Cultura & Società

Storie fantastiche dal cratere aquilano MI CREDA di Luigi Fiammata

Gentile direttore,

ecco “Mi creda“, un’altra delle Storie fantastiche dal cratere aquilano che Luigi Fiammata va scrivendo.
Paradossale, eppure vicina alla realtà, al cinismo che accompagna il dopo-terremoto dell’Aquila, con malfattori,
gente che ride della tragedia o che finge di piangere, imprenditori senza scrupoli, qualche politico squallido.
Una tragedia più grande dello stesso terremoto? Forse aveva davvero ragione Silone, in Uscita di sicurezza,
quando, ricordando il terremoto del 1915 ad Avezzano e nella Marsica, scriveva d’essere stato, il dopo-terremoto,
persino “una calamità assai più penosa del cataclisma naturale“.
Con viva cordialità
Goffredo Palmerini

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Storie fantastiche dal cratere aquilano

MI CREDA

di Luigi Fiammata

“Eh, sì. Sono io. Sono Pasquale Piscialetta. Nato a L’Aquila il 29 febbraio 1952. Sì, sono io. E, di mestiere, faccio il libero professionista, consulente. Io fornisco consulenze su tanti problemi e risolvo questioni. Sono conosciuto, e stimato, anche se non ho biglietti da visita. Il mio lavoro va fatto con discrezione, e io sono parecchio discreto. Sono domiciliato a Vaduz, perché io sono aquilano, però europeo, e l’Europa è densa di possibilità, e un consulente come me è molto ricercato. Sì. Avevo una casa a L’Aquila, in via dell’Arcivescovado. E si è rovinata tutta. L’avevo ereditata dalla povera mammetta. Eh, la mia mammetta è morta a 93 anni, e mi ha lasciato quella bella casa in centro. Sa, lei voleva stare da sola, pure se non camminava più e io rispettavo la sua volontà, per carità. Non è che andassi spesso a trovarla, sa, il lavoro. Però ci sentivamo al telefono, almeno una volta al mese, anche se lei era sorda. E per fortuna che se ne è andata, a un certo punto. Sa, la sofferenza non dovrebbe durare tanto. Mi ha lasciato la casa, bella, in centro, e io l’avevo affittata a due studenti, che per fortuna non c’erano a casa il 6 aprile 2009. Erano in vacanza, prima di Pasqua. Il problema è che erano in affitto da poco, e non avevo ancora registrato il contratto, sa com’è, e ci ho perso un paio di mesi d’affitto che ancora non me li pagavano.

Adesso sto vedendo se la casa la posso cedere, con la sostituzione edilizia, al Comune. Sa, quella prevista dalle Ordinanze. Però mi devono fare una valutazione seria. Casa signorile in centro. Mica gliela posso lasciare ai trecentomila euro che mi hanno proposto. Devo proprio parlare con quel mio fratello dirigente. Non è proprio proprio mio fratello: è un “fratello”, non so se mi spiego. E’ una prima casa poi, eh! Perché io ero residente lì, per l’anagrafe, e non ho altre case intestate. Per questo mi avete trovato al MAP a Preturo. Che poi non ho capito le bollette che mi sono arrivate adesso, che io lì dentro non ho mai consumato niente. Tranne quando scaldavo un po’ casa per quelle due amiche brasiliane che, ogni tanto, ci andavano con i loro amici a far festa. Tutto legale, eh! Quelli erano amici, amici veri, e ogni volta mi lasciavano pure un po’ di soldi per il disturbo. Per rimettere a posto, sa? Io c’avevo le mie spese, per pulire tutto. Certo, erano discrete, e tanto care. Pensi che mi mandavano sul cellulare le foto delle feste. Anche quando stavo al funerale di un mio carissimo amico, che cercavo di piangere, e mi arrivavano le loro foto. Eh, le foto fanno memoria! Cementano l’amicizia. Sono così carine quelle due. E io le conservo le foto, sempre.

Ecco, quindi. Prima del terremoto io avevo a L’Aquila questa bella agenzia di consulenze. Sa, terreni, case, fabbricati industriali. E mi arriva un giorno questo signore di Alessandria. Mai visto prima, eh! Che mi spiega che si sta comprando un’azienda qui a L’Aquila, di proprietà delle Partecipazioni Statali. E mi spiega anche che, però, ha anche dei problemi finanziari con le sue aziende su in Piemonte. Allora io mi prendo il dossier e ci studio un po’ su. Mi ci è voluto, per capire bene cosa fare. Però lo studio rende liberi, eh!? Quindi lo convoco, e gli spiego il sistema. Lui allora acquisisce la proprietà dell’azienda. Poi cede, “ nummo uno ”, a un euro, per capirci, il capannone industriale ad una società immobiliare svizzera, in cui è presente suo padre nel Consiglio d’Amministrazione. E questa società, a sua volta, cede il capannone industriale in leasing finanziario ad una società lombarda di proprietà della famiglia, che, a sua volta, affitta il capannone all’azienda aquilana diventata di loro proprietà, così, immediatamente, gli entrano un po’ di soldi freschi in famiglia.

E poi basta vendere un po’ di prodotti dell’azienda aquilana alle sue aziende del nord. Così le aziende del nord li possono commercializzare e incassare il guadagno netto, e quella aquilana iscrive il venduto a bilancio sotto la voce dei crediti inesigibili. Ho forse colpa io se poi l’azienda aquilana è fallita? Bastava che riuscisse ad allargare il giro di mercato, e alimentava tutto il sistema. Non ce l’ha fatta, e pace. Era tutto legale, eh! Tutto scritto sui bilanci depositati in Camera di Commercio a L’Aquila in corso Vittorio Emanuele. Bastava che uno se li leggesse i bilanci, anche se un aiuto con la depenalizzazione del falso ce lo hanno pure dato. E poi, pensi, ho saputo, per certo, che il Prefetto dell’epoca, a chi gli chiedeva cosa succedesse in quell’azienda che stava andando a gambe per l’aria, rispondeva che mica si poteva chiedere ragione di certe politiche di bilancio. Gli imprenditori del Nord, si sa, sono un po’ gelosi della loro autonomia. Non sta bene fare certe domande. Eh, sì! L’Aquila non è fortunata coi prefetti. Chi cuor di leone, chi cuor di iena.

E io mica c’entro qualcosa poi con il fatto che dal fallimento il capannone industriale se lo è comprato qualcuno, non so come, e poi lo hanno affittato all’Università. Certo, come affare è stato ottimo. Vendere e comprare e affittare, da privati, qualcosa che era stato costruito con i soldi pubblici. Tutto legale, eh! Però è così che si trasforma l’economia industriale in economia finanziaria. Scompaiono gli stipendi di chi lavora, eh, vabbè. Però i soldi girano, l’economia pure. Qualcuno è ricco ed è rimasto ricco, qualcuno lavorava ed è rimasto povero. E’ la vita. Oggi a te, e domani pure. Il cemento funziona sempre come affare, mi ascolti. Si figuri il cemento! Ce li portavo io gli imprenditori del cemento a fare la fila dal Sottosegretario. Alla sfilata del perdono. C’era una processione dentro la processione. Sì, proprio lui, quello sposato, che però lo sanno tutti, che c’ha l’amico. Ora io dico, non sono razzista, eh! Ma lei sa, se uno vede un ragazzo e una ragazza che si baciano per strada, uno l’occhio a lei ce lo butta, soprattutto se lei è una bella fregna, con rispetto parlando. Ma se lo immagini se vede due uomini in strada che si baciano. Non si può vedere, dai! Se stanno a casa loro sono liberi di fare quello che vogliono, per carità, pure se è contro natura. Ma in pubblico no. E mica sono razzista io, lo sottolineo.

Però da quel Sottosegretario ce li portavo, sì. E il perché è semplice. Avevano bisogno di lavorare. Io aiuto. Se lei lo trova, c’è un bellissimo libro, grosso, tutto pieno di fotografie e di storie e di scritte, e di tabelle coi costi del Progetto C.A.S.E. Lo hanno realizzato le imprese che hanno vinto gli appalti del Progetto C.A.S.E. Insieme con la Protezione Civile. Però poi, se lei va sul sito della Protezione Civile, ci sono altre tabelle coi costi sostenuti, che stanno scritte piccole piccole. E mica sono uguali i costi, rispetto a quelli del libro. Questo non significa niente, per carità. Magari è la stessa differenza che c’è tra un detersivo che lava bianco che più bianco non si può, secondo la pubblicità, e il bucato che ti fai a casa con quel detersivo, che poi non è proprio bianco bianco, ma la colpa è del calcare dell’acqua, no? Ed è la stessa differenza che c’è tra raccontare tutta la verità a un bambino, e dirgli qualche piccola bugia per il suo bene, no? E poi, se mi permette, adesso basta con queste storie del terremoto. Che mi sono stancato pure io di sentirle e raccontarle. Ormai stiamo oltre, no? Dobbiamo pensare al futuro e metterci una bella pietra sopra. Tanto, già chi se lo ricorda più quello che è successo davvero? La memoria in certi casi, aiuta, in altri, pesa e non serve. Impedisce il movimento. E poi, come si dic ? Chi muore giace, e chi vive si da’ pace.

“ Ha finito? “

“ Sì “

“ Avvocato, lei ha niente da aggiungere, a quanto detto dal suo cliente? “

“ No “

“ Allora, signor Piscialetta, firmi il verbale di – Dichiarazioni spontanee di imputato in reato connesso – “

“ Bene “.

“Sergente maggiore Lorusso, lo può riportare in cella, adesso. E, mi raccomando, se dovesse toccarlo, poi si lavi le mani con l’alcool “.

luigifiammata@gmail.com

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