In rilievo, Teramo e Provincia

Teramo. FESTA GRANDE NELLA DIOCESI DI TERAMO-ATRI MONS. MICHELE SECCIA ORDINA TRE SACERDOTI

 

 

Sabato 19 Luglio, Cattedrale di Teramo, Ore 16.30

 

Sabato 19 luglio sarà un giorno di festa per la Diocesi di Teramo-Atri per un evento che può definirsi eccezionale in questo tempo nel quale le vocazioni sacerdotali scarseggiano e il clero esistente diventa sempre più anziano. Sabato 19 luglio, alle ore 16,30 presso la Cattedrale di Teramo, Mons. Michele Seccia, vescovo della Diocesi, imporrà le mani su Roberto Camerucci, Vincenzo Manes e Fulvio Petti per conferire loro il Sacramento dell’Ordine.

Roberto, Vincenzo e Fulvio rappresentano tre vocazioni “adulte”, considerato che tutti e tre sono in un’età che supera il quarto decennio. Segno questo che il Signore chiama come e quando vuole, a qualunque età, e che le vocazioni sacerdotali adulte costituiscono anche queste, rispetto al passato, un tratto della Chiesa di oggi.

La Comunità diocesana si stringe coralmente attorno ai novelli sacerdoti (i primi due appartenenti al clero secolare, il terzo religioso nell’ordine dei francescani) e li accompagna con la preghiera per una feconda missione al servizio del Popolo di Dio.

Per una parziale conoscenza dei tre ordinandi presbiteri, alleghiamo un breve profilo costituito da stralci delle rispettive autobiografie.

 

IL DIRETTO

Gino Mecca


ROBERTO CAMERUCCI

Roberto Camerucci, nato a Roma il 18 luglio 1974 e vissuto a S. Omero dall’età di 9 anni.

“Sono di corporatura media bassa…sarà anche per questo che Dio mi ha voluto donare il Sacramento dell’Ordine, vedendo che anche i grandi personaggi biblici erano di statura bassa: basta guardare a Davide a San Paolo. Non vuole essere un atto di presunzione, ma permettetemi un po’ di autoironia, in fondo faccio un po’ come la volpe con l’uva: non potendoci arrivare disse che era acerba.

Ho cominciato a pensare alla vita sacerdotale quando, all’età di 6 anni, ho cominciato a frequentare la mia parrocchia di origine del SS. Nome di Maria in Roma. Mi ha sempre affascinato la figura dell’allora parroco p. Antonio Collicelli.  Essendo dell’ordine religioso dei marianisti, grazie a lui ho imparato anche ad essere devoto, in maniera equilibrata, a Maria. All’essere attento alla sue parole: “fate quello che vi dirà”. Da quel momento in poi, ho cominciato a pensare al sacerdozio.

Dovevo entrare in seminario già all’età di 19 anni. Età in cui è coinciso il mio trasferimento da Roma a Sant’Omero.Visto il cambiamento domiciliare, preferii rimandare di un anno, che poi ne sono passati molti di più, perché volevo ambientarmi e non volevo privarmi dell’esperienza lavorativa. Ritenevo che sia molto importante questa esperienza per acquisire quella giusta formazione umana di cui il sacerdote non può farne a meno e di cui il seminario è carente non per inerzia, ma per mancanza di strumenti.

Trovai lavoro presso un’industria, con la quale ho collaborato per 12 anni. Al termine del dodicesimo anno decisi di entrare in seminario. Non è stato facile dirlo ai miei titolari, per il semplice fatto che, oltre ad un rapporto lavorativo, c’era e c’è tutt’ora un rapporto basato sull’affetto e sulla stima. È stato così anche per i miei amici i quali, pur non condividendo la scelta, mi hanno sempre rispettato: anzi, mi sono stati molto vicino specie nel primo anno di seminario. Anche i miei genitori, la mia famiglia nel loro piccolo, mi sono stati vicino. Anzi. Devo dire che non mi hanno né incoraggiato e né demoralizzato, affinché la scelta fosse la più libera possibile.

Ora che si avvicina il giorno dell’ordinazione, non vedo l’ora di poter celebrare il grande mistero, che non basterà una vita per poterlo comprendere a pieno. Spero solo che il “cancro” dell’abitudine non mi faccia visita. Questa è la mia più grande paura.

 

 

VINCENZO MANES

 

Vincenzo Manes, nato il 30/06/1974 a San Giovanni Rotondo (FG); residente a San Paolo di Civitate (FG), “adottato dalla Diocesi di Teramo-Atri nella quale sarà incardinato.

“La chiamata è arrivata attraverso il contatto con la parola di Dio, la preghiera personale e comunitaria ed è stata confermata attraverso l’animazione di una messa di evangelizzazione di giovani a Roma, testimoniando la mia fede cristiana ai miei amici.

La mia famiglia mi è stata sempre vicina e ha contribuito molto alla mia vocazione attraverso l’educazione e gli esempi di vita ricevuti. Gli amici più antichi non si aspettavano affatto la scelta del seminario, perché da piccolo ero molto vivace e poco incline alla pietà!

Quando ho lasciato il lavoro per intraprendere questa strada, ero pieno di gioia e camminavo 5 cm al di sopra della terra. Lasciando il seminario ero ancora più contento ma camminavo coi piedi per terra… Non ci sono state grosse crisi ma graduali evoluzioni successive.

Oggi, alla vigilia della mia ordinazione, avverto di gioia, di riconoscenza e di stupore. Essere sacerdote penso significhi fare da ponte fra Gesù e la gente, come la forchetta che porta il cibo alla bocca, nutrire e prendersi cura del popolo di Dio, essere docile all’azione dello Spirito Santo e portare a tutti il lieto annuncio dell’amore di Dio per ognuno.

Penso che la mia aspirazione più grande sia somigliare per quanto posso a Gesù buon Pastore che ha fatto della sua vita un dono per noi tutti.

Non so se avrò dei rimpianti ma penso che alla mia età si sono già vissute tante esperienze di vita e si ha il desiderio di impegnarsi seriamente”.

 

 

FULVIO PETTI

Fulvio Petti, nato il 30/05/1965 a Pescara, residente a Silvi (TE) presso il Convento e Parrocchia di S. Maria Assunta in via Roma 188.

“La mia vocazione sacerdotale nasce insieme alla vocazione religiosa, per cui il cammino e la preparazione al sacerdozio sono stati cammini percorsi contemporaneamente nel periodo degli studi che ho compiuto ad Assisi. Sono frate minore conventuale dal 2004 e nel 2008 ho emesso i voti solenni proprio a Silvi nella chiesa dell’Assunta.

Ho vissuto a Pescara fino all’età di 32 anni e frequentavo abitualmente la parrocchia di S. Antonio perché abitavo vicino quella chiesa. L’andare assiduamente in questa parrocchia, anche se con vari periodi di crisi giovanili, mi ha dato la possibilità di conoscere i frati e la figura di San Francesco. La vita e la storia di questo santo mi hanno affascinato sempre più e man mano che lo scoprivo restavo conquistato: da qui ha origine la mia vocazione.

All’inizio, la mia vocazione non è stata compresa come una benedizione, anzi pur senza ostacolarmi, sia alcuni familiari sia alcuni amici, pensavano che sarebbe stata un’esperienza a termine, il solito fuoco di paglia. Oggi ringrazio la fedeltà che Dio ha avuto e continua ad avere con me tenendomi stretto a Lui.

Più di una volta mi è capitato di dubitare del progetto che Dio aveva su di me, ma col tempo mi sono reso conto che il Signore ogni giorno mi chiama e mi accompagna nel cammino della vocazione curando le ferite della mia poca fedeltà, ogni giorno il Signore mi ridona la gioia e la forza di camminare alla sua sequela.

Alla vigilia del sacerdozio, vari sono i sentimenti e i pensieri che affollano il mio cuore: per primo c’è una profonda gratitudine, a volte il non sentirmi abbastanza preparato ma domina nel mio cuore una gioia inaspettata che spesso sfocia in commozione.

Ritengo che il sacerdote sia l’uomo di Dio, colui che porta alla gente la bellezza della carità, dell’amore e della misericordia del Signore. Essere sacerdote significherà portare Dio e la sua pace a tutti gli uomini che si incontrano. Questa sarà la mia aspirazione che con l’aiuto di Dio desidero realizzare.

 

 

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