Cultura & Società

Torino. Arte: Ingar KRAUSS – San Salvario

Mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 18.30 il Velan Center  ha il piacere di presentare la mostra di fine residenza di  Ingar KRAUSS in San Salvario a Torino

Ingar KRAUSS – San Salvario


Mercoledì 30 gennaio 2013 alle ore 18.30 il Velan Center ha il piacere di presentare Ingar KRAUSS – San Salvario, a cura di Francesca Referza. Dopo la collettiva del 2007 Paesaggio con rovine (il silenzio-un poco quasi molto) a cura di Sergio Risaliti, Ingar Krauss torna a Torino con un progetto realizzato ad hoc per il Velan Center. Alla fine di due intense settimane trascorse a San Salvario come artista in residenza (23 settembre – 7 ottobre 2012), il fotografo tedesco torna nel 2013 con una selezione dei ritratti da lui realizzati nel multietnico quartiere torinese su invito del Velan Center che, con questo progetto, festeggia venti anni di attività.

Il titolo della mostra – spiega l’artista – doveva essere essenziale e spirituale. Il nome del quartiere, San Salvario, si sposa perfettamente con i ritratti che ho fatto a Torino, non solo per la sua musicalità, ma anche per il significato spirituale e di promessa che la parola porta con sé. Il nome del quartiere, in effetti, deriva dalla chiesa e dal convento omonimi (via Nizza, angolo corso Marconi) e si riferisce a Gesù Salvatore. A partire da questa chiesa e dalle altre di diverse confessioni e religioni presenti in San Salvario, dalle chiese cattoliche a quella anglicana dei Valdesi, dalla moschea mussulmana, al tempio ebraico, Ingar Krauss ha iniziato un percorso di lenta conoscenza del quartiere che ha avuto esiti inaspettati e piuttosto dissimili tra loro, sia dal punto di vista umano che visivo. Il passeggiare di Ingar in San Salvario, simile alla flânerie a cui alludeva Walter Benjamin a proposito dei nuovi passaggi coperti della Parigi di fine Ottocento, lo ha messo in contatto con la moltitudine di storie che caratterizzano la vita del quartiere. Dai matrimoni, ai funerali, dalle botteghe, ai mercatini rionali, dalle affollate strade nei pressi della stazione Porta Nuova agli ampi spazi verdi del parco del Valentino, è emersa a poco a poco una umanità variegata, che Ingar Krauss ha ritratto in bianco e nero. Storie differenti di immigrazione antica e recente, regolare ed irregolare, ma anche di vecchie tradizioni locali, itinerari e riti ripetuti quotidianamente. Storie di solitudini e di povertà, ma anche di abitudini consolidate e di normalità borghese. Storie di generazioni e  colori diversi, accomunate dalla convivenza in un quartiere che sotto la sua pelle di tetti rossi ha accolto tutti. La scelta dei soggetti per Krauss è parte fondante del suo lavoro di artista. La ricerca di qualcosa di speciale nella normalità dei tanti volti di San Salvario. E allora, scatto dopo scatto, il quartiere lentamente rivela la sua natura cosmopolita e al tempo stesso rionale.

L’interesse di Ingar Krauss, discreta e intima, è per la bellezza nascosta dalle apparenze, una bellezza non oggettiva, bensì frutto di una serie di caratteristiche esteriori ed interiori del soggetto ritratto, colta dal fotografo tedesco con la rapidità di uno sguardo e la semplicità di pochi gesti. Di solito – ha spiegato l’artista in un’intervista con Jim Casper – quando preparo i ritratti, mi lascio guidare dall’intuizione. Scelgo persone che mi impressionano, che trovo ‘uniche’, in qualche modo. Sono persone normali, persone di tutti i giorni, il loro aspetto singolare e unico è nell’essere se stessi. I miei ritratti studiano la biografia di queste persone, le circostanze e il mistero della loro esistenza. La fotografia è allo stesso tempo un documento e una visione. Cerco di stabilire un accordo segreto con la persona di fronte a me nel momento unico del ritratto, senza alcuna forma di linguaggio, con l’intento di creare un momento autentico di forte intensità e concentrazione. Le immagini di Ingar Krauss sembrano appartenere al ‘tempo di prima’, per usare un’espressione della scrittrice piemontese Lalla Romano, la quale ne La penombra che abbiamo attraversato, parlando delle foto del padre scriveva – Lo stile delle sue fotografie era simile a quello della sua pittura. Le immagini erano calme e leggere; senza forti ombre né rigidezze, quasi colte con mano delicata. – Analogamente, tutti coloro che vengono ritratti  da Ingar Krauss entrano in un tempo altro, remoto e tuttavia presentissimo. La macchina fotografica di Ingar Krauss cattura, con una semplicità di gesti e di consuetudini, un ‘tempo sottratto al tempo’, citando di nuovo la Romano.

Ingar Krauss, dopo un esordio pittorico, a metà degli anni Novanta, ha iniziato a fare fotografie da autodidatta. L’olio è tornato recentemente come intervento pittorico su alcuni ritratti fotografici realizzati nelle Filippine (Davao) e sulla nuova serie di nature morte e paesaggi naturali di piccolo formato. Krauss stampa sempre personalmente le sue foto utilizzando una vecchia carta fotografica prodotta nell’Europa dell’Est, che da alle immagini un aspetto malinconico e senza tempo. Le morbide variazioni di grigio che riesce ad ottenere con la sua vecchia Mamiya analogica, sembrano frutto di grafite su carta. Guardando le immagini di Ingar Krauss ci si rende conto che la fotografia non è mera riproduzione tecnica, ma che ancora conserva il fascino magnetico dei tempi della sua invenzione. La capacità di catturare l’invisibile agli occhi dei più, un invisibile che lui individua nel soggetto tra la folla e che poi la macchina fotografica non fa altro che sottolineare.

Ingar Krauss (Berlino, 1965) ha partecipato a diversi festival internazionali di fotografia ed esposto in numerosi spazi pubblici e privati: 2012 Galerie für Moderne Fotografie, Berlin (Germany); Klinger Forum, Leipzig (Germany); 2011 Galeria Cero, Madrid (Spain); 2010 Dong-Gang Museum of Photography (South Korea); 2009 Centro Galego De Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spain); FotoGrafia. Festival Internazionale di Roma (Italy); International Center of Photography, NY (USA); Camera Obscura, Paris (France); 2008 Lodz Art Center (Poland); Goethe-Institute, Riga (Latvia); 2007 Marvelli Gallery, NY (USA); 2006 Palazzo Vecchio, Florence (Italy); Fotoforum, Innsbruck (Austria); Festival della Fotografia, Reggio Emilia (Italy); 2004 Musée de l’Elysée, Lausanne (Switzerland); Hayward Gallery, London (UK); Fotogalerie, Vienna (Austria); 2002 Moscow Photobiennale (Russia); National Portrait Gallery, London (UK).

Si ringraziano Paolo Berardinelli, Lia Cecchin, Chiara Di Dionisio, Ghert, Guglielmo Giachino, Sara Latella, Alessia Maiuri, Marco Strappato. Si ringraziano per la collaborazione: Banda Musicale del Corpo di Polizia Municipale della Città di Torino, Club Scherma Torino, Liceo d’Arte e Spettacolo TEATRO NUOVO TORINO, Polizia di Stato Squadra a Cavallo della Questura di Torino, Sun Salvario Views, Scuola di danza Classica Teatro Nuovo, TOMATO backpackers hotel. Si ringrazia la galleria Suzy Shammah, Milano.  La mostra resterà aperta dal 31 gennaio al 9 marzo 2013 con i seguenti orari:  dal mercoledì al sabato ore 15,30 – 19,30.

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Wednesday, January 30, 2013 at 6:30 PM, Velan Center is pleased to present a post-residency exhibition by Ingar KRAUSS in San Salvario, Turin

Ingar KRAUSS – San Salvario

Wednesday, January 30, 2013 at 6:30 PM, Velan Center is pleased to present Ingar KRAUSS – San Salvario, curated by Francesca Referza. After his 2007 group show, Paesaggio con rovine (il silenzio-un poco quasi molto), curated by Sergio Risaliti, Ingar Krauss is returning to Turin with a project made specifically for Velan Center. After two intensive weeks at San Salvario as an artist in residence (September 23 – October 7, 2012), Krauss, a German photographer, is returning in 2013 with a selection of portraits he made in San Salvario, a multi-ethnic neighbourhood of Turin, on the invitation of Velan Center, which is celebrating its 20th year anniversary with this project.

The artist says – The exhibition’s title was meant to be straight and spiritual. The neighbourhood’s name, San Salvario, goes perfectly with the portraits I made there, both for the name’s musicality and its inherent sense of spirituality and promise. The quarter is named after the San Salvario church and convent (Via Nizza, corner with Corso Marconi) and refers to Jesus as Saviour. The project began at this church and others of different denominations and religions in San Salvario, including the Catholic churches and the Anglican church of the Waldenses, the Muslim mosque, and Jewish synagogue. Krauss started out on a slow process of getting to know the neighbourhood. The results are unexpected and quite diverse, both humanly and visually speaking. Krauss’ walks through San Salvario, like the flânerie to which Walter Benjamin alluded in Paris’ new covered walkways in the late 19th century, put him in touch with the plethora of stories that make up the quarter’s life. Weddings, funerals, shops, weekly markets, crowded streets by the Porta Nuova station, and large green spaces of Valentino park all gradually gave shape to the varied humanity portrayed by Ingar Krauss in black and white. Here are diverse stories of immigration, whether long-ago or recent, official or not, as well as old local traditions, routes, and rituals repeated daily. These are stories of loneliness and poverty, as well as entrenched habits and middle-class normality. They are stories of different generations and colours, joined by living together in a neighbourhood whose red roofs have given them all homes. Krauss’ choice of subjects is fundamental to his work as an artist. His is the pursuit of something special in the normality of the many faces of San Salvario. Picture after picture, the neighbourhood slowly reveals its nature, at once cosmopolitan and local.

Krauss’ attention is subtle and intimate, trained on the beauty hidden behind appearances, a beauty that is not objective, arising from the many outer and inner characteristics of the portrayed subject. Krauss captures this beauty with a rapid look and the simplicity of a few motions. The artist explained in an interview with Jim Casper – Usually, I let myself be guided by intuition when I prepare portraits. I select persons who impress me, who I find ‘unique’ in some way. They are normal persons, everyday persons, their singular and unique aspect is in being themselves. My portraits investigate the biography of these persons, the circumstances and the mystery of their existence. Photography is at one and the same time a document and a vision. I try to establish a secret understanding with the person in front of me in the portrait’s unique moment, without any form of language, with the intention of creating an authentic moment involving strong intensity and concentration. Krauss’ images seem to belong to the ‘time of before’, to use an expression of Lalla Romano, the writer from Piedmont, who wrote in La penombra che abbiamo attraversato about her father’s photographs – The style of his photographs was similar to that of his paintings. The images were calm and lightweight; with no strong shadows or rigidity, like they’d been taken by a gentle hand. Likewise, all those portrayed by Krauss come into another time, distant, yet absolutely now. With a simplicity of gestures and habits, Krauss’ camera captures a “time removed from time”, to quote Romano again.

After Krauss’ debut as a painter, in the mid-1990s, he started to take pictures as a self-taught photographer. Oil has recently come back in the form of painted additions to some of his photographic portraits made in the Philippines (Davao) and in a new series of still lifes and small natural landscapes.  Krauss always personally prints his photos, using old photographic paper made in Eastern Europe, giving his images a melancholic, timeless quality. The soft variations on grey that he achieves with his old Mamiya camera seem to be made by graphite on paper. When we look at Krauss’  images, we realize that photography is not just a matter of technical reproduction; it still has the magnetic appeal of when it was first invented. He has the ability to capture that which is invisible to most, and he seeks this invisibleness in a subject among the crowd and uses his camera to simply underscore it.

Ingar Krauss (Berlin, 1965) has participated in many international photography festivals and shown in many public and private spaces: 2012 Galerie für Moderne Fotografie, Berlin (Germany); Klinger Forum, Leipzig (Germany); 2011 Galeria Cero, Madrid (Spain); 2010 Dong-Gang Museum of Photography (South Korea); 2009 Centro Galego De Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spain); FotoGrafia. Festival Internazionale di Roma (Italy); International Center of Photography, NY (USA); Camera Obscura, Paris (France); 2008 Lodz Art Center (Poland); Goethe-Institute, Riga (Latvia); 2007 Marvelli Gallery, NY (USA); 2006 Palazzo Vecchio, Florence (Italy); Fotoforum, Innsbruck (Austria); Festival della Fotografia, Reggio Emilia (Italy); 2004 Musée de l’Elysée, Lausanne (Switzerland); Hayward Gallery, London (UK); Fotogalerie, Vienna (Austria); 2002 Moscow Photobiennale (Russia); National Portrait Gallery, London (UK).

We would like to thank Paolo Berardinelli, Lia Cecchin, Chiara Di Dionisio, Ghert, Guglielmo Giachino, Sara Latella, Alessia Maiuri, Marco Strappato. We would like to thank for their participation: Music Band of the Municipal Police Corps of Turin, Turin Fencing Club, Teatro Nuovo Torino Arts and Theater High School, State Horseback Police of Turin, Sun Salvario Views, Classica Teatro Nuovo dance school and Tomato Backpackers Hotel. We thank the Suzy Shammah gallery, Milan. The show will be on view from January 31 to March 9, 2013, from Wednesday to Saturday, 3:30 PM to 7:30 PM.

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