzo, e, segnatamente, da queste zone. Il
beato José Gregorio sarà, quindi, una doppia calamita. Questi chiamerà ad una vita santa e cristiana
tutto il popolo di Dio e, al contempo, sarà un punto di riferimento per gli innumerevoli italovenezuelani presenti qui da noi così come per gli altri latinoamericani residenti in queste zone.
Non è da trascurarsi che a Bellante giunge da Oltreoceano la prima reliquia del beato medico in
Italia. Un’esclusiva? Senza dubbio!
Don Julio Rosignoli
Parrocchia Santa Croce e Santa Maria della Misericordia (Bellante-Te)