Cultura & Società

Pescara. “PYGMALION”: liberamente ispirato al Pigmalione ovidiano, va in scena al Tipografia di Pescara giovedì 29 maggio alle ore 21.00.

“PYGMALION”

Liberamente ispirato al  Pigmalione ovidiano, va in scena al Tipografia di Pescara giovedì 29 maggio alle ore 21.00.

 

Teatri OFFesi  ed Errori Di Trasmissione, giovedì 29 maggio, porteranno in scena per la prima volta, alle ore 21.00 presso il Circolo Tipografia di Pescara, lo spettacolo Pygmalion che non ha nulla della bella storia d’amore a lieto fine favorita da forze divine come nell’opera ovidiana.

Pygmalion infatti  non è uno scultore, ha sposato una donna che non ama, non ha evidentemente il favore della dea Afrodite e comunque sogna di poter creare una donna perfetta, quella che ha sempre desiderato e che non può essere sua moglie.

Pygmalion, prodotto dall’Associazione ReTe, è interpretato da Lorenzo Marvelli, Carmen Nubla e Massimiliano Elia; la scenografia di Angelo Bucciacchio e Francesca Racano.

“…Avrai una donna bellissima. Con la pelle bianca. Da poter chiamare Galatea…” da questo assunto nasce la follia del protagonista, un macellaio consumato dal suo lavoro con le mani sempre sporche di sangue animale che strofina con decisione perché non ne sopporta il tanfo.  Pygmalion è un uomo solo ed alienato, a tratti allucinato e delirante, in grado di comunicare in maniera diretta con uno strano personaggio, probabilmente un direttore d’orchestra o forse un cantante lirico o più semplicemente una figura clownesca a cui chiede incessantemente consigli e ordini.

Questo strano personaggio incarna la follia di Pygmalion e ne è una rappresentazione terrificante, per certi versi anche comica.

In sua compagnia, Pygmalion,  attraversa eccezionali stati di disordine mentale, cerca invano di comunicare con la moglie, una donna problematica e alcolizzata con l’ossessione dell’ordine e del telefono ma ogni volta i suoi tentativi falliscono.

Lo spettacolo attraversa le pieghe della mente allucinata di un killer seriale di donne. Caotici stati di percezione, l’alienazione per un lavoro insoddisfacente, il delirio, le voci nella testa, la violenza accennata e mai agita completamente, immagini false e paradossali  prendono forma sulla scena.

La moglie di Pygmalion è un essere imperfetto, con le sue ossessioni e col suo alcolismo cronico ma comunque incarna nella storia il ruolo della vittima.

Sotto la strana regia di un personaggio goffo e terribile, due esistenze ai margini, quella della vittima e quella del suo carnefice, si scontrano perché non sono più capaci di incontrarsi, perché parlano lingue diverse, perché abitano spazi diversi pur vivendo nello stesso appartamento e, come nel mito ovidiano, in conclusione è l’uomo a decidere, è lui a scegliere la donna che vuole e non il contrario: l’uomo è artefice di donne, è scultore di statue, è macellaio di corpi.

Un assassino che, almeno nell’intenzione e comunque solo vagamente, ricorda lo scultore ovidiano de Le Metamorfosi, un uomo concentrato su di sé ed incapace di riconoscere l’altro da sé.

La follia di Pygmalion diviene così l’unica possibilità di cercare, di immaginare, di desiderare un amore che non c’è e che non potrà esserci se non nell’artificio, nella creazione di un simulacro vivente.

I personaggi sulla scena si allontanano continuamente dalla naturalezza, dalla quotidianità cercando sempre la sintesi nel gesto estremo che è l’improvvisa immagine di un ricordo, di qualcosa che è accaduto molto tempo fa e che ne trattiene il senso.

Giovedì prossimo il “Pygmalion” debutterà  davanti alla platea del Tipografia, offrendo spunti di riflessione sulle dinamiche di coppia moderne spesso frutto di amori tormentati che sfiorano la follia.

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