Abruzzo, Cultura & Società

Chieti. Decennale dalla scomparsa del prof. Giacinto Auriti > > 11 agosto 2006 – 11 agosto 2016.

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> Il decorso del tempo non lenisce in chi conobbe Auriti la grande perdita ma rende sempre più attuali le sue idee. Infatti, normalmente, quando si ricordano personaggi famosi, l’importanza è contestualizzata al momento in cui erano in vita e, soprattutto, l’apprezzamento è relativo ad un fatto di particolare rilievo verificatosi durante la loro esistenza ma,ormai, passato e superato.
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> Con il prof. Auriti invece è l’esatto contrario, non certo perché le sue idee non si sono ancora attualizzate, ma perché le questioni che affliggono il nostro tempo costituiscono la prova continua e la dimostrazione della verità dei suoi studi. Come dire: una teoria che il tempo, giorno dopo giorno, rende sempre più vera.
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> La scoperta scientifico giuridica di Auriti della proprietà popolare della moneta è, al di là ed a prescindere da ogni scelta culturale e politica, la panacea di tutti i mali, con particolare riferimento al devastante ed inesistente debito che contamina e condiziona ogni espressione di vita umana. Se la moneta fosse dichiarata, all’atto dell’emissione e a titolo originario, di proprietà dei cittadini, la truffa del debito pubblico non potrebbe essere perpetrata, così come non avrebbe ragion d’essere la questione della sostenibilità e della sufficienza delle risorse per finanziare il sistema previdenziale e pensionistico che spaventa le future generazioni. Lo stesso discorso vale per gli ammortizzatori sociali la cui copertura finanziaria pare impossibile, a sentire la vulgata della classe politica,  ma anche il finanziamento delle famiglie e delle imprese con il riconoscimento del diritto di proprietà della moneta in favore dei cittadini sarebbero finalmente risolti senza dover fare ricorso all’iniqua ed illecita pressione fiscale che si è trasformata in una politica di rastrellamento senza corrispettivo di moneta nel corpo sociale già dilaniato dalla truffa e dal debito inesistente.
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> Se fosse attuata anche le reazioni patologiche della classe dirigente, culminanti nella corruzione quale forma di errata reazione alla consapevolezza acquisita della funzione di cameriere dei banchieri, sarebbero, se non eliminate nell’interezza, notevolmente ridotte.
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> La proprietà popolare della moneta, che presuppone, tra l’altro, l’accreditamento a titolo originario della moneta emessa sul territorio in favore della collettività, produce il vero reddito da cittadinanza, non l’elemosina o la ridistribuzione del risparmio o dei proventi da reato tra la collettività (che, pur se in parte meritevole di positivo apprezzamento, sicuramente non è reddito e non da’, soprattutto, il diritto di pretendere). La moneta proprietà consente, proprio perché di proprietà dei cittadini sin dall’atto dell’emissione, l’azzeramento del debito pubblico, non potendosi indebitare le collettività per il “pagamento” di un bene che nasce di sua proprietà. Ed è solo in tal modo, cioè attraverso la distribuzione della moneta in favore di ogni singolo componente la collettività nazionale, che si potrà dare attuazione alla vera istanza di diritto sociale a contenuto patrimoniale consentendo ad ogni cittadino di ricevere il minimo indispensabile per la sopravvivenza. E’ l’intuizione della Rerum Novarum, del “tutti proprietari” che finalmente ha trovato il suo quadro attuativo eliminando la lotta di classe e superando le iniquità del capitalismo, privato e di stato, senza mortificare l’iniziativa privata e le attitudini di ogni persona in quanto con le proprie capacità ognuno potrà avere il sovrappiù.
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> Anche l’emigrazione economica avrebbe termine. Quella cioè programmata a tavolino da chi vuole il disagio sociale, la distruzione della tradizione e lo stravolgimento del diritto naturale, imponendo a milioni di persone attanagliate dal debito di migrare in luoghi che non hanno un benessere perché più ricchi o perché abitati da persone più capaci ma,semplicemente, per non essere stati ancora colpiti in modo definitivo dalla consapevolezza del debito. Con la moneta di popolo ogni cittadino, di qualsiasi nazione, avrà l’incentivo a valorizzare il proprio territorio ed a (ri)costruire la sua Nazione perché, eliminato il debito si crea la semplice speranza ma anche la certezza di vivere in condizioni umane migliori e di avere un futuro roseo.
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> In tal modo, le diversità di razza, di culture, di religione, di tradizioni e di pensiero che costituiscono la bellezza del nostro pianeta, garantendo l’armonia nel reciproco rispetto delle differenze, potranno evitare l’omologazione e la globalizzazione che è il meccanismo procedurale per giungere all’indebitamento dell’uomo in favore di una piccola e ristretta cerchia di iniziati.
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> Ma il prof. Auriti non si è limitato a teorizzare questa verità scientifica, l’ha anche riempita di contenuto etico e, soprattutto, lo ha fatto con spirito di servizio, anche se il termine esatto è amore. Un amore verso l’umanità che ha dimostrato preferendo combattere contro la grande usura del sistema bancario e finanziario piuttosto che privilegiare il suo tornaconto personale.
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> “Solo chi ama può servire e non servirsi del popolo”, amava ripetere, precisando che l’amore non può essere oggetto di un obbligo giuridico, anche se sancito di una norma positiva, o si ama o non si ama, o si serve o ci si serve dell’uomo. Ecco la differenza incolmabile tra chi è al potere economico finanziario, bancario e, purtroppo, anche politico e il prof. Auriti.
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> E lo ha dimostrato introducendo due principi importanti: il primo prevede che chi emette moneta non può partecipare al mercato e quindi alla dinamica economica finanziaria, mentre con il secondo ha precisato che si può guadagnare in qualsiasi modo (ovviamente lecito), eccezion fatta che attraverso il prestito del denaro. Ogni unità di misura, quindi anche la moneta, è adespota, nel senso che è di ognuno di noi e non può essere fonte di lucro per alcuno. Non si può lucrare sul metro, si potrà però produrre un bene più lungo ed efficiente, non si può lucrare sulla moneta, perché è di proprietà dei singoli cittadini, ma si potrà legittimamente lucrare sui beni e servizi che ognuno, con il proprio ingegno e la propria intraprendenza, sarà in grado di creare.
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> Si tratta di due verità inconfutabili: chi emette la moneta, infatti, deve rimanere estraneo al fenomeno della circolazione e non può entrare nel mercato, perché diversamente altera il sistema ed incorre in un conflitto di interessi, alla stessa stregua di chi modifica la tara per diminuire il peso netto. Corollario: l’unità di misura non può essere modificata ad nutum dal tipografo e dal titolare dell’ufficio dei pesi e delle misure. Solo così il popolo è realmente sovrano.
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> Questi due aspetti furono attuati coerentemente dal prof. Auriti nell’esperienza del Simec – nel 2000 – tanto che lui fornì il documento cartaceo (appunto il Simec), al quale la collettività territoriale conferì valore monetario con l’accettazione, nel rispetto del principio dello “stampo e do’”, diametralmente opposto a quello del sistema bancario che “stampa e presta”. Nel contempo, non ha partecipato alla circolazione dei Simec essendosi limitato a  concedere, peraltro gratuitamente, il cd. know how ed ovviamente non ha svolto alcuna attività nell’ambito del sistema.
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> Si comprende così l’importanza rivoluzionaria delle sue scoperte che lo hanno proiettato come guida nella riforma del sistema monetario, bancario, tributario e previdenziale in quanto la sostituzione della moneta di proprietà del popolo alla moneta debito non può rimanere nel limbo dei buoni propositi ma deve necessariamente convergere nel dibattito politico per la sua concreta attuazione.
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> Oggi quando si parla del prof. Auriti e delle sue tesi la discussione si cala naturalmente sul piano scientifico poiché le sue idee sono divenute patrimonio culturale sul quale confrontarsi per attuarle, non solo per discuterle sul piano puramente teorico. E’ questa la sua vittoria postuma!
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> Per dimostrare la sua visione profetica basti pensare allo sviluppo tecnologico, che porterà necessariamente ad una riduzione progressiva del lavoro, si lavorerà sempre meno e ci saranno sempre minori lavori da svolgere, con la conseguenza che per evitare la creazione di schiavi o di polli in batteria la moneta deve essere riconosciuta bene comune, cioè in comunione tra i tutti i partecipanti alla collettività nazionale. Se non sarà introdotta la moneta proprietà (di popolo) ed eliminata la moneta debito, il sistema finanziario, bancario e le multinazionali avranno la possibilità di monopolizzare la scienza e, soprattutto, le sue applicazioni tecnologiche riservando all’uomo il ruolo di schiavo e comunque di essere privo di qualsiasi possibilità di autodeterminarsi, precludendogli anche il libero arbitrio.
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> La sua battaglia è, quindi, una scelta di vita che ci pone dinanzi ad un bivio: continuare a farci prendere per i fondelli o prendere a calci nel sedere chi vuol mantenervi schiavi del debito. Noi ci schieriamo in favore della seconda opzione perché “non bene pro toto libertas venditur auro”, ossia la dignità non ha prezzo.
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> Per questi motivi, ricorderemo il prof. Auriti nel decennale della sua scomparsa con un incontro tra tutti i crescenti estimatori sparsi per l’Italia, e nel mondo, con una giornata commemorativa che si svolgerà a Guardiagrele l’11 agosto p.v.. Data che, per volere della destino, coincide sia cin la sua dipartita nel 2006 che con il sequestro dei SIMEC avvenuto nel 2000 ( poi dissequestrati )
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>                                                                        Antonio Pimpini
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