All’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma “Donna linfa nella missione della Chiesa”

All’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma

“Donna linfa nella missione della Chiesa”

ROMA, 4 Ottobre ’11 – Un convegno su la “Donna linfa nella missione della Chiesa”, si terra a Roma, dalle ore 9.00 di lunedì 10 ottobre ’11, presso L’Istituto di Studi Superiori dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (via degli Aldobrandeschi 190), con il patrocinio del Pontificio Consiglio per i Laici.

La donna, sia oggi che nella storia, ha operato costantemente nel seno della Chiesa  con il proprio servizio, sia in modo visibile che in modo nascosto. Essa è sempre stata una linfa capace di scorrere in tutti i rami, anche quelli più piccoli e sconosciuti.

Le donne cristiane disseminate in tutto il mondo collaborano lungo i tempi fino ad oggi allo sviluppo della civiltà e della missione evangelizzatrice della Chiesa universale con la loro opera di insegnanti, infermiere, teologhe, scrittrici, giornaliste, catechiste, consacrate, madri, mogli e in tante altre attività.

Lo scopo del convegno dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum è riscoprire, alla luce del Magistero della Chiesa, il ruolo fondamentale della donna nella Chiesa come fermento incessante nell’opera umanizzatrice della società.

Ad aprire il convegno sarà il Cardinale Stanisław Rilko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. Tra le relatrici:  Ana Cristina Villa Betancourt, Responsabile della Sezione Donna del Pontificio Consiglio per i Laici, Flaminia Giovanelli, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Suor Paola Montisci, Responsabile Animazione Vocazionale USMI (Unione delle Superiore Maggiori d’Italia), Alessandra Caneva, coautrice della serie televisiva “Don Matteo” e Maleny Medina, del Movimento Regnum Christi.

Carlo Climati

Ufficio stampa:

i giornalisti possono rivolgersi a Carlo Climati,

Responsabile ufficio stampa dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

e dell’Università Europea di Roma. Tel. 06 665431.

E-mail: carlo.climati@upra.org




Roma. Lolli: Interrogazione in commissione Al Presidente del Consiglio dei Ministri

A Novembre 2010 le due Commissioni competenti della Camera hanno deliberato una lista di scuole in tutta Italia dove intervenire con opere, ristrutturazioni, abbattimenti, allargamenti. Dopo otto mesi il Governo ha chiesto di scorporare la lista delle scuole del nord da quella delle scuole del sud perchè, per queste, si sarebbe dovuto accedere ai fondi Fas e quindi passare per una delibera Cipe.
A distanza di quasi un anno dall’approvazione della mozione alla Camera il Cipe non ha deliberato nulla e gli Enti locali e le scuole non hanno ricevuto alcun finanziamento. Sono molti gli Enti Locali e le scuole della Provincia dell’Aquila ai quali era stata comunicata l’approvazione del finanziamento per gli interventi.
Oltre il danno, la beffa. Non solo non si è ancora potuto intervenire ed avviare i lavori nelle scuole ma Gli Enti Locali avendo ricevuto la comunicazione dell’approvazione dei finanziamenti hanno previsto in bilancio queste risorse e, in alcuni casi, hanno utilizzato risorse prorie per affrontare altre problematiche, certi del finanziamento statale sulle scuole.
Ora nessuno sa più nulla, per questo ho presentato una interrogazione al Presidente del Consiglio dove chiedo le ragioni dei continui cambiamenti di iter ma soprattutto cosa intenda fare il Governo per accelerare il più possibile la delibera del Cipe sbloccando le risorse che gli Enti Locali e le scuole attendono ormai da troppo tempo.

Interrogazione in commissione

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Premesso che

Con la deliberazione 8-00099 del 25 novembre 2010 le Commissioni Bilancio, Tesoro, Programmazione e Cultura della Camera dei Deputati hanno approvato un lungo elenco di interventi in materia di edilizia scolastica individuando progetti e richieste di centinaia di scuole di tutto il Paese

Dopo otto mesi nei quali non è stato emanato l’atto di avvio dell’iter per la distribuzione delle risorse agli Enti Locali e alle scuole da parte del Ministero del Tesoro, il Governo, tramite il Sottosegretario Sen. Mantovani in audizione il 21 luglio 2011 presso le Commissioni riunite V (Bilancio, tesoro e programmazione) e VII (Cultura, scienza e istruzione), ha annunciato la necessità di adottare una nuova Risoluzione, in sostituzione della precedente,.con l’obiettivo di  differenziare i percorsi delle scuole del nord Italia con quelli delle otto regioni del sud.

Secondo le comunicazioni del Sottosegretario i finanziamenti degli interventi per le otto Regioni del sud sono individuati tra le risorse dei fondi Fas e per questo devono passare attraverso una deliberazione del Cipe

La nuova mozione è stata approvata nelle Commissioni Bilancio, Tesoro, Programmazione e Cultura della Camera dei Deputati il 2 Agosto con il numero 8-00143

La sofferenza degli Enti Locali, ai quali era stata consegnata la lista dei progetti finanziati e che sulla base di questa comunicazione avevano programmato interventi e destinato risorse proprie ad altri interventi, sta raggiungendo livelli insopportabili, in particolare nelle zone colpite dal terremoto. Gli Enti Locali hanno definito, programmato e annunciato lavori importantissimi per la vita di migliaia di alunni, sulla base di una comunicazione ufficiale della Camera dei Deputati.

Da mesi oramai non hanno più notizie e non possono dare risposte certe alle scuole del loro territorio

Per sapere

Perché dopo otto mesi dall’approvazione della prima deliberazione è stato necessario cambiare l’iter di approvazione  per le scuole del mezzogiorno e  cosa intenda fare il Presidente del Consiglio per accelerare la delibera del Cipe visto che ogni giorno di ritardo lascia le scuole in uno stato di incertezza e gli Enti Locali, già senza risorse, senza alcuna possibilità di intervenire per risolvere i problemi delle scuole.

GIOVANNI LOLLI




Italia. Per salvare almeno una vita, basta segnalare una strada pericolosa

STRADE SICURE: VITA SICURA

Il problema della sicurezza stradale resta ancora oggi di grande attualità.

La cronaca tristemente ricorrente dimostra che la cattiva progettazione e manutenzione delle strade, l’installazione di segnaletica non conforme al Codice della Strada e al regolamento di esecuzione sono tra le principali cause di morte.

In molti casi la vita di una persona sarebbe stata salva se non ci fosse stata quella buca, se quel segnale fosse stato visibile, se quella curva fosse stata segnalata: se “qualcuno” avesse fatto il suo dovere!

Per ingiustificabili ragioni di negligenza l’ente pubblico proprietario della strada o gestore di essa, trascura gli obblighi che la legge pone a suo carico in qualità di custode di beni destinati al pubblico utilizzo. Il “pronto intervento” scatta quando ormai qualcuno ha lasciato per strada la sua vita o la sua salute. Troppo spesso il “pronto intervento” scatta quand’è ormai tardi. L’unico strumento è quello della prevenzione: un obbligo che il legislatore ha posto a carico degli enti proprietari e gestori delle strade.

Ciascuno di noi deve partecipare a questa campagna di prevenzione, perché ciascuno di noi può far sì che soggetti inadempienti siano chiamati a pagare per la propria colpa.

E così ogni volta che rilevi un pericolo in strada scatta delle fotografie e scrivi al proprietario, al gestore della strada e ad altri soggetti istituzionalmente preposti a garantire la sicurezza stradale. Il tuo impegno servirà a salvare una vita.

Per agevolare il tuo compito ti proponiamo un modello da compilare opportunamente e inviare ai soggetti indicati. In tal modo coloro i quali sono tenuti a garantire la sicurezza stradale saranno tenuti ad accertare l’insidia denunciata e a intervenire tempestivamente, pena la loro responsabilità civile e penale in caso di danni agli utenti della strada. In tal modo coloro i quali sono tenuti a garantire la sicurezza stradale non potranno trincerarsi dietro vane giustificazioni.

E se nonostante la tua segnalazione nessuno si attiverà per ripristinare lo stato di sicurezza, potrai informare le competenti autorità giudiziarie affinché in caso di danni all’utente della strada siano accertate le condotte omissive responsabili del fatto.

ENTRA IN AZIONE

Il tuo contributo è essenziale ad evitare ancora morti e feriti sulle strade italiane.

Per aiutarti, qui di seguito, il fac-simile di lettera da completare e inviare.

per salvare almeno una vita

fac simile da leggere, completare, firmare e spedire

Raccomandata A/R                                                    anticipata via telefax e/o via email

SE SI TRATTA DI STRADA COMUNALE, INVIARE :

Al Sindaco del Comune di____________

____________________________________

____________________________________

SE SI TRATTA DI STRADA PROVINCIALE, INVIARE :

Al Presidente della Provincia di____________________

____________________________________

____________________________________

SE SI TRATTA DI STRADA REGIONALE, INVIARE :

Al Presidente della Giunta della Regione____________

____________________________________

____________________________________

SE SI TRATTA DI STRADA STATALE, INVIARE A:

All’ANAS SpA via Monzambano 10 – 00185 Roma        telefax  06 4456224

SE SI TRATTA DI AUTOSTRADA, INVIARE:

Alla Autostrade per l’Italia SpA via Bergamini 50 – 00159 Roma telefax 06 43634090

All’ANAS SpA via Monzambano 10 – 00185 Roma                   telefax  06 4456224

OGGETTO: insidia stradale, richiesta di sopralluogo e conseguente messa in sicurezza.

Io sottoscritto/a________________nato/a a___________________il______________________

e residente a___________________in via___________________________________________

DICHIARO CHE

in data ______________________________alle ore ____________________________________

percorrevo la strada/autostrada (indicare il numero della strada/autostrada percorsa. Es.: strada provinciale 61, autostrada 1)_________________________________________________

proveniente da__________________________________________________________________

e diretto a_______________________________________________________________________

all’altezza del chilometro__________________________________________________________

E riscontraVO

  1. 1. Condizioni della strada_______________________________________________________

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

(esempio: pavimentazione o asfalto dissestato, buche, frane, cunette non segnalate, dosso pericoloso, illuminazione insufficiente, illuminazione confondente, pubblicità laterale confondente, fondo stradale sdrucciolevole o scivoloso per la presenza di materiale viscido o pietrisco, oggetti abbandonati sulla sede stradale, passaggio di animali non segnalato);

  1. 2. presenza di dissuasori________________________________________________________

(esempio:  troppo alti, deformati, non segnalati in modo idoneo, non illuminati in modo idoneo, altro);

  1. 3. presenza di cordoli rialzati____________________________________________________

(esempio:  non chiaramente visibili e percepibili, deformati, non segnalati in modo idoneo, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, sdrucciolevoli, altro);

  1. 4. presenza di segnaletica stradale orizzontale______________________________________

(esempio: scarsamente visibile e percepibile, realizzata con materiale sdrucciolevole, realizzata con materiale scivoloso, sporgente per più di 3 mm dal piano della pavimentazione stradale, poco visibile, confondente, non prevista dal codice della strada, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 5. presenza di segnaletica stradale verticale________________________________________

(esempio:  scarsamente visibile e percepibile, confondente, priva sul retro dei dati previsti all’articolo 77 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada e in particolare degli estremi dell’ordinanza istitutiva, non prevista dal codice della strada, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 6. barriere stradali di sicurezza____________________________________________________

(esempio:  inesistenti, danneggiate, inadeguate, pericolanti, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 7. curva________________________________________________________________________

(esempio: scarsamente visibile e percepibile, non segnalata, senza visibilità, con visibilità limitata, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 8. intersezione_______________________________________________________

(esempio: scarsamente visibile e percepibile, con segnaletica confondente, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 9. tombino______________________________________________________

(esempio: deformato, sprofondato rispetto alla sede stradale, scivoloso, sdrucciolevole, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 10. spartitraffico_______________________________________________

(esempio: scarsamente visibile e percepibile, con segnaletica di scarsa visibilità, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, altro);

  1. 11. lavori in corso____________________________________________________________

(esempio:  scarsamente visibili e percepibili, sospesi ma con limitazioni in atto, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, con indicatori di velocità non previsti dal codice della strada, cunette non segnalate, sede stradale sdrucciolevole o scivolosa per la presenza di sostanze viscide o pietrisco, dosso pericoloso, sede stradale dissestata, altro);

  1. 12. rotatoria _____________________________________________

(esempio:  non chiaramente visibile e percepibile, mal segnalata, in zona non illuminata, in zona scarsamente illuminata, in zona con illuminazione confondente, in zona con pubblicità confondente, di dimensioni tali da impedire la corretta immissione del mio veicolo______________modello_________________targa_________________, altro);

  1. 13. presenza di_________________________________________________________

Per tutto quanto sopra chiedO di intervenire tempestivamente al fine di:

–          accertare l’esistenza dell’insidia stradale segnalata;

–          ripristinare tempestivamente le condizioni di sicurezza;

–          adottare i provvedimenti previsti dall’art. 45 del codice della strada affinchè l’ente proprietario della strada e/o il concessionario provveda alla tempestiva eliminazione dell’insidia segnalata.

Si avvisa che mancando i tempestivi accertamenti e interventi di ripristino, saranno informate le competenti autorità giudiziarie con aggravio di responsabilità a Vostro esclusivo carico essendo a conoscenza dello stato di fatto con la presente reso noto e avendo trascurato gli obblighi di intervento a Vostro carico.

Nome e cognome …………………………………….

Indirizzo di residenza_____________________

telefax_________________  Email____________________________________

In fede

Firma_____________________________________

In allegato: Foto ………………

Luogo e data___________________________

_______________________________________

RESPONSABILITà DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

PER I DANNI ALL’UTENTE DELLA STRADA

A cura dell’Avv. Assunta Brunetti

Documento aggiornato al 2 ottobre 2011

Il tema della responsabilità dell’ente proprietario o concessionario per i danni all’utente della strada è particolarmente controverso sia sul versante della responsabilità civile sia su quello della responsabilità penale.

Il profilo civilistico della questione è tratteggiato da una serie di norme tra le quali l’art. 2043 e l’art. 2051 del codice civile (di seguito c.c.).

L’evoluzione giurisprudenziale ha ricondotto fatti analoghi talora nell’alveo della prima norma, talaltra nell’ambito della seconda con rilevanti conseguenze sotto il profilo della ripartizione dell’onere probatorio.

L’art. 2043 c.c. stabilisce, infatti, che: «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».

L’art. 2051 c.c. stabilisce, invece, che: «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».

Applicare l’art. 2043 c.c. significa porre a carico del danneggiato l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi del danno patito: a) fatto; b) elemento soggettivo quindi dolo o colpa del danneggiante; c) danno ingiusto; d) nesso di causalità tra il fatto e il danno.

L’art. 2051 c.c. fonda, invece, la cosiddetta responsabilità oggettiva del custode: il danneggiante è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia salvo che provi il caso fortuito. Ciò significa che il danneggiato potrà limitarsi a dare prova dell’esistenza del danno e della sua derivazione causale dal bene in custodia senza preoccuparsi di dimostrare la colpa o il dolo del danneggiante e l’ingiustizia del danno sofferto. Di contro il danneggiante potrà liberarsi da tale responsabilità presunta mediante la prova liberatoria del caso fortuito, dando, cioè, la dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.

Circa l’applicabilità dell’una o dell’altra norma – come già annunciato – la giurisprudenza è piuttosto altalenante.

In un caso recentemente deciso con sentenza n. 9546 del 22 aprile 2010 la Corte di Cassazione Civile ha affermato che la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c. non si applica per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali qualora non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa. In riferimento al demanio stradale, la possibilità concreta di esercitare tale potere va valutata alla luce di una serie di criteri: estensione della strada, posizione, dotazioni e sistemi di assistenza che la connotano.

Ne deriva che l’oggettiva impossibilità della custodia rende inapplicabile il citato art. 2051, di contro tale impossibilità non sussiste se l’evento dannoso si è verificato su un tratto di strada che in quel momento era oggetto di custodia oppure nel caso in cui sia stata proprio l’attività compiuta dalla Pubblica Amministrazione a rendere pericolosa la strada medesima.

La sentenza dalla Suprema Corte riguarda un incidente causato dalla viscidità della strada invasa dal prodotto drysol sparso dal personale ANAS per assorbire il gasolio fuoriuscito da vetture coinvolte in un precedente incidente. Poiché il prodotto non era stato tempestivamente rimosso ed essendo sopraggiunta la pioggia, la sede stradale era diventata viscida causando il sinistro. Il danneggiato evidenziava che la pioggia non può ritenersi evento imprevedibile ed eccezionale integrante caso fortuito e pertanto l’ANAS era responsabile in veste di custode a norma dell’art. 2051 c.c. Osservava altresì il danneggiato, a ulteriore supporto della responsabilità del custode Anas, che solo dopo che si erano verificati ben 19 incidenti, era chiuso il tratto di strada in questione.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha ritenuto che «la presunzione di responsabilità per danni da cosa in custodia di cui all’art. 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non risulti possibile – all’esito di un accertamento da svolgersi da parte del giudice di merito in relazione al caso concreto – esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa. L’estensione del bene demaniale e l’utilizzazione generale e diretta delle stesso da parte di terzi, sotto tale profilo assumono, soltanto la funzione di circostanze sintomatiche dell’impossibilità della custodia. Alla stregua di tale principio, con particolare riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia dev’essere esaminata non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti (Cass. civ. n. 15383 del 06- 07-2006; Cass. civ. n. 15042 del 06-06-2008; Cass. civ. n. 1691 del 23-01-2009) […]».

Sul rapporto di custodia la stessa Corte ha precisato che per esso deve intendersi «una potestà di fatto, che descrive un’attività esercitabile da un soggetto sulla cosa in virtù della detenzione qualificata, con esclusione quindi della detenzione per ragioni di ospitalità e servizio […]. E’ dunque la relazione di fatto, e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa, che legittima una pronunzia di responsabilità, fondandola sul potere di “governo della cosa”. Tale relazione di fatto non può essere a priori esclusa in relazione alla natura demaniale del bene, ma neppure può essere ritenuta in ogni caso sussistente anche quando vi è l’oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di pericolo. Ciò comporta che la possibilità o meno del potere di controllo va egualmente accertata in termini oggettivi nello specifico caso di predicata custodia. Se il potere di controllo è oggettivamente impossibile, non vi è custodia e quindi non vi è responsabilità della p.a., ai sensi dell’art. 2051 c.c.».

In tal caso la tutela risarcitoria del danneggiato rimane esclusivamente affidata alla disciplina di cui all’art. 2043 c.c.

Indici sintomatici dell’impossibilità del controllo del bene demaniale – dice la Corte di Cassazione – sono la notevole estensione e l’uso generalizzato dello stesso da parte degli utenti; ma tali elementi non attestano in modo automatico l’impossibilità di custodia.

«L’oggettiva impossibilità di custodia del bene demaniale va, in radice, esclusa nel caso in cui l’evento dannoso si è verificato su una parte del bene demaniale, che in quel momento era concretamente oggetto di attività di custodia da parte del personale dell’ente pubblico, titolare del bene demaniale, ovvero – a maggior ragione – quando è proprio l’attività posta in essere dall’ente a rendere pericolosa quella parte del bene demaniale, in questo caso il giudice non deve effettuare una valutazione sul punto se era oggettivamente possibile una custodia del bene demaniale, ma deve solo (accertare e quindi) prendere atto che la parte di bene demaniale, che pretesamente avrebbe causato il danno ingiusto, era nel momento genetico dell’evento dannoso sottoposto ad una concreta e positiva attività da parte dell’Ente. L’effettiva estrinsecazione dell’attività su tale parte del bene demaniale determina l’ipotizzabilità della responsabilità del custode a norma dell’art. 2051 c.c.» ( Cass. civ. Sez. III, sent. n. 9546 del 22-04-2010).

Merita richiamo anche l’ulteriore sentenza con la quale la Suprema Corte ha stabilito che: «Gli enti proprietari delle strade, ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, devono – salvo che nell’ipotesi di concessione prevista dal comma 3 della predetta norma – provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze; c) all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Trattasi di obbligo derivante dal mero fatto di essere proprietari il quale può concorrere con ulteriori obblighi (e, quindi, con ulteriori cause di responsabilità) del medesimo ente o di altri, derivanti da altre normative e, in particolare, dalla disciplina dettata dall’art. 2051 c.c.» (Cass. civ., Sez. III, n. 9527 del 22-04-2010).

Con riferimento invece al piano della responsabilità penale è senza dubbio necessario accennare alla sentenza della Cassazione Penale n. 13775 del 07 aprile 2011.

La recente pronuncia ha puntato il dito contro le amministrazioni comunali rammentando l’obbligo e l’onere di rimuovere le buche e ogni altra insidia stradale che, in qualche modo, possano attentare all’incolumità delle persone.

Con la sentenza appena richiamata è stata convalidata una condanna per lesioni colpose nei confronti di un dirigente dell’ufficio tecnico comunale, ritenuto responsabile delle lesioni subite da un soggetto inciampato sopra un rigonfiamento dell’asfalto.

Il dirigente era stato ritenuto colpevole per non aver «attuato la necessaria e ordinaria» manutenzione del piano del passaggio pedonale tra marciapiede e attraversamento della carreggiata. Secondo quanto asserito dalla difesa del dirigente, l’incidente si era verificato a causa della disattenzione del pedone. I giudici della Suprema Corte con la sentenza hanno invece affermato che il sindaco e il responsabile dell’ufficio tecnico del comune assumono una posizione di garanzia in base alla generale norma di diligenza che impone agli organi dell’amministrazione comunale di vigilare (per quanto di loro competenza) allo scopo di evitare situazioni di pericolo derivanti dall’inidonea idonea manutenzione e/o dal controllo dello stato delle strade comunali.

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COMO. Camperisti: parcheggi riservati alle autovetture in violazione di legge

Firenze, 1 ottobre 2011

Al Direttore de La Provincia – Il quotidiano di Como online

Al Sindaco di Como

Per contribuire a completa informazione, in qualità di Presidente dell’Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti, le invio la presente confindando in una pubblicazione visto che il vostro articolo ha dato spazio alle sole impressioni.

In riscontro al vostro articolo In camper dall’Australia, Famiglia multata a Como del 28 agosto 2011 si precisa che non conforme a legge e frutto di eccesso di potere è l’ordinanza che riserva un parcheggio alle sole autovetture. Ovviamente il riservare alle sole autovetture penalizza tutte le altre categorie di veicoli, quindi è una azione di pubblico interesse.

Il fatto vede coinvolta una autocaravan ma quanto sopra detto non è un “pensiero” ma è la realtà e, riportiamo i seguenti punti estratti dagli interventi svolti nel tempo dall’Avvocato Fabio Dimita, Direttore Amministrativo Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in occasione de LE GIORNATE DELLA POLIZIA LOCALE svolte ogni anno a Riccione quale ulteriore forma di formazione del personale delle Polizie Locali o Municipali.

18 settembre 2009

Sessioni speciali – SPECIALE MOBILITÀ E SICUREZZA STRADALE

Relazione: SOSTA E PARCHEGGIO: DISCIPLINA, ORGANIZZAZIONE E GESTIONE, ALLA LUCE DELLE NOVITÀ PIÙ RECENTI.

3.2 La fruizione dello stallo di sosta

Quale principio di carattere generale, fermo restando che la sosta è un momento della circolazione stradale, gli enti proprietari della strada devono garantirne la possibilità oggettiva per tutte le tipologie di veicoli, anche in caso di parcheggio a riservato a una particolare categoria. L’obbligo deriva dal diritto alla libertà di circolazione, sancito dall’art. 16 della Costituzione, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza; conseguentemente l’ente proprietario, nelle ordinanze di regolamentazione della sosta e del parcheggio, deve tener conto di tutte le categorie di veicoli, con riferimento alla composizione delle correnti di traffico, cosicché è difficilmente sostenibile un divieto di sosta, ad esempio, su tutto o in larga parte del territorio di un comune, per una sola categoria di veicoli, in assenza di motivazioni tanto stringenti da giustificarlo. Pertanto l’ente proprietario della strada non può vietare la sosta o il parcheggio a una sola tipologia di veicoli su tutto o in larga parte del territorio ancorché riservi un parcheggio a tale categoria

…… omissis ….

Riassumendo, qualora l’ente proprietario della strada riservi un parcheggio ad una sola categoria di veicoli attraverso appositi segnali verticali oppure delimiti le dimensioni degli stalli di sosta in modo tale da consentirne la fruizione solo ad alcune tipologie di veicoli escludendo dalla sosta tutti quei veicoli che per le loro dimensioni non vi rientrano, il relativo provvedimento è viziato da eccesso di potere se non è giustificato da comprovate esigenze della circolazione o caratteristiche della strada e comunque da una motivazione congrua e logica nonché adeguata alla fattispecie.

Al riguardo si richiamano le direttive per l’applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione fornite dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con nota prot. 0050502 del 16 giugno 2008 sulla corretta applicazione delle disposizioni del codice della strada nell’ambito della predisposizione delle ordinanze da parte degli enti locali. In  particolare “da tali ordinanze si dovrà evincere come l’ente proprietario della strada abbia effettuato una dettagliata analisi tecnica al fine di comprovare la sussistenza delle esigenze e dei motivi previsti dall’art. 6, comma 4, lettere a) e b) del Codice della strada. In mancanza di tale attività istruttoria l’ordinanza dovrebbe ritenersi illegittima per violazione di legge o eccesso di potere riscontrandosi quanto meno un difetto di motivazione o di istruttoria”. Prescindendo dal disposto di cui all’art. 6, co. 4 lett. b), si ricorda che ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241/90 ogni provvedimento amministrativo, salvo gli atti normativi e quelli a contenuto generale, deve essere motivato. In particolare la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria. E se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della legge n. 241/90, anche l’atto cui essa si richiama. In ogni caso l’ente proprietario della strada non può adottare misure discriminatorie nei confronti di una o più tipologie di veicoli, ad esempio vietando la sosta ad una sola tipologia di veicoli ancorché riservi un parcheggio a tale categoria.

15 settembre 2010

SPECIALE MOBILITA’ E SICUREZZA STRADALE

Relazione IL CONTENUTO DELLE ORDINANZE EX ART. 7 C.d.S. E RESPONSABILITA’ CONNESSE

… omissis …

Altro caso tipico riguarda il comune che vieta l’accesso ad un parcheggio alle autocaravan, consentendolo invece alle autovetture, dimenticando che l’organizzazione di un parcheggio deriva dalla progettazione del numero di stalli di sosta, dalla apposizione della relativa segnaletica stradale, soprattutto orizzontale che dipende dalla tipologia dei veicoli che li possono fruire. Ai sensi dell’articolo 185 del Codice della Strada non si può escludere dalla circolazione l’ “autocaravan” (autoveicolo ai sensi dell’articolo 54 del Codice della Strada) da una strada e/o da un parcheggio ed allo stesso tempo consentirlo alle autovetture che sono anch’esse autoveicoli. Per quanto detto, se la zona è sottoposta ad un traffico sostenuto e vi sono a disposizione pochi stalli di sosta è auspicato l’attivare una sosta limitata nel tempo in modo che tutti, a prescindere dall’autoveicolo che utilizzano, possano fruire del territorio senza subire discriminazione, ovvero realizzare un’area di parcheggio riservata alla sosta delle autocaravan ed autoveicoli simili per massa e dimensioni, a condizioni che tale area sia posizionata a  distanza ragionevole dalla zona interessata. E’ altresì auspicata l’ottimizzazione alla fruizione dei parcheggi, senza diminuirne gli stalli, aumentando la lunghezza di alcuni di essi, ovvero riservare una parte dell’area di parcheggio alla sosta delle autocaravan, tracciando appositi stalli di sosta ed installando specifica segnaletica verticale.

Pertanto, non conforme a legge, e frutto di eccesso di potere, dovrebbe essere ritenuta l’ordinanza che interdica la circolazione o l’accesso alle autocaravan in un parcheggio e/o in  stalli di sosta sulla strada dove è, al contrario, consentito alle autovetture e ad altri veicoli aventi stesso ingombro

… omissis …

Altro caso tipico riguarda il comune che vieta l’accesso ad un parcheggio alle autocaravan, consentendolo invece alle autovetture, dimenticando che l’organizzazione di un parcheggio deriva dalla progettazione del numero di stalli di sosta, dalla apposizione della relativa segnaletica stradale, soprattutto orizzontale che dipende dalla tipologia dei veicoli che li possono fruire. Ai sensi dell’articolo 185 del Codice della Strada non si può escludere dalla circolazione l’ “autocaravan” (autoveicolo ai sensi dell’articolo 54 del Codice della Strada) da una strada e/o da un parcheggio ed allo stesso tempo consentirlo alle autovetture che sono anch’esse autoveicoli. Per quanto detto, se la zona è sottoposta ad un traffico sostenuto e vi sono a disposizione pochi stalli di sosta è auspicato l’attivare una sosta limitata nel tempo in modo che tutti, a prescindere dall’autoveicolo che utilizzano, possano fruire del territorio senza subire discriminazione, ovvero realizzare un’area di parcheggio riservata alla sosta delle autocaravan ed autoveicoli simili per massa e dimensioni, a condizioni che tale area sia posizionata a  distanza ragionevole dalla zona interessata. E’ altresì auspicata l’ottimizzazione alla fruizione dei parcheggi, senza diminuirne gli stalli, aumentando la lunghezza di alcuni di essi, ovvero riservare una parte dell’area di parcheggio alla sosta delle autocaravan, tracciando appositi stalli di sosta ed installando specifica segnaletica verticale. Pertanto, non conforme a legge, e frutto di eccesso di potere, dovrebbe essere ritenuta l’ordinanza che interdica la circolazione o l’accesso alle autocaravan in un parcheggio e/o in stalli di sosta sulla strada dove è, al contrario, consentito alle autovetture e ad altri veicoli aventi stesso ingombro

Nella visione di autotutela d’ufficio si confida che il Sindaco di Como, dandone notizia, revochi le ordinanze che riservano nei parcheggi la sosta alle sole autovetture.

A leggervi, Isabella Cocolo – Presidente




Italia. Il debito pubblico (da non pagare) di Savino Frigiola

Chieti, 30 Settembre ’11, Sab, S. Girolamo – Anno XXX n. 325 –  www.abruzzopress.infoabruzzopress@yahoo.it – Tr. Ch 1/81

Nuovo ABRUZZOpress >>> Nazionale

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Ap – Economia

Il debito pubblico (da non pagare)

di Savino Frigiola

Da più parti e dai più disparati schieramenti, con sempre maggior vigore, giungono esortazioni a non pagare il mastodontico debito pubblico nazionale. Man mano che i vari soggetti arrivano a quantificare mentalmente l’ammontare della cifra, con tanti zeri da renderla addirittura illeggibile, (circa un milione 935 mila 300 milioni di Euro) per rendersi conto del significato, si cominciano a fare alcune considerazioni paragonandola a prodotti e beni reali esistenti di valore equivalente. C’è da  restare allibiti.

Dai primi sommari conteggi emergono risultati a dir poco inimmaginabili e sconcertanti. Il debito pubblico è pari a 3 volte il valore dell’intero patrimonio immobiliare privato Italiano, a 8 volte il valore di tutti gli immobili dello Stato Italiano: scuole, ospedali, caserme, enti pubblici, porti, aeroporti, ferrovie ecc. ecc. Se si volesse pagare il debito pubblico occorrerebbero ben 33 manovre come l’ultima disastrosa di 59 miliardi, e vi è ancora da aggiungere gli interessi passivi pretesi nei 32 anni successivi. Se volessimo pagarlo con prodotti della nostre industrie ci vorrebbe l’intera produzione annuale delle macchine della FIAT (n. 1.781.000 di automobili Panda) per un minimo di 128 anni. Se volessimo pagarlo con prestazioni di lavoro occorrerebbero 20 milioni di lavoratori che dovrebbero lavorare gratis in tutti i giorni di un anno (365 giorni) per 10 ore al giorno a 10 €\ora. Non occorre essere grandi e blasonati economisti per comprendere che una tale mole di debito non potrà essere mai pagata, anche se decidessimo di consegnare ai nostri famelici strozzini l’intero patrimonio immobiliare sia pubblico che privato.

Poiché secondo le regole truffaldine poste in essere dalla cricca bancaria monetaria, colposamente recepite dall’imbelle e compiacente classe politica senza alcuna distinzione di colore, quand’anche si dovesse arrivare alla spoliazione totale di tutti i beni nazionali del Paese, resteremmo comunque inadempienti, tanto vale smettere di mortificare il livello di vita dei cittadini anche con l’abbattimento delle attività sociali e risparmiarci la squallida sceneggiata di selezionare con grande cura i gioielli di famiglia da consegnare ai famelici banchieri, per poi raggiungere l’inutile risultato di procrastinare solo di qualche mese l’inevitabile crac finale. Ma la ragione più importante per non pagare il debito pubblico non è tanto dovuta alla natura giuridica dell’impossibilità ad adempiere, quanto alla truffaldina causa dell’indebitamento, frutto di un colossale raggiro posto in essere dalla cricca monetaria in combutta con un ristretto numero di politici, a danno dei cittadini, che si verifica in occasione dell’attuale emissione monetaria per mano di banchieri privati, causata dall’adesione al “trattato di Maastricht”. Anche secondo il parere si insigni giuristi internazionali il “debito detestabile” non deve essere pagato.

Mutuando sinteticamente quanto riportato sul sito “Modart”, i tre requisiti necessari per poter definire un debito pubblico “detestabile” sono : 1) Il governo del Paese deve aver conseguito il prestito senza che i cittadini ne fossero consapevoli e senza il loro consenso. 2) I prestiti devono essere stati utilizzati per attività che non hanno portato benefici alla cittadinanza nel suo complesso. 3) I creditori devono essere al corrente di questa situazione, e disinteressarsene. C’è ne in abbondanza per mettere sotto processo banchieri e politici aventi causa, non solo per non pagare ma anche per ottenere il ristoro dei danni arrecati come egregiamente stanno facendo i cittadini Islandesi. Per fugare ogni incertezza in tal senso è sufficiente osservare l’Argentina la quale, messa in crisi con le solite manovre

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ABRUZZOpress – N. 325 del 30 settembre ’11                                                                                                                        Pag 2

economiche, sbarazzatesi di tutti gli orpelli monetari ora cresce di 7 – 8 % ogni anno. Scansare il debito non è sufficiente per rilanciare economia ed occupazione poiché le nuove risorse necessarie per gli investimenti produttivi producono altro debito che viceversa deve essere bloccato. Per far ciò lo Stato italiano, memore delle sue esperienze pregresse deve ritornare a battere moneta in prima persona. Se i titoli di debito dello Stato sono buoni e valgono, al punto da essere accettati e scontati dagli avveduti e prudentissimi banchieri privati, valgono anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato, che riprende a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini. Ne acquisisce la proprietà a titolo originario, iscrivere la cifra corrispondente al signoraggio all’attivo del proprio bilancio e la utilizza per il conseguimento dei suoi scopi istituzionali, a favore dei cittadini, per rilanciare economia, occupazione e ricerca come da centennale esperienza già effettuata dal 1874 al 1975. Ciò ha consentito, subito dopo l’unità d’Italia, di realizzare tutte le infrastrutture necessarie al nuovo Stato nazionale, compreso i famosi palazzi e quartieri “umbertini”, ancora esistenti in tutta l’Italia, senza imporre tasse ai cittadini e senza accendere debiti. Successivamente utilizzando sempre la stessa emissione monetaria si sono realizzate una miriade di opere pubbliche ancora esistenti dalle inconfondibili linee architettoniche, “razionalista” e del Piacentini anche queste senza aumentare il debito pubblico che, anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d’Italia) per passare poi al 25% nel 1945, dopo una guerra persa. Successivamente lo Stato continuò a battere moneta sino al 1975. Gli introiti così incamerati hanno seriamente contribuito alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dagli eventi bellici (all’inizio degli anni ‘70 il debito pubblico era sceso al 20 %). Tutto ciò a conferma e dimostrazione che il debito pubblico è generato dall’emis-sione monetaria dei banchieri privati.

Se vogliamo restare in Europa occorre una piccola deroga ai trattati europei, troppo frettolosamente firmati, come quelli già effettuati anche da Paesi più blasonati di noi. Le ultime due, hanno permesso a due banche della Grecia e dell’Irlanda di emettere direttamente moneta con la benedizione della ELA (Emergency Liquidity Assistance) – BCE. Ciò che è consentito a due banche private non potrà essere negato ad uno Stato sovrano.

S.F.




Italia. l’illegittimità dell’ordinanza che vietava il transito alle autocaravan nella zona oggetto di accertamento. Vittoria dei camperisti

GROSIO: VITTORIA

Con ordinanza n. 14014 depositata il 25 giugno 2011 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto nel maggio 2009 dal camperista con il supporto tecnico-giuridico dell’Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti. La Suprema Corte ha finalmente riconosciuto che le affermazioni contenute nell’impugnata sentenza del Tribunale di Sondrio “non superano la soglia della mera apparenza di motivazione”. Una statuizione che mette ordine nel confuso panorama in cui le autorità giudiziarie trascurano gli obblighi di motivazione dei propri provvedimenti negando al cittadino la possibilità di comprendere le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento delle decisioni assunte. Il ricorso per Cassazione si radica nell’ambito di una vicenda giudiziaria iniziata nell’ottobre 2006. In quel tempo il camperista ricorreva al Giudice di pace di Tirano chiedendo l’annullamento del verbale con il quale la Polizia Locale di Grosio contestava la violazione dell’art. 6, comma IV, lett. b) del codice della strada, perché il veicolo autocaravan di proprietà del ricorrente “è stato trovato in sosta in località Eita in Valgrosina superando la località Fusino oltre la quale la segnaletica vieta il transito alle autocaravan”. Tra i motivi del ricorso al Giudice di pace: l’illegittimità dell’ordinanza n. 336/2005 con la quale il Comune di Grosio vietava il transito alle autocaravan nella zona oggetto di accertamento.

Il Giudice di pace, trascurando i motivi di ricorso, confermava il verbale impugnato e la legittimità dell’ordinanza comunale di cui si denunciava l’eclatante difetto di motivazione e l’eccesso di potere. La sentenza era impugnata avanti al Tribunale di Sondrio che respingeva l’appello ritenendo la pronuncia di primo grado “condivisibile e ben motivata” e confermando altresì la legittimità dell’ordinanza del Comune di Grosio. Tutto ciò a dispetto di quell’obbligo di motivazione la cui violazione impedisce al cittadino di comprendere l’iter logico attraverso il quale il potere – amministrativo o giurisdizionale – viene amministrato. Un difetto di motivazione che dal Comune di Grosio, responsabile di un’ordinanza patologica, si trasmetteva alle pronunce giurisdizionali di primo e secondo grado: sentenze neppure apparentemente motivate. La sentenza del Tribunale di Sondrio era pertanto impugnata con il ricorso per Cassazione di cui in partenza si diceva.

La Suprema Corte di Cassazione accoglieva il ricorso del camperista e con l’ordinanza n. 14014/2011 così pronunciava: “alle articolate deduzioni dell’appellante sulla illegittimità dell’ordinanza impositiva del divieto di transito…il Tribunale ha risposto con la tautologica affermazione che “l’ordinanza appare in sé legittima e ben motivata” e con il generico e criptico rilievo che “nel merito, questo giudice non può certo sindacare le scelte del Comune e la strategia seguita per la regolamentazione del traffico locale” (salvo peraltro affermare, immediatamente dopo, che il provvedimento, comunque, avente ad oggetto un luogo montano e un ambiente particolare, quale la val Grosina, appare pienamente condivisibile”). Tali affermazioni non superano la soglia della mera apparenza di motivazione”. Così concludendo la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato al Tribunale di Sondrio che dovrà nuovamente pronunciarsi in merito alla riforma della sentenza del Giudice di pace di Tirano.

Auspichiamo a questo punto che il Giudice del Tribunale di Sondrio, prendendo finalmente atto delle motivazioni addotte dai legali del camperista e dell’Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti e della lettera prot. 0062674 del 28 luglio 2008 con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti invitava il Comune a revocare l’illegittima ordinanza anticamper, riformi la sentenza del Giudice di Pace, disapplichi l’ordinanza sindacale e per l’effetto annulli la contravvenzione elevata, condannando il Comune di Grosio alle spese dell’intero giudizio.

A leggervi, Pier Luigi Ciolli




La Spezia. Arsenale di La Spezia: incidente a bordo della fregata Maestrale.

Arsenale di La Spezia: incidente a bordo della fregata Maestrale.

Nella tarda mattinata di oggi a bordo della fregata Maestrale, impegnata nelle manovre di uscita dal bacino di carenaggio presso l’arsenale militare di La Spezia, tre marinai dell’equipaggio sono rimasti lievemente feriti in un incidente le cui cause sono in fase di accertamento. Dei tre marinai, prontamente soccorsi dal personale medico di bordo, solo uno ha riportato una forte contusione al bacino ed è stato trasferito per più approfonditi accertamenti presso l’ospedale civile.

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Fermo. ESPLODE RESIDUATO BELLICO

ESPLODE RESIDUATO BELLICO
Il Resto del Carlino e precisamente la redazione di Fermo il 27 settembre 2011 lancia una tremenda notizia: la notte precedente un boato scuote il territorio di Casabianca. Ovviamente sul luogo dell’esplosione intervengono Vigili del Fuoco e Forze dell’Ordine del Comune di Fermo, i quali notano un cratere, una buca di notevoli dimensioni e numerose schegge, (frammenti di bomba) a pochi metri dai binari ferroviari che collegano Porto Sant’Elpidio a Porto San Giorgio.
Il Dott. Fabio Castori nell’articolo precisa: la detonazione è stata causata da un residuato bellico risalente alla seconda guerra mondiale.
Nel contempo i tecnici del Gruppo Ferrovie di Stato interrompono la circolazione dei treni.
Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale le stupende cittadine marittime, al pari di Macerata, Civitanova Marche patiscono l’attenzione della 12a Air Force la quale incursiona linee ferroviarie, importanti nodi stradali, stazioni, strutture e depositi.
Cito l’esempio del bombardamento del 19 ottobre 1943 proprio su Porto Sant’Elpidio avente come obbiettivo Stazione e fascio dei binari ferroviari, ma una considerevole percentuale di bombe non esplode a causa di spolette difettose o quote di sgancio errate restando interrate fino ai nostri giorni.
In tanti si potrebbero chiedere: come può un residuato bellico esplodere a distanza di tanti anni….? La risposta è semplice:
Ogni residuato bellico ( bombe d’aereo, granate, bombe da mortaio, ecc….) contiene esplosivo, il quale raramente perde del tutto la propria capacità detonante, infatti nel maggio del 2003 ad Ostiglia sempre nella notte esplode una bomba d’aereo che abbatte due cascine del luogo. Nell’aprile del 2006 nei pressi del Cimitero di Cervinara (AV) esplode altra bomba e sempre di notte. Potrei continuare, tuttavia mi rendo conto d’aver già inserito sufficienti esempi.
Naturalmente sul luogo dell’esplosione non è esclusa la presenza di altri residuati bellici (a quei tempi i bombardieri sganciavano grappoli di bombe), tuttavia sono convinto che i comuni interessati stiano già richiedendo operazioni di bonifica preventiva.
Non solo, desidero condividere l’appello del Segretario del Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di Polizia ( Luca Marco Comellini ) urgentemente divulgato a proposito del ripristino delle normative BCM che regolano e disciplinano il settore.

Giovanni Lafirenze




8xMILLE/ DI STANISLAO(IDV): QUOTA PER OBIETTIVI SVILUPPO MILLENNIO

8xMILLE/ DI STANISLAO(IDV): QUOTA PER OBIETTIVI SVILUPPO MILLENNIO

“Nella ripartizione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF
devoluta alla diretta gestione statale, destinare maggiori risorse ed
interventi per la finalità “Fame nel mondo” al fine di poter sostenere
e contribuire a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ed
aumentare l’impegno per l’aiuto pubblico allo sviluppo.” E’ quanto ha
chiesto stamane l’On. Augusto Di Stanislao con il suo Ordine del
Giorno. “Con la Dichiarazione del Millennio nel 2000 l’Italia si è
impegnata  a contribuire al raggiungimento, entro il 2015, degli otto
Obiettivi del Millennio. Nonostante l’Italia abbia una grande
responsabilità, e in sede ONU abbia assunto l’impegno a dare entro il
2015 lo 0,7% del proprio PIL in Aiuto Pubblico allo Sviluppo, e
secondo l’Ocse è ferma allo 0,19%, successivamente confermato in
diverse sedi internazionali e all?interno dell’Unione Europea, dopo 11
anni e a 4 anni dal traguardo finale non sta rispettando i propri
impegni soprattutto in termini di efficacia degli aiuti e di regole
commerciali. Il Governo continua  a mettere all’ultimo posto delle
proprie scelte di bilancio l’aiuto pubblico allo sviluppo, ma questa
scelta sta provocando l’allontanamento di tutta l’Unione Europea dagli
obiettivi continentali.Siamo ancora il fanalino di coda, addirittura
dopo la Grecia, serve pertanto una seria pianificazione volta a
sostenere gli impegni assunti e garantire le promesse fatte.”




Roma. MARINA MILITARE: PRESENTATO IL CALENDARIO 2012

MARINA MILITARE: PRESENTATO IL CALENDARIO 2012

E’ stato presentato oggi, nella biblioteca storica di Palazzo Marina a Roma, il calendario istituzionale 2012 della Marina Militare. Alla presentazione alla stampa hanno partecipato il Capo di Stato Maggiore della Marina ammiraglio di squadra Bruno Branciforte, il presidente della Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia avvocato Mariavittoria Rava e il testimonial della Fondazione Andrea Pellizzari.

A quasi due anni dall’operazione umanitaria della portaerei Cavour ad Haiti, White Crane, la Marina continua ad essere solidale con la popolazione haitiana, attraverso un progetto di solidarietà realizzato con la Fondazione Francesca Rava – N.P.H. Italia Onlus in Haiti in sinergia con il quotidiano La Stampa e con la ditta PLG, concessionaria dei marchi della Forza Armata, che destineranno gli utili realizzati con la vendita del calendario per finanziare il programma filantropico.

Il calendario verrà venduto al pubblico, su tutto il territorio nazionale, dagli inizi di novembre, insieme al quotidiano La Stampa e sul sito internet www.marinamilitarestore.it

Il calendario istituzionale rappresenta uno degli strumenti di comunicazione per far conoscere la realtà odierna della Marina al grande pubblico. Quello del 2012 vuole essere innanzitutto una vetrina delle innovazioni dello strumento aeronavale. Le 12 tavole, dal forte impatto visivo-emozionale, testimoniano l’impegno della Marina nel mantenersi sempre al passo con i tempi e la sua capacità di assolvere i compiti istituzionali, le missioni internazionali di pace e di soccorso alle popolazioni civili, evidenziando in particolare quella umanitaria di Haiti a seguito del sisma del gennaio 2010.

Le Scuole di strada di NPH, organizzazione umanitaria da 23 anni presente sull’isola è rappresentata in Italia dalla Fondazione Francesca Rava, assicurano ogni giorno a più di 7000 bambini nei quartieri più degradati di Port au Prince e nelle province più povere, acqua, cibo, vaccinazioni e cure mediche, che consentono loro di sopravvivere, un luogo sicuro in cui trascorrere la giornata, e con l’istruzione, la possibilita’ di costruirsi un futuro lontano dalla strada.