Storie giuliesi

GIULIANOVA. LAVORI SUL CORSO. DALL’IMBRECCIATURA ALLA PAVIMENTAZIONE (1839-1871)

di Ottavio Di Stanislao*
Gli interventi del 1838 si rivelarono presto inefficaci tanto che a pochi mesi dalla fine dei lavori, il sindaco Massei chiedeva di poter procedere di nuovo all’imbrecciatura del corso perché la strada era di nuovo invasa dal fango. Stessa richiesta riproponeva nell’aprile 1839 chiedendo di essere autorizzato ad imporre un turno di trasporto gratuito di breccia dalla marina a tutti i “possessori di carri a bovi, traini, ed animali da basto”. Ed infatti, da allora, compresa l’inutilità di ricostruire il selciato, si provvedeva a rifare periodicamente il manto di breccia per rendere la strada almeno trafficabile. Le pessime condizioni delle strade della città, non solo del corso, sono testimoniate anche da segnalazioni all’intendente da parte di giudici regi che si succedettero nel giudicato di pace negli anni ’50 dell’Ottocento. Sul finire del 1852 il giudice D’Amore scriveva: “Quando piove le strade interne di questo comune fanno schifo e paura (…) V’à poi la strada del corso che ad ogni leggiera pioggia si rende intraficabile per tanto loto che si addensa”. Quasi un anno dopo il nuovo giudice Guarino denunciava “… intorno alla squallida luridezza delle strade interne di questo paese, per cui gran detrimento ne viene alla pubblica salute, atteso anche il vagamento di porci”. Proprio in quegli anni era però maturata la consapevolezza che occorreva una soluzione radicale prevedendo il completamento della raccolta delle acque e una pavimentazione durevole come quella che si stava realizzando sul corso di Teramo. Fu incaricato l’architetto De Maulo di predisporre il progetto che fu approvato dal decurionato alla fine del 1852. (Purtroppo nel relativo fascicolo del fondo “Intendenza borbonica” dell’Archivio di Stato di Teramo, manca la rappresentazione grafica, c’è solo la stima dei lavori occorrenti con il calcolo della spesa che riportai in ampi stralci in “Giulianova. Le modifiche ottocentesche alla città acquaviviana”). La spesa prevista, quasi 1.500 ducati, non era però nella disponibilità del comune in un solo esercizio, perciò si decise di realizzare intanto il condotto per la raccolta delle acque, opera comunque propedeutica alla pavimentazione della strada. Nel procedere con la fondazione si incontrarono “antiche e profonde fosse da grano”, per cui fu necessario realizzare 39 arcate a mattoni su cui mettere in sicurezza il condotto della larghezza di palmi5,50 a 5 palmi di profondità. Tali opere, non previste nel progetto originario, provocarono un contenzioso con l’appaltatore Giovanni Brattini di Tortoreto che terminò nel 1856, dopo che i lavori eseguiti furono “riconosciuti” da una commissione costituita ad hoc dal Servizio di Acque e Strade. Furono realizzate 26 bocchette, della larghezza di 4 palmi, per raccogliere le acque lungo il corso e altre 6 di maggiore ampiezza per raccogliere le acque dalle strade superiori chiuse da pietre forate. Alla prova dei fatti tali caditoie si rivelarono inefficaci in quanto non riuscivano a captare tutta l’acqua piovana che quindi provocava danni alle botteghe che si affacciavano sulla strada. Si pensò di ovviare sostituendo tre pietre forate con griglie ad inferriata. Ma per la pavimentazione bisognerà aspettare ancora molti anni, per la mancanza delle risorse occorrenti e per l’assenza di maestranze esperte in lavori che richiedevano materiali adeguati e precise cognizioni. Già nel 1856 il sindaco Cavarocchi chiedeva di poter rivolgersi a “un tal Schiavoni di Ascoli adibito anche per la costruzione del corso di Teramo, espertissimo in siffatti lavori”, ma il Consiglio di Intendenza era invece d’avviso che bisognava avvalersi “de muratori del nostro Regno”. Non mancava la consapevolezza dell’indifferibilità dell’opera per cui il decurionato la indicava come assolutamente prioritaria in quanto si trattava della “… principale [strada] per essere più di tutte trafficata per essere la più comoda e più adatta al passaggio e per formare il punto di riunione di questi amministrati …”. In particolare, fino agli anni ’60 del secolo scorso la domenica mattina vi si riversavano tutti i contadini del territorio circostante, che si recavano in paese per fare acquisti nelle innumerevoli botteghe. Comunque la selciatura del corso sarà realizzata tra il 1871 e il 1872 dall’impresa dell’ingegnere Angelo Ara di Ancona con cui il comune aveva stipulato il contratto il I giugno 1871. Fu impiegata pietra di Fano e Pesaro, posta in opera da selcini marchigiani. L’importo dei lavori fu di £ 20.117, 35. Fra copostrada e marciapiedi furono pavimentati 2.157, 85 m2.
Nella foto, dell’Associazione Braga, del 1889, l’estremità nord del corso. Si nota la pavimentazione realizzata nel 1871-72. Altre immagini del corso nei primi decenni del ‘900 e caditoie in pietra e in ghisa ancora visibili fino agli anni ’70 del ‘900.
*direttore dell’Archivio di Stato di Teramo
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