Abruzzo

Abruzzo. Idrocarburi in Adriatico: il WWF chiede chiarezza

Idrocarburi in Adriatico: il WWF chiede chiarezza
I gabbiani sporchi di petrolio un allarmante segnale da non
sottovalutare. Dalla deriva petrolifera rischi altissimi per lo sviluppo
dell’Abruzzo

Quel che è accaduto ieri l’altro con lo sversamento di idrocarburi nel
mare Adriatico al confine tra Abruzzo e Molise, di fronte ad aree di
elevatissimo valore ambientale (riserva di Punta Aderci; Sito
di Interesse Comunitario della Marina di Vasto), è un episodio
gravissimo, che non va in alcun modo sottovalutato, al di là di ogni
eventuale responsabilità. I primi accertamenti tenderebbero, stando alle
dichiarazioni riferite dai mass media, a ridimensionare l’allarme,
trascurando però la accertata e documentata presenza di gabbiani sporchi
di idrocarburi fotografati dagli ornitologi del WWF e della SOA. A
questo proposito è, per inciso, preoccupante notare che sono stati i
volontari a operare questa importante verifica, prevista in casi
analoghi, e non le istituzioni. Il mondo del volontariato comunque vanta
competenze e professionalità che può mettere a disposizione, nel quadro
di un accordo programmatico, al fine di migliorare la macchina del
pronto intervento in simili situazioni.
Al di là del singolo episodio, sul quale chiediamo comunque che le
verifiche tuttora in corso accertino esattamente la dinamica dei fatti e
le eventuali responsabilità, quel che è accaduto testimonia ancora una
volta la pericolosità per l’Abruzzo e per il suo sviluppo anche
economico, della presenza delle piattaforme petrolifere a poche miglia
marine dalla costa. Gli incidenti, come purtroppo la casistica
ampiamente dimostra in tutto il mondo, sono sempre possibili e non
soltanto quelli di minima entità. Nello stesso tratto di costa, ad
esempio, è accaduto già nel 2005 con un cospicuo sversamento in mare di
idrocarburi dalla nave di stoccaggio Alba Marina in fase di carico.
Proviamo soltanto a immaginare le conseguenze di un fatto analogo
durante la stagione balneare, senza dimenticare comunque i danni per la
pesca e, più gravi di tutti, quelli per l’ecosistema marino.
Il petrolio è una miscela di prodotti ognuno dei quali procura danni
diversi e pericolosi. La maggior parte della miscela è costituita da
idrocarburi: il più pesante è il catrame che si deposita sul fondo
ricoprendo tutto, anche gli animali bentonici; le correnti lo
trasportano sulle coste, soprattutto quelle rocciose, dove si concentra
la maggior parte della biodiversità. La parte volatile procura danni in
atmosfera. La parte oleosa infine non si mescola con l’acqua e forma un
pericolosissimo film che copre la superficie, respinge i raggi solari
con un effetto specchio (impedisce alla luce di penetrare e provoca
danni gravissimi per la fotosintesi) e rende impossibili i normali
processi di scambio gassoso necessari per la respirazione della fauna e
flora marine.
Il mare Adriatico è un mare chiuso e poco profondo, enormemente
delicato. La proliferazione dei pozzi e il transito delle petroliere
sono altrettanti fattori di rischio gravissimi in una situazione già
fragile. Ci riflettano coloro che in questi mesi sono chiamati ad
esprimersi sulla autorizzazione ad ulteriori concessioni o al
potenziamento di quelle esistenti. Decisioni poco prudenti potrebbero
gravemente condizionare in peggio il futuro economico dell’Abruzzo e la
salute dei suoi abitanti per molti e molti decenni.

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