Giulianova. “Non Possumus” indagine sulle deviazioni dottrinali e liturgiche, ultima fatica editoriale del “nostro” Pietro Ferrari.

[NUOVA USCITA] ‘Non possumus’ di P. Ferrari, postfazione di P. Seveso

ferrari

Nota di Radio Spada: come anticipazione alla nuova uscita libraria delle edizioni Radio Spada pubblichiamo la postfazione che Piergiorgio Seveso ha scritto per il nuovo libro di Pietro FerrariNon possumus. Indagini sulle deviazioni dottrinali e liturgiche a cinquant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano Secondo che sarà tra poco disponibile ed è già prenotabile presso la nostra casa editrice.

I sonagli della Sede Vacante

Siamo probabilmente al minimo assoluto, ad un punto in cui la vita della Chiesa si regge quasi sul niente. Il potere di giurisdizione è scomparso, quello d’ordine è ridottissimo, il gregge è devastato e la fede sta scomparendo. In tutto il mondo non c’è più nessuno che professi integralmente la Fede cattolica con autorità. Dal punto di vista del potere di giurisdizione la Chiesa gerarchica non è che una mera potenzialità, una possibilità. Continua a permanere appena, grazie all’aspetto giuridico della realtà della Chiesa, il potere di designare i soggetti atti a governare i battezzati. Che questo potere di designazione sia nelle mani di massoni è cosa odiosa a pensarsi. Capisco. Eppure questa cosa ci offre una prova ancor più grande, se così si può dire, di quelle sin qui conosciute della potenza di Dio e della divinità della Chiesa, tanto da mostrare a tutti non solo che la Sposa di Cristo è insopprimibile e che le astuzie dei suoi nemici non hanno alcun potere in ordine alla sua distruzione, ma anche che – ironia della sorte – sono questi stessi nemici a fare da strumento adoperato da Dio per mantenerla in vita.

 (Antonio Polazzo – aprile 2012)

Nell’apprestarmi a scrivere questa postfazione la mia mente è corsa rapida ad un vecchio pezzo di natura ben più polemica che dottrinale apparso su un Sì si, No no dell’aprile 1997. Su quel “quindicinale antimodernista” fondato dall’incolpevole Don Putti, si pubblicava allora la traduzione di un articolo a firma di un misterioso Dionysius, già pubblicato sul francofono Courrier de Rome e prontamente tradotto. Del pezzo, un po’ untuoso, un po’ maramaldo, un po’cialtrone, tralascio quasi tutto ma mi piace trascrivere oggi la folgorante chiusa finale:

Si vede fin troppo ciò che produce nei cattolici passionali questa favola teologica (della sede vacante n.d.r.): diventano i papi di se stessi, giudicano i loro sacerdoti, non si confessano più, non ascoltano più niente e fanno in genere l’infelicità delle loro famiglie. Li si era conosciuti come dei cattolici pii; li si ritrova, dopo averli perduti di vista alcuni anni, con il comportamento psicologico dei testimoni di Jeovah o dei protestanti: arroganti, presuntuosi di aver capito tutto e tutto esaminando attraverso la lente della loro ossessione, agitanti incessantemente come sonagli i loro argomenti perentori ed inafferrabili…che neppure loro comprendono. Finchè lasciano tutto e perdono la fede[1].

Di questo ritratto certamente grottesco e caricaturale, malevolo e interessato, sudicio come solo certi discorsi nell’ombra sanno essere, Non possumus ed il suo autore sono l’antitesi radicale: un libro forte ed appassionato, equilibrato anche nelle critiche più motivate, scritto da un affermato professionista e padre di famiglia, oltre che cattolico romano integrale a tutto tondo.

Il libro di Pietro Ferrari colma quindi (e ne va dato atto anche alle Edizioni Radio Spada) una lacuna esistente nel mondo editorialecattolico di lingua italiana e presenta due profili di eccezionalità che queste mie povere (ma certamente sincere) righe di postfazione cercheranno di evidenziare. Anzitutto si tratta di un testo tranquillamente, serenamente, diffusamente ed argomentatamente sedevacantista. Mi permetterete, cari lettori, di dare a questo termine, in questo breve scritto, un’accezione semplicemente gazzettistica e popolaresca, senza quelle necessarie precisazioni dottrinali che l’Autore dottamente riporta e sviscera in vari capitoli della sua opera. Non è cosa da poco, dopo anni e anni di mantra sull’“ermeneutica della continuità” ripetuti sino alla nausea, di antichi ma sempre rinnovati refrainssul “Concilio da interpretare alla luce della tradizione”, di “ripareggiatori” tanto messianicamente invocati ma mai giunti tra i nostri lidi. Di fronte al leviatano bergogliesco il tradizionalismo cortigiano e trasversale che si baloccava con le diafane ed esili antifibiologie del magistero ratzingeriano , alternando il tutto con inani defilè, tutto fibbie argentate e ferraioli, è scolorato, vacillando e, arretrando, quasi si è ritirato. Oggi di quel mondo poco rimane in piedi, se non la buona fede ed il sacrificio (mal riposto) di alcuni e armadi colmi di vesti paonazze e di paramenti dove gli esteti del Sacro potranno cercare di colmare, nelle loro interminabili sere, i propri vuoti esistenziali. Non possumus, allora, è un sasso gettato nelle morte gore di un tradizionalismo che l’era Bergoglio ha bellamente trasformato in uno scarico per liquami ecclesiologici, è una squilla per svegliare da antichi torpori e perenni paure, è una piccola e pratica “summula” che può essere portata agevolmente in viaggio o tenuta sul comodino o consultata come contravveleno dopo qualche cattiva lettura. Il secondo profilo di eccezionalità è quello di essere scritto da un laico e non da un rappresentante di quella gloriosa milizia clericale che, con tanto coraggio e spirito di sacrificio, custodisce e tramanda, in questi anni di folle sabba neomodernista, dottrina e sacramenti cattolici, una milizia decorata dalle medaglie di mille battaglie apostoliche e dalle ingiurie del tempo che passa inesorabile. Si tratta di un libro quindi che trasmette, si spera nel modo migliore, ciò che ha ricevuto, che volgarizza ciò che spesso è oggetto di riflessioni e dibattiti necessariamente ristretti o per addetti ai lavori, che manifesta, anche attraverso le piccole rielaborazioni di un laicato impegnato e studioso, quel cattolicesimo integrale quotidiano, quel sedevacantismo tranquillo (ma non certo mitigato) che tanto sta a cuore a ciascuno di noi.

Un sedevacantismo non certo afasico, non certo autistico, come taluni scrittori dell’epoca ratzingeriana[2] hanno sostenuto, ma loquace, fervoroso e, pur tra le necessarie e a volte inevitabili spigolosità, caritatevole, di quella Caritate veritatis che è per noi stemma e scudo di tante battaglie.

E permettetemi in questa sede di ringraziare tutta quella brava e buona gente (anche se talvolta necessariamente un poco squinternata: i “matti di Dio” del ventunesimo secolo) che in questi tanti anni, soprattutto in quella terra di nessuno che era il vecchio web, ha testificato, attraverso dotti commenti, battute caustiche, veementi polemiche e contrapposizioni forti, la dolorosa necessità di questa posizione teologica. E l’ha fatto spesso sacrificando tempo, vita, affetti, amicizie consolidate, fama e buon nome: studiando sulla tastiera, piangendo sulla tastiera, soffrendo sulla tastiera, pregando sulla tastiera e con la tastiera. Una piccola “massa cristiana” di cattolici integrali, buoni e cattivi, santi e malfattori, dabbene e marginali, che ha “colonizzato” il web, costringendo gli altri a rincorrere, a contrastare, a ri-studiare o a lanciare fatwe da osteria: e anche, nel loro piccolo, grazie a loro che questo libro è nato. E nessuna lettera, anche scritta sulla tenue e sfuggente lavagna virtuale, è andata perduta. I “sonagli della sede vacante” che turbavano il riposo del buon Dionysius continuano quindi a risuonare e anche oggi, più che mai in questi anni di sarabanda bergogliesca. Possano continuare a tintinnare per fare ridere gli idioti, aiutare i buoni, confortare i dubbiosi, incoraggiare i pavidi e disturbare i sonni dei malvagi. Buona lettura!

Piergiorgio Seveso

22 agosto 2015

Nella festa del Cuore Immacolato di Maria

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[1] Dionysius, Un’allarmante appendice nell’attuale crisi della Chiesa, Si si no no, anno XXIII, numero 7, aprile 1997

[2] Cfr. Luca Fumagalli – Piergiorgio Seveso, L’apologo dello specchio (una risposta a Gnocchi e Palmaro sulla sede vacante), pro manuscripto, 13 aprile 2013, in risposta a Ci salveranno le vecchie zie. Una certa idea di tradizione, Verona, Fede e Cultura,2012. La risposta è leggibile sul forum sedevacantistaTradizione cattolica forum.termometropolitico.it/187456-l-apologo-dello-specchio-una-risposta-gnocchi-e-palmaro-sul-sedevacantismo.html