9-ago-2016 9.26Proliferazione cinghiali “colpa” delle Aree Protette? Nossignori, è responsabilità vostra

 

 

La proliferazione incontrollata dei cinghiali, con i danni e pericoli che il loro passaggio può rappresentare per agricoltura, trasporti e cittadini, sono cronaca incessante da svariati anni. Le notizie di questi ultimi giorni sono solo le ultime di una rassegna che potrebbe essere più che chilometrica. Anche negli ultimi giorni abbiamo purtroppo dovuto leggere gli stessi annunci e discorsi che, da cittadini, ci amareggiano e deludono. In un recente incontro pubblico, così come in ripetuti comunicati pubblicati dalla stampa, rappresentanti della massima istituzione regionale e il più alto rappresentante di una organizzazione di categoria (nonché ex capogruppo del maggior partito allora all’opposizione nell’ultimo consiglio provinciale eletto) hanno ancora una volta pesantemente attaccato le aree protette della nostra Regione. Ancora una volta hanno cercato di far passare il messaggio che il problema sia nella tutela e valorizzazione delle più importanti ricchezze del territorio.

Colpiscono immediatamente l’attenzione i toni e le accuse, tra l’altro da parte di chi ha importantissimi compiti sul tema all’interno della Regione Abruzzo, nei confronti di altri enti. Può un funzionario, in un incontro pubblico, attaccare così fortemente altre istituzioni locali e nazionali? Le parole sentite e lette in questi giorni sono le stesse  della maggioranza in consiglio provinciale (casualmente anche allora anche dal consigliere delegato alla materia…) di ben 3 anni fa. Per la serie, passano gli anni, cambiano le maggioranze politiche ma, che siano PD o destra, sempre là rimaniamo. Innanzitutto vorremmo sapere, considerato anche il plauso che fece già anni fa quando era ancora capogruppo in Provincia, dal maggior rappresentante dell’organizzazione di categoria su quali dati basa l’attacco alle aree protette e i risultati in questi anni del “piano” di “caccia di selezione” che lui sostenne convintamente. Premesso questo, oltre l’attacco alle aree protette continuiamo a sentire e leggere sostenitori di una caccia prolungata e non selettiva. Su questo punto ci permettiamo di citare un sito non soltanto non ambientalista ma addirittura di riferimento del mondo venatorio, Big Hunter: “La forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, ha dimostrato di causare una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da una innaturale prevalenza delle classi giovanili, cha ha come conseguenza anche un sensibile aumento dei danni alle colture”.

La gestione della fauna selvatica (tra cui i cinghiali) è normata con precisione e dettaglio. La normativa  non soltanto stabilisce quali sono le responsabilità dei vari Enti, ma individua anche ben precise direzioni. A partire dalla consultazione obbligatoria del manuale ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ). Tale manuale è disponibile su internet al link:http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/linee-guida-per-la-gestione-del-cinghiale .

E’ questo un manuale che, come è facilissimo accertare tramite una rapida verifica presso tantissime province di tutta Italia, è stato consultato e adottato per piani di gestione del cinghiale in tutta Italia.

Per quanto riguarda le Aree Protette, che accusano di essere le “colpevoli” della proliferazione del cinghiale, sul sito dell’Istituto scientifico è disponibile anche un manuale specifico. Tale manuale è anch’esso consultabile e scaricabile al link: http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/conservazione-della-natura/linee-guida-per-la-gestione-del-cinghiale-sus-1 .  Per avere la dimostrazione della possibilità della gestione del cinghiale nelle aree protette e dell’applicazione dell’apposito manuale scientifico (a cui la normativa obbliga a fare riferimento) non c’è bisogno di andare molto lontani dai confini della Provincia di Chieti, basta semplicemente volgere lo sguardo verso il Parco Nazionale “Gran Sasso e Monti della Laga” (come si può verificare al linkhttp://www.gransassolagapark.it/albOnline/2012/PNGSLdocumento11784-allegato1.pdf). Non abbiamo notizie e dati statistici sui risultati di questo piano ma la sua esistenza certifica in maniera incontrovertibile che una gestione del cinghiale è possibile ed esiste anche per le Aree Protette (lì dove non c’è quindi la “colpa” non è della presenza dell’area …).

Sul manuale ISPRA dedicato alle Aree Protette si legge a pagina 49 “In linea generale, sono numerose le tecniche di prevenzione diretta (olfattiva, acustica, meccanica, elettrica) sperimentate al fine di prevenire i danni procurati dal Cinghiale alle coltivazioni agricole e forestali […] i sistemi che hanno evidenziato i risultati migliori in termini di efficienza sono quelli che prevedono la recinzione meccanica o elettrica di porzioni di territorio in modo da rendere impossibile l’accesso ai cinghiali“.

A pagina 57 si legge: “La norma di riferimento per le aree naturali protette nazionali è la Legge 6 dicembre 1991, n. 394” che prevede anche per le aree naturali protette regionali la possibilità di ricorrere ad “[…] eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici” e che il Ministero dell’Ambiente (sentito il Ministero per le politiche agricole e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), può autorizzare  deroghe, tra le cui finalità viene citata la necessità di prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico”. Anche in questo caso per chi volesse verificare è disponibile questo link www.isprambiente.gov.it/contentfiles/00004300/4315-cinghiale-ii-edizione.pdf/at_download/file

Sono queste le dimostrazioni che la politica degli annunci, degli attacchi ad altri enti, dell’individuazione nell’ambiente come un freno e un problema da limitare, ha corto respiro. In questo, come in tantissimi altri campi (dal dissesto idrogeologico al consumo di suolo, dalla qualità dell’aria alla gestione del diritto all’acqua, tanto per fare alcuni esempi, su cui tantissime volte ci siamo soffermati in questi anni) non ci si può lasciar andare a soluzioni che non siano realmente efficaci e di lungo respiro. La stagione del “poi paga pantalone” (ovvero i cittadini) non è più sostenibile. La gestione del cinghiale, a nostro avviso, mostra quanto questo territorio ha bisogno di una maggiore e più efficiente pianificazione del territorio e dell’ambiente. Documentato che la “colpa” non è delle aree protette (e vorremmo anche chiedere, ma le aree protette – considerato che molte sono addirittura regionali – sono mai state convocate ad una tavolo comune? O vengono solo attaccate e basta?) ma che la responsabilità è interamente della “politica” e delle istituzioni rappresentativa, rilanciamo con una proposta diametralmente opposta: si battano tutte le strade che la scienza e la legislazione mette a disposizione per risolvere questo, e altri gravi problemi, e si punti su una pianificazione e politica del territorio e di tutela delle sue ricchezze ed eccellenze. A partire, in Provincia di Chieti, dal Parco Nazionale della Costa Teatina. Incredibilmente ancora fermo, sospeso su una firma che tarda ad arrivare per motivi non conosciuti alla cittadinanza, dopo un’attesa di 15 anni da record (negativo!) mondiale.

 

Associazione Antimafie Rita Atria

PeaceLink Abruzzo

Sinistra Anticapitalista Abruzzo