Ricordi di guerra

Teramo. Discorso del Sindaco Maurizio Brucchi per le celebrazioni del 4 Novembre 2015

 

 

 

Signor prefetto, autorità civili, politiche e religiose, associazioni degli ex combattenti, studenti, concittadini,la Giornata in cui celebriamo l’unità d’Italia e le nostre forze armate, ci trova ancora insieme per rendere omaggio, fare memoria e riflettere.

 

Com’è diverso questo 4 novembre dalle analoghe Giornate di nemmeno molti anni fa… Comincio la mia riflessione proprio da qui, da questa ineluttabile constatazione e sono certo di non esagerare se ribadisco che gli stravolgimenti dell’ordine politico, sociale, economico avvenuti a livello internazionale, sono stati così dirompenti da aver causato ripercussioni note ma anche meno conosciute.

Di queste voglio parlare, citando in partenza, due di tali eventi, proprio per dire della portata epocale e delle conseguenze riverberate da un inestricabile intreccio tra difficoltà pubbliche e angosce private. E faccio riferimento alla crisi economica e finanziaria mondiale, che se principalmente ha avuto effetti sulle famiglie, non di meno ha fatto sentire il suo morso anche a livello istituzionale, condizionando nelle scelte le amministrazioni pubbliche  che si sono viste costrette a ridisegnare l’architettura del proprio operato, in ragione di nuove esigenze.

E poi la questione delle migrazioni, esplosa negli ultimi mesi ma già forte ed evidente, in particolare per la nostra penisola.

 

Perché cito questi due eventi? Perché il 4 novembre, proprio il 4 novembre, con le celebrazioni che talora anche con enfasi si accavallano in tutto il paese, è occasione imprescindibile per riproporre a tutti – dai giovani agli anziani – l’importanza, il valore della stabilità e della unità della nazione; valore, però, che proprio a causa delle difficoltà contingenti potrebbe essere messo a rischio.

E se pavento questa ipotesi, non è per una mera volontà rivendicativa, ma perché è sempre più evidente che decisioni assunte a carattere generale, causano oggi ripercussioni tali da smembrare nella sua essenza il principio dell’unità e rendere i territori isole sempre più costrette all’autodeterminazione e alla difesa delle prerogative.

 

L’esempio dell’accorpamento delle Prefetture, dettato dalla cosiddetta “spending revue”, credo sia particolarmente pertinente. Sono convinto anch’io dell’importanza della revisione della spesa a livello centrale, operazione necessaria per tutelarsi dalle maglie in cui la crisi imprigiona la vita amministrativa. Ma è anche vero che tale revisione, non può essere fatta senza tener conto delle ripercussioni che essa, a cascata, produce sugli enti disposti a gradini inferiori nella scala istituzionale.

Ecco allora che tagliare le Prefetture in un territorio come il nostro, significa cancellare un presidio importante dello Stato, abbandonare il territorio alle proprie fortune. E questo proprio mentre si chiede allo stesso territorio di fronteggiare e di essere in prima linea, ad esempio, nella questione dell’accoglienza dei migranti (ed ecco che torna la seconda delle questioni citate sopra). Mi chiedo allora: come si fa a fronteggiare una emergenza come questa, e i problemi di ordine pubblico che essa inevitabilmente porta con sé, riducendo la presenza dello Stato? Mi chiedo ancora: come può un sindaco affrontare con determinazione, autorevolezza, prontezza decisionale, questioni così incisive per il territorio, senza una sponda istituzionale adeguata e prossima? E infine, in termini generali, forse meno pragmatici ma comunque di rilievo: come può percepire un cittadino la presenza dello Stato se questo abbandona i presídi in cui storicamente era insediato?

Non si tratta di questioni secondarie, ed è proprio perché stiamo celebrando questa ricorrenza che a me pare opportuno doverle esplicitare, in ragione del ruolo pubblico che ricopro e della connessa necessità di tutelare i cittadini, sia in termini concreti che nelle attribuzioni direi meno tangibili ma forse più profonde, che ad essi spettano di diritto e come dovere.

 

Già l’unità. Concetto  e principio ampiamente valido; concetto e principio che deve essere coniugato in un’accezione che pur rispettando le prerogative istituzionali disegnate dalla Carta e pur riconoscendo le diverse articolate e attribuzioni, non può nei fatti determinare enti ed istituzioni minori ed enti ed istituzioni maggiori. Unità nella diversità, starei per dire, ma unità nel rispetto e nel reciproco sostentamento.

In questo senso allora anche il continuo depauperamento delle risorse a disposizione delle amministrazioni comunali o periferiche mina alla base tale principio facendo delle entità centrali i riferimenti ultimi e riducendo  quelle periferiche al rango di meri esattori, costretti tra l’altro al confronto costante e continuo con i cittadini.

 

Se Unita deve essere allora, e noi ci auguriamo che tale sia in maniera sempre più vigorosa e determinata, che essa avvenga nel segno della condivisione, della collaborazione istituzionale, nell’assunzione di responsabilità condivise, nella ripartizione di risorse economiche, umane, normative adeguate.

 

 

Un saluto, per chiudere, alle nostre forze armate: dall’esercito alla marina, dall’aviazione ai corpi speciali, dalla Guardia forestale alla Guardia di Finanza, dalla Polizia ai Carabinieri, fino alla Polizia Municipale. Mi piace giocare sul senso di questa parola “armate” che nell’accezione odierna voglio utilizzare per declinarla in un significato non prettamente bellico ma starei per dire umano: armate di coraggio, armate di senso di fedeltà, armate di amore per la patria, armate di attenzione, armate della considerazione e dell’affetto della gente, armate di onestà, serietà, dedizione. Sono forze già, davvero esemplari: forze; la forza di un Paese che ha qualcuno cui guardare e da ammirare, qualcuno su cui contare. Grazie a tutti voi.

 

Viva l’Italia, viva le Forze Armate!!!!!

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