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Popolo, partiti e democrazia. E’ il momento giusto per una grande svolta Carlo Di Marco[*]

Popolo, partiti e democrazia. E’ il momento giusto

per una grande svolta

 

Carlo Di Marco[*]

Carlo Di Marco giulianovanews.it

 

I risultati referendari suscitano, naturalmente, moltissime riflessioni che sarebbe opportuno affrontare tutte ma su alcune di esse, in particolare, sento di dovermi soffermare. Il 4 dicembre scorso il popolo italiano ha compiuto un nuovo importantissimo atto costituente. Precedenti a questo furono: il primo, l’insurrezione popolare del 25 aprile 1945; il secondo (duplice), la scelta della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente il 2 e 3 giugno 1946 con una partecipazione elettorale dell’89,08%; il terzo, il referendum costituzionale del 7 ottobre 2001 che vide una scarsa partecipazione elettorale (34,10% degli aventi diritto), e la conferma con una percentuale del 35,80% per il NO e del 64,20% per il SI; il quarto, la bocciatura della riforma costituzionale pretesa da Berlusconi il 25 e 26 giugno 2006, che fece registrare una partecipazione elettorale del 52,46% e un risultato finale del 61,29% a favore del NO e del 38,71 a favore del SI.

Questa volta vi è stata un’affluenza alle urne del 68,37% e la de-forma Renzi-Boschi è stata spazzata via con una percentuale del 59,7% a favore del NO e del 40,3% favorevole al SI. In Abruzzo il dato è superiore a quello nazionale: l’affluenza è arrivata al 68,73%, ha votato NO il 64,37% ed ha votato SI il 35,63% dei votanti. Di questo, il Coordinamento regionale di Democrazia costituzionale di cui mi onoro di essere il referente, è fiero e ringrazia per mio tramite tutti gli abruzzesi.

La riforma del 2001 non convinse e i risultati non furono entusiasmanti. Almeno non si presentò come uno stravolgimento della Costituzione e fra ambiguità e qualche imperdonabile leggerezza (come quella del riparto di competenze fra Stato e regioni), gli elettori non opposero una levata di scudi. Questa invece ci fu nel 2006, e nel referendum di qualche giorno fa si è innalzato addirittura un muro ciclopico contro la riforma Renzi-Boschi. Dopo il 2 giugno del ’46, in quest’ultimo referendum costituzionale si è avuta l’affluenza più grande, più convinta, più decisa e più entusiasmante della storia della Repubblica. Una grande percentuale di cittadini che non votano più da anni sono andati alle urne per votare NO! Se si pone sul piatto della bilancia che un numero enorme di mezzi d’informazione nazionali e gran parte delle testate giornalistiche della carta stampata si erano schierati subito a favore del Presidente del Consiglio permettendogli di essere presente tutti i giorni dentro le case degli italiani e nelle testate di quasi tutti i quotidiani; che i sostenitori del NO hanno dovuto “accontentarsi” (si fa per dire: in tutto il territorio nazionale abbiamo incontrato vis-à-vis milioni di cittadini in diverse migliaia di assemblee pubbliche, dibattiti e confronti e di questo andiamo fieri), se ne deduce che la battaglia è stata impari e sbilancia a favore del Governo.

Non si può non aggiungere che il Governo ha chiamato “alle armi” i presidenti di quasi tutte le regioni italiane. Questi, compiendo uno scempio del ruolo autonomo e super partes dei sindaci eletti dai cittadini, a loro volta hanno quasi ovunque chiamato a raccolta i primi cittadini per compiere un rastrellamento “a tappeto” di voti per il SI, adottando così per intero il ributtante “protocollo De Luca”.

 

Quali deduzioni trarre da questo quadro? Poche ma di grande importanza:

 

  1. L’invasione mediatica, le bugie, le frasi prive di significati reali, le furbate, la campagna delle battutine idiote e il parlare alle persone come fossero ignoranti e stupide hanno fatto l’effetto contrario a quello sperato. Hanno indispettito un popolo sano, vigile, in cerca di conoscenza e informazioni vere. La nostra opera è stata utile, ma la gente non è stupida. Questo risultato lo dimostra ampiamente.
  2. Il popolo italiano, con il percorso delle azioni costituenti sopra ricordate, ha ampiamente ribadito la validità dell’unica strada da percorrere a partire dal secondo dopoguerra: quella del costituzionalismo del Ventesimo secolo, attuale e inattuato. Si rassegnino i “liquidatori” del costituzionalismo. Il suo programma storico deve solo essere attuato, quando lo si fa in maniera confusa il popolo risponde scarsamente (revisione del 2001), ma quando si toccano i principi e i capisaldi del costituzionalismo il popolo insorge come un sol uomo. L’indirizzo storico è chiaro a chi ha orecchie per sentire e occhi per vedere!
  3. Si rassegnino anche i partiti: devono decidersi, finalmente, ad aprire il libro del rinnovamento vero. Quello del metodo democratico mancato e della democrazia interna perché prima di tutto dentro di essi si capovolga finalmente la piramide del potere e diventino democratici. Solo così potranno tornare ad essere il veicolo della partecipazione e della sovranità popolare come nel disegno costituzionale. Colgano questo segnale così deciso ed energico del Sovrano per trasformarsi, rinnovarsi, valorizzare le risorse, le intelligenze e le capacità dei propri iscritti. Non badino più alla propria autoreferenzialità e, nell’immediato, puntino non alle elezioni con questa legge elettorale che porterebbe un solo partito ad impossessarsi della Camera dei deputati, ma prima di tutto a una riforma vera, democratica, pluralista e partecipata della legge elettorale.
  4. Ai giovani, infine, il mio accorato appello. Entrate dentro questi partiti e rivoltateli come calzini. Createne nuovi, trasformate quelli che ci sono, fateli vostri avendo sempre come punto di riferimento questo popolo sovrano. Esso, nel percorso costituente che sopra ho cercato di descrivere rappresenta l’unico orientamento affidabile affinché l’utopia costituzionale del Ventesimo secolo diventi realtà e non si trasferisca mai sul pianeta delle illusioni.

 

 

[*] Docente di Diritto Costituzionale, Università degli studi di Teramo

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