Italia. L’antifascismo purissimo di Dossetti, di Piero Vassallo

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L’antifascismo purissimo di Dossetti

di Piero Vassallo

Il fondatore della scuola catto-comunista di Bologna, don Giuseppe Dossetti, ha dichiarato e vantato più volte di aver maturato, fin dagli anni giovanili, “un irriducibile antifascismo”.

Nell’immediato dopoguerra, il futuro sacerdote Dossetti era l’adamantino capofila della sinistra democristiana, e sosteneva, con convinzione intransigente, che l’antifascismo era indispensabile “per riguadagnare ai cattolici un posto centrale in Italia”.

Di qui l’antipatia e l’avversione a Luigi Gedda, l’esponente cattolico che giudicava possibile ed auspicabile una ragionevole intesa, in funzione anticomunista e antimassonica, tra cattolici ed esponenti della destra post-fascista e moderata di Arturo Michelini.

Di conseguenza gli storici di sinistra hanno evitato con cura di far cadere Dossetti nell’implacabile tritacarne agitato dall’antifascismo militante (con profitto). Di più: gli intellettuali comunisti hanno collaborato con entusiasmo alla elevazione di Dossetti alla gloria dell’altare democratico, progressista e buonista.

Se non che sull’icona del cattolicesimo antifascista c’è una macchia nera: lo storico Paolo Acanfora, infatti, ha trovato il certificato di una iscrizione al Pnf di Dossetti prof. Giuseppe. Firmò il compromettente attestato il federale di Reggio Emilia, in data 4 giugno del 1940.

Nel documento in questione, il federale, Dino Fantozzi, precisò che la prima iscrizione del camerata Dossetti risaliva al 1935.

Più che il divertente quesito sull’irriducibilità di Dossetti al fascismo, urge il desiderio di conoscere la nascosta ragione dell’indispensabile certificato antifascista, imperiosamente richiesto ai cattolici italiani.

Perché i cattolici italiani sono stati costretti a occultare la loro dichiarata simpatia per il regime di Mussolini? Perché è stato stabilito l’obbligo di nascondere l’inclinazione a destra della maggioranza cattolica durante il ventennio? Perché i democristiani sono stati obbligati a trovare riparo (precario) nella casa dell’antifascismo? Perché la cultura cattolica si è rifugiata nella scuola bolognese e perché si è sottomessa ai cardinali Martini e Ravasi e agli scolarchi bolognesi Riccardi e Melloni? A chi giova l’umiliazione dei cattolici, a chi la loro grottesca giravolta, a chi il loro passaggio sotto le forche dell’antifascismo caudino? Perché l’umiliante sepoltura delle frattaglie democristiane nella politica bancaria e tedesca di Mario Monti?

Forse la risposta si nasconde nella curiosa giravolta del camerata Dossetti prof. Giuseppe. Il fascismo è uscito dalla memoria storica, cui appartiene fin dall’aprile del 1945, per diventare la coda di paglia in cui incespicano i cattolici italiani.