Cultura & Società, Teramo e Provincia

MONTORIO AL VOMANO. Editoria: “LI PENDÈCHE” di DILVA PANZONE

 

 

La sera di giovedì scorso, nel chiostro del convento degli Zoccolanti di Montorio al Vomano, è stato presentato l’interessante volumetto Li Pendèche (Le Botteghe). Storia delle attività commerciali ed artigianali di Montorio al Vomano (Sigmastudio Comunicazioni). All’appuntamento oltre all’autrice Dilva Panzone, docente di Lettere (in pensione) erano presenti Gianni Di Centa, sindaco di Montorio, Rita Pigliacelli, insegnante anche lei di materie letterarie e la giornalista Catia Di Luigi, in veste di moderatrice.

Dopo le Lotte sindacali a Montorio e nella Valle del Vomano – anni 1945-1951 (Comune di Montorio al Vomano, 2012) e La cucina tipica di Montorio al Vomano – Tra usanze e tradizioni (stampato più volte in diverse edizioni), questo è il terzo lavoro curato dalla Dilva Panzone.

La nascita di questa pubblicazione ha preso le mosse quasi per caso nell’aprile del 2000 con un interessante articolo pubblicato su La Piazza (periodico edito da Radio Centrale di Montorio), nel quale Dilva Panzone, con l’aiuto dei suoi alunni dell’Istituto Tecnico Commerciale “Pascal” (Sezione distaccata di Montorio al Vomano), proponeva un’interessante analisi sugli esercizi commerciali locali degli anni 50 a confronto con quelli rimasti all’inizio del terzo millennio. Successivamente ha condotto ulteriori ricerche che l’hanno portata ad integrare e approfondire sempre di più l’argomento inizialmente analizzato nell’articolo. Nel frattempo, sui social era nato l’Archivio

Fotografico Montoriese (8 dicembre 2012), curato da un altro verace montoriese, Sandro Di Donatantonio, grafico per lavoro e fotografo per passione, il quale ha costituito un vero e proprio «cassetto virtuale dove custodire – come ha avuto modo di spiegare – cartoline e foto rare ed inedite della bella cittadina della Val Vomano». Quindi il gioco era fatto, alla Panzone non rimaneva altro che “attingere” a piene mani da questo ricchissimo bacino fotografico e scegliere cartoline e foto che facessero da corredo alle proprie ricerche.

Li Pendèche può avere anche un’altra chiave di lettura. Da anni il nostro territorio, non solo quello di Montorio, soffre di una profonda crisi economica, già prima che il terremoto aggravasse ulteriormente la situazione. L’ex insegnante di Lettere, ha voluto perciò offrire alla sua comunità un pezzo di storia di un paese, dove fervevano tante attività artigianali e commerciali. Icona di questa epoca era appunto la pendèche, ossia la bottega, che era sia luogo di vendita che quello in cui si fabbricavano manufatti di ogni genere. La sua funzione però andava oltre: era il punto di sosta o di aggregazione, dove si “accoglievano” varie categorie di persone. Qui s’imbastivano discorsi e conversazioni di vario tipo, politici e culturali; si preparavano burle a spese dei più ingenui, si commentavano fatti e misfatti non solo del paese; non mancavano i pettegolezzi. Era anche il posto dove – dopo una faticosa giornata di lavoro – si consumava “il tappo” serale con un bicchiere di vino e un pezzo di pane e “sardella” per scaricare le tensioni. Infine nelle pendèche forse è nato e si è alimentato lo Stù, il tipico gioco di carte motoriese e (con diverse regole) camplese, molto praticato da bottegai ed artigiani.

Il libro non vuole essere un laudator temporis acti (lodatore del tempo passato), né ha un intento polemico, perché l’autrice pensa che le analisi competano ad altri. Per parte sua, vuole tramandare la memoria di un mondo, «non sappiamo se migliore o peggiore – ha affermato – ma era quello in cui tante generazioni sono vissute e che forse rimpiangono”. La perdita della memoria è anche quella dell’identità, per cui questo libro vuole fortemente contribuire a tenere viva quella di Montorio al Vomano.

Oltre alla topografia delle attività commerciali ed artigianali e delle imprese varie del paese, nel testo si trova il racconto delle “eccellenze”: la centralina elettrica, inaugurata nel 1899, che diede a Montorio l’illuminazione pubblica, quasi un primato per l’epoca; il mattatoio e la tradizione dell’ottima carne esportata  oltre regione, tanto che un montoriese – l’indimenticato Ercole Valle –  per più di dieci anni fu presidente nazionale dei commercianti di carne e di bestiame, con un proprio ufficio a Roma; nel 1948 un altro compaesano, Rodolfo Patriarca, meccanico,  costruì una vettura da corsa – la Patriarca 750 –  che nel 1949 gli fruttò il titolo italiano della classe “750 sport”; la Processione del Carnevale Morto celebrato la sera del Mercoledì delle Ceneri (probabilmente cosa unica nel resto dell’Italia); l’ultracentenaria Banda “Città di Montorio” e via di seguito.

Un capitolo è dedicato al dialetto, elemento importantissimo nel tessuto paesano da cui non si può prescindere per comprendere la storia di Montorio. C’è anche una poesia in vernacolo di Manlio Patriarca, autore di diversi studi sul dialetto montoriese, tra i quali un vocabolario composto da 20.280 lemmi, 314 voci tecniche e 1.671 idiomatismi.

L’opera si chiude con un’appendice che presenta elenchi delle attività del 1923-1935-1956-1957, che costituiscono un argomento di comparazione, con quelli forniti successivamente dalla Panzone.

Il racconto è condito con innumerevoli foto d’epoca, forniti dal citato archivio di Sandro Di Donatantonio, che testimoniano ritmi di vita, rapporti e valori completamente diversi da oggi, ma che creano emozioni, tenerezza e qualche rimpianto per il tempo che fu. Il libro vuol essere, come ha detto Dilva Panzone, un atto d’amore verso il proprio paese in cui è nata e vissuta.

La pubblicazione non è in vendita e la raccolta fondi è destinata all’acquisto di strutture di emergenza, da donare all’Amministrazione Comunale di Montorio al Vomano.

Pietro Serrani

Pubblicato sul quotidiano teramano “La Città” del 25.06.2017

 

 

 

Allegati:

Corso. G. Valentini (foto d’epoca)

Copertina del libro

Da sx a dx: Rita Pigliacelli, Dilva Panzone, Catia Di Luigi e Gianni Di Centa

 

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