Teramo e Provincia

Teramo. SEL: interrogazione parlamentare di Gianni Melilla sul Prosciuttificio del Gran Sasso di Colledara

Ai Ministri del Lavoro e dell’Attività Produttive

Per sapere – premesso che :

Dopo una lunga crisi anche il Prosciuttificio del Gran Sasso di Colledara chiuderà i battenti.

Entro la fine dell’anno si procederà al licenziamento dei 53 operai “superstiti”. Si è chiuso con un mancato accordo il tentativo di mediazione nella vertenza Crudi d’Italia, dal nome dell’azienda proprietaria dello stabilimento inaugurato nel Duemila. L’azienda è stata ammessa al concordato preventivo con un piano di ristrutturazione pluriennale del debito ed ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per 53 lavoratori.

L’azienda ha dichiarato l’intenzione di chiudere due stabilimenti, a Parma e Colledara. Inoltre ha dichiarato di non poter in alcun modo dare incentivi all’esodo.

Degli 82 dipendenti, una ventina sono stati assunti da Potenza, che ha avviato un’attività ridotta all’interno dello stabilimento. Altri sono già andati in mobilità, per i 53 rimanenti la cassa integrazione straordinaria dovrebbe arrivare a fine anno. Ma il condizionale è d’obbligo: a giugno non fu ratificata dal ministero per il periodo successivo, da allora infatti gli operai non hanno percepito nulla

Lo stabilimento che occupa 82 lavoratori, ha una superficie coperta di 14mila metri quadri e possiede una capacità produttiva di 16.500 prosciutti a settimana. Inaugurato nel Duemila è completamente automatizzato e robotizzato ed è un’eccellenza del sistema produttivo teramano.

 

L’azienda fa parte di un grande gruppo specializzato nella produzione di prosciutti di Parma, la Crudi d’Italia. Si tratta di un gruppo che ha altri due stabilimenti: uno a San Vitale Baganza, proprio nel cuore della zona tipica di produzione del prosciutto di Parma, acquistato dall’Aba prosciutti nel 1986 e la Luppi Alimentari, sempre nella stessa località, acquisito nel 2005. In totale il gruppo ha una capacità produttiva di più di un milione di prosciutti all’anno ed esporta oltre che in Europa, anche in Cina, Australia, Giappone, Stati Uniti e Brasile.

I sindacati in una nota hanno manifestato forte dissenso nei confronti della proprietà che, con questa decisione pone fine ad una ulteriore, importante realtà produttiva in un’area della provincia priva di alternative occupazionali. I sindacati, inoltre, hanno ricordato la indisponibilità dell’azienda rispetto a specifiche proposte come quella riguardante la possibilità di trasferimento di azienda ad altro soggetto imprenditoriale.

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Se non intenda promuovere con urgenza un tavolo istituzionale con l’Azienda, i sindacati e gli enti locali al fin di individuare un’alternativa industriale solida e credibile che possa scongiurare la chiusura del sito produttivo e possa garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.

Roma 19 novembre 2014.  Gianni Melilla


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