Cultura & Società

Castelli. “MOSAICO CASTELLANO. TESSERE DI UNA MEMORIA COLLETTIVA”, 150 RITRATTI D’EPOCA IN MOSTRA FINO AL 27 SETTEMBRE NEL BORGO DELLA CERAMICA

“MOSAICO CASTELLANO. TESSERE DI UNA MEMORIA COLLETTIVA”,

150 RITRATTI D’EPOCA IN MOSTRA FINO AL 27 SETTEMBRE NEL BORGO DELLA CERAMICA

Castelli, 13 agosto 2013 – Donne, uomini, bambini, contadini, emigranti, artigiani. I volti dei castellani del passato rivivono nella mostra fotografica“Mosaico castellano. Tessere di una memoria collettiva” in corso a Castelli (Teramo) e aperta fino al 27 settembre prossimo nella sala dell’Hotel Art’è in via Concezio Rosa 6, visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 18.  La mostra, curata da Diego Troiano e organizzata dalla locale Pro-loco, ha visto, per la particolare sua natura intimistica ed emotiva, il coinvolgimento di tutto il paese, che ha recuperato con queste fotografie il ricordo del nonno, dello zio, della madre o di un amico. Si tratta in totale di circa 1.200 ritratti fotografici in bianco e nero scattati tra gli anni ’20 e gli anni ’50 che rappresentano la memoria collettiva di un’intera comunitàe che sono statirecuperati dalla collezione di Antonio Rosa (Castelli 1891 – 1979),professore e pittore di maiolica con la passione della fotografia, dei quali 150 sono in  mostra nei locali dell’Hotel Art’e’ e anche in molte botteghe e attività commerciali del borgo. Tutto l’intero archivio di ritratti è proiettato e visionabile all’interno della mostra.

“Antonio Rosa era l’unico in paese a possedere una macchina fotografica” racconta il curatore della mostra Diego Troianocosì, che quando ci si recava in comune per avere la carta d’identità, oppure per preparare i documenti per espatriare, alla ricerca di nuove opportunità lavorative, ci si trovava di fronte alla richiesta di una fotografia. Dal paese, dalle frazioni e dalle campagne, andavano dal professor Antonio a chiedere un ritratto! E lui, con la grazia di un pittore, la sensibilità del ritrattista, scattò per anni ed anni fotografie e fototessere”.

Tutto si svolgeva in casa del professor Rosa, a Castelli, in fondo a via Felice Barnabei, con il solo aiuto di una tenda o di un arazzo per sfondo e con i figli che reggevano un grosso specchio per riflettere la luce naturale che entrava dalla finestra. Dagli anni ’20 fino agli anni ’50 migliaia di castellani passarono cosìdavanti al suo obiettivo, facce di povertà contadina e maiolicara ma con lo sguardo pieno di voglia di futuro, di onesta, dignità e con il tipico abbigliamento dell’epoca: le donne con le collane di corallo, le accurate acconciature, gli uomini con i fazzoletti dell’Albania o di Tripoli nel taschino della giacca.

“Qualche anno fa, un mio amico mi mostrò dei contenitori rettangolari in legno con dentro i vecchi negativi su vetro del padre Antonio Rosa” continua Troiano “erano tutti di piccole dimensioni, ben conservati e sistemati in ordine. Li guardai in controluce, e mi accorsi subito che erano dei bellissimi ritratti, un patrimonio da scoprire. Incuriosito, li chiesi in prestito e incominciai ad acquisirli con uno scanner, e così, pian piano riemersero da un passato, anche se recente, questi volti antichi”.

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