Cultura & Società

Ricordando Paul Ricoeur 10 anni dopo A cura di Attilio Danese, direttore di “Prospettiva Persona” (Rubbettino, Italy)

 

  

Notizia 

Il 20 maggio 2005 a Chatenay Malabry ( Paris) , 10 anni fa moriva, all’età di novantadue anni il filosofo  francese Paul Ricoeur, cittadino onorario della città di Teramo

Il suo itinerario di pensiero ha coperto un secolo, ha incrociato una molteplicità di discipline e una moltitudine di pensatori, linguisti, scrittori, storici. La sua opera si è imposta come riferimento inevitabile nei dibattiti della cultura contemporanea. 

“Esponente dell’esistenzialismo cristiano e maestro dell’ermeneutica novecentesca, un pensatore molto influente sulle due sponde dell’Atlantico”.  Allievo di E. Mounier,  Gabriel Marcel e molto influenzato da Karl Jaspers nella sua formazione esistenzialista, si oriento’ poi verso la filosofia ermeneutica, che riconosce nel linguaggio della religione, del mito e della poesia la condizione di possibilita’ e il significato ultimo del pensiero e della volonta’. 

 P. Ricoeur è stato molto legato   ai circoli personalisti italiani in quanto presidente del Comitato scientifico della rivista “Prospettiva Persona” sin dalla sua fondazione. 

Prospettiva Persona a Teramo il prossimo 22 maggio 2015   gli dedica un pomeriggio di studio sulle tematiche dell’umanesimo, indirizzando la riflessione come preparazione al Grande convegno nazionale di Firenze (9-12 novembre 2015) . Questi i relatori 

I relatori nell’ordine:
Giovanni Giorgio,
 docente all’Università lateranense, autore di un testo su Ricoeur, parlerà sull’antropologia teologica  del filosofo
Daniella Iannotta
, già docente di semiotica e filosofia morale all’Università di Roma3,  amica personale  e traduttrice dell’opera di Ricoeru in Italia, puntualizzerà gli elementi fondanti l’umanesimo cristiano del filosofo, quali la relazione di reciprocità e il perdono difficile
Francesca Brezzi, già docente di Filosofia morale a Roma 3, autrice della prima monografia su Ricoeur in Italia, sottolineerà gli aspetti etici dell’umanesimo cristiano di P. Ricoeur con i risvolti sociali e politici da proporre ad un umanesimo che voglia essere rispettoso della persona umana.

 

Approfondimento 

Ricoeur può essere  considerato come il filosofo contemporaneo erede diretto della ispirazione mounieriana. Così mi ha detto in una conversazione tenuta a Châtenay (Paris): «Occorre soprattutto non pen­sare al personalismo come a qualcosa di compiuto. Del resto la vita pubblica di Mounier è stata molto breve ed egli non ha avuto il tempo necessario per sviluppare le sue idee, ma ha lasciato delle idee-guida, direttrici spirituali. Soprattutto, mettendo al centro la persona, ha indicato in essa il punto di riferimento della vita politica e sociale.    

Nell’ambivalenza del linguaggio, il termine «persona» assume sfumature diverse: se il personalismo comunitario aveva accentuato le dimensioni psicologica ed etica, Ricoeur mette a fuoco piuttosto la problematica del senso, che evita di invilupparsi nel solipsismo e conserva il rapporto con l’oggettività, ma dopo aver fatto i conti con la crisi della metafisica e del soggetto, grazie agli «autori del sospetto», che Mounier aveva già rico­nosciuto come «tre forti ammonimenti alla civiltà occidentale»: Marx, Nietzsche, Freud[1]

Opportunamente P. Ricoeur individua un tripode etico, ossia i tre termini che delineano l’ethos  della persona, radicandoli nell’aspirazione ad una vita felice: «Propongo la definizione seguente dell’ethos : aspirazione ad una vita com­piuta, con e per gli altri, in istituzioni giuste[2]. Questi tre termini mi sembrano ugualmente importanti per la costituzione etica della persona e per la sua felicità, perchè corrispondono all’aspirazione ad una vita compiuta: inscrivendo  l’etica nella profondità del desiderio, si sottolinea il suo carattere di auspicio, di ottativo, anteriore ad ogni impera­tivo. La formula completa sarebbe: “Ah, che io possa vivere bene, sotto l’orizzonte di una vita compiuta e per questo felice!”»[3]

Infatti, per P. Ricoeur, l’intersoggettività va riletta a partire da tre termini e non da due: l’io, l’altro e un terzo elemento, che è espressione del legame sociale, senza essere prodotto dell’uno o dell’altro, perché sussiste in una sua oggettività[4]. Egli sottolinea così l’importanza dei supporti ogget­tivi, sulla base dei quali è inevitabile ed opportuno regolare i rapporti interpersonali, rendendoli in qualche modo universali senza con ciò essere anonimi. Una rela­zione interpersonale mancante del terzo, ferma ad uno schema binario, è una vicinanza di so­litudini, priva di slancio, di quella scintilla di vita espressa, non senza un alone di mistero, nel termine «re­ciprocità», terzo vitale per quel che riguarda il puro livello amicale, terzo istituzionale per quel che riguarda il livello ogget­tivo[5]

Nell’istituzione, si vive con un registro diverso dal modello dell’amicizia. L’altro è il tu senza volto, il ciascuno. «Ciascuno» è una persona che non è possibile raggiungere, se non tramite i canali dell’istituzione. «Col concetto di istituzione — sostiene Ricoeur — introduco una relazione all’altro che non si lascia ricostruire sul modello dell’amicizia. L’altro èvis à vis senza volto, il ciascuno, di una distribuzione giusta. … Il ciascuno è una persona distinta, ma che io non raggiungo che mediante i canali dell’istituzione»[6]

Gran parte del pensiero personalista, essendo molto sensibile al mo­dello di comunione pura, tende a sottovalutare questa funzione etica dell’istituzione, dal momento che l’intensità qualitativa della vita di unità va in qualche modo al di là di essa. Ma oggi il neopersonalismo avverte la necessità di accentuare il ruolo positivo della mediazione, essendo il dialogo tra le persone sempre in­trecciato con una mediazione istituzionale impersonale, sia  nella relazione io-tu, che quando i ruoli divengono anonimi. È infatti impossibile che tutte le relazioni che si intrattengono nella società complessa raggiungano la qualità dell’amicizia e ancor meno la profondità della  comunione… Ciò non  toglie affatto valore alla  capacità che ciascuno ha di suscitare rapporti personalizzati (“focolari di amicizia”), con diverse sfumature di inten­sità qualitativa, ma aiuta a riconoscere l’importanza di questo sfondo anonimo istituito, che rende possibile l’incontro amicale e costituisce la mediazione indispensabile ad evitare la fusione e l’omologazione tra i soggetti. È il terzo elemento dell’interazione infatti che impedisce al rapporto con l’altro che l’io gli debba tutto e dunque anneghi nel tu. Nello stesso tempo è la presenza del volto che impedisce al terzo di diventare anonimo  e oppressivo[7]

La dimensione del politico, pur nella sua autonomia, rispecchia una dimensione essenziale dell’ethos, come aspirazione comune alla giustizia. Così scriveva: «lo Stato garantisce il mutuo riconoscimento delle persone, che è ciò che consente a ciascuno di dire all’altro: “La tua libertà vale quanto la mia”». 

Questa impostazione di Ricoeur salva da una parte tutta la potenzialità etica della persona in rapporto a sé e all’altro; dall’altra la dimen­sione etica di quel terzo istituzionale che costituisce, ad altri livelli,  l’oggetto della politica, in quanto strumento privilegiato di distribuzione universale dei doni, da quello economico a quello amministrativo, a quello artistico e spirituale. 

Nel libro  che conclude il novecento filosofico ricoeuriano La Mémoire, l’Histoire, l’Oubli , Editions du Seuil, Parigi 2000, nell’ultima parte affronta “Il perdono difficile”, un tema molto  personalista, sviluppato nell’ultimo decennio del secolo XX. Nel  testo riprende osservazioni e riflessioni già anticipate e le sistema.   

Il perdono va da persona a persona e viene concesso dalle vittime a coloro che lo hanno implorato. Ma se si chiede perdono bisogna aspettarsi anche che si risponda negativamente….Nessuno può pretendere che si risponda positivamente alla richiesta di perdono. Il perdono  sottolinea l’affermazione “Tu vali di più dei tuoi atti”, cioè “Tu hai una capacità. Tu potevi agire diversamente da come hai agito, tu non hai esaurito le tue risorse”. È quello che chiamo “l’uomo capace”, che diventa sempre di più il fondamento della mia filosofia, questa specie di credito alla bontà dell’uomo. Credo che ci sia un fondo di bontà che bisogna andare a cercare» .  

L’ultimo messaggio del filosofo  riguardava la “logica dello scambio di doni” che è l’unica in grado di scongiurare per l’umanità un futuro fatto di “guerra di tutti contro tutti”.   R. riflette sulle basi del suo umanesimo, partendo dal presupposto che l’identità personale si costruisce tra “affermazione di sé” e “riconoscimento reciproco”. Quando si nega il “carattere morale dei legami sociali”, ammoniva Ricoeur, il risultato è una vera e propria “lotta per il riconoscimento reciproco” in cui regnano “comportamenti negativi” come “l’umiliazione, il disprezzo, la violenza in tutte le sue forme fisiche e psicologiche”, senza contare le ”discriminazioni” verso le minoranze. L’unico antidoto all’”insoddisfazione” provocata da questa “pratica della lotta” è “l’esperienza del riconoscimento effettivo in un mondo pacificato. La formazione del legame politico che ci rende cittadini di una comunità storica non deriva solamente dalla preoccupazione per la sicurezza e la difesa degli interessi particolari di questa comunità, ma da qualcosa di simile ad una ‘amicizia’ politica essenzialmente pacifica”, radicalmente diversa dalla logica del mercato, perché “donare resta un gesto spontaneo che sfugge all’oggetto del calcolo interessato”. 



[1] E. Mounier,Le personnalisme, III, Paris 1963,  510.

[2] P. Ricoeur, Soi-même comme un autre,  Paris 1990, 202.

[3] P. Ricoeur,Il tripode etico della persona, in A. Danese (a cura di), Persona e sviluppo,  Roma 1991,  65-86, 67.

[4] Cf P. Ricoeur, Soi-même comme un autre, cit. , 199-236.

[5] N. Bobbio, Il terzo assente, Torino 1990, 217.

[6] P. Ricoeur,Il tripode etico …, cit., 69.

[7] Cf l’ultima parte del libro di I. Mancini, L’ethos dell’occidente, Genvoa 1991, 600-621.

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