Pescara, pedonalizzazione: il voto dei Commercianti dice si all’economia locale e no alla politica della grande distribuzione

Pescara, pedonalizzazione: il voto dei Commercianti dice si all’economia locale e no alla politica della grande distribuzione

Un no schiacciante alla pedonalizzazione del centro storico di Corso Vittorio Emanuele (in realtà trattasi di riduzione della carreggiata) viene da Pescara, dove Confcommercio e Confesercenti hanno eseguito un sondaggio sui commercianti reso pubblico stamattina: il 95% è contrario, il 71% è favorevole ad una sperimentazione della viabilità alternativa al Corso.

“Siamo pronti a salire sul campanile, se sarà necessario” – ha detto Ardizzola, Presidente di Confcommercio.

Sembrerebbe un muro contro muro tra Comune ed esercizi commerciali ma così non è: a guardare il sondaggio, tre pagine, sulla terza campeggiano a fianco al no compatto proposte importanti che traducono chiaramente quanto dai dati non emerge. I negozianti sanno bene che Pescara patisce un problema di mobilità urbana sul quale le amministrazioni comunali, nessuna esclusa, hanno chiuso entrambi gli occhi condannando la Città ad un esodo ormai conclamato: a Pescara la gente non ci viene più, preferisce l’interland, più facile da raggiungere e a volte più competitivo sui prezzi. E sì, perché tutti i centri commerciali, autorizzati financo nei nuclei industriali (!!!!…), e la grande distribuzione in generale hanno fatto il segno della croce sui commercianti, arrecando danno non solo al commercio locale ma pure alla produzione locale che, sappiamo tutti, con le major non c’entra niente. I poteri forti hanno deciso, non la comunità.

Dunque, nero su bianco, i commercianti dimostrano di sapere cosa vogliono e di cosa ha bisogno Pescara per non morire: più parcheggi, anche a ridosso del centro e anche interrati, servizi navetta, bus elettrici piccoli e silenziosi come api laboriose in giro per la Città, ordine su tutta la viabilità ad oggi nel caos, passerelle per la pioggia (a Pescara centro c’è un micro porticato e basta…quando piove è il fuggi fuggi alle automobili con destinazione casa), pedonalizzazione del Corso ma coperto come la Galleria del Duomo di Milano, organizzazione di eventi continui e non occasionali, preventivo di impatto ambientale sulle vie circostanti del Corso prima di provvedere alla pedonalizzazione.

Emerge, dunque, con assoluta chiarezza quanto l’amministrazione comunale non si sia proposta con un progetto di rilancio della Città e della sua economia bensì con qualcosa di monco, che poco a che vedere con la riqualificazione.

Dal 1926 ad oggi, a partire dalla Germania (Essen) passando per  Rotterdam (1953), Copenhagen (1962), Michigan (Kalamazoo,1959), Lubiana(2007), New York (Broadway, Times Square 2009), Città del Messico (2010) , Vancouver (2010) fino a Los Angeles (2013, finanziamento di 1,8 milioni di dollari!) si evince che è ormai in crisi il modello di una Città che deve adattarsi all’automobile e, su questo, i commercianti più o meno consapevolmente si stanno orientando: lo si legge dalle proposte allegate al sondaggio, non dal no alla pedonalizzazione del Corso come qualcuno vorrà far apparire per conservare lo status quo e proteggere così i poteri forti della grande distribuzione, tesa a prendere il controllo non solo sulla distribuzione ma anche sulla produzione di qualsiasi bene di consumo. I commercianti e i cittadini chiedono di essere cives e non consumatori, laddove i cittadini consumano ma restando azionisti del tessuto produttivo autoctono.

Poteva non apparire da una lettura statica, ma tant’è: la gente è più matura di quanto si pensi.

Ebbene, i commercianti non hanno visto nel progetto del comune i requisiti di una riqualificazione e, pertanto, lo hanno bocciato. I motivi ci sono tutti. Mancano infatti gli elementi essenziali per una efficace fruizione da parte dei cittadini: comfort di viabilità, arredo urbano, uso fruibile e molteplice degli spazi pubblici. Se le aree pedonalizzare non possono essere raggiunte in modo appropriato, a piedi, con i mezzi pubblici, con la bicicletta, con un parcheggio prossimo, non ci sono gli  elementi di attrazione necessari a rendere vitale il tessuto urbano.

Dalla vivibilità intensa e ripetuta dipende la costruzione civile, commerciale e turistica della Pescara di domani.. Ma tutto questo non è stato prospettato ai commercianti né ai residenti che, stando oggi come è la proposta del comune, si allontanerebbero ancora di più dal centro.

Di esempi in giro per il mondo ce ne sono a iosa: basta copiarli, e basta avere a cuore il destino della Città anziché quello delle lobby di potere.

Da ultimo, come ci insegnano le agende europee degli ultimi dieci anni, ci vogliono: partecipazione,  investimento nei beni pubblici, comportamento informato all’importanza del valore identitario quale componente vitale del quotidiano metropolitano e non.

In successo dell’operazione sta nella portata sociale della stessa: scavalcare gli interessi di pochi e quelli delle corporazioni.

In questa direzione va dato un senso alle dichiarazioni di Ezio Ardizzola presidente Confcommercio (“i nostri Associati sono disperati, qualcuno è venuto in sede deciso a fare una sciocchezza, ci siamo adoperati tutti per fermarlo e tranquillizzarlo. Questo dà la misura della dimensione del problema, il Comune non può ignorare la situazione”), Alberto Siena vicepresidente Confcommercio Pescara (“una vocazione territoriale di Pescara non è mai stata definita, prima industriale, poi turistica, poi commerciale, ma nulla è stato fatto in nessuna direzione ed oggi siamo senza un progetto di sviluppo”), Leila Kechoud dei Servizi Avanzati Confesercenti Pescara (“il Comune doveva interpellare le associazioni di categoria prima di mettere in cantiere il progetto”), Capecchititolare dei due omonimi e storici esercizi  commerciali (“non ci sono competenze nei decisori, nel 1956 scelsi l’Abruzzo perché aveva tutti i numeri per essere tra le prime tre regioni d’Italia)  e dei commercianti che questa mattina hanno animato il dibattito in conferenza stampa.

Tutto perché non ci siano equivoci sugli obiettivi né manipolazioni sui dati tesi a dimostrare che cambiare per migliorare non è nell’agenda degli operatori economici di Pescara.