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Minori. Plusdotati, quando il potenziale è mascherato da un disturbo La storia di un caso clinico. Pubblicata ricerca IdO su rivista internaziona

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Roma, 9 giugno – Francesco è un bambino di 7 anni e oggi frequenta con successo la seconda elementare. Ha un’intelligenza superiore alla norma, è plusdotato, eppure all’età di 3 anni e mezzo è arrivato all’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO) per un disturbo del linguaggio espressivo che investiva anche l’aspetto strutturale: non parlava, appariva ansioso, aveva una bassa autostima, una tendenza al perfezionismo e un’evidente inibizione sociale. Il suo potenziale era dunque mascherato dal disturbo e per farlo emergere l’IdO ha puntato su due obiettivi: una diagnosi sequenziale, per seguire il percorso evolutivo del bambino, rimodulare l’intervento terapeutico in base ai suoi cambiamenti e differenziare le vulnerabilità dai deficit; e risposte terapeutiche non settoriali, per evitare interventi terapeutici sintomatici che avrebbero eluso il disagio più profondo alla base del sintomo stesso e aumentato il rischio psicopatologico in termini prognostici.
“Offrire risposte non solo settoriali al disagio di un bambino consente di espandere tutte le sue componenti dello sviluppo e di sostenere la funzione che inizialmente era deficitaria”, spiega l’equipe IdO. Lo dimostra il caso clinico di Francesco, che seguendo un approccio integrato è diventato una storia di successo: oggi è un ottimo narratore, sebbene fosse partito da una quasi assenza di linguaggio. Cosa è successo in questi tre anni e mezzo di terapia? L’IdO lo racconta in un recente articolo, dal titolo ‘Quando il potenziale intellettivo è mascherato dal sintomo: un caso clinico’, pubblicato sulla rivista scientifica ‘Journal of Clinical Case Reports’ (https://www.researchgate.net/publication/316906367_When_the_Intellectual_Potential_is_Concealed_from_Symptoms_A_Case_Report; la versione in italiano sul sito www.ortofonologia.it).
L’obiettivo finale del lavoro dell’Istituto non è stato, pertanto, solo compensare il disturbo, ma far raggiungere al bambino un maggiore equilibrio fra tutte le aree del funzionamento, affinché il suo potenziale potesse essere espresso in pienezza sia dal punto di vista intellettivo, che dei sistemi evolutivi deputati al suo contenimento emotivo. Francesco è stato preso in carico globalmente per correlare il percorso terapeutico alle sue potenzialità, piuttosto che alle vulnerabilità.
Alla luce dei tanti casi di plusdotazione presenti in Italia (il 4-5% della popolazione 0-18 anni ha un alto potenziale cognitivo) diventa sempre più importante accendere un focus sulla ‘giftedness’ per evitare di mettere in primo piano solo il disagio/disturbo. “È ormai acquisito dalla comunità scientifica- si legge nell’articolo- che i bambini plusdotati presentino, nella maggior parte dei casi, problemi socio-emozionali e\o difficoltà scolastiche, nonostante il ricco potenziale che li caratterizza. E’ inoltre dimostrato che l’evoluzione dei bambini gifted è fortemente influenzata dalle circostanze ambientali e dai sistemi educativi. Se i bambini plusdotati non sono tempestivamente riconosciuti può accadere che arrivino al clinico per le manifestazioni psicopatologiche che vengono a strutturarsi sulla disarmonia esistente. Manifestazioni che- avverte il Centro di diagnosi e terapia per l’età evolutiva-, se lette solo in senso sintomatico, possono creare maggiori squilibri al bambino”. Ecco allora che il lo ro eccitamento “viene considerato eccessivo e inquadrato come una sindrome iperattiva, l’atteggiamento critico come non accettazione dell’autorità, l’immaginazione come mancanza di attenzione, la forte emozionalità come immaturità, la creatività e l’ autocentrismo come disturbo oppositivo”.
Francesco ha avuto quattro valutazioni nel corso dei tre anni e mezzo di terapia in modo da rimodulare il trattamento a seconda della sua evoluzione. Infatti, in occasione della seconda valutazione è stata definita la necessità di un intervento psicomotorio attento alla relazione nel gruppo dei pari. “La diagnosi era al bambino nei suoi sistemi evolutivi integrati- spiega l’equipe IdO- se ci fossimo fermati solo al disturbo del linguaggio, non avremmo colto l’aspetto del potenziale intellettivo. Era chiaro che si trattava di un bambino intelligente che non riusciva ad esprimere a pieno le sue potenzialità, perché non aveva un adeguato assetto psicomotorio, mostrava una difficoltà nel regolare le emozioni, la sua competenza di autoregolazione era molto immatura. Abbiamo proposto un intervento terapeutico evolutivo integrato e non finalizzato solo al disturbo del linguaggio (quale area di vulnerabilità) e questo ha permesso a Francesco di migliorare decisamente la sua capacità di autoregolazione e, nello stess o tempo, di riuscire ad elaborare meglio alcuni vissuti, anche quelli relativi a fattori ambientali sfavorenti. In occasione dell’ultima valutazione è emerso un quoziente intellettivo molto alto (131) e un 132 nel verbale: la sua parte più vulnerabile è diventata il suo punto di forza”.
In conclusione l’equipe IdO sottolinea il ruolo della famiglia che “ha lavorato in sinergia con gli operatori e ha collaborato nei tempi e nei modi richiesti ai follow-up e alle sedute terapeutiche negli anni, mostrandosi punto di riferimento affettivo per il sostegno al delicato e importante processo di crescita descritto”.

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