Cultura & Società

Teramo. Il caffè letterario: rapporto tra il cinema e i romanzi del ’900a cura diLucia Pompei.

Il Salotto culturale 2013 (sponsorizzato dalla Fondazione Tercas e dall’ufficio culturale della Diocesi) continua settimanalmente le attività autunnali e nel prossimo mercoledì 27 novembre 2013, alle ore 17,45, nei locali della Sala “Prospettiva Persona” in via Nicola Palma, 33 a Teramo (concessa dall’Arciconfraternita SS. Annunziata) inizia il ciclo Il caffè letterario: rapporto tra il cinema e i romanzi del ’900 a cura diLucia Pompei.
Il tema della serata è dedicato al film di Pietro Germi “Un maledetto imbroglio”. Saranno proiettati brani antologici.

APPROFONDIMENTO

Trama
La trama è una rielaborazione[1] del romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda.[2]
« In generale, mi sembrerebbe un sintomo di decadenza, per il cinema, ridursi a cercare le sue storie nei romanzi. Per quanto mi riguarda, mi sentirei diminuito se risultasse che nel mio lavoro mi aggancio alla letteratura. Io credo nell’assoluta autonomia del cinema; non solo, ma credo che sia molto difficile che un film veramente importante nasca da un libro. » (Pietro Germi, in E.Giacovelli, “Pietro Germi”, (Firenze: La Nuova Italia, 1990), 5.)

Il film inizia con l’inquadratura della fontana di Piazza Farnese con in sottofondo la canzone Sinnò me moro, scritta dallo stesso Germi con la collaborazione di Rustichelli, e cantata da Alida Chelli. In questo modo lo spettatore verrà introdotto subito nell’ambiente popolare romano e capirà di stare per assistere ad un dramma sentimentale di sangue e passione. La successiva scena ha come nucleo focale il condominio dove un caos di voci ripropone grottescamente il “pasticciaccio”, l’imbroglio del romanzo.

Il commissario (Pietro Germi), la servetta (Claudia Cardinale) e l’assassinata (Eleonora Rossi Drago).Nell’antico palazzo di Piazza Farnese, il commissario Ingravallo sta interrogando un condomino collezionista d’arte che ha subito un furto in casa. Il derubato si mostra stranamente reticente nel rispondere alle domande del commissario che, anche perché preso da istintiva antipatia per il personaggio, che appare effeminato ed equivoco, incomincia a sospettare qualcosa di poco chiaro nel furto. Dopo qualche tempo nello stesso palazzo avviene un omicidio scoperto in casa dal cugino della vittima, la bella signora Liliana Banducci. Ingravallo viene incaricato di indagare e scopre che il cugino, che si fa passare per medico ma non lo è e dirige un centro estetico che appare piuttosto come una casa d’appuntamenti mascherata. Il commissario interroga Assuntina, la cameriera della vittima e scopre che questa ingenua paesanotta è fidanzata con un elettricista, Diomede, che ha lavorato in casa della morta e che rimpolpa i suoi guadagni facendosi pagare per le sue prestazioni a ricche turiste americane. Di questo lavoro straordinario l’ingenua ragazza, prossima alle nozze, non sa niente e Ingravallo spontaneamente sente di doverla proteggere. Dalle indagini viene alla luce che sia il cugino che il marito della vittima, si spartiscono fraternamente i favori di un ex cameriera di casa: Virginia. I sospetti convergono proprio su questi ultimi personaggi ritenuti complici dell’assassinio. Nel frattempo, i gioielli rubati vengono recuperati da un ricettatore ben conosciuto dalla polizia. Ingravallo scopre, casualmente, che la chiave, che la cameriera gli ha dato per entrare a compiere i rilievi di polizia nella casa della vittima, in realtà è una copia,[3] il cui originale è nella mani di Diomede che confessa di essere stato sorpreso in casa e riconosciuto da Liliana durante un tentativo di furto e di averla uccisa preso dal panico. Il commissario farà arrestare l’assassino ma salverà Assuntina dall’accusa di complicità, impietosito di lei e del figlio che sta aspettando.
> A pochi giorni da un piccolo furto di gioielli in casa del commendatore Anzaloni (Ildebrando Santafè), il commissario Ingravallo (Pietro Germi) deve tornare nel medesimo quartiere per indagare su un crimine ben più grave: Liliana Banducci (Elena Rossi Drago), vicina di casa di Anzaloni, è stata infatti trovata morta assassinata nel suo appartamento. La prima domanda che Ingravallo si pone è se via sia una correlazione tra i due accadimenti (“si dice che due bombe non cadano mai nello stesso punto”- osserva il commissario), correlazione che tuttavia non sembra confermata dai fatti.eppure c’è! Tratto dal romanzo di Carlo Emilio Gadda “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, questo film sceneggiato – insieme ad Alfredo Giannetti ed Ennio De Concini-, diretto ed interpretato da Pietro Germi è un intrigante giallo poliziesco con ascendenti del genere noir, rinvenibili soprattutto nell’impietoso affresco di una società moralmente degenerata: praticamente tutti i personaggi incontrati da Ingravallo durante le indagini nascondono qualche scheletro nell’armadio. Bravi tutti gli interpreti, a partire da Pietro Germi, perfettamente calatosi nella parte del poliziotto duro ma ligio al dovere, fino alla giovane Claudia Cardinale alla sua terza apparizione sul grande schermo.

Rassegna stampa Critica

di Gian Luigi Rondi “Il Tempo”
Il romanzo di Gadda, Querpasticciaccio brutto de Via Merulana, non era certo un “giallo”: c’era sì un omicidio e c’era una lunga e minuziosa ricerca del colpevole da parte della polizia, ma un simile spunto serviva a Gadda soprattutto per disegnarci una pittoresca galleria di personaggi tipici della Roma agli albori del fascismo, tutti parlanti un italiano o un romanesco che all’autore era sempre di pretesto per una gustosa filologia e tutti adatti, in genere, alle più ricche e colorite indagini psicologiche. »

di Valerio Guslandi “Ciak”
Un tentato furto e un omicidio nello stesso caseggiato, un commissario umano e ruvido ai tempo stesso. Nel 1959 Pietro Germi adattava per il cinema il romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, aggiungendovi un finale laddove il libro restava invece in sospeso. Era il primo vero poliziesco italiano, si disse. In realtà era anche l’avvio della più felice stagione di Germi, regista e osservatore del costume italiano, che doveva produrre tre anni dopo il Capolavoro Divorzio all’italiana. »

di Giuseppe Marotta
A Napoli, frugata da una pioggia rabbiosa che diceva: “Badate, sono capace di tutto,” mi rifugiai due volte nell’Augusteo: una sera per Quel maledetto imbroglio e l’indomani per Il giorno della vendetta. Incastrato nel tufo della collina, l’Augusteo è invitante, in questo novembre di cieli sdogati, come il reggipetto di Jayne Mansfield. Sarò breve. Ce l’ho, per il bene suo, con Pietro Germi. Dico: “Ma come, tu dopo In nome della legge non c’è ago cinematografico di cui non sbagli la cruna?” Qui egli ha messo gli occhi sul romanzo di Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. »

di Franco Valobra “Cinema Nuovo”
Stabiliti i precisi limiti ideologici in cui Germi si muove (è questo sicuramente il suo film meno impegnato in tale senso), non resta che prendere atto della straordinaria abilità narrativa che il regista dimostra in questo suo tentativo di “giallo”. Il voler ricercare la fonte letteraria di quest’opera e lo stabilire confronti con il romanzo di Carlo Emilio Gadda, cui essa si ispira, è tanto assurdo quanto inutile. Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana ha fornito a Germi soltanto lo spunto iniziale: e da esso egli si è poi mosso in modo autonomo e indipendente per esporre la sua vicenda, tutta imperniata sulla precisa inchiesta del commissario Ingravallo e sulle impreviste svolte narrative che essa gli consente. »

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