In rilievo, Storie giuliesi

Giulianova. I “Giulianovesi” e la rielezione di Carlo Acquaviva d’Aragona, conte di Castellana

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 13.

Di Sandro Galantini*

Carlo Acquaviva d’Aragona, conte di Castellana (titolo che amava ostentare benché spettasse al fratello primogenito Luigi, duca d’Atri), si ricandido’ come deputato di Giulianova alle elezioni politiche del 1865. Svoltesi il 22 ottobre, quando la capitale del Regno era stata da poco spostata da Torino a Firenze, egli raccolse 143 voti. Più rispetto ai concorrenti Nicola Pompizi (123 voti) e Domenico Savini (44), ma non sufficienti secondo la legge per venire eletto. Per cui il 29 ottobre seguente si fece luogo al ballottaggio. E in quell’occasione, con 379 votanti recatisi alle urne, Carlo Acquaviva vinse di misura: 199 i voti ottenuti rispetto ai 176 dell’avversario Pompizi. I risultati del ballottaggio, nonostante qualche voto annullato e un problema poi risolto riguardante la consegna per posta e non personale del verbale da parte del presidente di una sezione, vennero validati dal Parlamento nella tornata del 28 novembre. Da quel giorno, il conte di Castellana diveniva ad ogni effetto, e per la seconda volta, deputato del collegio di Giulianova nella IX legislatura per la Destra. «I Giulianovesi lo elessero perché la famiglia dei duchi d’Atri è la prima nella provincia, e difficilmente avrebbero trovato in paese un uomo migliore di lui». A scriverlo, nel suo “I 450 Deputati del presente e i Deputati dell’avvenire”, volume d’intonazione satirica pubblicato proprio alla fine del 1865, era Cletto Righi, pseudonimo anagrammato del milanese Carlo Righetti. Scrittore prolifico, giornalista di vaglia ma intemperante e anche politico seppur per breve tempo (deputato radicale nel 1867, si dimise qualche mese dopo l’elezione per le antipatie derivanti dal suo atteggiamento scontroso e a causa di uno scandalo), Carlo Righetti fu tra i massimi esponenti della Scapigliatura, che aveva preso nome dal suo romanzo più noto edito nel 1862 (La scapigliatura e il 6 febbraio).
Parlando ancora del riconfermato deputato, Righetti scriveva: «L’onorevole Acquaviva si fece benemerito nella sua città anche nella recente paura dell’invasione del colera. Provvide, istruì, persuase, cercò di scemare i danni dei pregiudizii e delle superstizioni». Ma accanto alla carezza, lo schiaffo. Ritenuto troppo ossequioso al principio d’autorità, l’Acquaviva inoltre – scriveva in conclusione – «non sappiamo che abbia fatta udire la sua voce nella passata legislatura e potremmo metter pegno che non la farà udire mai neppure nella presente». Insomma, un nullafacente. Non era vero. Almeno non completamente. In ogni caso Carlo Acquaviva, perso il seggio nel 1876, sarebbe stato poi nominato senatore nel 1890, due anni prima della morte. Carlo Righetti invece, caduto in miseria per la sua vita dissoluta, e dopo aver rinnegato nel 1902 tutto ciò che di anticristiano era presente nelle sue opere, avrebbe concluso i suoi giorni terreni, isolato e povero, il 3 novembre 1906 a Milano.

*Storico e Giornalista

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