Teramo e Provincia

Teramo. Nessun rischio Ebola all’IZS dell’Abruzzo e del Molise

 

 

 

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise intende chiarire alcuni aspetti relativi al rischio Ebola, in risposta a preoccupazioni infondate, girate anche a mezzo stampa, forse un po’ affrettatamente data la serietà dell’argomento, dal dipendente Dott. Giovanni Foschi.

 

Preme innanzitutto precisare che l’”assoluta mancanza di sensibilità” sfociata nel “silenzio dei vertici” dell’Istituto è tale, ed il silenzio così assordante (si perdoni l’ossimoro), che la prima nota di preoccupazione del Dott. Foschi, datata 10 ottobre, riceveva riscontro, per il tramite del capo laboratorio più coinvolto, Dott. Massimo Scacchia lo stesso 10 ottobre e, per essere precisi, a distanza di poche ore. Alla risposta si allegava utile materiale per tranquillizzare gli operatori, significando che il medesimo ed ogni altra conoscenza disponibile sul virus era stato ben valutato prima di autorizzare la missione del ricercatore nigeriano in Istituto. È del resto ovvio che gli stessi “vertici silenti” non essendo esenti da contagio né votati al suicidio, accuratamente operino per assicurare a se stessi e a tutti gli operatori adeguata sicurezza.

 

È comunque bene ribadire che, allo stato attuale, in Italia i rischi della diffusione dell’Ebolavirus (EVD) sono molto bassi, come più volte ribadito dagli Organi istituzionali del Paese. L’Istituto è impegnato da decenni a far fronte ad emergenze collegate a malattie esotiche, per questo si allinea alle dichiarazioni del prof. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma: “In Italia esiste la migliore rete capillare per le malattie infettive nata grazie all’AIDS. Il sistema nazionale è allenato per rispondere alle emergenze e può funzionare per ogni evenienza.”

 

Da molti anni l’Istituto ospita nei propri laboratori ricercatori provenienti da tutte le parti del mondo nella convinzione che la scienza progredisca attraverso la condivisione e lo scambio costante di ricerche, esperienze e professionalità. Al contempo l’Ente ha sempre tutelato se stesso, i propri dipendenti, la comunità nella quale è inserito da qualsiasi rischio, anche potenziale, che potesse derivare dalla visita di ricercatori stranieri. In riferimento alla presenza in Istituto di un ricercatore nigeriano nel mese di ottobre, lo staff di Direzione ha prontamente fornito rassicurazioni al personale, come detto in apertura, attraverso la diffusione di documenti ufficiali del Ministero della Salute e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che il 20 ottobre 2014 ha formalmente dichiarato la Nigeria “libero dalla trasmissione del virus Ebola”. Notizia, questa, che oggi è opportuno divulgare anche all’opinione pubblica per rassicurare tutti i cittadini.

 

In casi delicati e dalla grande eco mediatica come questo l’isteria collettiva è non solo ingiustificata ma oltremodo dannosa, e come tale andrebbe evitata; soprattutto, poi, da parte di chi, come il Dott. Foschi, per le professionalità possedute (in quanto biologo) sicuramente ha adeguata cognizione della materia e delle sue implicazioni anche sociali.

Il governo italiano, attraverso una task force che coinvolge più Ministeri, ha già potenziato il personale negli aeroporti e rafforzato i canali di informazione per i cittadini sui rischi del contagio da Ebola. Negli aeroporti di partenza africani e in quelli italiani sono attivate misure di controllo legate alla misurazione della temperatura corporea: ovvero la febbre, che ne è il primo repentino sintomo. Il Ministero della Salute ha inoltre diffuso una nota nella quale informa che: “anche per chi abita o ha viaggiato nelle zone colpite, il rischio di infezione da virus Ebola è estremamente basso a meno che vi sia stata esposizione diretta ai liquidi corporei di una persona o di un animale contagiato, vivo o morto.”

 

Inutile dire che l’Istituto, dal canto suo ed alla luce di quanto sopra, ha già posto in essere e continuerà a farlo, ogni adeguata misura di garanzia a tutela della salute e sicurezza dei propri dipendenti e della comunità che lo ospita.

 

IL DIRETTORE GENERALE

Fernando Arnolfo

 

 

PER SAPERNE DI PIÙ SUL VIRUS EBOLA

L’epidemia provocata dal virus Ebola è una malattia fatale nel 50 % delle persone che hanno contratto l’infezione. La malattia colpisce gli uomini e i primati (scimmie, gorilla, scimpanzé). In particolare nell’uomo, dopo un periodo di incubazione che varia tra i 2 ei 21 giorni – in genere tale intervallo è di 8-10 giorni – l’infezione si manifesta con un improvviso rialzo termico e sintomi aspecifici quali astenia intensa, dolori articolari e muscolari, inappetenza e mal di stomaco, mal di testa, mal di gola cui fanno seguito, a distanza di 6-7 giorni, fenomeni emorragici sia cutanei che viscerali con l’eliminazione del virus attraverso gli escreti ed i secreti della persona malata.

Il virus si trasmette da persona a persona solo per contatto diretto (attraverso ferite della pelle o mucose) con il sangue o altri fluidi corporei o secrezioni (feci, urine, saliva, sperma) di persone infette. L’infezione può verificarsi anche in caso di ferite della pelle o delle mucose di una persona sana che entra in contatto con oggetti contaminati da fluidi infetti di un paziente con Ebola.  Il virus non si trasmette per via aerogena né con acqua o cibo.

La probabilità di trasmissione del virus cambia nel corso della malattia con l’evolversi delle manifestazioni cliniche. In particolare:

–  durante il periodo di incubazione le persone non sono considerate a rischio di trasmettere l’infezione;

–  il rischio di trasmissione, in presenza della sola febbre, senza vomito né diarrea né  manifestazioni emorragiche, è basso;

–  il rischio di trasmissione diviene significativamente più elevato nelle fasi tardive della malattia, quando compaiono manifestazioni emorragiche e resta alto anche dopo il decesso del paziente.

Il virus Ebola, ed i Filovirus in genere cui il virus di Ebola appartiene, in quanto virus rivestiti, sono caratterizzati da una capacità di resistenza nell’ambiente o ai disinfettanti non superiore a quella degli altri virus: a contatto per almeno 10 minuti con la candeggina o mantenuto a 100° C per 5 minuti, il virus è inattivato.

 

 

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