Giulianova. Aprile 1817, le misure del Commissario sanitario per scongiurare l’epidemia.

di Ottavio Di Sanislao*
Giulianova era stata già duramente provata nel corso del 1815 quando era stata percorsa dalle truppe di Murat che nel marzo erano avanzate verso nord e, immediatamente dopo, subita la disfatta, quando erano rientrate nel Regno sempre attraverso il suo territorio. A maggio arrivarono poi truppe tedesche dell’esercito imperiale che si trattennero alcuni mesi. La città era già esausta quando al cosiddetto “anno senza estate” del 1816, che provocò la terribile carestia, seguì un’epidemia di tifo petecchiale. Il Commissario Sanitario giunse a Giulianova nel pieno della pandemia; con le autorità locali concordò alcune misure di profilassi per contrastare il diffondersi dell’epidemia che stava decimando la popolazione. Fu infatti deciso: lo spostamento dell’ospedale e dei malati dall’interno del paese all’ex convento dei celestini soppresso da qualche anno; il trasferimento del carcere dai locali sotto il palazzo ducale giudicati non idonei fin dal 1813; la disinfezione degli ambienti, una maggiore pulizia delle strade; la chiusura delle “fosse carnaie” e l’attenzione nelle sepolture. In particolare, si raccomandava di realizzare fosse profonde in maniera da poter interrare sufficientemente i cadaveri, facendo comunque sempre uso della calce, e di assistere i poveri assicurando almeno un pasto giornaliero. Nel corso del 1817 si registreranno ben 777 morti, circa un quarto degli abitanti. La popolazione del comune nel 1810 era infatti di 2779 abitanti (Archivio di Stato, Atti demaniali Giulia). Per avere una idea della drammaticità del fenomeno basta confrontare il numero dei morti del 1817 con quello degli anni immediatamente precedenti e successivi: 117 nel 1813, 93 nel 1814, 87 nel 1815, 222 nel 1816, 61 nel 1818 e 45 nel 1819.
“Oggi giorno 17 del mese di aprile 1817 essendoci riuniti col sig. dott. Don Fulgenzio de Petris qui arrivato ieri in qualità di Commissario Sanitario, unitamente ai dottori fisici di questo comune, egli dopo un ragionamento fatto con essi (…) si è portato a visitare gli ammalati tanto nel paese che nella campagna, nonché l’ospedale civile, le carceri, le chiese, camposanto e tutte le strade dell’abitato e poi riunitosi col sig. Giudice di pace, sig.ri membri di carità e galantuomini principali del comune si è risoluto concordamente di traslocarsi l’ospedale nel soppresso monastero dei Celestini sito in campagna e distante bastantemente dall’abitato, chiudersi l’ospedale dopo disinfestato con sfumicazioni muriatiche, farsi chiudere tutte le sepolture delle chiese con lamia e mattonato, facendoci prima buttare molta calce, e non più aprirsi, farsi spazzare maggiormente le strade del paese due volte la settimana, come anche farsi chiudere vari locali terranei abitati da poveri già morti, con disinfettarli prima con le sopradette fumicazioni muriatiche, vari fondaci che servono d’occasione d’immondezze; trasferirsi il carcere attuale ridotto in pessimo stato nel torrione della casa del sig. don Francesco Ciafardoni siti nella Rocca; chiudersi ermeticamente le due sepolture del cimitero, con farsi uso per l’avvenire giornalmente dei scavi della profondità secondo il numero dei morti, che vi saranno alla giornata, e quindi dopo averci buttata della calce coprirsi almeno con quattro palmi di terra e mattonato. (…) inoltre si è risoluto farsi un notamento esatto dei poveri atti alla fatiga ed obbligarsi giornalmente d’andare al travaglio delle strade, come anche farsi una nota degli altri poveri impotenti e ricoverarli nell’Ospedale dove dovranno essere provveduti coi sussidi del Governo, dell’Ospedale stesso e dei buoni cittadini, dandosi loro una zuppa economica.…
Fulgenzio De Petris Commissario Sanitario, Egidio Bucci sindaco, Andrea Castorani arciprete-parroco.”
Archivio di Stato Teramo, Stato civile Giulianova, ultima pagina del registro dei morti: 28 dicembre 1817, numero d’ordine settecentosettatnasette.
*Funzionario Archivista