Storie giuliesi

GIULIANOVA MAGGIO 1817 “…LA MORTE SEGUITA LA SUA GIORNALIERA STRAGGE …I PROPRIETARI HANNO SERRATO IL CUORE AD OGNI ATTO DI PIETA’ …”

di Ottavio Di Stanislao*
Un mese dopo la visita del commissario sanitario, l’intendente inviò a Giulianova Giuseppantonio Massei [proprietario di Teramo, qualche anno dopo consigliere provinciale] per constatare l’esecuzione delle misure di profilassi decise in quella occasione e riferire sull’assistenza che si riusciva a dare ai poveri. L’ospedale era stato spostato fuori dal paese nel convento soppresso dei celestini e le sepolture erano fatte con cura nella chiesa dell’Annunziata lontano dal paese. Il dato preoccupante era invece la mancanza di risorse per poter assistere un’ampia fascia della popolazione che, risparmiata dall’epidemia era però stremata dalla carestia e fatalmente condannata a perire d’inedia. Il documento, importantissimo perché testimonianza diretta di un momento drammatico della storia cittadina ci rivela anche, purtroppo, il cinismo del ceto abbiente: “… neppure vi è stato uno solo che ha voluto offrire un grano”.
“Mosciano, 31 maggio 1817 … ieri (…) mi portai in Giulia per eseguire i di lei ordini. Mi presentai dal sindaco e le prime mie operazioni furono di domandargli la maniera praticata nel tumulamento de cadaveri. Mi disse che fin da primi tempi del cominciamento della mortalità aveva creduto opportuno far costruire dei cavi in una grande chiesa distante circa un miglio a levante dell’abitato [la chiesa dell’Annunziata]. Volli portarmici (…) ed osservai che i cavi erano stati fatti regolarmente, e il rinterramento di essi si eseguiva con moltissima attenzione, per cui trovo impossibile che in Giulia i morti possano nuocere ai vivi, mentre niun alito pestilenziale potrà svilupparsi dai sepolcri.
Mi ritirai in paese, e chiesi conoscere l’amministratore dell’ospedale, che trovai correre a carico del comune. Domandai i conti e da essi rilevai che questo cespite ha la mensile rendita di ducati diciannove e grana venticinque e che questa nel corrente anno non sono sufficienti a far fronte alla giornaliera spesa per sostenere i malati, che in numero vi sono per la quasi generale epidemia che ricorre per cui me ne ha fatto osservare il sindaco nei conti bimestrali del comune, il supplemento, che il detto comune è obbligato ad aggiungere alla rendita dell’ ospedale.
Ho perciò creduto inutile formare il conto di quel cespite potendosi rilevare da conti bimestrali del cassiere.

Volli portarmi a visitare il locale addetto all’ospedale e trovai appena stato da poco temporaneamente trasferito nel soppresso convento dei celestini fuori dall’abitato, ed in aria più elastica, perché più elevato del paese. Vi trovai sessanta malati poveri, dieci che guardavano il letto, i restanti debilitati estremamente ed incapaci di procacciarsi niuna risorsa, per cui la morte seguita la sua giornaliera stragge (sic).
Vi è necessario soccorsi e pronti; ma dove trovarli se tutte le risorse sono esaurite? Cercai al sindaco di sapere il numero dei poverelli superstiti: i mezzi, che usava per farli vivere e quali fondi erano stati messi a disposizione per loro soccorso.
Riseppi:
• che i poveri sono nel numero centosettantadue come della lista che le annetto [La lista era stata compilata il 18 maggio: Stato di tutti i poveri del Comune di Giulia, e comprendeva tre categorie: «Poveri non atti al travaglio, che traggono la sussistenza col pitoccare [mendicare]: 27; poveri che possono adattarsi a lavori pubblici:80; Impotenti i quali non possono sussistere che coll’elemosina:65»;
• Che la elemosina era incominciata dal giorno 4 spirante maggio;
• Che questa davasi in una giornaliera zuppa di legumi, o pasta; ed in un qualche grano di pane, e poco olio e sale per far condire le foglie che i più robusti possono procurarsi nelle campagne;
• Che ai poveri malati si era assegnato grana dieci per ciascuno;
• Che aveva ricevuta la somma di ducati 186:58 sulle rivalute delle forniture, ma che questa era alla fine , né altri mezzi poteva egli il sindaco poteva far sussistere di vantaggio i rimanenti poverelli fin’ ora salvati dalla fame.
…richiesi al sindaco se aveva altre risorse da indicarmi e se poteva niente sperarsi dalla compassione de’ proprietari.
Per il primo mi ha risposto esservi molte significatorie [documenti fiscali attestanti la posizione debitoria di passati amministratori] di conseguenza contro diversi proprietari del comune per le loro gestioni tenute. Se ne annette una copia con la prevenzione che per riscuoterle vi bisogna costanza e fermezza, giacché le premure del sindaco finora fatte e le minacce sono riuscite infruttuose.
Per il secondo mi ha protestato che per quante fossero state le premure fatte ai proprietari questi hanno serrato il loro cuore ad ogni atto di pietà tendente al sollievo del suo simile e che neppure vi è stato un solo che ha voluto offrire un grano. Per altro le malattie, pare che in Giulia vadino cessando, almeno cambiano la ferocità degenerando quasi tutte in terzane [febbre che compare a giorni alterni]. Se non mancassero i soccorsi nell’ospedale ed ai poveri miserabili svanirebbe all’intutto la luttuosa scena di vedersi rapire dalla morte tante braccia troppo necessarie per i nostri campi.
Giuseppantonio Massei
*direttore dell’Archivio di Stato di Teramo
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