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AUTISMO. MANCA ATTENZIONE AL CORPO, STUDIO IDO DIMOSTRA CHE CI SONO PIÙ PROBLEMATICA NELL’AREA AFFETTIVO-CORPOREA

RICERCA SU 61 BAMBINI CON PROFILO PSICOMOTORI DEL MODELLO TARTARUGA-DERBBI
Roma, sabato 20 marzo – “Non è ancora stata data particolare importanza alla corporeità dei bambini con disturbi dello spettro autistico, né ci sono scale di valutazione adatte ad individuare le differenti situazioni”. Entra subito nel merito del tema “valutazione” Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), in apertura della seconda lezione del corso ‘Autismo, progetto riabilitativo Tartaruga-DERBBI’, realizzato dall’Istituto in collaborazione con la Fondazione MITE e il patrocinio della Società italiana di pediatria. Il corso è dedicato a psicologi, pediatri, neuropsichiatri infantili, logopedisti, psicomotricisti, educatori professionali, insegnanti di sostegno e curriculari, pedagogisti, operatori del settore e genitori, con l’obiettivo di rendere accessibile l’approccio evolutivo a mediazione corporea DERBBI – Developmental, Emotional Regulation and Body-Based Intervention, creato dall’IdO 20 anni fa per il trattamento dell’autismo.
“Abbiamo rivisitato sia le scale Griffith sulla valutazione dello sviluppo nella prima infanzia, che una scala francese che prevede una check list di 17 items- continua Di Renzo- per aggiungere degli aspetti che ci permettessero di valutare la capacità del bambino di separarsi dalle figure di riferimento e dagli oggetti, così da osservare il suo stile di attaccamento se presente. Cerchiamo di vedere se il bambino ha la consapevolezza della relazione, se i suoi atteggiamenti posturali sono insoliti, se le espressioni facciali e posturali presentano irrigidimenti corporei e/o l’assenza dell’anticipazione posturale legata alla comprensione delle intenzioni altrui. Ma non solo- chiosa l’esperta- va osservato l’uso del corpo: come utilizza il bambino il proprio e l’altrui corpo? Secondo modalità funzionali o presenta un uso protesico del corpo altrui? Per questi motivi abbiamo aggiunto nella scala valutativa da noi rivisitata l’aspetto del dialogo tonico/funzione di aggiustamento. Vogliamo osservare la capacità del bambino di modificare la propria postura per entrare in relazione con l’altro. È un concetto psicomotorio”.
Non è vero quindi che i bambini con autismo hanno lo stesso tipo di difficoltà. “Siamo chiamati a circoscrivere il problema specifico che ognuno di essi presenta”, puntualizza ancora la psicoterapeuta. La conferma viene poi dall’attività clinica e di ricerca: “Abbiamo pubblicato un articolo internazionale relativo all’analisi dei profili psicomotori di 61 bambini inseriti nel progetto Tartaruga, per mettere in correlazione i loro quadri psicomotori con la gravità della sintomatologia autistica, espressa dal test Ados, e il livello intellettivo. Se è vero che i bambini che presentano una sintomatologia autistica più severa hanno una difficoltà maggiore nella gestione del corpo, nell’organizzazione spaziale attentiva del gioco – e quindi nell’accesso all’area simbolica – nei comportamenti motori a partire dall’imitazione, e nella comunicazione- continua la studiosa- d’altra parte è fonte di grandi riflessioni e di attivazione per nuove ricerche il fatto che molti di questi bambini, anche quanti hanno raggiunto un outcome positivo, continuino ad avere una difficoltà proprio nella funzione di aggiustamento/dialogo tonico. Un dato che dimostra che l’area primaria maggiormente problematica, da cui poi derivano tutte le altre difficoltà, è quella affettivo-corporea”.
Non tutti i bambini che oggi sono valutati come carenti nel quoziente intellettivo (Qi) è detto che lo siano davvero. Cosa li rende allora carenti oggi e cosa potrebbe migliorare il loro potenziale? Di Renzo in questo studio è stata una pioniera: “Quando iniziammo, oltre 10 anni fa, ad usare il test Leiter R per effettuare la valutazione cognitiva non verbale nei bambini molto piccoli, o in quelli in cui c’era assenza di linguaggio- spiega la terapeuta- cercammo di vedere se il ragionamento fluido fosse indicativo di un potenziale, laddove era presente un quoziente intellettivo basso. Effettivamente la sua presenza nei bambini rappresentò un predittore di un progressivo incremento della performance intellettiva”. In più, l’IdO per anni ha riscontrato che le percentuali di ritardo nei bambini con disturbi dello spettro autistico fossero “di gran lunga inferiori di quelle che si incontravano nella letteratura internazionale. La conferma è poi arrivata dalla quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm-5) in cui si è registrato il passaggio dal 75% al 40% della presenza di ritardo mentale nei bambini con autismo”. Non è una notizia da prendere sottogamba a livello clinico, suggerisce Di Renzo: “Se pensiamo di interagire con un bambino che non è in grado di comprendere- spiega- siamo portati a ridurre la nostra modalità comunicativa, e probabilmente lo faranno anche i genitori. Il rischio è che il bambino venga trattato come non adeguato se non gli forniamo stimoli adatti. Lavorando invece sui processi di sintonizzazione e rendendolo meno difeso nei confronti dell’ambiente, sarà in grado di lavorare sul suo potenziale. Una buona psicopatologia- ricorda la studiosa- cerca di comprendere gli stadi evolutivi: vengono prima le intenzioni e la presenza del contagio emotivo”.
Il livello cognitivo, in sostanza, rispecchia la complessità del disturbo ma per potenziale si deve intendere il come il bambino utilizza e investe il potenziale cognitivo nell’adattamento socio-cognitivo. “Il bambino viene prima del disturbo e può mostrare un’altissima potenzialità di pattern aldilà del numero di Qi”, rimarca Massimiliano Petrillo, psicoterapeuta nell’equipe del progetto DERBBI-Tartaruga. In questo senso, ancor prima del potenziale cognitivo, occorre rintracciare la presenza o assenza della capacità di strutturare il gioco simbolico, di essere all’interno di un contagio emotivo e di comprendere le intenzioni altrui quali potenziali predittori di rischio di disturbi dello spettro autistico che possono diventare degli importanti strumenti a disposizione del clinico e del pediatra. L’obiettivo dell’IdO è, infatti, cercare questi aspetti prognostici per predire ad esempio l’evoluzione del linguaggio e del potenziale intellettivo anche attraverso un canale verbale.
Entrando nel dettaglio della valutazione cognitiva, i protocolli di codifica, osservazione standardizzata e semistrutturata del test Ados 2 si basano su quattro moduli più uno aggiuntivo, il Toddler, per l’osservazione dei bambini dai 12 ai 30 mesi. In genere il modulo 1 è quello più utilizzato e va dai 31 mesi in poi. “Negli ultimi 15 anni- ricorda Petrillo- l’Ido ha contato più di 1.000 Ados effettuati e il 95% delle somministrazioni è stata fatta proprio con i moduli preverbali, attraverso un setting osservazionale in cui si utilizzano oggetti riposti su un tavolo e a terra, lungo un tappeto (dalle scatole musicali alle macchinine, dalle palline di pezza a piattini, tazzine e posate giocattolo)”.
Il Test del contagio emotivo (Tce) elaborato dall’IdO serve infine per “esplorare le aree pre-verbali di interazione sociale, prendendo in considerazione i principali sistemi di comunicazione non verbale: movimento, intonazione della voce, tattile, posizionamento nello spazio e permette di identificare quale emozione è rilevante per ciascun bambino”. La prova consiste in un video e in una scheda di codifica per la valutazione quantitativa e qualitativa. “Il video dura meno di 3 minuti e consiste di 4 registrazioni (di 23 secondi ciascuna), con un intervallo di 20 secondi tra un’emozione e l’altra, di una bambina che esprime le 4 emozioni di base: felicità, tristezza, paura e rabbia. Ogni emozione- puntualizza Manuel Corsini, psicoterapeuta nell’equipe del progetto DERBBI-Tartaruga- ha la stessa durata e non c’è una sequenza prestabilita per consentire una somministrazione random”. Si tratta di uno strumento innovativo per la ricerca “perché in letteratura- aggiunge lo psicoterapeuta- le scale per misurare le emozioni sono basate su questionari o sul riconoscimento di volti in foto e/o video nei quali gli attori interpretano le loro emozioni come risultato di micro eventi o brevi storie”. Ma queste scale “presuppongono la presenza di linguaggio e la capacità di comprendere il contesto nel quale le emozioni sono espresse. La risposta presuppone anche l’uso di processi cognitivi complessi e quindi- conclude Corsini- non è adatta ai bambini autistici”.
Sul sito dell’IdO, a questo link https://www.ortofonologia.it/corso-autismo-progetto-riabilitativo- tartaruga-derbbi/, è possibile accedere direttamente alla pagina dedicata al corso con tutte le informazioni. Saranno inoltre disponibili i cinque questionari di valutazione utilizzati dall’IdO (profilo sensoriale, comportamenti ripetitivi, funzioni esecutive, comportamenti adattivi e cuid/daos) più altri video esplicativi sia del metodo valutativo che del progetto riabilitativo dell’IdO.
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